giovedì 27 ottobre 2011

The Benevolent Deception: When Should a Doctor Lie to Patients?

Truthfulness is the foundation of the doctor-patient relationship, both as a method of discourse and as one of the "most widely praised character traits" of a doctor. Gone are the days when doctors withheld certain diagnoses or treatment details from patients. If anything, doctors today are often forced to disclose excess and sometimes unnecessary information due to concerns about liability or to patients who have already canvassed the Internet on their own and have pressing questions. The doctor's challenge is to present what he or she knows to be true about the diagnosis and its treatment options and to do so in a manner that truly informs the patient. But there are limitations and pitfalls to this process, as illustrated in the following paraphrased conversation I recently had with a seventy-five-year-old moderately demented patient and his wife:

Patient: Doctor, I know I can still drive. Just let me take a test.

Doctor A: I'm sorry, Mr. K, but I can't help you with that. As we discussed, your memory impairment makes it unsafe for you to drive.

Patient: Just let me take the test. I can drive just fine.

Doctor A: The memory testing tells us that you would not be a safe driver.

Patient: My memory is not that bad. I know I can drive.

Patient's wife: Honey, I told you that the car is not working now and needs to be fixed. Let's talk about it later.

Patient: Okay.
Marc E. Agronin, The Atlantic, october 24, 2011.

All Children Matter: How Legal and Social Inequalities Hurt LGBT Families

More than 2 million children in the United States have, to varying degrees, become collateral damage after decades of ideology, laws, and policies that hurt lesbian, gay, bisexual, and transgender, or LGBT, people and families. To shine a light on this issue, LGBT, allied, and child welfare-focused organizations are, for the first time, releasing a comprehensive report that profiles and documents the experiences of the 2 million children with LGBT parents, the many ways that state and federal laws hurt and exclude them, and the common-sense policy solutions that can make things better.
Continua.
Su Slate, Why Kids with Same-Sex Parents Need Legal Protections di J. Bryan Lowder.

sabato 22 ottobre 2011

Accanimenti

Accanimento terapeutico: il sostantivo e l’aggettivo attraversano dolorosamente le nebbie in cui, dopo il buon senso, la politica italiana ha smarrito anche l’ultimo residuo di decenza. E non si intende, qui, la pervicacia con cui un intero gruppo dirigente si ostina a tenere in vita un assetto di potere in cui interessi personali, corruzione, insipienza, prepotenza e volgarità danno il peggio di sé. L’accanimento terapeutico è da intendere piuttosto nel suo significato stretto: applicazione insistita oltre ogni ragionevolezza e ogni pietà di tecniche mediche che impediscano a un uomo o a una donna di chiudere con dignità la propria vita.
In realtà, le due tragiche «cocciutaggini» hanno più d’un punto in comune. Anzi, vanno di pari passo da almeno tre anni, cioè dal 17 settembre del 2008. Quel giorno la Camera dei deputati e il Senato sollevarono un conflitto di attribuzione nei confronti della Cassazione e della Corte d’appello di Milano, ree d’aver «creato una disciplina innovativa […], fondata su presupposti non ricavabili dall’ordinamento vigente con alcuno dei criteri ermeneutici utilizzabili dall’autorità giudiziaria». In sostanza, con la sentenza 21748 del 2007 la prima aveva riconosciuto il diritto di Eluana Englaro a morire in pace. E il 25 giugno di quello stesso 2008 un decreto della seconda aveva accolto «l’istanza di autorizzazione all’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale».
E però, dopo sedici anni e più di coma vegetativo, alla povera Englaro le maggioranze di Camera e Senato proprio non volevano concedere tregua. Così fu necessaria una nuova decisione, questa volta della Corte costituzionale. E la Corte costituzionale, appunto, l’8 ottobre 2008 dichiarò insussistente il «requisito oggettivo dei conflitti sollevati», e dunque inammissibile il ricorso. Quel che seguì è o dovrebbe essere a tutti tristemente noto: in una macabra corsa contro il tempo, la destra – sostenuta da più d’un transfuga del centrosinistra – tentò in ogni modo di vanificare le pronunce di Cassazione, Tribunale di Milano e Corte costituzionale.
Per lunghe settimane tutto il Paese fu costretto a soffrire lo spettacolo di parlamentari che tenevano in spregio non solo la magistratura, ma anche e soprattutto un diritto che la magistratura aveva riconosciuto a una cittadina. Qualcuno sproloquiava, paragonando l’interruzione della respirazione e della nutrizione forzate alla (cosiddetta) eutanasia nazista. Altri blateravano di indisponibilità della vita, e intanto si accingevano a sequestrare per legge quella di una donna. Ci fu anche uno – il primus super pares, come all’incirca in quel periodo amava essere definito – che giurò agli italiani che non di un corpo straziato e vegetante si trattava, ma di una giovane con normali cicli mestruali, che avrebbe potuto avere un figlio. Disse proprio così, quel primus, e senza vergognarsene. Quando poi giunse in aula la notizia della morte della Englaro, rivolti verso i banchi dell’opposizione e del pari senza vergogna, i suoi deputati gridarono «assassini, assassini».
Questo accadde in Italia, su per giù tre anni fa. A ricordarlo, quasi non ci si crede. Come è mai possibile che un gruppo di eletti dai cittadini incrudelisca in questo modo? Come è mai possibile che un capo di governo dia «notizie» sulle mestruazioni di una donna in coma? Come è mai possibile che nessuna pietà suggerisca di accogliere con il silenzio la fine tormentata di un’esistenza? Ma così accadde. E subito dopo gli stessi che avevano combinato lo scempio del diritto e dell’umanità promisero che per il futuro nessuno più avrebbe goduto del privilegio di decidere della propria morte. Nacque così quello che fu poi detto disegno di legge Calabrò, dal suo relatore Raffaele Calabrò, e che si proponeva di regolamentare la fine delle nostre vite. O almeno la fine delle nostre vite nel caso in cui ci tocchi di arrivarci senza possibilità di manifestare direttamente la nostra volontà.
Questo è il centro della questione, infatti: non in generale il diritto di rifiutare le cure e di lasciarsi morire – sancito dalla Costituzione, come si legge anche nella sentenza citata della Cassazione –, ma quello stesso diritto nei casi di coma irreversibile, pur in presenza di un «testamento biologico», ossia di una dichiarazione scritta esplicita e preventiva. È qui, in questo momento di massima debolezza del singolo, che l’ordinamento giuridico dovrebbe tutelarne la volontà: così verrebbe da dire. E invece Calabrò & C. opinavano (e opinano) che non la volontà del cittadino debba essere tutelata, ma la prepotenza di una morale confessionale e di uno stato illiberale che vorrebbero padroni assoluti dei nostri corpi, oltre che delle nostre anime, come se fossimo sudditi.
Roberto Escobar, su Il Mulino 5/2011.

Continua qui. Letto stamattina a Pagina 3, Radio 3.

venerdì 21 ottobre 2011

C’è chi dice no

Provate a domandarvi: “chi sono gli obiettori di coscienza?”. In molti mi hanno risposto: “i medici che non vogliono eseguire aborti per ragioni di coscienza”. La risposta è parziale e approssimativa.
C’è di mezzo anche una questione anagrafica: oggi, al contrario di qualche tempo fa, di obiezione di coscienza si parla soprattutto in campo sanitario. Inoltre l’interruzione di gravidanza è uno dei temi più controversi dal punto di vista morale.
La risposta però è soprattutto l’effetto di un profondo cambiamento semantico avvenuto in questi anni.
Questo cambiamento è stato consacrato quando il diritto alla obiezione di coscienza è entrato come diritto positivo nelle leggi italiane: prima con il servizio civile alternativo alla leva, poi con la legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza e la legge 40 sulle tecniche riproduttive.
Fino ad allora chi sceglieva l’obiezione di coscienza si opponeva a una legge, a un divieto o a una imposizione. Era un reo. Poi sono stati tracciati dei confini legali. Una specie di riserva in cui gli obiettori potevano essere addomesticati. L’obiezione di coscienza è entrata nel sistema normativo e l’obiettore, seppure a certe condizioni, è stato autorizzato dalla legge.
Qual è il significato originario della obiezione di coscienza? L’obiezione di coscienza è un esempio illuminante dei rapporti tra le scelte individuali e le leggi dello Stato; tra l’ambito normativo e lo spazio della nostra morale. La libertà di scelta altrui non è minacciata dalla decisione dell’obiettore genuino, se non in un senso debole per cui ogni nostra azione riguarda anche gli altri. Il conflitto non è tra un singolo e l’altro, ma tra un singolo e l’obbligo di rispettare un divieto o un ordine la cui violazione non lede il diritto di qualcuno. Non è un diritto positivo, ma un modo per “sottrarsi” – in via eccezionale – a una qualche norma. Anteporre un dovere morale a una legge comporta però un prezzo da pagare, spesso molto alto. L’obiezione di coscienza, inoltre, è una azione pacifica e individuale.
Il profilo dell’obiettore ha subìto negli ultimi anni un vero e proprio stravolgimento e oggi l’obiezione di coscienza è spesso usata, senza troppi complimenti, come un ariete per contrapporsi a diritti individuali sanciti dalla legge. È frequente che lo scontro sia tra un singolo e l’altro: “i medici che non vogliono fare aborti per ragioni di coscienza” entrano direttamente e personalmente in conflitto con le donne che richiedono quel servizio previsto dalla legge 194.
La manipolazione del suo significato è compiuta: l’obiezione di coscienza è spesso brandita come arma contro l’esercizio delle singole volontà. È un destino buffo per uno strumento dal sapore liberale e libertario, più affine all’individualismo e alla disobbedienza civile che all’autoritarismo e al moralismo legale.
Da Antigone alle donne che oggi chiedono di abortire, passando per il Dr House e per i medici che non vogliono prescrivere la contraccezione d’emergenza, l’odierna obiezione di coscienza merita una riflessione attenta. Non possiamo più eludere alcune domande: come può funzionare un servizio fiaccato dal 75% di defezioni (questa è la percentuale nazionale degli obiettori di coscienza rispetto alla interruzione di gravidanza)? È giusto scegliere una professione e poi chiedere un esonero? Perché dovrebbe valere solo per i medici, e non per gli avvocati, i giudici o le forze dell’ordine?

giovedì 20 ottobre 2011

Siri

The quick and the curious received the new iPhone 4S on Friday. The new iPhones are a lot like the old iPhones—except for Siri. She's the new voice-aware "personal assistant" designed to do your bidding. I've seen people speaking to their Android phones while holding them in horizontal fashion, as if smoking a peace pipe, and I vowed never to follow their ridiculous example. By the end of the weekend, I was dictating texts to Siri like the second coming of Don Draper. And typing is now sooooo tedious.
The official Apple videos for Siri suggest such earnest-use cases as asking, "What's the traffic like around here?" or instructing the virtual assistant to "text my wife that I will be 30 minutes late." Once people had a chance to play with Siri, they had other ideas:

Talk Dirty to Me, Siri, Michael Agger, Slate, october 18, 2011.

Una città fallita


Alemanno, la vera calamità di Roma, Cinzia Sciuto, 20 ottobre 2011.

Salute, bioetica e politica

La scuola di politica, libertà e giustizia organizza un incontro sui temi della salute e della bioetica (26 e 27 novembre prossimi a Perugia, Centro Congressi, via Ruggero D’Andreotto 19).
Qui il programma e le modalità di iscrizione.

mercoledì 19 ottobre 2011

Convegno sulla obiezione di coscienza

Il 1° Convegno nazionale della Laiga, Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Attuazione della legge 194, si svolgerà i prossimi 21 e 22 ottobre 2011 a Roma, presso Palazzo Valentini, via IV Novembre 119/A.
Il programma completo è qui.

The Next Abortion Battleground: Fetal Heartbeats

Abortion opponents have a new weapon of choice: the “heartbeat bill.” A coalition of anti-abortion groups told the Associated Press last week that it was pushing to enact laws in all 50 states that would make women listen to a fetus’s heart beat before they could abort. Michele Bachmann (R-Minn.) has introduced a similar federal bill, The Heartbeat Informed Consent Act, in Congress.

When the Supreme Court decided Roe, critics of abortion vowed to get it overturned. They have not succeeded in that. But they have managed to pass a wide array of laws — some upheld by the courts, others struck down — making access to abortion more difficult. The Supreme Court has ruled that states can impose some restrictions, such as 24-hour waiting periods and parental consent requirements, but has struck down others, such as laws forcing women to notify their spouses. The heartbeat laws are the latest effort in a decades-long campaign that — as conservatives gain strength at the state level—appears to be gaining ground.
Per leggere il pezzo di Adam Cohen su Time di ieri.

martedì 18 ottobre 2011

Di embrioni e di brevetti

La Corte di giustizia europea si è espressa su un trattamento anti-Parkinson messo a punto da Oliver Brustle e contestato da Greenpeace. Secondo i resoconti di stampa avrebbe dato ragione all’associazione ambientalista e torto al ricercatore tedesco, concludendo che le cellule staminali di origine embrionale non sono brevettabili. In sostanza si affermerebbe l’equazione ovulo fecondato uguale blastocisti uguale cellule derivate. Non solo, a quanto pare la Corte riconosce la caratteristica di embrione umano anche agli ovociti che pur non essendo fecondati sono indotti a dividersi in altro modo (dal trasferimento nucleare alla partenogenesi) e non possono dare origine a un essere umano. Si tratta di una conclusione scientificamente e filosoficamente discutibile. Portando questo ragionamento alle estreme conseguenze, infatti, si potrebbe arrivare a sostenere che persino le staminali pluripotenti indotte (le cosiddette iPS, o staminali “etiche”) sono degli embrioni. Pur derivando da cellule diverse dagli ovociti, infatti, si spera di riuscire a manipolarle in modo che si comportino esattamente come le staminali embrionali, esibendo la stessa “embrionalità”. Vorrei sollevare anche un altro punto: la direttiva sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, a cui ovviamente la Corte fa riferimento, è il frutto di un decennio di tiro alla fune a Bruxelles e ne porta i segni evidenti. Ma i brevetti non dovrebbero avere nulla a che vedere con la dignità umana, concetto su cui si contrappongono scuole di pensiero diverse e che non mi sembra rientri nelle competenze di un patent attorney. Un brevetto non dovrebbe servire a stabilire se qualcosa è moralmente lecito, e al limite nemmeno se è compatibile con le leggi vigenti. Dovrebbe certificare se un’invenzione è originale e rilevante, e attribuirne la paternità ai suoi inventori. In linea di principio la brevettabilità non implica alcun via libera alla commercializzazione di un’invenzione. Dal mescolamento di questi piani può venire fuori soltanto una gran confusione.

Anna Meldolesi oggi.
Sintesi della sentenza. Sentenza integrale.

lunedì 10 ottobre 2011

Non negoziabile

Not negotiable, non negoziabile, trovo scritto fra le opzioni di un menù in un certo sito web. Il significato è: se questa condizione non è soddisfatta l’accordo fra noi non è possibile, e ognuno per la sua strada. Nel significato che alcuni – i soliti noti – gli danno, non negoziabile significa invece: l’accordo si fa per forza, alle condizioni che noi proponiamo; non pensare nemmeno per un istante di poterci sfuggire.

sabato 1 ottobre 2011

Inarrivabile

Nessuno avrebbe potuto fare di meglio: gli oroscopi non ci pigliano più, colpa dei parti cesarei.
Questo è il parere di Melania Rizzoli, riportato dalle Ultimissime UAAR di ieri (non si nasce quando si deve nascere, ma quando lo decide il medico. Uno non nasce sotto il quadro astrale che hanno scelto per lui le stelle, ma sotto quello scelto dal ginecologo). Capito?