sabato 20 dicembre 2008

Gli amici di Victor

Questa lettera è stata pubblicata sul Manifesto del 15 dicembre (Miriam Della Croce, «Follie di un missionario»):

Mi è capitato per caso di vedere su internet (Tempi.it 23 settembre) la fotografia sconcertante di un bambino irrimediabilmente malato, e di leggere le parole ancor più sconcertanti di padre Aldo Trento (missionario in Uruguay), riguardo all’infelice creatura.
Riporto alcune frasi: «Il piccolo Victor di un anno... geme in continuazione... mmm, ah, ah, ah... La sua testa è enorme e come d’improvviso la parte inferiore è sprofondata lasciando una piccola fossa, lì dove non ha il cranio... Attraverso l’apparato messogli dai medici, è uscita tutta l’acqua della testa... l’altro giorno gli è scappato l’occhio destro: è rimasta una cavità vuota che spurga di tutto... Victor, il mio bambino, non solo è un piccolo cadaverino che vive, ma è tutto deformato, lacerato, pieno di cannucce che entrano ed escono dal corpo... Il mondo dice: perché non lo lasciate morire?... Victor è Gesù, il mio piccolo Gesù che agonizza, che soffre, che geme... Lo bacio, lo bacio sempre... i gemiti si calmano. Gli accarezzo la fronte... non più testa ormai, sgonfiata, con la pelle infossata, come un laghetto di montagna... e sento che accarezzo Gesù... Come vorrei che questo scritto con la foto arrivasse a chi ha deciso che Eluana “deve” morire. No, non può morire se Dio non ha ancora deciso. La vita è sua, di Dio... se la uccidiamo saremo tutti più poveri e disgraziati».
Non ci sarebbe bisogno di commenti. Mi limito ad osservare che attribuire a Dio la decisione di far morire ogni uomo in un’ora da lui stabilita, è un’assurdità, giacché dovremmo attribuire a Dio la responsabilità della morte di creature ancora nel grembo materno, o appena nate; di bimbi strappati ai genitori, di genitori strappati ai figli. Teologicamente impossibile. Sarebbe un’offesa al Creatore.
Padre Trento, in questo caso, è persuaso che sia Dio a volere che continui lo strazio di quell’esserino «pieno di cannucce». Lui, il buon padre Aldo, nell’attesa della decisione divina, intanto lo accarezza, se lo coccola, il «cadaverino deformato», persuaso di coccolare Gesù sulla croce; ed ha anche il coraggio di scattare fotografie al «piccolo Gesù che agonizza», cosa che, accecati dal dolore, mai avrebbero fatto gli apostoli, nell’assurda ipotesi che ce ne fosse stata la possibilità. Una sola domanda al missionario: tubicini e farmaci che impediscono a Victor di abbandonare la croce, sono da attribuire ad una decisione del Signore?
Ora ecco cosa scrive Berlicche a proposito di questa lettera («Un’umanità diversa», 19 dicembre):
La domanda è sempre quella: a che serve una vita così? Ma anche la risposta è sempre quella: a che serve la tua vita?
Non c’è alternativa. O odi tutto quello che ti richiama alla tua mortalità e alla tua imperfezione, anche un bambino idrocefalo, e pensi che l’unica soluzione sia sopprimerlo, o lo ami: ma questo è possibile solo in Cristo, perchè solo con la possibilità di una Redenzione è possibile non odiare la nostra imperfezione o quella altrui.
La sola soluzione che il Manifesto propone è bestemmiare il Creatore e, si legge tra le righe, sopprimere la creatura. Deridendo chi la ama. E rimanere così irrimediabilmente soli, irrimediabilmente rabbiosi, irrimediabilmente deformi.
Nella lettera al Manifesto c’è, è vero, un sentimento di repulsione nei confronti di padre Trento, un disgusto profondo per questa contemplazione compiaciuta e morbosa della sofferenza; disgusto che non appartiene solo a chi ha scritto la lettera (fatti salvi i meriti eventuali del missionario), ma che, comprensibilmente, non può essere fatto proprio da Berlicche, per il quale quella del sacerdote non può essere definita che come una forma di «amore». Ma dove si trova invece nella lettera l’odio per il bambino? Dove sono le considerazioni sulla sua utilità sociale che vi legge Berlicche? Di questo non c’è la benché minima traccia. C’è invece, nell’accenno a «tubicini e farmaci che impediscono a Victor di abbandonare la croce», il desiderio che le sofferenze del bambino cessino; c’è, mi pare, una grande pietà.
Berlicche avrebbe potuto sostenere che questa pietà è fuorviata, che il vero amore è un’altra cosa; ma non lo fa. Perché questa pietà non riesce a vederla. È interessante che nel suo commento la parola «sofferenza» non compare mai; si parla solo di deformità e imperfezione. È come se la tragedia di Victor riguardasse soltanto il lato estetico. Anche padre Trento, che pure indugia a lungo sulla sofferenza del piccolo, commenta: «Il mondo ha paura di lui, sente ribrezzo, non sopporta vedere questo piccolo ridotto ad un mostro».

Credo che qui si tocchi un problema comune a tutto il cristianesimo, e non solo alla versione integralista propria di Berlicche. È la tentazione ricorrente degli amici di Giobbe: di dare un senso alla sofferenza, di difendere l’opera di Dio dall’accusa di permettere il male. Oggi non si usano più i vecchi argomenti (il peccato dei padri, i fini imperscrutabili della Provvidenza); per padre Trento Victor rappresenta Cristo, anzi è Cristo, e aggiunge in un altro articolo: «è il mio conforto, come in questi giorni in cui la fatica si fa sentire. Guardarlo, baciarlo, è sentire vibrare la dolce Presenza di Gesù che mi accarezza nei momenti difficili». Per Berlicche, sembra di capire, Victor rappresenta, come Cristo, «l’umanità diversa» di un brano di Don Giussani che riporta in calce al suo post, in cui trovare «un presentimento nuovo di vita, qualcosa che aumenta la […] possibilità di certezza, di positività, di speranza e di utilità nel vivere», e che «corrisponde alle esigenze strutturali del cuore più di qualsiasi modalità del nostro pensiero o della nostra fantasia». Per entrambi, Victor non conta per se stesso; è un mezzo per offrire al cristiano conforto e speranza.
Chi parla, allora, per Victor? Chi si rifiuta di farne un simbolo, un’allusione, un’occasione? Chi prende sul serio la realtà terribile delle sue sofferenze?

51 commenti:

Anonimo ha detto...

Che grande gesto d'amore, la tortura...
Sono sempre più convinto che l'interesse morboso di certi religiosi per la sofferenza sia una forma di feticismo...

Unknown ha detto...

Concordo pienamente con il riferimento a Giobbe. Trovare un senso ultimo proprio laddove normalmente non lo si trova. Il problema è che questo ardito esercizio ermeneutico non è fatto sulle pagine di qualche testo oscuro che denuncia il male inevitabile del mondo, ma sulla pelle di qualcuno.

Quindi ci deve essere qualcuno che soffre senza poter scegliere affinché qualcun'altro gli redima la sofferenza e vi trovi un senso.

La cosa si complica ulteriormente nei tempi odierni quando per trovare sufficiente lavoro si debbono aumentare artificialmente le persone che soffrono anche e soprattutto a discapito della loro possibilità di scelta.

Anonimo ha detto...

hai ragione Regalzi, è tutto in quella tua ultima frase: a chi importa delle sofferenze del piccolo, che suo malgrado viene assunto a simbolo del valore della sofferenza? A loro no certo.
E' solo un mezzo per dare conforto ai presunti cristiani.
Giovanni

Anonimo ha detto...

Non ci soo giustificazioni per tenere in vita questo bambino!

Dovrebbe essere addormentato!

Lo stato dà a tutti il diritto di vivere deve dare a tutti il diritto di morire...

Fossi un capo di stato manderei il mio medico personale a fargli un'iniezione per addormentarlo dolcemente, per sempre!

Anonimo ha detto...

Inevitabilmente, qualunque riconoscimento di legittimità a chi sostiene l’esistenza di entità soprannaturali onnipotenti, creatori, divinità ecc. apre la porta a estremismi e fanatismi. Cioè: se si accetta l’idea che si può sostenere cose totalmente indimostrabili e inverosimili, e che sostenere queste cose sia legittimo e anzi sia un fatto che di per sé merita rispetto, allora è inutile aspettarsi che poi vengano posti dei limiti alle conseguenze di queste affermazioni: come si può porre dei limiti al volere di Dio?

(Paolo Garbet)

Anonimo ha detto...

"Victor è Gesù, il mio piccolo Gesù che agonizza, che soffre, che geme..."
Questa frase mi ha fatto correre un brivido lungo la schiena. Padre Trento non ha nulla da invidiare a Torquemada.

Anonimo ha detto...

Il Cristianesimo è "roba" da santi; voi non capirete mai! Siamo vermi di terra e non volete ammetterlo, non siamo capaci di bloccare un rutto e vogliamo impadronirci della vita e della morte; che presunzione e che orgoglio!

Giuseppe Regalzi ha detto...

Ruth: se il cristianesimo è "roba" da santi e noi siamo tutti vermi di terra, vuol dire che il cristianesimo non è fatto per noi?

Anonimo ha detto...

Il Cristianesimo "è" per noi, è per tutti, è un Dio che si è fatto compagno all'uomo, e soltando guardando e seguendo Lui, nelle circostanze belle o brutte, a volta incomprensibili, dell'esistenza che possiamo salvarci e ricostruire la nostra povera umanità. E' una responsabilità grande, da veri uomini, è la sola vera nostra grandezza e dignità. Queste cose che accadono è per capire dov'è il nostro cuore. Possiamo essere come bambini che per paura del reale si coprono gli occhi con un braccio oppure spalancarli con stupore per quello che c'è e da come il Padreterno non scarta nulla di ciò che è umano e ne trae sempre una positività; anche da un corpo deforme.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Ok, allora non è "roba da santi".
Comunque noto che anche tu insisti solo sulla deformità, come gli altri citati nel post, e sul fatto che Victor sia un mezzo da cui trarre "positività" (per gli altri)...

Anonimo ha detto...

Tutti "succhiamo" la positività, la vita, dagli altri; senza un "tu" non puo' esserci un "io", è la legge umana della relazione. La santità è una meta a cui tutti siamo invitati e la vita è il mezzo per giungervi.
In quello che ho scritto è implicato tutto, non solo la deformità. Mi spiace se non sono stata più esplicità ma ho il difetto della sinteticità.;-)

Giuseppe Regalzi ha detto...

Succhiare la vita dagli altri sa un po' di vampiresco... ;-) E gli altri, come diceva uno, vanno trattati sempre anche come fini, non mai solo come mezzi.

Anonimo ha detto...

Responsabilità da veri uomini? Bambini che si coprono gli occhi?
Invitati alla santità?

Scusate, la netiquette prevede qualche deroga per casi eccezionali e consente l'uso di "ma va' a cagare", o bisogna giocoforza usare delle metafore?

Anonimo ha detto...

Grazie della finezza oxfordiana!

Giuseppe Regalzi ha detto...

Marcoz, preferirei le metafore... :-)

Anonimo ha detto...

Personalmente mi trovo d'accordo con DF1989: certe forme di religiosità sono chiaramente lo sfogo di qualche perversione interiore. Nel caso citato nell'articolo, ad esempio, siamo di fronte ad una morbosità (mascherata da affetto) spaventosa, quasi patologica.
E la Chiesa cattolica è piena di devianze simili, sempre camuffate dall'ipocrisia delle gerarchie ecclesiatiche...

Anonimo ha detto...

Ruth, potrei usare giri di parole ed espressioni sofisticate ma il significato, dal sapore escatologico, non muterebbe.
E oramai m'è passata la voglia di discutere con chi sfrutta le disgrazie degli altri come atto di conferma delle proprie allucinazioni.

Anonimo ha detto...

Bene Marcoz, hai già deciso nel tuo cuore come stanno le cose! Buone feste!

Anonimo ha detto...

Ho letto l'articolo, il post di Berlicche e i commenti al post.
Siccome ho deciso di non trasformarmi in troll, non ho commentato.
Però un pensiero mi è sorto spontaneo: facile glorificare la sofferenza quando non la si prova addosso ma a patirla è un ragazzino, al quale sono state affibbiate dalla stessa persona le doppie etichette di piccolo gesù e di mostro (pensiero che non ha mai sfiorato la mia mente laicista e "idolatrica" ma evidentemente la sua sì) e che viene trattato come un piccolo fenomeno da baraccone da coccolare per sentirsi più buoni.
Mi vengono i brividi.

Anonimo ha detto...

Ci sono "vermi di terra" che non sono interessati ad alcuna forma di santità, e vorrebbero soltanto evitare di subire certe attenzioni particolari.
E ci sono altri vermi che, invece, questa santità devono propinartela a tutti i costi. Volenti o nolenti.

Comunque, se questa è la vera essenza del cattolicesimo militante, stiamo tranquilli. Di gente talmente scombinata e sconnessa dalla realtà, non deve essercene molta in giro.
E, prima o poi, riusciremo a isolarli, nonostante il loro continuo starnazzare.

Anonimo ha detto...

Quindi, secondo voi, questo bambino sarebbe più pietoso ucciderlo, giusto? Anzi forse addirittura sarebbe doveroso?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Annarosa: non conosco nel dettaglio le condizioni del bambino. Se le sue sofferenze sono troppo intense ed incurabili l'unica soluzione è dargli una morte pietosa. Non si nega a un animale, a maggior ragione non la si dovrebbe negare a un essere umano. Certo, in questo modo rimarrebbero delusi tutti quelli che dalla contemplazione delle torture di Victor traggono motivo di edificazione spirituale...

Anonimo ha detto...

I cattolici sono fuori di testa. Fare qualcosa sulla terra durante la vita, per ottenere qualcosa dopo, a casa mia questo si chiama egoismo. Quindi il risultato non può essere che nullo. D'altra parte i "laici" negano qualsiasi legge "naturale". Obbediscono solo ai propri desideri. Ecco il dramma di chi non può stare nè con l'uno, nè con l'altro.
Antimoderno.

Berlicche ha detto...

Fatemi capire.
Padre Trento ha accolto in casa Victor, e altri bambini come lui, abbandonati da tutti. Li accudisce, li pulisce, li nutre, li conforta; li chiama "i miei figli". Provate a leggere le sue lettere.
Questo amore - perchè di amore si tratta - voi lo chiamate "feticismo", brama di causare sofferenze, essere Torquemada, devianza, ipocrisia...

Lui, a confortarli; voi, col culo grasso davanti al computer a pontificare sul fatto che bisognerebbe ammazzarli tutti, "come animali".

Ma non sono animali.
Chi fa qualcosa per loro? Voi, o lui?
Chi agisce, su questa terra, per questa terra per loro, che altrimenti sarebbero soli come cani in qualche istituto o ospedale, o morti perchè anche il cane da solo muore, voi o lui?
Per loro come persone, per loro come figli, voi o lui?
Come se bastasse il volere "sentirsi più buoni" per passare i proprii giorni e le proprie notti a confortare bambini moribondi.
A confortare i proprii figli moribondi.
Il fatto è che ormai voi non volete neanche "sentirvi" più buoni.
Non più.

Buon Natale.

Anonimo ha detto...

Peccato Leilani che il brivido non abbia impedito alle tue mani di scrivere il commento di cui sopra.. si vede bene che non sai nulla di padre Aldo e delle sue passate atroci sofferenze. Buon "Solstizio d'Inverno"...

Il tuo amico Icaro

Anonimo ha detto...

Proprio vero.

Per i kattolici la sofferenza, quella degli altri ovviamente, non è mai abbastanza.
Si può sempre prolungarla ancora un po'.

Ti avvicina alla santità.

Anonimo ha detto...

Voi che gestite questo blog, voi che avete commentato con cattiveria contro un povero Cristo che soffre e il padre che ci mette l'anima per amore...
Non avete altro da fare che prendere i post degli altri e rovinarli? Vuoti siete vuoti!

E voi dovreste essere quelli razionali, quelli bravi e giusti, quelli che salveranno la terra?

Voi state mandando a quel paese l'umanità tutta, se non prima voi stessi. Vergogna!

Giuseppe Regalzi ha detto...

Le lettere di padre Trento sono chiaramente il frutto di una mente disturbata, ma è vero che non posso sapere con esattezza quali siano le sue opere concrete, e se alla fine faccia più bene o più male. Nel post l'ho detto con chiarezza: "fatti salvi i meriti eventuali del missionario". Tu però, Antonio, non sei interessato a quello che gli altri scrivono o pensano; sei interessato solo a giudicarli. Buon Natale anche a te.

Anonimo ha detto...

Berlicche, risparmiaci il pistolotto morale...Non attacca. Una volta ci credevo ad affermazioni simili alle tue; oggi non più, perchè ne vedo chiaramente l'ipocrisia.
Pensi che Padre Trento faccia davvero tutto per puro amore di Victor? O il suo prodigarsi per il bambino non è anche una forma di autogratificazione personale, contornata dalla possibilità di evangelizzare qualcuno? Già, perchè sotto all'aiuto cattolico per il prossimo c'è sempre la sottile questione dell'evangelizzazione: aggiungere un po' di pecorelle al proprio gregge. Con tutto quel che ne consegue.
Do ut des: altro che amore disinteressato! Ad esempio, Santa Madre Teresa di Calcutta destinava gran parte delle donazioni che riceveva al catechismo e alle spese missionarie (inclusa lotta alla contraccezione); eppure con quei soldi avrebbe potuto trasformare il suo misero ricovero in un ospedale, aiutando i suoi moribondi a vivere e non semplicemente a morire. Ma per lei la fedeltà alla Chiesa ed ai suoi "sacri" principi veniva sempre prima della semplice umanità nei confronti degli altri. E credo che sia così anche per il buon Padre Trento. Altrimenti non sarebbe così compiaciuto delle sofferenze gratuite di un povero bambino malformato.

Anonimo ha detto...

Da che esiste il mondo il Serpente e i suoi accoliti non sanno fare altro che sputare veleno, anche sulle cose più umane e semplici; vedendo "scopi" interessati dappertutto. Ma non mi meraviglio ne' mi scandalizzo; "ognun col proprio cuor l'altrui misura"!

Anonimo ha detto...

p.Trento ha risposto all'articolo sul Manifesto

http://annavercors.splinder.com/post/19374637/Le+follie+di+un+missionario+se

a Regalzi:

ma quante persone vorresti fossero uccise? tutte quelle che soffrono e non possono essere guarite?

Giuseppe Regalzi ha detto...

@Ruth: chi è qui che sta giudicando con misura più generosa? Chi trova morbosa la lettera di Padre Trento, pur non escludendo che il sacerdote possa avere dei meriti, o chi definisce il prossimo "accolito del demonio"?

@Annarosa: qualche sofferenza inguaribile ce l'abbiamo tutti. Qui si parla di torture fisiche insopprimibili e insopportabili (insopportabili per chi le patisce, non per chi vi assiste: a quanto pare c'è bisogno di specificarlo).

Anonimo ha detto...

Dio ce ne scampi da quasta "generosità", è semplicemente abominevole!
Ribadisco il mio giudizio: accoliti di satana. Ma si sa', i lupi per azzannare e divorare si travestono da agnelli...
A tipi come Padre Aldo non si è degni neanche di tirare l'acqua dello sciacquone!

Giuseppe Regalzi ha detto...

La domanda era su chi di noi ha giudicato più generosamente il prossimo, non sulla misura assoluta della generosità...

Anonimo ha detto...

Che tristezza. L'ideologia dilaga a tal punto da rendere la gente cieca: il cristianesimo è una menzogna, questo è un dato a priori, dunque i cristiani sono pazzi, oppure degli ipocriti moralisti. Eppure basterebbe guardare per rimanere colpiti da questa umanità diversa; ma no, non sia mai! Ci deve essere qualcosa dietro, padre Aldo non può essere migliore di me (è addirittura un cristiano, quindi un iporita)! Non può veramente amare quel bambino! Si vede che se ne stà in Praguay, in mezzo a tanta sofferenza, solo per egoismo e autocompiacimento! Meglio essere cinici perchè l'unica alternativa è essere moralisti! Che tristezza. E se invece, semplicemente e con la mente aperta, si provasse a guardare?

Puddleglum

Giuseppe Regalzi ha detto...

Provo (per la verità senza molte speranze) a riformulare il contenuto del mio post, perché da certe reazioni - qui e da Berlicche - vedo che non è stato capito.

C'è una tendenza abbastanza spiccata fra i cattolici a considerare il dolore degli altri come significativo per se stessi. Le torture di Victor diventano un mezzo per permettere a padre Aldo di "sentire vibrare la dolce Presenza di Gesù", a Berlicche di trovare "un presentimento nuovo di vita". Questo non vuol dire che padre Aldo torturi appositamente quel bambino; può darsi che senza di lui Victor sarebbe stato persino peggio. Ma è certo che appena qualcuno - come quella lettrice del Manifesto - parla delle sofferenze di Victor considerate per quello che significano per Victor scatta subito l'accusa di "odiare l'imperfezione", con un procedimento che continua a vedere le sofferenze del bambino unicamente per quello che significano per qualcun altro. L'eutanasia c'entra fino a un certo punto: il problema - che è quello di riconoscere l'altro per quello che è in se stesso, non per i riflessi che ha su di me e sulla mia crescita spirituale - rimarrebbe in buona parte anche se fosse possibile lenire le sofferenze di Victor.

paolo de gregorio ha detto...

"Victor è Gesù, il mio piccolo Gesù che agonizza, che soffre, che geme... Lo bacio, lo bacio sempre"

Che sciocco: e io che pensavo che punto focale del cristianesimo fosse che Gesù avesse scelto di essere il Cristo e di soffrire per questo.
A questo esaltato non posso che replicare che di crsti impotenti ne troverà (se vorrà) milioni in giro per il mondo, pronti pronti per l'uso: ma la cosa non dimostra certo nulla su Dio, ma solo sulla personalità e sulle morbose necessità terrene di questo cupo individuo.

paolo de gregorio ha detto...

@ Ruth
"Ribadisco il mio giudizio: accoliti di satana"

Sei sintetica ma manchi di elementari basi lessicali: "accoliti di satana" non è un giudizio.

Anonimo ha detto...

Meglio deficitare in basi lessicali che in cervello e cuore, e a te Paolo de Gregorio non viene certo il mal di testa per il troppo pensare!;-P
Poi è inutile sfottere; si sfotte quando non si hanno argomenti. Padre Aldo un cupo individuo? Mi fai pena...e qui chiudo perchè il tempo è prezioso e non si deve sprecare, con soggetti simili a te lo è!

Anonimo ha detto...

@ berlicche: visto che sei venuto qui un paio di cose vorrei dirle.

La visione del culo grasso e la pontificazione sono puramente supposizioni tue che stai seduto in un analoga stanza.
Citi gli animali, ma come mai solo agli animali è concessa la grazia di non soffrire oltre un limite che definiamo disumano,
la sofferenza acquista valore solo quando si sta a guardare un bambino agonizzare? Credi che il conforto a un - testuali parole - "cadaverino che vive, tutto deformato, lacerato, pieno di cannucce" si esaurisca in delle coccole, che poi lo si possa lasciare lì a lamentarsi e passar avanti perchè si è fatto tutto il possibile con un abbraccio?

Prego notare, che non sto parlando di padre Aldo. Sto parlando di chi parla a distanza di quanto sia bella la sofferenza stando benissimo.

E come si può tirare in ballo Dio che "non ha ancora deciso" quando i mezzi che lo tengono in vita sono puramente umani, questo sì mi basisce.

Per una volta, lascia perdere la demonizzazione costante dei cosiddetti laici e prova a guardare la vicenda dal punto di vista di chi non crede che Dio abbia voluto accanirsi così su una sua creatura. Te ne prego.

@ icaro: non me l'ha impedito perchè, forse proprio in virtù del fatto che quello è un bambino, il fatto che si possa vedere qualcosa di bello in quello che sta passando va oltre la mia comprensione. Si può vedere qualcosa di bello in lui *nonostante* quello che gli è capitato, non "grazie a" - non ci vedo alcun segno di benevolenza divina nell'occhio destro che "scappa" o nel fatto che geme per il dolore di continuo. Non trovo rispettoso dirgli "oh come sei fortunato", oggettivamente non lo è. Tutti gli abbracci del mondo non possono cambiare il destino infame che gli è capitato.
Ce l'avessi davanti lo bacerei anche io e probabilmente piangerei, ma non me la sentirei di lasciarlo lì a stare peggio ogni giorno. Manco i cani li facciamo stare così.

paolo de gregorio ha detto...

Ruth: è cupissimo ai miei occhi nel momento in cui si gloria nel provare sensazioni positive nella sofferenza di un bambino inerme. In questo sì, io lo vedo cupo. Come lo vedo cupo nel sostenere che quella sofferenza gli richiama Cristo, che scelse.

E io penso, penso molto, tuo malgrado.

Difatti vorrei proprio sapere se una persona che pensa può non notare il mio distinguo sulla sofferenza del vero Cristo: sai, quello che ha scelto di soffrire e non ha certo comandato ad altri di salvarsi tramite la sofferenza di altre persone. Ma vedo che su questo tatso che chiama in causa la tua stessa (presunta) fede cristiana hai glissato totalmente e sei fuggita.

Anonimo ha detto...

Caro Paolo, nessuni sceglie di soffrire, nemmeno Cristo l'aveva scelto, altrimenti non avrebbe pregato il Padre di allontanare il calice se fosse stato possibile. Egli ha obbedito alla volontà del Padre, e non possiamo sapere il "perchè" Dio Padre abbia scelto il metodo della sofferenza per la salvezza del'uomo. Sai qual'è la certezza dei Cristiani, che scandalizza chi non crede e ci fa passare per folli visionari? La Croce! Per chi riconosce e segue Gesù Cristo, vive su di se' la croce, condivide con Lui la sofferenza, c'è la vittoria sul male, salva il mondo, diventa un altro Cristo, qui ed ora e per l'eternità. Ma capisco che questo è difficile da capire, da digerire, anche per i Cristiani titubanti, figuriamoci per chi è un tantino lontanuccio... Invece, per alcuni grandi uomini - grandi per occhi che sanno guardare e cuore che sa' amare - una persona che soffre è un'evidenza della compagnia di Dio, del Suo amore, che ci fa' partecipi della Sua sofferenza; perchè nessuno, per quanto disastrato nel corpo e nello spirito, debba sentirsi solo e distante dal Suo cuore. Il Cristianesimo è tutto qui. Poi possiamo fare tutte le dissertazioni che vogliamo, ma questo è l'essenziale.

Anonimo ha detto...

"Egli ha obbedito alla volontà del Padre"

Come dire che Clark Kent non può fare la corte a Lois Lane perchè Superman non vuole. Uguale.

paolo de gregorio ha detto...

"nemmeno Cristo l'aveva scelto
[...]
Egli ha obbedito alla volontà del Padre
"
Ah beh, stando così le cose mi arrendo: Cristo era un "povero cristo" come chiunque di noi. Insomma, tutto il suo merito, la sua specialità, è stato quello di essere ubbidiente ad un comando. Se sta bene a te...
Mi limito a notare che nemmeno tu sai perché Dio l'avrebbe comandato, eppure un attimo fa hai accusato me di essere uno che non pensa. In una vita da cristiana sembra che non ci sai dire il perché del punto centrale e ineliminabile dell'esistenza stessa del cristianesimo (perché Dio ha lasciato morire suo figlio su una corce).

Sempre rimanendo nel tema di teste che pensano: senza voler fare troppa polemica, volevo giusto farti notare un dettaglio piccolissimo, che è che Gesù ha scelto di farsi crocifiggere. Che non abbia avuto il potere o il volere di sottrarvisi in un seocondo momento non cancella affatto il suo passo precedente. Ed inoltre: secondo il (singolo) testo cui fai riferimento, rimane il fatto che anche ordinare "sia fatta la tua volontà" può benissimo prefigurarsi una scelta. Ti sfido a dimostrarmi il contrario, a meno, appunto, di sostenere che Gesù, capace di mille miracoli, non fosse in grado di slacciare un nodo.

"La Croce! Per chi riconosce e segue Gesù Cristo, vive su di se' la croce, condivide con Lui la sofferenza,..."
Vedo che continui a non accorgerti che nelle tue stesse parole è esplicita una scelta (di portare questa croce). Qui non si parla di scelta, ma di passare attraverso la croce di un altro per salvare se stessi: vale a dire non accontentarsi del sacrificio di Gesù, ma volerne mille altri...
... non vi abbastava un sacrificio, ne volete sempre di altri...
...allora quel sacrificio si posiziona tra l'inutile e l'ordinario...


Uno che non pensa...

paolo de gregorio ha detto...

P.S.:
"perchè nessuno, per quanto disastrato nel corpo e nello spirito, debba sentirsi solo e distante dal Suo cuore"

Che non si debba far sentire sole le persone che soffrono lo trovo un principio un po' più universale che fideistico, tanto che sono sicuro che in queste pagine lo troverai quasi invariabilmente condiviso. Ma gioire, sentirsi rinfrancati nel proprio spirito di quella sofferenza corre su tutt'altri piani. Lo trovo persino rischioso: di fronte ad una persona che soffre ritengo di non potermi nemmeno lontanamente concedere il lusso di chiedermi cosa sia meglio per me, tanto avrei paura di scegliere per lei in virtù di quell'essere tanto meglio per me.

Anonimo ha detto...

Chiedo scusa per il tono un pò brusco dell'altro mio commento.

Comunque capisco la difficoltà di fronte al problema della sofferenza, e effettivamente cosa ne so io della sofferenza? Però io ho avuto delle testimonianze di gente che ha trovato una positività nella sofferenza. Alcune potete vederle quì: http://www.meetingrimini.org/default.asp?id=673&item=4457#e4457 leggendo (con la mente aperta e libera) il testo dell'incontro 'CHI È L’UOMO PERCHÉ IO LO CURI?'. E' un pò lungo, ma vi consiglio di leggerlo. Inoltre vi consiglio 'Diario di un dolore' di C.S.Lewis.

Puddleglum

Anonimo ha detto...

Puddleglum, se una persona che soffre trae qualcosa di positivo dalla sua esperienza buon per lei, è un'ottima cosa. Mi da problemi trovare qualcosa di positivo nella sofferenza degli altri. Sono due cose ben diverse.

Anonimo ha detto...

Non così tanto, invece, perchè o quelli che ci trovano qualcosa di positivo sono pazzi oppure è vero che la malattia e la sofferenza non negano il valore della vita. Non è che padre Aldo prova un sadico piacere a vedere gli altri soffrire, ma vede in loro i segni della presenza di Cristo, e questo lo aiuta.

"[...]qui ciò che accade non è l'esperienza della morte, ma del destino, del Mistero che fa tutte le cose. Qui il Mistero è chiarissimo. Io lo vedo guardando gli ultimi sospiri del moribondo, affannosi fintanto che il Mistero lo prende per la mano e se lo porta con sé, lasciandomi vedere nel volto bello del morto, pieno di pace, il segno della Sua Presenza."

La sofferenza dei suoi malati lo richiama al destino della sua esistenza, a tenere presente perchè vive. Gli richiama il bisogno di senso che lui, essere finito, ha.

E con il cristianesimo una possibilità di senso è data, per questo si riesce a vedere la malattia non solo come disgrazia.

Buon Natale

Puddleglum

Anonimo ha detto...

Ecco un'altra cosa che non capisco: perchè non gioire della sofferenza altrui negherebbe il valore della vita? Quel valore risiede nella schadenfreude? Perchè suonerebbe esattamente così andare con le mie gambette sane e ventenni da un uomo a cui stanno andando in cancrena e dirgli "gioisci, questo è segno che dio è buono". Capiscilo, gli sarebbe del tutto naturale e probabilmente automatico tirarmi una stampellata sulle gengive, non lo biasimerei.

Che padre Aldo cerchi di trovarci un senso attraverso la religione, posso capirlo. Che si possa parlare di "bellezza della sofferenza" quando a patirla è qualcun altro, francamente no.
Una cosa è dire "ci sarà una motivazione per cui una cosa tanto tremenda accade", un'altra è considerarla una cosa buona.

Qui nessuno vuole sterminare orde di invalidi perchè "non siano visti", semplicemente ci addoloriamo per loro e non ci vediamo nulla di giusto nel fatto che un bambino così piccolo stia soffrendo così tanto. Si chiama empatia, è un sentimento umano.
Anche volendo non potrei reprimerlo. Sembra così orribile?

Anonimo ha detto...

Forse la gara tra chi è più "umanista" non è l'unico aspetto della questione.

Mettiamo in ipotesi che il bambino in questione sia conciato così male da non "soffrire" in un senso che possa plausibilmente suscitare empatia più di una pianta che soffra per mancanza di luce.

Sarebbe una ragione sufficiente per imporre, o forse solo anche consentire a chi ha tali dubbi gusti, di tenerlo in vita per esibirlo al prossimo?

Non ne sono sicuro. Esiste anche una "bioestetica" che ha le sue ragioni, e che vede un'istintiva e "sana" ripugnanza per la teratofilia deliberatamente coltivata da taluni per ragioni di tipo culturale e religioso.

Ebbene, la mia cultura e la mia religione sono altre, e in tale ambito la vita non ha valore che per quello che rappresenta, incarna o suggerisce.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Stefano: nel caso del bambino incapace di qualsiasi sensazione (viene alla mente l'anencefalia, anche se lì il bambino propriamente non c'è) si può comunque sostenere che per lui la morte non costituisce un danno (= non diminuisce la somma delle sue esperienze positive). A quel punto la decisione spetterebbe ai genitori, sui quali non mi sembrerebbe opportuno far valere la bioestetica altrui (anche perché l'«esibizione al prossimo» di questi bambini credo sia proibita dalle leggi sulla privacy - padre Aldo sta in Uruguay e quindi se ne sottrae).