mercoledì 14 gennaio 2015

Vulgus vult decipi

Ricevo questo commento al mio post precedente, in cui parlavo di un articolo particolarmente male informato apparso sulla Croce di Adinolfi:

Se posso dire la mia invece mentre l’articolo tenta di costruire qualcosa il commento sarcastico è tutto incentrato sul distruggere, facendosene quasi vanto, mettendo mi pare in luce la vera molla che lo anima: cioè l’abortismo come ideologia.
Ergo decipiatur.

venerdì 2 gennaio 2015

La Croce, le lucciole e le lanterne

Come si sa, dal 13 gennaio sarà in edicola La Croce, il quotidiano pro-life e anti-gay fondato e diretto da Mario Adinolfi sull’onda del successo del suo Voglio la mamma. Da qualche tempo la pagina Facebook del giornale ospita articoli di quelle che saranno le sue firme; oggi, per esempio, si può leggere «L’aborto si può combattere, il caso Pennsylvania» di Giuseppe Brienza. L’articolo contiene, seguendo la lezione del direttore, una certa abbondanza di dati:

Stando almeno a quanto riporta su LifeNews.com il giornalista Steven Ertelt, dalle statistiche recentemente pubblicate dal Dipartimento della Salute, in Pennsylvania «gli aborti sono scesi ormai ai minimi storici». Nel 2013, infatti, la percentuale degli aborti sul numero totale delle nascite è crollata dal 32 al 7 per cento. […] Eppoi nonostante le campagne pro-aborto, in Pennsylvania nel 2013 le complicazioni relative all’intervento ipocritamente detto di “interruzione volontaria della gravidanza” sono balzata [sic] a quasi il 22 per cento, stando al Rapporto del Dipartimento della Salute.
Tra crolli e balzi sembrerebbe che autori e lettori della Croce abbiano di che festeggiare; ma c’è qualcosa nell’enormità e nell’indeterminatezza delle cifre – il crollo e il balzo in quanto tempo si sono verificati, un solo anno? – che induce l’osservatore sospettoso a compiere qualche controllo.

Naturalmente Brienza si guarda bene dal mettere un link diretto all’articolo di Steven Ertelt; una breve esplorazione del sito LifeNews ci porta comunque alla pagina desiderata. Qui ci attende una sorpresa – o forse dovrei dire nessuna sorpresa? Scrive Ertelt:
Abortions have dropped to an all-time low in Pennsylvania, according to 2013 abortion statistics released Wednesday by the state Department of Health. […] In 2013, the number of abortions in Pennsylvania dropped by 7 percent to 32,108, according to the report [«Gli aborti hanno toccato un minimo storico in Pennsylvania, secondo le statistiche relative al 2013 rese note mercoledì dal Dipartimento della Sanità di quello stato. […] Nel 2013, il numero degli aborti in Pennsylvania è caduto del 7% arrivando a 32.108, secondo il rapporto»].
Da nessuna parte Ertelt afferma che gli aborti sarebbero arrivati al 7% dei nati; dice invece chiaramente che il loro numero è caduto in un anno del 7%. Siamo costretti a concludere che Brienza abbia equivocato l’espressione the number of abortions in Pennsylvania dropped by 7 percent. E il 32%? Erbert non ne parla; l’unico «32» di tutto l’articolo sta nelle cifre iniziali del numero degli aborti. Sorge il sospetto che Brienza, ingannato dalla virgola dopo il 32 (che in inglese segna le migliaia), abbia scambiato quelle cifre per una percentuale – anche se la preposizione avrebbe dovuto evitare l’equivoco. Insomma, Brienza ha probabilmente letto il testo come se dicesse the abortion ratio in Pennsylvania dropped from 32 percent to 7 percent. Se andiamo a vedere il testo originale del Department of Health, 2013 Abortion Statistics (pdf), ritroviamo le cifre citate da Ertelt, e nessuna di quelle della peculiare interpretazione del giornalista della Croce, che a quanto pare non è andato a leggere la fonte originaria (e forse è meglio così: chissà cosa avrebbe estratto da quel cappello). Consultando qualche altra fonte (qui e qui), troviamo che nel 2012 ci sono stati 23,54 aborti per 100 nati vivi, e 22,23 aborti ogni 100 nati vivi nel 2013 (per compatibilità dei dati ho considerato solo gli aborti e le nascite delle residenti).

Quanto al preoccupante «22 per cento» di «complicazioni relative all’intervento ipocritamente detto di “interruzione volontaria della gravidanza”», ecco cosa scriveva in realtà Ertelt:
In 2013, abortion complications rose by almost 22 percent, according to the report [«Nel 2013, le complicazioni dovute all’aborto sono aumentate di quasi il 22%»].
Le complicazioni, quindi, non sono «balzate a quasi il 22 per cento» (degli interventi, come crede e/o lascia credere Brienza), ma sono aumentate del 22%. Beh, è sempre tanto, potrebbe rispondere il lettore della Croce. Senonché i numeri vanno messi in prospettiva; quanti sono stati i casi di complicazioni? Ce lo dice il rapporto originale: 178. Cioè meno dello 0,6% sul totale degli aborti (o forse ancora meno, se la cifra a denominatore comprende anche gli aborti clandestini, come sembra implicare il rapporto). L’anno prima erano stati 146, un po’ più dello 0,4% del totale. Non ci sono notizie di complicazioni fatali.

Per avere questo genere di «notizie», servite calde e odorose ogni giorno, molta gente si prepara a spendere un bel po’ di quattrini: La Croce costerà 1,50 Euro a copia, 180 Euro per l’abbonamento annuale. Auguri.