mercoledì 15 agosto 2007

Se rallentiamo ancora, andiamo a marcia indietro

È solo il finale di un discorsetto che fa sorridere per l’ingenuità, ma forse è perché si mirava alla divulgazione ampia e la semplificazione ha preso la mano a Gianni Vattimo (Il progresso scientifico? Facciamolo rallentare, la Stampa, 14 agosto 2007, sottotitolo: L’etica della responsabilità strumento contro i fanatici della “verità a tutti i costi”). Oppure gli atroci dubbi sul pensiero debole non erano solo critiche maligne.
Clonare o non clonare esseri umani? Per adesso la domanda non è così urgente, ma potrebbe diventarlo in un futuro non tanto remoto. Sarebbe bello che in questioni come queste si potesse decidere solo in riferimento alla natura, come vorrebbe soprattutto la Chiesa. Ma la natura non ha una voce così univoca, e del resto l'uomo è naturalmente sopravvissuto fino ad oggi perché non l’ha rispettata nella sua mitica intoccabilità. Il «principio di precauzione» che giustamente si invoca è solo un esempio di etica della responsabilità che anche e soprattutto gli scienziati non ignorano, e che vale anzitutto contro ogni fanatismo della «verità a tutti i costi». Ma, di nuovo, il problema diventa allora di riconoscere dei limiti che sono bensì nella cosa stessa - per esempio nel caso degli OGM - e però anche sempre nella «compatibilità» sociale di quel che si fa. Così, nel caso della clonazione, oggi la coscienza collettiva è forse preparata ad accettarla in termini parziali (clonare fegati e budella varie, se possibile) ma non se si tratta di individui interi come noi. Oltre tutto non ce n’è bisogno, dunque sarebbe una cosa da pazzi. Ma il «progresso della scienza»? Può rallentare un po’. Tutti preferiamo vivere in una società più umana, e dunque anche più consueta e familiare, piuttosto che in un mondo magari «migliore», ma in cui non ci riconosceremmo più.
Menomale che almeno Vattimo abbia sollevato qualche dubbio sull’efficacia e la sensatezza del criterio “riferimento alla natura”. Tuttavia l’inutilità e l’ambiguità del riferimento alla natura permane in tutta la sua violenza e in tutta la sua sciocchezza (tralascio il rinforzo “come vorrebbe soprattutto la Chiesa”, immancabile presenza). Ne è una prova il richiamo al principio di precauzione e alla sua presunta efficacia, oltre che al suo indubitabile profilo morale (il principio di precauzione è uno strumento fallace e illusorio, spesso dannoso).
Sul significato dei “limiti che sono bensì nella cosa stessa” non saprei bene come orientarmi. Sembra essere una specie di limitazione intrinseca parmenidea dell’essere che autolimita se stesso (sono andata bene?), ma non saprei come usare questo principio di autolimitazione. Cosa farmene, insomma, e come riconoscerlo: è la cosa stessa che mi informa dei propri autolimiti? La verifica della compatibilità sociale non aiuta a chiarire di molto come e perché limitare una “cosa”. Come si giudica se un prodotto o una ricerca sono socialmente compatibili?

Sulla clonazione c’è il gran finale.
1. È prematuro domandare perché ancora tecnicamente azzardato (concordo solo sulla seconda metà dell’affermazione; sulla prima ho molte perplessità: discutere “in anticipo” offre molti vantaggi, per esempio avere il tempo di conoscere gli estremi di quanto si sta discutendo senza attaccarsi alle scuse dell’emergenza. La mia perplessità coinvolge anche l’inferenza).
2. Non c’è bisogno della clonazione quindi è una cosa da pazzi (discutibile che non ce ne sia bisogno e ambiguo l’uso del termine “bisogno”; in alcuni scenari potrebbe essere l’unico modo per procreare e in assenza di danni non sembra legittimo vietarlo o scandalizzarsi – o meglio, chi vuole si scandalizzi pure ma non rompa a chi avesse bisogno di fare ricorso a questa tecnica. L’inferenza è del tutto strampalata: sia perché la premessa è discutibile, sia perché il fatto che di qualcosa non ci sia bisogno non significa che quel qualcosa sia “da pazzi”. Del pensiero debole c’è forse bisogno? Difficile sostenerlo qualora si intenda “bisogno” nel senso che non ci sono alternative, tuttavia non è questa la ragione per cui il pensiero debole potrebbe essere giudicato “una cosa da pazzi”).
3. Clonare fegati e budella varie (non un solo tipo di budella, ma varie. Non siamo andati troppo nel trash?).

Infine, l’implicita identificazione tra un mondo ove la scienza sia tenuta a freno e un mondo consueto, familiare, più umano (una versione filosofica della famigliola Barilla) è davvero patetica, erronea, pericolosa e ridicola. E sarebbe consigliabile che Vattimo non parlasse a nome di tutti: se lui non si riconoscerebbe in un mondo scientifico, non è detto che tutti gli altri proverebbero la stessa tenera attrazione per una allucinazione di Arcadia.

7 commenti:

  1. Povero Vattimo, ha proprio scritto il temino delle superiori. Comunque, si capisce che lo fa per le 500 o i 1000 euro che gli pagano per l'articolo.

    RispondiElimina
  2. la sinistra conservatrice

    RispondiElimina
  3. @ Filter: così tanto?
    Romanzi d'appendice!

    RispondiElimina
  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  5. Filter, forse il temino di terza media. Alle superiori gli avrebbero dato un bel 5--.
    Yoshi, l'approssimazione e la piattezza cerebrale si addicono a tutti i salotti politici, siano essi di centro-sinistre che di centro-destra che di centro-centro.
    Capemaster, la nostra è tutta invidia!

    RispondiElimina
  6. Io sono senza dubbi invidiosa per il compenso di 500-1000 euro per articolo, lo confesso!

    RispondiElimina