Berlino. Un chirurgo scopre in sala operatoria che il suo paziente ha un tatuaggio del Terzo Reich sull’avambraccio. Il chirurgo è ebreo e afferma che la sua coscienza non gli permette di eseguire l’intervento. Lascia la sala operatoria. Dice alla moglie del paziente “non opererò suo marito perché sono ebreo”. Il paziente è poi operato da un altro medico. Questa è la notizia riportata dall’Ansa e da altri quotidiani qualche giorno fa.
Il comportamento del medico è ammissibile? Senza dubbio è comprensibile. La nostra pancia ci porta a giustificare il medico, ma una analisi più a freddo ci obbliga a cambiare idea. È bene innanzitutto ricordare l’età dei due soggetti coinvolti: 46 anni per il medico, 36 per il paziente. È bene anche ricordare che un medico non può decidere chi operare e chi no in base a una valutazione morale del proprio paziente: anche agli assassini o agli aggressori è garantita l’assistenza medica.
In questo caso poi ci troveremmo più davanti a un reato d’opinione che a un vero e proprio reato: il tatuaggio non implica un comportamento criminale del paziente stesso. Può indicare una adesione a idee che ci suscitano orrore e ripugnanza, ma non è una dimostrazione di null’altro. Anzi, sappiamo bene che alcuni individui scelgono di tatuarsi o di uniformarsi a canoni di abbigliamento o di acconciatura senza essere nemmeno tanto consapevoli del significato di quei simboli.
In ogni modo l’aspetto più importante è che seppure scegliessi, nella totale consapevolezza, di rasarmi i capelli e di tatuarmi aquile e facce da Hitler non significherebbe che io sia colpevole di un qualche reato. Anche lo fossi alcuni diritti mi dovrebbero essere garantiti. Il medico si è trovato in una situazione sgradevole, ma la risposta non può essere quella di sottrarsi ai propri doveri.
Se giustificassimo la sua scelta di coscienza, configurabile come una obiezione di coscienza, fin dove potremmo spingerci? Dovremmo poi essere disposti a giustificare se un medico ceceno si rifiutasse di operare un russo investito da un camion? Oppure un tutsi potrebbe incrociare le braccia davanti a un paziente hutu? Non sembra che il paziente abbia corso dei rischi e che sia stato facile trovare un altro medico disposto a eseguire l’intervento chirurgico, ma se fossero stati tutti della stessa idea quale destino avrebbe avuto il paziente?
Su Giornalettismo.
lunedì 15 novembre 2010
Curare il nemico? È un dovere
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61 commenti:
Spero che quel medico venga preso a calci e radiato dall'albo.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
A prescindere dall'ebreo e dal nazista, sono dell'idea che vada lasciata aperta la possibilità di astenersi, non ritenendosi nelle condizioni ideali per operare, qualora non sussistano condizioni di emergenza o di insostituibilità.
In pratica, avendo alternative, diventa una garanzia in più per il paziente.
E non so quanto sia attinente riferirsi all'obiezione di coscienza e, in particolare, a quella relativa all'IGV che conosciamo; anche perché non credo che i "nostri" obiettori si pongano molto il problema di chi li può sostituire o meno.
Sono d'accordo con Marcoz.
Rifiutarsi di curare qualcuno non mi sembra lecito. In questo caso non si può neppure parlare di coscienza, perché la coscienza dovrebbe inibire i comportamenti sbagliati, non quelli corretti ancorché volti al bene di persone poco ammodo.
Io lo vedrei come un caso di vera e propria discriminazione.
C'è però da considerare un altro aspetto: un medico emotivamente troppo coinvolto opportunamente si dovrebbe astenere dall'intervenire, lasciando, laddove possibile, il passo ad un collega più distaccato. Se il chirurgo avesse esposto la sua scelta con un: "sono ebreo, vedere durante l'intervento questi simboli avrebbe turbato il mio distacco professionale e influito sulla mia capacità e prontezza di giudizio", allora sarebbe stato solo encomiabile, come un medico che ha appena perso un figlio e non se la sente di curare un bimbo che gli somiglia. Alla fine, ammettere il limite del medico diventa una tutela per il paziente.
Da capire quale aspetto sia stato importante per il chirurgo qui coinvolto...
Silvia
un articolo che dimostra come il "perdono" non sia un concetto solo cristiano (e che gli Ebrei dai buoni propositi, per la Shoah ricercano giustizia e non vendetta, come diceva Wiesenthal):
http://www.ilgiornale.it/interni/io_ebrea_vi_dico_avrei_operato_malato_neonazi/13-11-2010/articolostampa-id=486469-page=1-comments=1
cordialmente,
biolove
Per Marcoz, 15/11/10 11:18
"A prescindere dall'ebreo e dal nazista, sono dell'idea che vada lasciata aperta la possibilità di astenersi, non ritenendosi nelle condizioni ideali per operare, qualora non sussistano condizioni di emergenza o di insostituibilità."
Quindi lei riterrebbe accettabile i seguenti comportamenti (sempre in assenza di emergenza o insostituibilità):
1) Medico musulmano che non cura una donna
2) Medico musulmano che non cura un ebreo
3) Medico ateo che non cura un cristiano
4) Medico cristiano che non cura un ateo
5) Medico razzista che non cura un uomo di colore
6) Medico di colore che non cura un simpatizzante del Ku Klux Klan
7) Medico laziale che non cura tifoso romanista
8) Medico milanese che non cura un meridionale
9) Medico siciliano che non cura un milanese
10) Medico israeliano che non cura un palestinese
11) Medico palestinese che non cura un'israeliano
"In pratica, avendo alternative, diventa una garanzia in più per il paziente."
E se non c'è alternativa? Diventa una garanzia in meno per il paziente?
Perchè io ho sempre pensato che chi fa il medico è tenuto a fare il medico sempre e comunque al meglio delle proprie possibilità.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
DiegoPig,
purtroppo uno strumento che misura il buon senso non è stato ancora inventato, e comunque lei s'è dimenticato il caso numero 12:
chirugo cornuto che si rifiuta di curare il tizio che, una settimana prima, ha trovato nell'armadio di casa.
(lei, se fosse quello che s'è fatta la moglie, si farebbe tranquillamente operare?)
(magari, il "nazista", non sapeva che il medico era ebreo, altrimenti avrebbe chiesto lui un altro specialista).
Tenere aperta la possibilità a cui ho accennato, significa solo che non è possibile separare con l'accetta un comportamento inammissibile da uno che non lo è, quando ci troviamo di fronte ai sentimenti umani, e che essi vanno tutelati finché non diventano un oggettivo danno per tersi. E non dimentichiamo che un'operazione chirurgica, per quanto banale, non è come riattaccare un bottone a una giacca.
Poi, qualsiasi scelta personale può essere sicuramente valutata nel merito, criticata e, riguardo al caso specifico, la direzione sanitaria può riservarsi di prendere o no provvedimenti, visto che sono convinto che essa conosca il soggetto molto meglio di chi ha solo i parametri di giudizio offerti da un articolo di giornale.
Se non c'è alternativa?
Io mi farei praticare una tracheotomia da un macellaio, se stessi soffocando. Lei no?
Saluti
Per Marcoz, 15/11/10 12:58
"Tenere aperta la possibilità a cui ho accennato, significa solo che non è possibile separare con l'accetta un comportamento inammissibile da uno che non lo è, quando ci troviamo di fronte ai sentimenti umani, e che essi vanno tutelati finché non diventano un oggettivo danno per terzi."
Quindi lei sta dicendo che non possiamo pretendere che un medico metta da parte i propri sentimenti perchè questo è umanamente possibile.
Poi, però, pretende che quello stesso medico sia in grado di farlo se non c'è chi lo può sostituire.
O almeno questo è quello che io capisco del suo pensiero.
E' però anche possibile che lei stia dicendo che non possiamo pretendere sempre e comunque la massima professionalità da un medico perchè anche il medico è un essere umano e quindi può sbagliare.
Però se non possiamo pretendere sempre e comunque la massima professionalità allora non possiamo neppure pretendere di giudicare i medici che sbagliano, perchè tutti sbagliano.
Lei volerebbe mai su un aereo di linea pur sapendo che il pilota non è in grado di mantenere il sangue freddo durante un'emergenza?
E se lei fosse un dirigente di una linea aerea, affiderebbe mai un velivolo del costo di svariate centinaia di milioni di euro (nonchè la vita di centinaia di persone) ad un tale pilota?
"Se non c'è alternativa?
Io mi farei praticare una tracheotomia da un macellaio, se stessi soffocando. Lei no?"
Io preferire vivere in un mondo in cui non ho bisogno di andare dal macellaio per una tracheotomia.
Lei sì?
Cordiali Saluti,
DiegoPig
Errata corrige:
sostituire
"che essi vanno tutelati finché non diventano un oggettivo danno per tersi"
con
"che essi sono da prendere in considerazione finché non diventano un oggettivo motivo di danno per terzi"
Scusate.
[eliminando quel "tutelate" dovrei aver risolto risposto a parte delle ultime obiezioni]
"Poi, però, pretende che quello stesso medico sia in grado di farlo se non c'è chi lo può sostituire."
No, mi auspico che faccia del suo meglio e che chi ha scelto di metterlo a svolgere quel compito abbia fatto altrettanto.
Per le pretese di perfezione, aspetto i chirurghi-robot.
"non possiamo neppure pretendere di giudicare i medici che sbagliano, perchè tutti sbagliano"
Quello che ho sostenuto non rappresenza un'assoluzione d'ufficio del comportamento del chirurgo, tuttavia prima di prenderlo a calci e radiarlo dall'albo ci rifletterei.
Lo sbaglio si giudica, sì, ma mi pare che ci siano diversi livelli di errore che vanno dal danno per dolo fino a quello per cause non prevedibili.
Tutti colpevoli allo stesso modo, quindi?
"Io preferire vivere in un mondo in cui non ho bisogno di andare dal macellaio per una tracheotomia."
Allora le consiglio di noleggiare un ospedale da campo, quando si allontana dai centri abitati.
Saluti
p.s.: le chiedo una cortesia, DiegoPig: per dividere i periodi, può usare lo spazio minimo necessario? Tutto quello scorrere per leggere i suoi commenti, scarica velocemente le pile al mio mouse wireless (se non vuole farlo per me, pensi almeno all'ambiente).
Era da diversi thread fa che volevo chiederglielo.
Per Marcoz, 15/11/10 14:23
"No, mi auspico che faccia del suo meglio e che chi ha scelto di metterlo a svolgere quel compito abbia fatto altrettanto.
Per le pretese di perfezione, aspetto i chirurghi-robot."
La mia opinione è che pretendere che un medico faccia il suo lavoro al meglio non sia una "pretesa di perfezione", ma il minimo indispensabile per praticare la medicina.
Poi magari sono perverso io.
"Quello che ho sostenuto non rappresenza un'assoluzione d'ufficio del comportamento del chirurgo, tuttavia prima di prenderlo a calci e radiarlo dall'albo ci rifletterei."
Perchè lei considera il "prenderlo a calci" come una punizione.
Da parte mia la vedo semplicemente come la constatazione che questo individuo non ha le caratteristiche necessarie per fare il medico.
"Lo sbaglio si giudica, sì, ma mi pare che ci siano diversi livelli di errore che vanno dal danno per dolo fino a quello per cause non prevedibili.
Tutti colpevoli allo stesso modo, quindi?"
Assolutamente no.
Ma come giudiciamo il comportamento del medico in oggetto se non come dolo?
"Allora le consiglio di noleggiare un ospedale da campo, quando si allontana dai centri abitati."
Non mi pare che l'episodio riportato si sia svolto in campagna, ma in un paese cosidetto "civile".
E sinceramente, preferisco non vivere in un paese che si definisce "civile" nonostante obblighi a ricorrere ai macellai per delle pratiche mediche.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
"Curare il nemico" è questo il problema,o meglio nasce qui la contraddizione, perchè chi cura non dovrebbe avere nemici.Colui che cura non dovrebbe vedere bandiere, colori di pelle,credo religioso, fazioni politiche.Chi è soccorritore soccorre,non giudica.Chi offre una prestazione per salvare una vita dovrebbe avere la capacità di guardare oltre:oltre le differenze,oltre le divergenze oltre gli errori e gli orrori che gli uomini a volte anche brutalmente commettono.Un paziente dovrebbe essere meritevole di soccorso a prescindere dai suoi errori,dalle sue inclinazoni politiche, dai reati che ha commesso, dalla fede che professa.Un paziente è un paziente così come un medico deve essere un medico, sempre,in ogni circostanza perchè in questo consiste la differenza tra "essere medico" e " fare il medico".Chi è medico riesce a porre le proprie contraddizioni( se pur irrisolte) dopo il dovere, chi "fa" il medico invece non riesce a superare i propri conflitti e decide di spengere l'interruttore dell'obbligo morale quando le sue contraddizioni sono più forti.
"Ma come giudiciamo il comportamento del medico in oggetto se non come dolo?"
Mi pareva che per "i medici che sbagliano, perchè tutti sbagliano" s'intendessero errori sul campo che portano a danni concreti. In questo caso, pare che il paziente non abbia subìto danni.
Chi si deve trarre le conclusioni dalla vicenda è l'ospedale, che ha quel chirurgo tra il proprio personale, in funzione dell'efficienza del reparto e delle garanzie vecchie (e, semmai, nuove!) che il professionista può dare per il futuro.
Da parte mia la vedo semplicemente come la constatazione che questo individuo non ha le caratteristiche necessarie per fare il medico.
Questa mi sembra un'ipotesi non obbligata, ma da non escludere a priori.
La mia opinione è che pretendere che un medico faccia il suo lavoro al meglio non sia una "pretesa di perfezione", ma il minimo indispensabile per praticare la medicina.
Lo comprendo benissimo.
Non mi pare che l'episodio riportato si sia svolto in campagna, ma in un paese cosidetto "civile".
La mia è stata un'estremizzazione, ovviamente, a seguito della sua ipotesi di mancanza di alternativa. In caso di emergenza, la necessità c'è per tutti e due, indistintamente, anche se con punti di vista totalmente diversi, naturalmente: il medico è obbligato a far fronte ai propri doveri al meglio, il paziente è costretto - anche se suona male a dirsi - a quanto gli passa il convento, e a fidarsi.
Saluti
p.s.: ehi, capisco l'insensibilità nei confronti del sottoscritto, manemmeno l'ambiente le sta a cuore?
Se non gli bastava il giuramento di Ippocrate, avrebbe potuto telefonare ad un collega di Emergency.
Per Marcoz, 15/11/10 16:01
"[Ma come giudiciamo il comportamento del medico in oggetto se non come dolo?", n.d.DiegoPig]
Mi pareva che per "i medici che sbagliano, perchè tutti sbagliano" s'intendessero errori sul campo che portano a danni concreti. In questo caso, pare che il paziente non abbia subìto danni."
Quindi lei ritiene che un carabiniere che non risponda ad una chiamata d'emergenza vada punito solo se risulta un danno?
Ma anche no, direi.
Il dolo è l'azione compiuta nella piena consapevolezza delle conseguenze, indipendentemente dal danno provocato.
Questo medico ha dolosamente omesso di prestare la propria opera nonostante fosse tenuto a farlo.
Nella mia perversa etica lavorativa, questo è motivo sufficiente per considerare tale medico inadeguato a svolgere il proprio lavoro.
In merito all'estremizzazione che lei ha fatto, non posso che concordare che in mancanza di meglio va bene anche il macellaio.
Ma questo non giustifica in nessun modo nè rende più accettabile il comportamento di questo medico.
Volendo estremizzare, è come se io dicessi che in mancanza di forze dell'ordine o paghi chi ti protegge o subisci le violenze.
Ma direi che non è questa la società che vogliamo, vero?
PS: Io uso le batterie ricaricabili, sul mouse wireless.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
"Questo medico ha dolosamente omesso di prestare la propria opera nonostante fosse tenuto a farlo."
Se avremo notizie di sanzioni disciplinari nei confronti del chirurgo, potrei pure concordare con lei. In alternativa, può essere che in quella data situazione egli avesse la facoltà di farlo e che giudizi contrari siano ora viziati da mancanza di informazioni dettagliate.
(Dài, l'esempio del Carabiniere non è paragonabile a questo fatto)
"In merito all'estremizzazione che lei ha fatto, non posso che concordare che in mancanza di meglio va bene anche il macellaio.
Ma questo non giustifica in nessun modo nè rende più accettabile il comportamento di questo medico."
Io l'ho seguita nella discussione, però, l'elemento della "garanzia in meno" non l'ho introdotta io, non ritenendola saliente.
Forse, viste le premesse, il medico ha preferito non correre rischi di essere accusato di negligenza "dolosa", nel caso durante l'operazione qualcosa fosse andato storto.
Saluti
p.s.: è vero, ma pure le pile ricaricabili (che uso) hanno una vita limitata.
Leggo e tengo in grande considerazione questo blog da tempo, ma non ho mai commentato prima d'ora.
Ho deciso di farlo perche - caso leggermente insolito, visto che in generale condivido fortemente(anche se non totalmente) la 'linea' di questo spazio - c'è qualcosa che mi ha lasciato leggermente interdetto in questo post.
Mentre le prime due parti sono piuttosto condivisibili(anche se non ritengo l'eta cosi rilevante, essendo entrambi adulti), c'è qualcosa nella terza e nell'ultima che non mi convince.
La prima critica -l'obiezione minore,:
"Anzi, sappiamo bene che alcuni individui scelgono di tatuarsi o di uniformarsi a canoni di abbigliamento o di acconciatura senza essere nemmeno tanto consapevoli del significato di quei simboli."
Osservazione giusta in generale, ma questo caso è avvenuto in Germania.
Mi sembra ragionevole ritenere che il tatuato conosca il significato storico/politico/ideologico del simbolo che ha deciso di imprimersi sul corpo - anche se forse il mio giudizio potrebbe cambiare se fosse un tatuaggio fatto in giovanissima eta.
La seconda è quello che mi sembra - e potrei sbagliarmi, nel qual caso mi scuso con Chiara Lalli per la critica ingiustificata - un "pendio scivoloso"/paragone forzato nell'ultima parte, che non mi aspetterei di vedere in un blog come questo.
Non sto affermando che dobbiamo accettare o giustificare il rifiuto del medico ebreo(pur comprendendolo), ma i due esempi proposti(ceceno/russo e tutsi/hutu)mi sembrano radicalmente diversi dal caso ebreo/nazista.
Si mettono in contrapposizione due persone appartenenti ad etnie fra le quali storicamente vi sono stati conflitti sanguinosi.
Ma l'appartenenza ad un etnia non è un ideologia in se- per quanto, banalmente, vi siano ideologie 'etniche'.
Sarebbe quindi razzista dedurre determinati comportamenti, colpe o pregiudizi da essa.
Se so che qualcuno ha origini russe, o hutu, non posso dedurne che abbia pregiudizi verso i ceceni, o gli tutsi.
Un caso simile sarebbe un dottore di origini ebree e un paziente di origini tedesche/ "ariane" ma non portatore di particolare ideologia - qui penso non avremmo avuto alcuna comprensione per il medico se fosse rifiutato di curare il paziente!
Ma qui la situazione e diversa, si ha che fare con un (neo)nazista, che ha aderito in qualche misura(non con la violenza forse, ma con abbastanza convinzione da segnare il suo corpo in maniera semi-permanente)ad un ideologia
che proponeva(propone?) la discriminazione e lo stermino di determinati gruppi di persone.
Piccolo dettaglio: Sulla comprensione per il medico, per me le sue origini ebraiche sono in realtà secondarie.
Avrei comunque comprensione per un medico che, pur non appartenendo ad un gruppo discriminato durante il nazismo, avesse avuto una reazione 'forte'.
Si può - si deve!-stigmatizzare la discriminazione anche quando non si è fra i discriminati.
Con rispetto,
Davide
Per Davide, 15/11/10 19:00
"Ma qui la situazione e diversa, si ha che fare con un (neo)nazista, che ha aderito in qualche misura(non con la violenza forse, ma con abbastanza convinzione da segnare il suo corpo in maniera semi-permanente)ad un ideologia
che proponeva(propone?) la discriminazione e lo stermino di determinati gruppi di persone."
La stessa cosa si potrebbe dire di un medico fondamentalista cristiano che non cura un omosessuale perchè l'omosessuale ha aderito in qualche misura ad un comportamento che viola il volere di dio.
Il fatto che, probabilmente, a lei le due situazioni non sembrino equivalenti non significa che l'ipotizzato medico fondamentalista cristiano la pensi come lei.
Quindi ci sono tre soluzioni possibili:
1) Accettiamo che sia sempre e solo il medico a decidere quando vuole curare un paziente e quando, invece, rifiutarsi;
2) Incarichiamo qualcuno (io, lei, il tizio che passa per strada, l'amministratore dell'ospedale etc. etc. etc) per decidere se e quando il rifiuto di curare un paziente è omissione
3) Decidiamo che se uno vuole fare il medico allora fa il medico sempre e comunque al meglio delle sue possibilità, e se non lo fa gli si spiega che l'agricoltura biologica è un mercato in forte espansione e c'è una forte richiesta di braccia per zappare la terra.
Ovviamente io sono per la terza opzione.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
Ed io concordo con lei, Diego, che l'opzione 3 sia quella da preferire(pur trovando i riferimenti all'agricoltura fuori
luogo).
Non ho proposto di concedere ai medici la licenza di non operare se il paziente non gli aggrada.
Pur trovando legittima l'idea di Silvia che, se il medico si sente troppo emotivamente coinvolto, sarebbe lecito decider di far svolgere l'operazione ad un collega più distaccato, se presente. Anche se', come sostiene Silvia stessa, cio' andrebbe dichiarato subito invece di oppore un semplico ed immediato rifiuto.
In disaccordo con Silvia sulla questione coscienza, comunque': la coscienza DOVREBBE inibire i comportamenti sbagliati, ma cio non significa che di fatto, ogni comportamento sbagliato sia controcoscienza. Forse la coscienza, nonostante le nostre aspirazioni, non è così affidabile.
Comunque: dico solo che questo caso e questo medico andrebbero condannati in se, senza uguagliarli, o considerlarli logici precursori di altri fatti oggettivamente peggiori.
Lecito fare paragoni con situazioni radicalmente diverse, ovviamente. Ma tenendo a mente le differenze.
"La stessa cosa si potrebbe dire di un medico fondamentalista cristiano che non cura un omosessuale perchè l'omosessuale ha aderito in qualche misura ad un comportamento che viola il volere di dio."
Ovvio che se ci fosse l'opzione 1(e anche la 2, se il 'giudice' fosse influenzabile), il medico fondamentalista cercherebbe di "usufruire" di questa possibilità.
Ma potremmo spiegare a questo medico che "omosessuale" non sta a "fondamentalista cristiano" come "neonazista" sta ad "ebreo".
Che andare contro la (supposta)volontà di Dio non è paragonabile a fare propria un ideologia basata sullo sterminio di determinate categorie di persone.
Che un ipotetica divinità avrebbe potuto benissimo uccidere il paziente prima che si presentasse a farsi visitare.
Che non ha senso mettere sullo stesso piano la storiografia - pur con tutte le sue pecche ed inesatezze - con i "testi sacri".
E così via.
Certo, al fondamentalista di queste cose non importera' molto. Altrimenti, non sarebbe un fondamentalista.
Ma penso dovrebbero importare a chi discute di etica e dovrebbe cercare di dare un giudizio più 'freddo' considerando tutti i dettagli del caso.
Quindi quando si condanna il comportamento di entrambi i medici, non lo si faccia allo stesso modo, con la stessa
comprensione e le stesse attenuanti.
Due piccole aggiunte:
Primo: Mi sono ricordato di una notizia di qualche tempo fa che potrebbe interessarvi(anche se non escludo che l'abbiate gia sentita).
Negli Stati Uniti un medico repubblicano, per protesta contro la riforma della sanità, si rifiutava di visitare elettori di Obama.
Ecco un link: http://www.eurweb.com/?p=16549
Secondo: Nonostante queste critiche - minori rispetto a tutto cio che ho letto e condiviso in passato - devo dire che mi fa molto piacere che, a differenza di altri siti, nessuno abbia scritto che il medico sia eticamente pari al nazista, o che addiritura siano saltati fuori commenti antisemiti.
Altrove ho addiritura visto tirar fuori la questione israeliano-palestinese(!) per considerarla un 'aggravante' nel comportamento del medico.
Qui invece certe cose si evitano.
Questa civiltà - e non è la prima volta che la noto - è uno dei motivi per cui apprezzo molto questo spazio, e credo che tornero' a commentare in futuro.
Davide
Per Davide, 16/11/10 11:38
"Ma potremmo spiegare a questo medico che "omosessuale" non sta a "fondamentalista cristiano" come "neonazista" sta ad "ebreo".
Che andare contro la (supposta)volontà di Dio non è paragonabile a fare propria un ideologia basata sullo sterminio di determinate categorie di persone."
Temo che lei sopravvaluti i fondamentalisti.
Jerry Falwell, dopo gli attacchi dell'11 settembre disse (traduzione spannometrica):
"Sono fermamente convinto che i pagani, gli abortisti, le femministe, i gay e le lesbiche che stanno attivamente cercando di propagandare uno stile di vita alternativo, nonchè la ACLU e la "People for the American Way", che tutti loro vogliano secolarizzare l'America.
Io punto il dito contro di voi e dico 'anche voi avete fatto sì che questo accadesse'"
Pat Robertson, un evangelista, si dichiarò d'accordo.
(http://en.wikipedia.org/wiki/Jerry_Falwell#September_11th_attacks)
Oppure possiamo parlare di Fred Phelps, il tizio di "Dio odia i froci", che va ai funerali dei militari uccisi in Iraq con cartelli del genere e altri che dicono "Grazie Dio, per averli uccisi" e "Questa è la punizione per accettare l'omosessualità in America".
Lei è proprio sicuro di voler imbarcarsi nell'impresa di discutere con queste persone?
Io continuo ad essere convinto che, se i fatti venissero confermati, costui andrebbe preso a calci e radiato dall'albo.
Poi, ripeto, magari è la mia etica professionale ad essere perversa.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
... Preso a calci e cacciato via.
Concordo.
Non vi e' giustificazione che possa essere presa in considerazione. Chi sceglie di essere un medico, accetta anche l'ipotesi peregrina, di dover trovarsi a dover curare un antagonista...
Qualcuno rammenta la parabola del buon samaritano? Non mi risulta che il soccorritore, abbia eccepito che sussistevano.. i contrasti razziali! Anzi, si prodigo' sino a spendere anche del suo. Scomodare l'ipotesi di una ... invocata obiezione di coscienza mi sembra davvero eccessivo, e 'fuoritema'. L'obiezione di coscienza e' tutt'altra cosa. Se mi fossi trovato io in quella circostanza forse, se davvero emotivamente coinvolto, al punto tale da pregiudicara la serenita' dell'intervento, (tempo permettendo) avrei prima cercato un collega idoneo...a sostituirmi, eventualmente...nell'immediatezza e senza il minimo rischio per il paziente, altrimenti, come si dice da noi, mi sarei 'turato il naso' ed avrei ugualmente eseguito ... il mio lavoro, come purtroppo sono spesso costretto a fare (in altri ambiti).
...
francesco sirio
Premetto che penso che sia difficile fare paragoni con la situazione cui si è trovato di fronte il medico: dovremmo considerare sempre l'oggettività storica della minaccia, che non può paragonarsi ad un banale "a me stanno antipatici coloro che ho più o meno arbitrariamente categorizzato come nemici". Il tatuaggio sta (oggettivamente) ad esprimere un pensiero non tanto diverso dal: "se me ne fosse data l'opportunità, contribuirei volentieri allo sterminio di tutti gli ebrei sulla Terra". D'altro canto ha ragione anche chi fa notare che rimaniamo pur sempre nella sfera delle intenzionalità e non dell'azione: che ne sappiamo noi se quel neo-nazi, alla prova dei fatti, in una situazione ipotetica non agirebbe d'istinto per imponderabili motivi salvando la vita a cento ebrei minacciati di morte? Pur nella sua estrema gravità e oggettività, la presenza di quel simbolo non è congruente ad una violenza distruttiva.
Detto ciò, e condiviso il fatto che può essere comprensibile il disorientamento del medico, anche io considero dubbia l'applicabilità del principio di legittima obiezione. Come ultima ratio resterebbe comunque la carta della disubbidienza: il medico si astiene e ne paga le eventuali conseguenze. Leggermente meno grave sarebbe se riuscisse a dimostrare che non sarebbe stato in grado di operare nello stato d'animo opportuno e avesse conseguentemente (e giudiziosamente) fatto subentrare un collega, avendo ponderato che non ci sarebbe stato rischio. In questo ultimo caso però, scongiurata per ipotesi l'eventuale procedura penale, resterebbe d'obbligo una rivalutazione del profilo professionale.
Resta da chiedersi se, qualora il medico avesse salvato in prima persona la vita a questo tizio, sarebbe stato giusto e legale che il paziente avesse continuato a pubblicizzare sul proprio corpo i meriti di uno sterminio di massa, a minacciare simbolicamente il suo salvatore. In altre parole, esiste qualche modo (anche preventivo) di salvaguardare la dignità di un medico ebreo e di consentirgli di essere sempre nelle condizioni mentali atte ad operare? Forse la legge tedesca già prevede l'esistenza di provvedimenti. C'è chi fa il paragone col salvare la vita ad un pluriomicida: ma in quel caso il medico sarebbe consapevole del fatto che il paziente pagherà penalmente per i crimini commessi. In questo caso invece forse non c'era la percezione di un adeguato riconoscimento della colpa del paziente. In questo caso forse si sarebbe attuata una forma forte di disobbedienza civile che inviterebbe alla riflessione.
Per Paolo de Gregorio, 16/11/10 15:38
Mi trova d'accordo con la maggior parte di quello che scrive, ma non posso non provare un brivido quando leggo questo:
"Resta da chiedersi se, qualora il medico avesse salvato in prima persona la vita a questo tizio, sarebbe stato giusto e legale che il paziente avesse continuato a pubblicizzare sul proprio corpo i meriti di uno sterminio di massa, a minacciare simbolicamente il suo salvatore."
Personalmente ritengo che una persona a cui è impedito di esprimere le proprie opinioni è nè più nè meno che uno schiavo, cioè non più una persona ma un possedimento.
Per questo, dal mio punto di vista, l'ipotesi che fa lei si configurerebbe come schiavitù.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@ DiegoPig
Sono perfettamente consapevole dell'esistenza di elementi di sovrapposizione e contrasto tra il principio della libertà di espressione e la tutela della vita di persone che potrebbero essere concretamente minacciate da forme esplicite di istigazione all'eliminazione fisica. Io stesso ponevo la questione nei termini di un quesito aperto e non perentorio e da sempre mi interrogo su questo punto.
Il punto, per me, è che la libertà di espressione va protetta in modo ovvio, quindi nemmeno inizio a difenderla. D'altro canto ravviso l'esistenza del problema in casi molto limitati. Faccio l'esempio terra terra del linciaggio: di norma esso è costituito dall'azione di pochi sobillato dall'istigazione di una moltitudine che ne alimenta la forza propulsiva. Questi sono meccanismi ben studiati della psiche dell'uomo: in assenza della sobillazione collettiva l'azione soventemente potrebbe anche non compiersi.
A parer mio il problema esiste. In alcuni casi l'istigazione all'omicidio, finanche di massa, è esplicitamente indirizzata alla semplice appartenenza (ad un'etnia, ad un'estrazione o appartenenza culturale, una preferenza sessuale, eccetera). Non ragionata o perlomeno giustificata, ma indirizzata ad un collettivo di esseri umani.
Rigetto comunque il paradigma della schiavitù: le sanzioni potrebbero anche non configurarsi nella forma di limitazioni della libertà personale (carcere o simili). In questo caso particolare, per esempio, non vedo quale schiavitù verrebbe imposta al neo-nazi proponendo questa contropartita: sei libero di tatuarti la svastica, ma rinuncerai all'assistenza sanitaria obbligatoria. Ok, forse sto estremizzando, ipotizzando questa bizzarra compravendita di diritti. Tuttavia sia il medico che il neo-nazi appartengono alla collettività ed entrambi devono essere messi nelle condizioni di non porre una minaccia concreta alla vita dell'altro. Nel momento in cui si fa obbligo al medico di salvaguardare la vita di un altro perché non ci si premura di salvaguardare la vita del medico? Richiedere un intervento chirurgico sarà sicuramente minaccia alla vita più tangibile, ma questo non vuol dire che la minaccia al medico sia inesistente (e questo è un dato conseguente all'analisi storica dei fatti e quantitativa delle tendenze della psiche umana).
Per Paolo de Gregorio, 16/11/10 16:27
"Il punto, per me, è che la libertà di espressione va protetta in modo ovvio, quindi nemmeno inizio a difenderla. D'altro canto ravviso l'esistenza del problema in casi molto limitati. Faccio l'esempio terra terra del linciaggio: di norma esso è costituito dall'azione di pochi sobillato dall'istigazione di una moltitudine che ne alimenta la forza propulsiva. Questi sono meccanismi ben studiati della psiche dell'uomo: in assenza della sobillazione collettiva l'azione soventemente potrebbe anche non compiersi."
L'istigazione a delinquere (così come l'apologia di reato e la diffamazione) non sono forme protette di espressione e per ottime ragioni, secondo me.
Il caso del linciaggio che lei fa rientra, appunto, nel caso di istigazione a delinquere.
Ma una cosa è l'istigazione a delinquere, del tipo "vai e pesta quell'ebreo", ben altra è l'opinione, disprezzabile quanto si vuole, secondo cui "gli ebrei sono infami" (o altri insulti a caso).
In questo secondo caso, nonostante disprezzi profondamente sia l'opinione che colui che la intrattiene, non posso che considerare sacrosanto ed inviolabile il suo diritto di esprimerla.
"Rigetto comunque il paradigma della schiavitù: le sanzioni potrebbero anche non configurarsi nella forma di limitazioni della libertà personale (carcere o simili). In questo caso particolare, per esempio, non vedo quale schiavitù verrebbe imposta al neo-nazi proponendo questa contropartita: sei libero di tatuarti la svastica, ma rinuncerai all'assistenza sanitaria obbligatoria."
Ma in questo caso vi è una palese violazione della libertà di espressione.
Si ricade nello stesso caso delle moltissime leggi statunitesti (abrogate dalla corte suprema) per cui la tassazione di pubblicazione dipendeva dall'argomento pubblicato.
E' ovvio che posso sempre dire "tu puoi pubblicare quello che vuoi, basta che paghi", ma se per una certa opinione richiedo un costo che non richiedo alle altre allora sto violando palesemente la libertà di espressione.
Un altro esempio è la concessione di spazi pubblici a prezzo differenziato, cioè qualcosa tipo "10 dollari l'ora per i boy scouts, 200.000 dollari l'ora per i neonazisti".
Per quanto l'idea di una tale differenza di trattamento mi solletichi, non posso che riconoscerla come una limitazione della libertà di parola.
In sostanza, l'enunciazione del concetto di libertà di parola non può essere qualcosa del tipo "puoi dire quello che vuoi FINTANTO CHE PUOI PAGARE".
"sia il medico che il neo-nazi appartengono alla collettività ed entrambi devono essere messi nelle condizioni di non porre una minaccia concreta alla vita dell'altro. "
Sono d'accordissimo.
Ma un'opinione non è una minaccia concreta (a parte i casi già citati di istigazione, apologia e diffamazione).
Se così fosse, allora potremmo bollare qualsiasi opinione come "minacca", e limitare così l'espressione di quell'opinione.
E' il classico problema di "chi controlla il controllore": se c'è qualcuno che decide quale opinione è "minaccia" e quale no, come facciamo ad essere sicuri che il controllore faccia il suo lavoro in modo imparziale?
Da buon talebano del primo emendamento, non posso che ammirare la soluzione statunitense: non c'è nessuno controllore, si può dire quello che si vuole.
Anche cose disgustose come permettere a dei neonazisti di portare al guinzaglio per il quartiere ebraico dei maiali con una stella di david sopra.
(Non vorrei sbagliarmi, ma penso che questo sia un caso reale di cui si è occupata l'ACLU).
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@ DiegoPig
Ci rifletterò. Annoto che esisterebbe comunque una distinzione tra odio razziale (che sarebbe più appropriato chiamare odio etnico) e istigazione a delinquere. Il caso del maiale potrebbe avvicinarsi più al primo, il caso di andare a zonzo con una svastica tatuata è forse più critico: come ho spiegato, a mio avviso quel simbolo si rifà ad una cultura esplicita dell'azione, non meramente ad una deprecabile ma faticosamente tollerabile cultura del disprezzo.
Ravviso anche io il problema del controllore e del controllato. Tirando le somme, ritengo che la distinzione tra me e lei sia che io ravviso l'esistenza di una istigazione alla violenza e alla soppressione del diverso nella semplice presenza del simbolo nazista: detto più sinceramente, non riesco a rinvenirmi nessun altro significato pregnante (un mio limite). Qui credo che sia essenziale per me riconoscere che il nazismo non si esaurì in un movimento di opinione. Si dovrebbe stabilire se esista una differenza concreta e sostanziale tra l'incitare ad uccidere un ebreo e il mostrare a qualcuno una svastica tatuata: io la differenza la vedo più nelle proporzioni che nel contenuto del messaggio, ma potrei sbagliarmi (del resto mi sto semplicemente ponendo domande).
"ma se per una certa opinione richiedo un costo che non richiedo alle altre allora sto violando palesemente la libertà di espressione".
Beh, mamma mia: in generale dipende da tanti fattori. Se ipotizzo l'esistenza di uno sconto per messaggi utili alla collettività e privi di qualunque ritorno economico, e non applico lo sconto alla pubblicità della Ferrari, non mi sembra che starei limitando la libertà d'espressione di qualcuno. Questa sarebbe un'interpretazione tipicamente americana, per la quale il libero mercato coincide con le altre libertà, e quindi ad una differenza di costo si fa corrispondere una differenza di libertà. Non la vedo però come l'unica interpretazione ammissibile da un punto di vista liberale: libertà di dire e libertà di dirlo dove mi si confà sono due questioni tangenti ma separate.
In ogni caso il tatuaggio era sul corpo stesso dell'individuo, quindi certamente su un posto dove solo quel tale esercita la libertà. Non per questo potrei aggirare le leggi sull'istigazione tatuandomi in fronte "Uccidete Tale!".
Perché secondo lei l'istigazione a delinquere è contrastata "per ottime ragioni"? Non per una tutela concreta della vita delle libertà di altri? Quindi la minaccia anche verbale alla libertà lo ritiene sufficiente per limitare la libertà di parola?
Per Paolo De Gregorio, 16/11/10 18:11 - Parte 1
Credo di comprendere bene i suoi dubbi in merito a come classificare quella svastica, perchè sono gli stessi dubbi che abbiamo tutti (me compreso).
Però ma considerato che la libertà di espressione nasce appositamente per proteggere le espressioni che la maggioranza trova offensive, oscene e disgustose.
E' per questo che secondo me il criterio dell'istigazione a delinquere, per determinare se un'espressione va permessa o meno, sia più oggettivo.
Secondo questo criterio, è reato qualsiasi espressione che dice esplicitamente "agire in modo non permesso dalla legge attuale".
Se invece utilizzassimo un criterio più vago di "pericolosità sociale", è molto probabile che verrebbero giudicate "socialmente pericolose" proprio le espressioni che la maggioranza disprezza.
Si arriverebbe ben presto ad assurdi per cui dei sacerdoti verrebbero multati o incarcerati se predicano contro l'omosessualità (mi pare ci siano dei casi del genere, in Inghilterra), oppure delle persone verrebbero incarcerate se urinano su un libro, se quel libro è ritenuto sacro da una particolare religione (un caso in Francia).
Oppure, all'opposto, potremmo avere che i gay pride (o, addirittura, i baci tra omosessuali in pubblico) vengono vietati perchè ritenuti pericolosi socialmente.
E non ha alcuna rilevanza che questa "presunta pericolosità" sia reale o immaginata.
Non ha rilevanza perchè se una opinione è percepita come "pericolosa" dalla maggior parte della popolazione, allora probabilmente quell'opinione è DAVVERO pericolosa per la maggior parte della popolazione.
Magari il pericolo non è fisico ma semplicemente di "modifica dello status quo", ma sempre pericolo è.
Capirà bene che io, essendo ateo, mi sento ben poco sicuro in un mondo in cui la maggioranza può zittire le opinioni in base al vago criterio di "pericolosità sociale".
Va inoltre detto che la censura delle opinioni si basa su un presupposto errato, e cioè che se un'opinione non si può esprimere in pubblico allora quell'opinione scomparirà.
Ovviamente non è così.
Gli antisemiti ci saranno sempre, così come ci saranno gli omofobi e i razzisti, perchè è nella natura umana temere ed odiare le diversità.
(segue parte 2).
Per Paolo De Gregorio, 16/11/10 18:11 - Parte 2
Saltando di palo in frasca, l'esempio che lei fa equiparando i "messaggi sociali" con la pubblicità della Ferrari non è corretto.
I messaggi commerciali (almeno in America) non sono "protected free speech".
Infatti molte sentenze (una anche della corte suprema, ma devo recuperare il riferimento) dice chiaramente che il governo può limitare o impedire le pubblicità.
Ad esempio, si può impedire il volantinaggio pubblicitario per motivi di ordine pubblico (cosa che non si può invece fare con le opinioni politiche).
Va anche considerato che, quando parliamo di libertà di parola, stiamo sempre parlando di casi in cui una delle controparti è lo stato.
Quindi stiamo parlando di casi in cui lo stato mette a disposizione i mezzi per permettere ad un dato attore di esporre le proprie opinioni.
In queste situazioni è richiesta sempre e solo neutralità da parte dello stato, indipendentemente dal contenuto del messaggio.
Perciò abbiamo la situazione in cui se una scuola pubblica mette a disposizione una sala per i boy scout, allora deve fare lo stesso alle stesse condizioni anche per i neonazisti.
Mi rendo benissimo conto che sembra un costo devastante da pagare, ma se riprendiamo la considerazione che la libertà di parola nasce per proteggere le opinioni di minoranza dalla dittatura della maggioranza, allora è chiaro che questo è un costo necessario, senza il quale la libertà di parola non ci sarebbe.
Concludo rispondendo alla sua domanda: Perché secondo lei l'istigazione a delinquere è contrastata "per ottime ragioni"?
Perchè lo ritengo un criterio oggettivo, non soggettivo.
Non è per niente un criterio perfetto, ma almeno ha il vantaggio di essere indipendente dall'opinione della maggioranza.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
tra le fonti giornalistiche che hanno riportato la notizia del medico ebreo e della svastica tatuata del paziente ho trovato particolarmente interessante la Repubblica
http://www.repubblica.it/esteri/2010/11/13/news/ha_la_svastica_tatuata_il_chirurgo_ebreo_non_lo_opera-9054304/
dove si dice che il fatto è avvenuto a Paderborn, Nordreno-Westfalia,e che non si può sapere molto di più (sulle età di medico e paziente si è detto) per le leggi sulla privacy tedesche "tra le più severe del mondo".
Sugli aspetti penali però si danno valutazioni che potrebbero essere diverse rispetto a quanto qui commentato finora.
Si dice che era un intervento di routine (quindi non particolarmente rischioso).L'omissione di soccorso, in qualità di medico ("perseguita con severità" in Germania si dice),si configurerebbe comunque.
Sull'elemento psicologico del reato però io ho ipotizzato possa non trattarsi di dolo.Poteva esserci il dolo eventuale (l'agente si rappresenta la possibilità che l'evento si verifichi e accetta la possibilità che tale fatto si verifichi) , se l'intervento non fosse stato di routine (e se non avesse chiesto di operare al collega a fianco, come si dice sotto), con conseguente evento morte o lesioni o danni di varia entità.
Bisognerebbe poi conoscere esattamente i limiti entro cui è eventualmente ammessa in Germania un'obiezione di coscienza (rispetto alla deontologia che impone di curare il malato)come quella avanzata dal medico.
Anche il giornalista dice che media e opinione pubblica tedeschi si chiedono se la scelta del medico "di venir meno al suo dovere sia da sanzionare in nome dell'etica medica e dell'etica in generale".
Alla vista della svastica ha chiesto al collega "al suo fianco" (non ha dovuto lasciare la sala per cercarne un altro che fosse in grado, ndr) di operare lui, è uscito dalla sala operatoria, è andato direttamente a parlare con la moglie del paziente, che attendeva la fine dell'intervento.
L'altro chirurgo ha preso il suo posto, tutto è andato bene.
"Non si sa se il paziente abbia protestato o sporto denuncia, ma forse potrebbe non convenirgli."
Per quanto riguarda l'esposizione della svastica sul braccio infatti
"nella Repubblica federale qualsiasi esibizione di simboli nazisti è reato penale".
E questo in ragione dell'Olocausto, ovviamente, ma anche è soprattutto per l'attualità dei movimenti neonazisti ai quali forse (non è dato saperlo con esattezza solo con questi dati) apparteneva il paziente.
A tali movimenti e al clima neonazista e antisemita in Germania adesso fa riferimento F. Nirenstein nell'articolo che ho postato nel mio primo commento sopra.
cordialmente,
biolove
Certo che ce ne vuole di faccia tosta! leggete qua:
http://www.corriere.it/salute/10_novembre_16/ginecologi-cattolici_8ffbf102-f194-11df-8c4b-00144f02aabc.shtml
Beh, con i tempi che corrono, la proposta di riservare metà dei posti disponibili a personale non obiettore non è da scartare a cuor leggero, ahimè...
Per Biolove, 17/11/10 07:39
Da quanto leggo nell'articolo da lei linkato, il medico si è rifiutato di operare, ha cercato un collega, è andato a parlare con la moglie del paziente e gli ha spiegato perchè non ha operato il marito.
Per come la leggo io, non vedo alcun indizio di stato emotivo particolarmente agitato, da parte del medico.
Quindi non posso concludere che il medico abbia agito a mente fredda, quindi con dolo.
E' però possibilissimo che mi stia sbagliando: magari il comportamento del medico (cercare un collega, parlare con la moglie) è un comportamento diventato "automatico" anche in condizioni di stress.
Però sono poco convinto.
Se risultasse che effettivamente il medico ha agito a "mente fredda", direi che la radiazione sia il giusto rimedio.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@ gipa e regalzi
(rispondendo in semi-OT)
beh non si è inventato nulla se tale proposta (di ripartire i posti metà obiettori e metà no) è stata preceduta da tempo da chi (l'attivissimo ginecologo ed editorialista Carlo Flamigni ne è forse il principale portavoce), sostenendo che l'obiezione ha ragione di esistere solo per un certo tempo dopo la legge, propone che chi obietta (in particolare riferito all'aborto) non possa proprio fare il medico lì
http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article1679
cordialmente,
biolove
Per Gipa, 17/11/10 08:48
Ho appena letto l'articolo che lei ha linkato e non posso fare altro che dichiararmi d'accordo con lei.
All'inizio l'articolo sembra sensato, poi la prima nota stonata:
"l'intento dei ginecologi cattolici, ha detto, «non è quello di eliminare l'autodeterminazione della donna, bensì di fare una terapia educazionale alla coppia, dando informazioni basate sulla scienza»"
Ecco, quando qualcuno sente il bisogno di specificare "basate sulla scienza", è un pessimo segno.
Ed infatti i signori scoprono le carte quando scrivono questo:
"in particolare gli ostetrici cattolici hanno preso l'impegno di non consigliare, né ricorrere o facilitare il ricorso alla fecondazione assistita, né prendere parte agli interventi necessari per la sua realizzazione."
Ora, passi il prendere parte agli interventi necessari.
Ma prendersi l'impegno di non consigliare la fecondazione assistita?
A prescindere dalle condizioni del particolare paziente con cui si tratta?
Alla faccia delle "informazioni basate sulla scienza".
Idem per l'aborto e la contraccezione:
"Il documento prescrive anche di mettere in pratica i principi cattolici della bioetica medica fondata sul Personalismo, ovvero non consigliare o facilitare l'aborto volontario, non prescrivere pratiche contraccettive, intercettive e di sterilizzazione...."
Perchè è ovvio che indipendentemente dalle condizioni del paziente, l'aborto e la contraccezione sono SEMPRE sbagliate.
Lo dice la scienza, mica ciccio pasticcio.
Che faccia tosta davvero.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
=@ DiegoPig
-per il suo commento all’articolo di Repubblica sull’oggetto del post :
dai maggiori dettagli del quotidiano non sembra di poter configurare l’ipotesi del dolo, che lei aveva precedentemente ipotizzato in assenza di quelli.
Come faccia a ritenere che egli ha agito “a mente fredda” (certo la svastica gli ha fatto impressione e non si sa se dietro c’è anche qualche episodio personale) non lo so, quando ha chiesto la sostituzione al collega che aveva a fianco, competente, e poi è andato a giustificarsi con la moglie.
Non sembrano atti da freddo robot e il tutto (salvo, ripeto, l’andare a vedere l’ammissibilità dell’obiezione di coscienza in un simile caso) sembra ricondursi più all’ambito disciplinare che a quello penale.
-sul commento all’articolo di gipa (al quale pure io ho risposto) dove lei non manca di far valere il suo punto di vista, cosa più che lecita, ironizzando sull’ ”avversario”, apparirò banale ma voglio ricordare che quello era un convegno di ginecologi cattolici. Se si dicono tali è ovvio che vogliono conciliare il loro servizio per la scienza con la loro fede (cosa di per sé non facile, come è intuibile).
A meno che la maggioranza di essi, quando decide non si professi di “cattolici adulti”, il che significa disposti a scendere a compromessi in una maniera che snatura la loro fede agli occhi dei cattolici tout court (peraltro la Chiesa stessa in casi eccezionali ha previsto una deroga ai suoi limiti sulla contraccezione e da alcuni suoi esponenti si è “compreso” l’aborto in alcuni casi, vedi la critica di Rino Fisichella alla scomunica per l’aborto dopo lo stupro di una bimba brasiliana).
Allora ai convegni dei ginecologi “laici” (o semplicemente ai convegni dei radicali e compagni, più o meno con nuova libertà aggiunta, ché le cose per lo più si decidono lì e poi la scienza esegue) non si odono per caso cose che come minimo a noi cattolici fanno rizzare i capelli ?
Quella di Flamigni e di altri che la pensano come lui non è faccia tosta?
cordialità,
biolove
Per Biolove, 17/11/10 10:47
"Come faccia a ritenere che egli ha agito “a mente fredda” non lo so, quando ha chiesto la sostituzione al collega che aveva a fianco, competente, e poi è andato a giustificarsi con la moglie."
Proprio perchè ha cercato un collega che lo sostituisse e poi è andato a giustificarsi con la moglie possiamo presumere che abbia agito a mente fredda.
Se avesse agito in preda all'ira difficilmente si sarebbe preoccupato di cercare un collega che lo sostituisse e di andare a parlare con la moglie.
Ecco perchè presuppongo il dolo (cioè la decisione cosciente di astenersi dall'operare il paziente).
Ma ho anche detto che potrei sbagliarmi, se risultasse che cercare un sostituto e parlare con i famigliari siano comportamenti "automatici" della pratica medica.
Se, cioè, il medico fosse addestrato ad agire in questo modo per "istinto", senza pensarci.
"sul commento all’articolo di gipa dove lei non manca di far valere il suo punto di vista, cosa più che lecita, ironizzando sull’ ”avversario”, apparirò banale ma voglio ricordare che quello era un convegno di ginecologi cattolici. Se si dicono tali è ovvio che vogliono conciliare il loro servizio per la scienza con la loro fede (cosa di per sé non facile, come è intuibile)."
Io non ho ironizzato sul fatto che siano ginecologi cattolici.
Io ho evidenziato la palese contraddizione tra il dichiarare di fornire informazioni "basate sulla scienza" e poi agire secondo i propri principi A PRESCINDERE dalla scienza (cioè dalle condizioni specifiche dello specifico paziente).
In sostanza, non solo le loro convinzioni che io critico: è la loro ipocrisia.
"Allora ai convegni dei ginecologi “laici” (o semplicemente ai convegni dei radicali e compagni, più o meno con nuova libertà aggiunta, ché le cose per lo più si decidono lì e poi la scienza esegue) non si odono per caso cose che come minimo a noi cattolici fanno rizzare i capelli ?"
Di quello che si dice nei convegni di ginecologi "laici" (o di radicali e altri) deve chiedere conto ai diretti interessati, proprio come io ho chiesto conto ai ginecologi cattolici per quello che LORO hanno detto.
Oltre a questo, il fatto che anche i ginecologi "laici" possano essere ipocriti non significa che quelli "cattolici" non lo siano.
Ognuno è responsabile delle proprie parole ed azioni.
E le parole dei ginecologi cattolici riportate dall'articolo possono solo essere riassunte con "ipocrisia".
Ma ripeto: non sono ipocriti perchè dichiarano di aderire ai loro principi religiosi.
Sono ipocriti perchè dichiarano contemporaneamente di aderire ai loro principi religiosi e contemporaneamente dichiarare di fornire "informazioni basate sulla scienza", cioè di fare qualcosa che non sempre è possibile fare.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@ DiegoPig
(con particolare riguardo ai messaggi del 16/11, ore 20:09 e 20:17)
Sul fatto che la censura delle opinioni si baserebbe "su un presupposto errato", perché "gli antisemiti ci saranno sempre, così come ci saranno gli omofobi e i razzisti, perchè è nella natura umana temere ed odiare le diversità".
Io questo lo trovo un discorso auto assolutorio per il genere umano e soprattutto non spiega perché certe "diversità" siano prese di mira più di altre. Sarebbe davvero impresa titanica rintracciare gente che odi chi ha gli occhi azzurri, chi ha tante lentiggini, chi mangia sempre sciapo o chi è mancino, pur trattandosi di diversità nella sostanza identiche a quelle elencate. Io permango della mia opinione che questi siano odi culturalmente indotti: chi odia "quella" determinata diversità la pubblicizza e cerca di tramandarla come può. Che poi l'essere umano (come un gregge) sia penosamente condizionabile al minimo battito di ciglia è un altro discorso.
Andando avanti, io chiedevo perché ritiene che l'istigazione a delinquere sia contrastata per ottime ragioni. Replicare: "perchè lo ritengo un criterio oggettivo, non soggettivo" non mi sembra una risposta di merito. È un criterio oggettivo anche invitare a fare opere di bene, eppure non per questo lo si vieta.
Manca una adeguata giustificazione soprattutto dal momento che lei stesso ritiene che "la libertà di parola nasce per proteggere le opinioni di minoranza dalla dittatura della maggioranza", e che la libertà di parola non ci sarebbe senza questo "costo necessario". Certamente anche esortare a delinquere è opinione di minoranza, e se l'unico criterio è questa salvaguardia allora non è stato reso esplicito perché si accettano ugualmente limitazioni alla suddetta libertà di parola. Io azzardo a dire che si ritenga concreta la minaccia, e non tanto che il criterio sia oggettivo per natura del contenuto: si accetta che si vieti la libertà di parola quando si ritiene, anche solo in termini probabilistici o potenziali, che essa stia attendando oggettivamente alla libertà più fondamentali di altri.
@ DiegoPig
-sull'agire del medico :
a me l'essersi preoccupato di farsi sostituire dal collega che aveva a fianco e che sapeva competente e il fatto di giustificarsi con la moglie danno l'idea di una persona che, nonostante la spiacevolezza di quanto visto, aveva sotto controllo la situazione e aveva fatto il possibile per far andare la cosa per il meglio (tenendo conto poi che di per sè era un'operazione di routine).
Se dal punto di vista disciplinare poi ciò non sia ammissibile, avrà avuto quel tipo di sanzioni.
Il dolo però è agire con coscienza e volontà ricadenti su ogni elemento costitutivo del fatto tipico (rappresentazione e realizzazione dell'evento voluto da parte dell'agente).
E qui non mi sembra che il medico non sia sia preoccupato se il paziente restasse senza soccorso (pur non operandolo direttamente lui).Comunque bisognerebbe sapere tutti i dettagli e sviluppi ...
Sui ginecologi cattolici lei parla di ipocrisia e non dico che in alcune delle posizioni che loro o altre categorie che cercano di conciliare scienza e fede non vi sia "ipocrisia", ma è anche facile giudicare in questo modo una conciliazione che di per sé è difficile e a volte richiesta da quanti vogliono da loro che escano dal confessionalismo puro.
Del resto sono perfettamente coerenti alcuni laicisti come i Radicali, o simili, impegnati,ad es.,in associazioni dell'ambito sociale e sanitario, dalle quali coinvolgono l'opinione pubblica su temi di grande importanza (i nostri bioetici su tutti)convincendola dell'opportunità di operare stravolgimenti del diritto (perché asservito al Vaticano) pur di ottenere la tutela di certe posizioni (di solito nella forma di rimozione di limiti, senza riempire di contenuti).Se quella era ipocrisia questa è sfrontatezza.
mi sia consentito,
biolove
Per Paolo de Gregorio, 17/11/10 15:06 - Parte 1
"Io questo lo trovo un discorso auto assolutorio per il genere umano e soprattutto non spiega perché certe "diversità" siano prese di mira più di altre. "
Non è un discorso auto assolutorio, ma una constatazione di fatto.
Potrebbe essere odio verso gli ebrei, verso le persone di colore, verso i meridionali, verso i musulmani, verso gli atei, etc. etc. etc.
Sicuramente, come dice lei, tutti questi odi sono culturalmente indotti, ma secondo me è insensato pensare che se riuscissimo ad estirpare completamente tutte le forme attuali di razzismo allora non vi sarebbe più razzismo.
L'uomo ha un bisogno fisiologico del nemico. E se il nemico non c'è, lo si inventa.
"Andando avanti, io chiedevo perché ritiene che l'istigazione a delinquere sia contrastata per ottime ragioni.
Replicare: "perchè lo ritengo un criterio oggettivo, non soggettivo" non mi sembra una risposta di merito. "
Ha ragione, la risposta era ben poco chiara.
L'istigazione a delinquere è in criterio oggettivo di valutazione perchè la sua determinazione avviene senza coinvolgere le opinioni del giudicante.
Chi giudica non ha bisogno di chiedersi se l'opinione sospettata di istigazione a delinquere è oscena/disgustosa o no.
Semplicemente deve chiedersi: "costui ha detto 'andate e agite in violazione della legge dello stato?'"
Se la risposta è si, allora vi è reato, altrimenti no.
Il secondo punto è che l'istigazione a delinquere genera un'associazione diretta tra opinione ed azione.
Io dico "vai e pestalo" e lui va e lo pesta.
Man mano che ci allontaniamo dall'istigazione a delinquere, questo legame diventa sempre più tenue.
Se io dico "gli ebrei sono perfidi" e lui vai e pesta un ebreo, l'associazione ci può essere come non ci può essere.
Sicuramente non è la soluzione perfetta e vi saranno dei falsi negativi (in cui l'associazione c'è ma non viene riconosciuta come reato).
Ma se abbandoniamo il criterio oggettivo dell'istigazione a delinquere rischiamo la dittatura della maggioranza e, di conseguenza, la perdita completa della libertà di parola.
(Segue parte 2):
Per Paolo de Gregorio, 17/11/10 15:06 - Parte 2
Lei usa questa espressione:
"si accetta che si vieti la libertà di parola quando si ritiene, anche solo in termini probabilistici o potenziali, che essa stia attendando oggettivamente alla libertà più fondamentali di altri."
Ma se prova a definire in modo preciso quali sono i "termini probabilistici o potenziali" e come li misura, nonchè quali sono le "libertà più fondamentali", scoprirà che la maggior parte li definirà in modo tale da escludere le espressioni che noi diamo per scontate.
Si può ritenere che un gay pride stia attendando, anche solo in termini probabilistici o potenziali, alle libertà più fondamentali degli altri?
Certamente sì. Si può dire che i gay pride confondono gli eterosessuali, quindi attentano alla loro libertà di essere eterosessuali. Quindi vanno vietati.
Si può ritenere che l'ateismo stia attendando, anche solo in termini probabilistici o potenziali, alle libertà più fondamentali degli altri?
Certamente sì. Si può dire che l'ateismo vuole privare i cittadini della libertà religiosa e relegare la religione alla sfera privata. Quindi limita la libertà religiosa degli altri. Quindi l'ateismo va vietato.
Io non sto dicendo che questi due esempi che ho fatto siano sensati.
E' certo, però, che sono verosimili.
Se non ricordo male, vi fu un'articolo sull'osservatore romano che diceva che i matrimoni gay erano una minaccia alla pace nel mondo tanto quanto il terrorismo (ma potrei benissimo sbagliarmi).
Negli Stati Uniti, vaccate del genere sia su ateismo che su omosessualità sono all'ordine del giorno.
Ecco perchè preferisco il criterio oggettivo dell'istigazione a delinquere: perchè esclude le opinioni del giudicante.
Non è un criterio perfetto, ma nemmeno il nostro sistema penale lo è.
Alcuni crimini istigati da discorsi razzisti ma non illegali accadranno sicuramente, generando crimini dove si potevano evitare.
Ma vanno fatte due considerazioni, per concludere.
La prima è che il costo di applicare il suo criterio alla limitazione della libertà di parola è molto più pericolo del permettere discorsi razzisti/omofobci/nazisti/etc. etc.
La seconda considerazione è questa: non facciamoci fregare con la storia del "lo facciamo per la sicurezza".
All'inizio della guerra in Iraq, la libertà di parola negli stati uniti è stata fortemente limitata per "motivi di sicurezza". "Siamo in guerra", dicevano.
L'FBI infiltrava agenti nei gruppi pacifisti per assicurarsi che non fossero "troppo pacifisti".
Molte volte si è tentato, anche qui in Italia, di limitare la libertà d'espressione su internet con la scusa della "lotta alla pedofilia".
La stessa cosa sta avvenendo con la libertà di parola: dobbiamo limitarla perchè altrimenti "possono accadere brutte cose".
Non facciamoci fregare: è compito dello stato e delle forze dell'ordine assicurare che queste "brutte cose" non accadano.
E devono farlo tramite la sorveglianza e il sistema giudiziario, non tramite la censura.
Franklin disse: They who can give up essential liberty to obtain a little temporary safety, deserve neither liberty nor safety.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
Per Biolove, 17/11/10 15:35
"sull'agire del medico :
a me l'essersi preoccupato di farsi sostituire dal collega che aveva a fianco e che sapeva competente e il fatto di giustificarsi con la moglie danno l'idea di una persona che, nonostante la spiacevolezza di quanto visto, aveva sotto controllo la situazione e aveva fatto il possibile per far andare la cosa per il meglio"
Esatto.
Quindi ha agito non in preda alla rabbia, ma razionalmente.
Ha scelto razionalmente di non prestare la propria opera.
Quindi c'è dolo.
"Sui ginecologi cattolici lei parla di ipocrisia e non dico che in alcune delle posizioni che loro o altre categorie che cercano di conciliare scienza e fede non vi sia "ipocrisia", ma è anche facile giudicare in questo modo una conciliazione che di per sé è difficile e a volte richiesta da quanti vogliono da loro che escano dal confessionalismo puro."
Spiacente, ma da quanto riportato nell'articolo del Corriere, è facilissimo giudicare l'operato di costoro.
E il giudizio è semplice: ipocrisia.
Ripeto, l'ipocrisia non nasce dal professarsi cristiani nè dall'essersi impegnati a non consigliare nè praticare alcune procedure.
L'ipocrisia nasce quando si prende un tale impegno e contemporaneamente si pretende che il loro agire venga considerato "basato sulla scienza".
Non può essere così, se ci si impegna a non consigliare alcune pratiche mai, in nessun caso, indipentemente dalle condizioni del paziente.
Da qui deriva l'ipocrisia.
"Del resto sono perfettamente coerenti alcuni laicisti come i Radicali..."
Come già detto, delle parole dei radicali deve chiedere conto ai radicali.
Io non giudico "i radicali" più di quanto io giudichi "i cattolici" o "i trapezisti".
Io giudico le singole posizioni, indipendetemente dalla parte che le esprime.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@DiegoPig
libero di fare a trance i miei commenti, ma la risposta che ne viene fuori da parte sua è altrettanto parziale :
non basta dire ha agito razionalmente nel non prestare l'opera.
Occorre coscienza e volontà dell'evento tipico (la fattispecie del lasciare senza soccorso il paziente, che invece soccorso ha ricevuto, per interessamento suo).
Ritiene ipocriti i ginecologi cattolici perchè sostengono che il loro agire sia basato sulla scienza.
Ma la scienza non è la dea Ragione.Può essere declinata in diversi modi (non per niente spesso vi sono opinioni scientifiche non univoche su date materie), purché sia essa al servizio dell'uomo e non viceversa (altrimenti è scientismo).
Non mi spiego (a parte gli indirizzi di fondo del blog che richiamano una certa idea di bioetica, che si è liberissimi di esprimere peraltro) come mai lei dica "delle parole dei radicali deve chiedere conto ai radicali" mentre per sapere qualcosa sui cattolici spesso e volentieri lo si sa da lei (e da altri).
cordialmente,
biolove
Per Biolove, 17/11/10 16:51
"Non basta dire ha agito razionalmente nel non prestare l'opera.
Occorre coscienza e volontà dell'evento tipico (la fattispecie del lasciare senza soccorso il paziente, che invece soccorso ha ricevuto, per interessamento suo)."
Basta dire che ha agito razionalmente per determinare che ha fatto una scelta consapevole nel non prestare la propria opera.
Quindi il medico in questione ha agito INTENZIONALMENTE, non in preda alla rabbia.
"Ritiene ipocriti i ginecologi cattolici perchè sostengono che il loro agire sia basato sulla scienza.
Ma la scienza non è la dea Ragione.Può essere declinata in diversi modi (non per niente spesso vi sono opinioni scientifiche non univoche su date materie), purché sia essa al servizio dell'uomo e non viceversa (altrimenti è scientismo)."
Questo non cambia di una virgola il fatto che assumersi l'impegno di non consigliare mai una certa pratica medica, in nessuno caso, persino a prescindere dalle condizioni dello specifio paziente, non è scienza ma ideologia.
Il medico che agisce in base alla scienza non esclude a priori una pratica medica, ma valuta il paziente che ha davanti e consiglia la pratica medica ritenuta più adatta in base alle sue conoscenze professionali.
I ginecologi cattolici dell'articolo si sono impegnati ad agire diversamente.
Il che può andare benissimo, ma non può certo classificarsi come un agire "basato sulla scienza".
Pretendere che sia così è ipocrisia.
"Non mi spiego (a parte gli indirizzi di fondo del blog che richiamano una certa idea di bioetica, che si è liberissimi di esprimere peraltro) come mai lei dica "delle parole dei radicali deve chiedere conto ai radicali" mentre per sapere qualcosa sui cattolici spesso e volentieri lo si sa da lei (e da altri)."
Il fatto che io riporti le parole di un soggetto e poi le critichi non implica che debba essere ritenuto responsabile delle parole di un terzo soggetto (i radicali, i trapezisti, i mangiatori di fuoco, etc. etc.).
Dopotutto io non ho chiesto conto a lei delle parole dei ginecologi cattolici.
Perciò non posso che ripetere che delle parole dei radicali deve chiedere conto ai radicali.
Da parte mia, posso rispondere solo di ciò che scrivo personalmente.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
Non insisto più sul discorso dell’elemento soggettivo dell’omissione del medico perché lei resta della sua idea, non ascoltandomi (Paolo De Gregorio invece sembra pensarla diversamente) e perché non abbiamo sufficienti elementi di diritto comparato per decidere (oltre a non avere tutti i dettagli della vicenda).
Sull’agire dei ginecologi cattolici escludendo di poter consigliare certe pratiche, si pone il problema se il medico debba essere un mero dispensatore di prestazioni sanitarie o possa anche farvi entrare la sua formazione e le sue convinzioni. E’ attualissima ( Avvenire di oggi http://www.avvenire.it/Cronaca/farmacisti+legge+obiezione_201011171138401830000.htm)la rivendicazione dei farmacisti di non dover vendere prodotti abortivi. Sapendo che esistono e potrebbero essere consigliati e venduti possono obiettare ? Torniamo a quanto sostenevo dicendo che l’obiezione di coscienza può essere invocata solo a senso unico (quando è politicamente corretta, per i valori laici).Questo viene confuso con serietà e professionalità e s’invoca di far chiudere quelle farmacie.
Anch’io rispondo di quello che scrivo personalmente, ma dire che lei non risponde di quello che dicono i Radicali (più spesso i laici) mi sembra una scappatoia perché di frequente (mi corregga motivatamente, se del caso ) mostra di condividerlo (come posso condividere io altre posizioni).
cordialmente,
biolove
Per Biolove, 17/11/10 20:09
"Sull’agire dei ginecologi cattolici escludendo di poter consigliare certe pratiche, si pone il problema se il medico debba essere un mero dispensatore di prestazioni sanitarie o possa anche farvi entrare la sua formazione e le sue convinzioni."
Spiacente, ma la questione non è affatto questa.
La questione è se l'agire del medico è guidata dalla scienza oppure dalle convinzioni religiose.
Se l'agire è guidato dalla scienza allora nessuna pratica può essere esclusa, cosa che invece è possibile se l'agire è guidato dalle convinzioni religiose.
I ginecologi cattolici hanno scelto la seconda via, quando si sono impegnati a non consigliare mai, in nessun caso, alcune pratiche.
Questo rende il loro agire non guidato dalla scienza, e la loro dichiarazione di agire su "basi scientifiche" diventa automaticamente ipocrisia.
Ma ripeto: il mio giudizio di ipocrisia non è relativo alla loro scelta di farsi guidare dai loro principi religiosi.
Il mio giudizio di ipocrisia è relativo alla loro pretesa che il loro agire venga considerato "basato sulla scienza" quando non lo è.
"Torniamo a quanto sostenevo dicendo che l’obiezione di coscienza..."
Non ricordo di aver parlato di obiezione di coscienza.
Se vuole ne possiamo parlare, ma non vedo come possa attribuire a me opinioni che non ho espresso.
"Anch’io rispondo di quello che scrivo personalmente, ma dire che lei non risponde di quello che dicono i Radicali (più spesso i laici) mi sembra una scappatoia perché di frequente (mi corregga motivatamente, se del caso ) mostra di condividerlo (come posso condividere io altre posizioni)."
Sarò ben lieto di difendere le mie posizioni.
Il fatto che queste mie posizioni siano, in alcuni casi, sovrapponibili con quelle dei radicali non mi identifica automaticamente con essi nè mi rendere responsabile di tutte le posizioni dei radicali.
Questa è la semplice constatazione che io sono responsabile delle mie opinioni, non di quelle degli altri.
Se lei vuole considerarla "una scappatoia" faccia pure.
Come già detto, sono abbastanza adulto da preoccuparmi unicamente di essere compreso, non di essere giudicato.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@DiegoPig
Sulla questione dei rapporti tra scienza, professione e fede ho risposto, in un commento parallelo, al post “Nessuno aveva osato tanto”.
Lei dice “Non ricordo di aver parlato di obiezione di coscienza” riferito alla mia parte : “Torniamo a quanto sostenevo dicendo che l’obiezione di coscienza...".
In tal caso il pensiero sull’obiezione di coscienza a senso unico era mio e non lo attribuisco a lei (forse c’è un malinteso).
Rispetto le sue posizioni ed opinioni : se non vuole essere chiamato in causa neanche quando sono sovrapponibili a quelle di altri (a livello generale, di idee) cercheremo di tenerne conto.
cordialmente,
biolove
Per Biolove, 18/11/10 03:58
"Rispetto le sue posizioni ed opinioni : se non vuole essere chiamato in causa neanche quando sono sovrapponibili a quelle di altri (a livello generale, di idee) cercheremo di tenerne conto."
Io ho scritto (DiegoPig, 17/11/10 22:19):
"Sarò ben lieto di difendere le mie posizioni.
Il fatto che queste mie posizioni siano, in alcuni casi, sovrapponibili con quelle dei radicali non mi identifica automaticamente con essi nè mi rendere responsabile di tutte le posizioni dei radicali.
Questa è la semplice constatazione che io sono responsabile delle mie opinioni, non di quelle degli altri.
Se lei vuole considerarla "una scappatoia" faccia pure.
Come già detto, sono abbastanza adulto da preoccuparmi unicamente di essere compreso, non di essere giudicato."
Quale parte di questi due paragrafi lei interpreta come "non voglio essere chiamato in causa neanche quando [le mie opinioni] sono sovrapponibili a quelle degli altri?
Perchè nessuna delle affermazioni presenti nei due paragrafi contraddice la premessa iniziale, e cioè "Sarò ben lieto di difendere le mie posizioni".
Cordiali Saluti,
DiegoPig
da quello che lei dice si capisce che non solo "Sarò ben lieto di difendere le mie posizioni" è la premessa iniziale di quei periodi ma direi la costante di tutti i suoi discorsi .
Non vuole essere giudicato (ed essere responsabile) per quello che dicono altri ma ammette che in alcuni casi il pensiero è sovrapponibile (seppur non identico, ovvio) e allora se è lieto di difendere le sue posizioni difenderebbe anche quelle “sovrapponibili alle sue” ?
Non so esattamente perché e me ne scuso, ma mi succede solo con lei qui che, nel rispondere ai commenti, mi ritrovo davanti a sofismi o affermazioni da Monsieur de la Palice.
Sia detto bonariamente …
biolove
@ DiegoPig
"L'uomo ha un bisogno fisiologico del nemico. E se il nemico non c'è, lo si inventa".
Effettivamente, ci potrebbe essere un tale (o più di un tale) che per modi di fare, espressioni che usasse, azioni che intraprendesse o opinioni che supportasse mi potrebbe essere fortemente inviso. Se è vero che l'uomo ha un bisogno fisiologico di un nemico è probabilmente anche perché trova facilmente sempre un qualche "nemico" nelle vicinanze (voglio comunque usare questa espressione in senso molto lato). Quello che non è ovvio è il perché del dover trovare nemici nelle categorie di persone che potrebbero essere persino estremamente affini a noi stessi, solamente perché appartenenti ad un irrilevante insieme X. Siamo pieni zeppi intorno di potenziali "nemici" da farci essere sommamente antipatici, ma questa almeno sarebbe un'ostilità che si sosterrebbe su un qualche contenuto. La necessità di soddisfare questa pur presupposta esigenza, raggruppando l'umanità a caso per categorie arbitrarie, non mi sento di doverla postulare a priori.
"Ma se prova a definire in modo preciso quali sono i "termini probabilistici o potenziali" e come li misura, nonchè quali sono le "libertà più fondamentali", scoprirà che la maggior parte li definirà in modo tale da escludere le espressioni che noi diamo per scontate".
Devo precisare: come lei nota, il rischio dei falsi negativi c'è in entrambi i casi (viene condannata un'istigazione che in realtà sarebbe stata inconsequanziale; viene tollerata un'opinione non istigante che nella realtà ha ispirato un tale ad agire). Io stavo solo insinuando il dubbio che possa rendersi oggettivo un criterio non basato unicamente sulle categorie "opinioni" e "istigazioni". Ovviamente, proprio per scongiurare i casi assurdi che portava ad esempio, questo richiederebbe una maturità ed un equilibrio che la società odierna forse non possiede.
Un criterio più elastico, ma nondimeno non meno oggettivo di quello esistente. Per esempio ci si porrebbe la domanda: andrebbero perseguiti gli appartenenti ad un tal gruppo di FaceBook dove si incitasse ad ingiuriare Orietta Berti? O sarebbero oggettivamente più minacciosi un gruppo di neo-nazi che in piazza, in qualche quartiere a forte presenza ebraica, inneggiassero alle "meraviglie" del Terzo Reich corredati di simboli tatuati (e non) a più non posso?
L'intuito credo che spinga molti di noi ad intravedere più oggettività nella seconda forma di minaccia, mentre da un punto di vista formale solo il primo caso è oggi categorizzato come oggettivamente identificabile. Questo secondo me potrebbe celare un qualche errore di fondo, anche se probabilmente non risolvibile nelle società contemporanee. In altri termini, idealmente dovrebbe essere anche collettivamente riconosciuto e normativamente regolato il fatto che il caso di quei neo-nazi sarebbe comunque oggettivamente diverso da un gay pride.
Mi scuso con la povera Orietta Berti per l'esempio, ma proprio perché innocuo dovrebbe essere inoffensivo.
Per Biolove, 18/11/10 15:30
"Da quello che lei dice si capisce che non solo "Sarò ben lieto di difendere le mie posizioni" è la premessa iniziale di quei periodi ma direi la costante di tutti i suoi discorsi ."
Bene.
"Non vuole essere giudicato (ed essere responsabile) per quello che dicono altri ma ammette che in alcuni casi il pensiero è sovrapponibile (seppur non identico, ovvio) e allora se è lieto di difendere le sue posizioni difenderebbe anche quelle “sovrapponibili alle sue” ?"
Ovviamente no.
Come già detto, io sono responsabile solamente di ciò che IO dico e scrivo.
Il fatto che le mie opinioni possano essere giudicate "sovrapponibili" a quelle di un terzo soggetto non implica che io debba difendere le opinioni di questo terzo soggetto, per le seguenti ovvie ragioni:
1) Non necessariamente le due opinioni sono effettivamente sovrapponibili
2) Non necessariamente le motivazioni per cui io intrattendo una determinata opinione è la stessa per cui il terzo soggetto intrattiene la medesima opinione.
"Non so esattamente perché e me ne scuso, ma mi succede solo con lei qui che, nel rispondere ai commenti, mi ritrovo davanti a sofismi o affermazioni da Monsieur de la Palice."
Questo perchè lei cade in alcuni tranelli retorici tipici delle discussioni, il primo dei quali è il "non sequitur".
Lei, cioè, trae conclusioni che non derivano affatto dalle premesse.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@DiegoPig
complimenti per la propensione al dialogo.
Nella sua autoreferenzialità c'è modo di coinvolgerla su qualche argomento che condivide con altri o, perché no, che hanno discusso solo altri?
Per quanto riguarda il "non sequitur" che mi attribuisce e dal quale lei presumo sia indenne, nella pronta delucidazione della nostra fallacia con passaggi logici neanche fosse una macchina di Leibniz sopravvissuta ai suoi tempi (fantasia raccomandava addietro ...),mi viene da dire : da che pulpito ...
Lei usa molto il rasoio di Occam (!): una tagliatina ai pensieri altrui e via alla vittoria dialettica.
sempre cordiale,
biolove
Per Biolove, 18/11/10 19:57
"Complimenti per la propensione al dialogo.
Nella sua autoreferenzialità c'è modo di coinvolgerla su qualche argomento che condivide con altri o, perché no, che hanno discusso solo altri?"
Come già detto, sarò ben lieto di difendere le mie posizioni.
Il che significa che sono prontissimo a discutere di qualsiasi argomento lei voglia.
Ma questo non significa che io sia tenuto a difendere le opinioni di un terzo soggetto su quel particolare argomento.
Non sequitur, ricorda?
"Per quanto riguarda il "non sequitur" che mi attribuisce e dal quale lei presumo sia indenne, nella pronta delucidazione della nostra fallacia con passaggi logici neanche fosse una macchina di Leibniz sopravvissuta ai suoi tempi (fantasia raccomandava addietro ...),mi viene da dire : da che pulpito ..."
Se lei potesse argomentare le occasioni in cui io sono ricaduto nel non sequitur, sarò lieto di rimediare.
"Lei usa molto il rasoio di Occam (!): una tagliatina ai pensieri altrui e via alla vittoria dialettica."
Temo che, ancora una volta, lei ricada nel non sequitur.
Il rasoio di Occam dice che fra due spiegazioni EQUIVALENTI quella con meno entità è quella corretta.
Non è uno strumento dialettico, ma di analisi.
Comunque, se volesse argomentare meglio le situazioni in cui ritiene che io abbia utilizzato indebitamente quello che lei pensa essere il rasoio di Occam, sarò felice di discuterne con lei.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@DiegoPig
Pensavo si cogliesse il tono ironico di (quasi) tutto quello che ho detto nel risponderle nel precedente post.
Comunque, nel precisare qui alcune cose, cercherò di essere serio .
Non voglio coinvolgerla su qualsiasi argomento, solo che in quelli su cui troviamo a discutere se io riporto, mettiamo opinioni di altri, lei non mi dice cosa ne pensa e mi chiede di rivolgermi direttamente a chi ha espresso il pensiero (coi defunti come la mettiamo, casomai ?).
Non ho detto che lei cade nel non sequitur, ma per la sicumera che lei dimostra mi aspettavo (“presumo” ho usato) che mi dicesse che lei non vi ricade mai. E infatti indirettamente me lo conferma : mi chiede di fargli esempi di casi in cui lei è caduto nel non sequitur (cosa attribuita a me, il ricadere nel suddetto principio, ma che lei sembra escludere per sé, invitandomi a trovare esempi in cui a sua volta vi è ricaduto).
Sul rasoio di Occam, come per la macchina di Leibniz il senso era ironico, e non ho impiegato questi richiami alla storia della filosofia in senso proprio (del resto, per la macchina di Leibniz l’associazione mi è venuta anche per la supposta precisione con cui incolonna le premesse del ragionamento per arrivare al risultato …).
Però la metafora della tonsura del pensiero altrui nasconde una verità (cioè che nel rispondere lei motiva la risposta solo sulla base di una parte del pensiero che io ho espresso).Questo glielo avevo già fatto notare e basta rileggersi i commenti addietro, su cui non voglio fare troppa polemica (e OT).
cordialmente,
biolove
Per Biolove, 19/11/10 10:33
"Non voglio coinvolgerla su qualsiasi argomento, solo che in quelli su cui troviamo a discutere se io riporto, mettiamo opinioni di altri, lei non mi dice cosa ne pensa e mi chiede di rivolgermi direttamente a chi ha espresso il pensiero (coi defunti come la mettiamo, casomai ?)."
Io non le dico cosa ne penso perchè lei non me lo ha chiesto.
Non mi pare, cioè, che lei abbia mai formulato frasi del tipo "i radicali pensano che X. Lei che ne pensa?"
"Non ho detto che lei cade nel non sequitur, ma per la sicumera che lei dimostra mi aspettavo (“presumo” ho usato) che mi dicesse che lei non vi ricade mai."
Presto costante attenzione per evitare di cadervi.
Che questo mio sforzo abbia sempre successo o meno, non posso essere io a dirlo.
"E infatti indirettamente me lo conferma : mi chiede di fargli esempi di casi in cui lei è caduto nel non sequitur (cosa attribuita a me, il ricadere nel suddetto principio, ma che lei sembra escludere per sé, invitandomi a trovare esempi in cui a sua volta vi è ricaduto)."
Mi spiace, ma non comprendo il senso di questa frase.
Che cosa le confermo indirettamente?
"Sul rasoio di Occam, come per la macchina di Leibniz il senso era ironico,
....
Però la metafora della tonsura del pensiero altrui nasconde una verità (cioè che nel rispondere lei motiva la risposta solo sulla base di una parte del pensiero che io ho espresso)."
Sarebbe utile se potesse farmi degli esempi in cui le mie risposte vengono invalidate dai suoi argomenti che io non cito.
In caso contrario non posso che considerare questa sua affermazione come priva di valore.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@DiegoPig
Cercando di essere sintetico :
-Nei discorsi che si intrattengono dovrebbe venire automatico di rispondere se si hanno a cuore delle tesi, anche se non proprie, quando queste di volta in volta emergono. Così non mi sembra sia necessario formulare, come lei richiede da parte mia, esplicitamente, frasi del tipo "i radicali pensano che X. Lei che ne pensa?".
-Sul non sequitur meno male che si riconosce fallibile (anche se mi ha chiesto di andare a trovare casi in cui vi possa mai essere incorso, segno di sufficiente sicurezza di sé) e certo che glielo devono far notare gli altri (a me in ogni caso non interessa particolarmente sottolineare errori)
-Sugli esempi di miei pensieri “tagliati” da lei al momento di dare una risposta (così da rispondere solo a una parte di quanto da me espresso), ripeto, sono nei commenti precedenti e non ci tengo a rivangare. Ma se devo fare esempi : la mia ricostruzione sull’elemento psicologico del reato del medico (tra l’altro aggiungo ora che potrebbe essere anche un dolo attenuato), in questo post ; la logica riduttiva “o eutanasia o vita” a me attribuita nel post “se parlare di eutanasia è reato”, così come la qualità riferita da me ai paletti circa la legiferazione sul fine vita e non alla legge in sé,ecc…
cordialmente,
biolove
Per Biolove, 19/11/10 20:12
"Nei discorsi che si intrattengono dovrebbe venire automatico di rispondere se si hanno a cuore delle tesi, anche se non proprie, quando queste di volta in volta emergono."
Può venire automatico agli automi.
Io ho la presunzione di considerarmi un individuo, con pensieri ed opinioni proprie.
Quindi sono tenuto ad argomentare solo le miei, di opinioni, non quelle degli altri.
E questo resta vero anche quando le miei opinioni SEMBRANO sovrapponibili a quelle degli altri.
"Sul non sequitur meno male che si riconosce fallibile (anche se mi ha chiesto di andare a trovare casi in cui vi possa mai essere incorso, segno di sufficiente sicurezza di sé) e certo che glielo devono far notare gli altri (a me in ogni caso non interessa particolarmente sottolineare errori)"
Nessuno è infallibile, ma lei non ha fatto notare alcun errore.
Sono ancora in attesa che lei mi mostri quando sono ricaduto nel non sequitur.
"Sugli esempi di miei pensieri “tagliati” da lei al momento di dare una risposta...sono nei commenti precedenti e non ci tengo a rivangare.
Ma se devo fare esempi : la mia ricostruzione sull’elemento psicologico del reato del medico.
La logica riduttiva “o eutanasia o vita” a me attribuita nel post 'se parlare di eutanasia è reato', così come la qualità riferita da me ai paletti circa la legiferazione sul fine vita e non alla legge in sé"
La semplice enumerazione non è un argomento.
Spieghi perchè questi esempi sono un caso in cui la sua opinione non era quella che io avevo riportato.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@DiegoPig
senta non importa cosa può pensare lei di me ma io le dico che di lei l'idea me la sono già fatta : è una persona che vuole avere sempre ragione (in ogni caso, anche quando non la avrebbe).
Se è così io gliela dò, cosa devo farci...
Saranno gli altri utenti a farsi a loro volta un'idea di lei, rispetto a tale atteggiamento.
Riassumo :
- lei risponde solo di quello che dice lei, non esprime parere su altro neanche se viene il discorso (certo che i pensieri "sembrano" sovrapponibili perché come ha detto lei, mettendo le mani avanti, identici non potranno essere mai : sta in una botte di ferro ...)
- io non sono tenuto a fornire esempi di sua caduta nel "non sequitur" (che magari cercando ci potranno pur essere) per il semplice motivo che quando ho sollevato la questione nei suoi confronti ho detto PRESUMO (che è ben diverso dal sono sicuro) che lei sia immune dal n.s.
- se mi dilungo (oltre al citare i punti controversi) anche con spiegazioni sugli stessi, come fa lei oltremodo, facciamo la notte dei tempi e "inondiamo il post di OT" come pure lei disse da qualche parte (tra l'altro mentre con altri utenti su argomenti per lei appassionanti scriveva romanzi)) e a ragione, non essendo questo un forum di logica applicata.
senza rancore,
biolove
Per Biolove, 19/11/10 21:59
"Io non sono tenuto a fornire esempi di sua caduta nel "non sequitur" (che magari cercando ci potranno pur essere) per il semplice motivo che quando ho sollevato la questione nei suoi confronti ho detto PRESUMO (che è ben diverso dal sono sicuro) che lei sia immune dal n.s."
Lei ha scritto (Biolove, 18/11/10 19:57):
"Per quanto riguarda il "non sequitur" che mi attribuisce e dal quale lei presumo sia indenne, nella pronta delucidazione della nostra fallacia con passaggi logici neanche fosse una macchina di Leibniz sopravvissuta ai suoi tempi (fantasia raccomandava addietro ...),mi viene da dire : da che pulpito ..."
Come va interpretato quel "da che pulpito"?
Perchè io fatico ad interpretarlo come un "senti chi parla di non sequitur".
Ed è per questo che chiedevo degli esempi in cui, secondo lei, io sarei ricaduto nel non sequitur.
Mi sbaglio? Lei cosa intendeva dire?
Vede, il problema che si incontra spesso quando si discute con qualcuno sono le affermazioni non argomentate.
Ecco perchè tendo ad essere così preciso: perchè le affermazioni non argomentate non sono un argomento.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@DiegoPig
nella frase mia che lei richiama non c'è solo il riferimento al "non sequitur".Anche solo dal punto di vista lessicale-concettuale, fanno riferimento al campo logico : delucidazione-fallacia-passaggi logici-macchina di Leibniz.Il tutto non per farle un elenco, ma per dire che lei si atteggia a signore della logica.
Ha ancora una volta omesso di riportare cosa ho scritto dopo quel "da che pulpito ..."
Il discorso proseguiva e magari seguendolo si capisce cosa voglio dire.Ed è meta-linguaggio,direi, perché è una spiegazione che richiama se stessa : ho appena detto qui che ha omesso di riportare cosa dico dopo "da che pulpito..." E cosa dicevo lì?
Che lei taglia le frasi (richiamo ironico al "rasoio di Occam").
Non volevo quindi dire lei non cade nel non sequitur (ripeto il "presumo"), ma che anche lei fa errori logici (io le chiamerei meglio omissioni per avere ragione lei) consistenti appunto nel prendere del mio pensiero quel che è più facile obiettare.
Spero di aver reso.
Un altro aspetto che mi permetto (e mi sono già permesso di criticare) è il suo rispondere solo dei pensieri e degli esempi suoi. Nella retorica esistono pur sempre quelle che si dicono antilogie, cioè i discorsi che sostengono le tesi opposte a quelle di un altro. Lei che richiama l’opportunità di fornire argomentazioni dovrebbe tenere conto di questa possibilità.
Cordialmente,
biolove
Per Biolove, 20/11/10 15:33
Questo gioco potrebbe continuare a lungo, ma sinceramente sta diventando noioso [il gioco].
Perciò preferisco abbandonare il campo.
Cordiali Saluti,
DiegoPig
@ DiegoPig
anch'io il campo lo avrei abbandonato da un bel po' se non fosse che non volevo fare la figura di quello che non sa controbattere.Comunque ribadisco quello che già pensavo e dico che non è la sconfitta di nessuno ma il buon senso che prevale.
con cordialità,
biolove
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