giovedì 12 giugno 2014

Interrogazione su Stamina


Al Ministro della giustizia.

Premesso che, per quanto risulta all’interrogante:

è notizia di questi giorni che il dottor Mario Andolina, responsabile scientifico di “Stamina foundation”, indagato dalla Procura di Torino nell’ambito dell’inchiesta sulla nota vicenda “Stamina” è stato nominato con ordinanza del Tribunale di Pesaro, in data 3 giugno 2014, “ausiliario” del giudice per eseguire infusioni di materiale che non è stato documentato né validato dal punto di vista medico negli “Spedali civili” di Brescia;

è di tutta evidenza che l’iniziativa del Tribunale di Pesaro desta non solo oggettiva preoccupazione per la palese incoerenza rispetto alle iniziative già avviate da altri organi giurisdizionali, dalle istituzioni sanitarie preposte e dalla comunità scientifica anche internazionale, che, in ragione dei profili di competenza, sulla vicenda da tempo sono impegnati per garantire il diritto alle cure costituzionalmente protetto (art. 32 della Costituzione) nel rispetto di percorsi tecnico-scientifico validati da sperimentazione clinica, ma genera ulteriore motivo di incertezza soprattutto nei pazienti e nelle famiglie coinvolte;

è altrettanto evidente che la nomina di una persona sottoposta ad indagine per gravi reati connessi all’uso del “metodo Stamina” quale “ausiliario” del giudice non sembra garantire i necessari requisiti di moralità ed imparzialità che costituiscono il presupposto imprescindibile per lo svolgimento delle funzioni delegate dal Tribunale di Pesaro;

è notizia del 5 giugno 2014 (Ansa) che il comitato di presidenza del CSM ha disposto la trasmissione alla prima commissione e alla procura generale della Cassazione di un fascicolo relativo alla vicenda “Stamina”;

considerato che ad oggi, vengono ancora proposti ricorsi con carattere d’urgenza ex art. 700 del codice di procedura civile dai familiari dei malati per accedere al preteso trattamento Stamina; e i medesimi ricorsi vengono sovente decisi con l'adozione di ordinanze di accoglimento che, ritualmente per il carattere d’urgenza, non presentano un approfondimento istruttorio di carattere tecnico-scientifico;

la magistratura sul tema del diritto alla salute è tenuta ad applicare l’art. 32 della Costituzione nel quadro di un sistema di garanzie che prenda in considerazione i pazienti, da tutelare sul piano della salute, ponendoli al riparo da “cure” non documentate secondo il metodo clinico-scientifico, ma accompagnate unicamente da millantata efficacia;

è doveroso rammentare, riprendendo quanto citato in un’ordinanza di rigetto del Tribunale di Torino del marzo 2014 (RG 588/2014), che cosa ebbe a scrivere, nel gennaio 1998, la prestigiosa rivista medica britannica “The Lancet” che, a proposito delle ordinanze dei giudici rispetto alla “cura di Bella” in una nota redazionale dal lapidario titolo «More clinical judgment, fewer “clinical” judges» osservava che: “È una anomalia che [in Italia] la magistratura abbia il potere di ignorare, sulla base di modesti pareri medici, le precise direttive [dell’Autorità Sanitaria] in materia di farmaci; o peggio, che le decisioni dei giudici comportino il sostegno ufficiale ad una cura non sperimentata”;

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti e se questi corrispondano al vero;

se non ritenga opportuno attivare i propri poteri ispettivi al fine di verificare la correttezza delle procedure adottate dagli uffici del Tribunale di Pesaro;

quali iniziative urgenti nell’ambito di proprie specifiche competenze intenda assumere al fine di evitare il ripetersi di iniziative come quella avviata dal Tribunale di Pesaro ed a garanzia dell’imprescindibile moralità ed imparzialità degli ausiliari del giudice.

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