domenica 5 febbraio 2017

Bioetica per perplessi



Non esistono modi oggettivi per stabilire che un’etica è più giusta o funzionale di un’altra in assoluto, anche se comprendiamo che è un tratto psicologico-sociale adattativo autoingannarsi, cioè credere che i propri giudizi debbano essere presi in considerazione e rispettati o addirittura che siano universalizzabili. Da questo punto di vista, Immanuel Kant aveva colto un’aspirazione umana più intuitiva che razionale. Purtroppo, ma anche per fortuna, veniamo al mondo con disposizioni sia benevole sia malevole. Possiamo essere più o meno predisposti a farci guidare da sentimenti morali di fondo che sono passati al vaglio della selezione naturale e hanno aiutato i nostri antenati a sopravvivere, cioè a lasciare una discendenza di cui siamo temporaneamente parte.  Ha una valenza solo retorica far riferimento a cadute tragiche dell’etica medica (le idee e le pratiche messe in atto dai medici sotto il regime nazista sono il caso più eclatante) come scenari in qualche modo disumani o da prendere come tipologia di confronto per giudicare l’accettabilità di qualche particolare scelta o intervento medico. «Lo facevano i nazisti e quindi è male», non può essere però un argomento intelligente contro qualche atto medico. Perché i nazisti mangiavano, dormivano, facevano sesso, stringevano amicizie e rapporti affettivi. Quindi i nazisti erano persone del tutto normali e la loro etica era un’etica normale in quanto possibile, e possibile in quanto conteneva elementi molto umani sul piano psicologico. Gli stessi elementi che sono alla base della nostra etica. Così come una persona razzista o omofoba non è diversa da chi non trova rilevanti, sotto nessun punto di vista delle relazioni sociali, il colore della pelle o le preferenze sessuali – con l’eccezione, dei razzisti e degli omofobi psicopatici.

Una morale della concretezza, Il Sole24Ore, 4 febbraio 2017.