lunedì 23 febbraio 2009

Carità e diritto (a me sarebbe bastato il secondo...)

La legge che il Parlamento sta elaborando sul testamento biologico “coniuga carità e diritto”. Lo ha detto il relatore del provvedimento, Raffaele Calabrò, ai microfoni di Parliamo con l’Elefante, su Radio 24. “La libertà di scelta si deve riferire alle cure – ha ribadito – e questa viene permessa anche in anticipo. Quello che non viene concesso, e che neanche la Costituzione concede, è di chiedere di morire. Alimentazione e idratazione non sono cure ma sostentamento, poterle rifiutare significa poter chiedere di morire. Come dire, io mi voglio sparare: e lo Stato lo concede”.
(Prosegue qui).

Peccato che anche rifiutare dei farmaci spesso significa morire. Peccato che Calabrò sia un funambolo ubriaco. Peccato che il gioco delle tre carte ti si ritorce contro se non sei abbastanza abile con le mani e con il cervello.
Io insisto: anello con il cianuro (e la speranza di crepare di colpo, ovviamente).
E poi: nemmeno la carità può essere imposta!, ma Calabrò e la sua cricca pensano che i cittadini siano una massa di mentecatti, cui va ricordato di ribadire il proprio volere ogni 3 anni e ai quali va sottratta una larga fetta di libertà. Per il nostro bene, ci mancherebbe.

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