mercoledì 1 febbraio 2006

La theoconette

Su Avvenire di oggi («Aborto, mercato truccato per una libera scelta») Eugenia Roccella ci rassicura: «Nessuno oggi mette in discussione la legge 194». Piuttosto, «l’unica cosa che conta» è «se le donne davvero decidano liberamente, o se invece l’aborto non sia spesso l’unica offerta sul mercato truccato della libera scelta». Già, perché «nel mondo occidentale l’atteggiamento nei confronti dell’interruzione di gravidanza sta registrando un sensibile mutamento», ma a questa crescente ostilità dell’opinione pubblica non corrisponderebbe un’offerta adeguata di alternative all’aborto.
Quali fatti proverebbero questo mutamento di umori? La Roccella cita per primo «il recente sondaggio dell’Observer (che rivela come la maggioranza delle donne inglesi vorrebbe una legge più restrittiva in materia d’aborto)». Ma restrittiva in che senso? Ahimè, l’autrice non lo specifica; ma l’articolo originale («Women demand tougher laws to curb abortions», 29 gennaio) è per fortuna più esauriente. Da esso apprendiamo che il 47% delle donne inglesi favorirebbe un termine legale per abortire più precoce dell’attuale, che è di 24 settimane. Questo orientamento sembra determinato con ogni evidenza soltanto dalla consapevolezza che le tecniche di assistenza neonatale consentono di salvare neonati sempre più prematuri (fino a toccare appunto il limite delle 24 settimane), e non da una generica avversione per l’interruzione di gravidanza; tanto è vero che anche molti fautori del diritto all’aborto sono favorevoli a una revisione legislativa in questo senso (come nota debitamente lo stesso Observer).
La Roccella invoca poi «la ricerca dell’Eurispes, che, contro la logica dei numeri, è stata spacciata dai quotidiani come la verifica di una spaccatura tra i fedeli e le gerarchie cattoliche. In realtà i dati forniti dall’Eurispes avrebbero richiesto titoli ben diversi: solo il 22% degli italiani infatti ammette l’aborto su semplice decisione della donna, e solo il 26,7% lo accetta se ci sono gravi motivi sociali ed economici». Qualcuno ha peccato di omissione, allora? Sì. Ma si tratta – che sorpresa! – della stessa Roccella, che si è dimenticata di dirci che per l’Eurispes («Gli italiani e la Chiesa: tra fedeltà e disobbedienza», comunicato stampa del 16 gennaio) il 74,6% degli Italiani (col 72,9% dei cattolici e l’86,8% dei non cattolici) è favorevole all’aborto in caso di gravi anomalie e malformazioni del feto. Non parrebbe una posizione del tutto coerente con quella delle gerarchie cattoliche... Quanto a quel 26,7% (leggermente gonfiato dalla Roccella stessa: per l’Eurispes è il 26,4): com’è stata formulata la domanda? Quanti hanno o avrebbero risposto «dipende» (dall’aiuto statale alla maternità, per esempio)? E soprattutto, qual è la tendenza rispetto ad analoghe, passate rilevazioni? Per avere delle risposte bisognerà attendere la pubblicazione del rapporto definitivo.
Facciamo adesso, con la nostra autrice, un salto agli antipodi: «In Australia domenica è stata indetta una giornata di mobilitazione contro la Ru486, la pillola abortiva». Qui la prima impressione del lettore è che domenica l’Australia sia stata sconvolta da manifestazioni oceaniche; perché altrimenti la Roccella dovrebbe fare un caso di una banale adunata contro la pillola abortiva? È con notevole sorpresa, allora, che si scopre che, in realtà, non c’è stata neppure una semplice adunata: gli attivisti si sono limitati a presentarsi nelle chiese dopo la messa, chiedendo ai fedeli di scrivere lettere oltraggiate ai loro rappresentanti in Parlamento (come ci informa il sito degli stessi organizzatori della protesta). Ma la Roccella non demorde: «da un sondaggio è emerso come solo il 33% delle donne australiane sarebbe favorevole alla sua introduzione», giura. Ma noi oramai ci siamo fatti prudenti; e a ragione. Prima di procedere a fare la domanda, il sondaggista ‘informava’ l’intervistata che la Ru486 causa 100 morti ogni 100000 pazienti trattati (più di 100 volte la cifra reale), mentre non la informava dell’identità dei committenti (lo stesso gruppo anti-abortista del dopo-messa). Date queste premesse, che il 33% delle donne australiane si sia dichiarato nonostante tutto favorevole alla Ru486 è casomai il segno di un fortissimo supporto alla pillola abortiva, come conferma un sondaggio più corretto, che ha ristabito al 68% il numero delle favorevoli (comunicato stampa dei Democratici australiani, 23 gennaio).
Il lettore ormai smaliziato accoglie con un sorriso l’ultima testimonianza della nostra Roccella: niente di meno che il New York Times avrebbe esortato a «superare la vecchia divisione tra “pro-life” e “pro-choice”, cioè tra chi difende la vita e chi difende la libera scelta». Stavolta non occorre neanche andare a consultare la fonte originale, come finora siamo stati costretti a fare: l’autrice stessa ci informa con disarmante candore che l’argomento si riduce a questo: «liberal e progressisti devono ammettere che “il numero di aborti desiderabili è zero”». Riporto comunque il pensiero originale dell’editorialista, William Saletan: «I know many women who decided, in the face of unintended pregnancy, that abortion was less bad than the alternatives. But I’ve never met a woman who wouldn’t rather have avoided the pregnancy in the first place» («Three Decades After Roe, a War We Can All Support», 22 gennaio; il link è allo stesso pezzo ma con un titolo diverso sullo Star Tribune). Si sarebbe tentati di rispondere con l’interiezione ironica che gli Americani riservano a chi ha appena pronunciato una verità non proprio profondissima: «Duh!». Evidentemente, il New York Times non ospita sempre articoli degni di essere pubblicati; e viene da sospettare che lo stesso valga per Avvenire... Bisogna riconoscere, tuttavia, che il giornale italiano mette in guardia i suoi lettori: l’occhiello dell’articolo di Eugenia Roccella recita infatti: «Tema su cui spesso in Italia diamo il peggio».

2 commenti:

  1. Mi è stato spedito il link a questo blog, e vi rispondo.

    1. la novità di quanto sta accadendo sta proprio nel fatto che chi rimane comunque favorevole alla legalizzazione dell’aborto si pone problemi sulle conseguenze, come ad esempio quello sui feti nati vivi: forse non sai che la legge inglese sull’aborto contempla il feticidio, il che significa che feti vivi sono sempre stati fatti fuori e nessuno prima se ne era mai preoccupato. (E comunque il 10% delle donne inglesi vorrebbe fuori legge l’aborto)
    Quell’articolo sul New York Times: è come se in Italia la Bonino avesse scritto su Repubblica: basta, dobbiamo cominciare a fare in modo che il numero di aborti sia zero. E non come gioco retorico di parole, ma come inizio di dibattito pubblico. E’ una novità assoluta, tanto è vero che attualmente negli USA sono in ballo progetti per diminuire il numero degli aborti che coinvolgono sia la famigerata Planned Parenthood che movimenti pro-life, fatto impensabile fino a pochi anni fa.
    Superare le divisioni pro-choice/pro-life significa questo, e non che una delle due parti cambi idea.

    2. Sul sondaggio dell’Eurispes, ti rimando a un link che lo spiega bene. Neanche tu lo hai letto correttamente:
    http://www.stranocristiano.it/news/news_0601/commento_eurispes.htm

    3. Il sondaggio australiano: le notizie spacciate da quel comunicato pro-RU486 sono evidentemente false, come tutta la loro propaganda. Nel sito degli avversari della RU486, infatti, come in tutti i loro comunicati, lettere, articoli e denunce, la mortalità delle donne è stata sempre riportata correttamente. Dov’è la prova delle telefonate con i dati falsi? Potrei snocciolarti la quantità industriale di menzogne dette dai sostenitori della RU486, che hanno dimostrato finora solo malafede e falsità. In base a che il loro sondaggio sarebbe più corretto?

    4. La giornata di mobilitazione. Perché, quella che tu hai descritto non lo è? Il fatto che a centinaia siano andati a sollecitare proteste scritte (che sono arrivate) vale poco perché fatto di fronte alle chiese? C’è stato un grande dibattito pubblico, in Australia, che ha veramente coinvolto la popolazione tutta, come puoi vedere dalla rassegna stampa australiana e dalla relazione dell’inchiesta del Senato. Qui in Italia i radicali protestavano quando i preti “si mobilitavano” semplicemente facendo omelie per il referendum scorso. E adesso parlare alla gente dopo le messe non è una mobilitazione (che coinvolge migliaia di persone)?

    5. Senza intento polemico: vedo anche dagli altri post che siete poco informati sulla RU486. Il convegno della FdA riguarda due infezioni da Clostridium, di cui una, quella del Difficile, colpevole di effetti collaterali, ma l’altra, quella del Sordellii, esplicitamente legata anche nel comunicato FdA all’uso del Mifepristone (RU486), che ha causato quattro morti in meno di due anni solo in California. Si dà il caso che il convegno in questione – definito “unusual” - sia stato annunciato dal NYT proprio quando è stato appurato che non era la RU486 californiana ad essere contaminata: è infatti inspiegabile – come potrai leggere anche nella sezione FAQ della FdA dedicata al mifepristone – che siano morte donne per aborto chimico solo in California, tutte per la stessa identica, rarissima infezione, di cui era morta una canadese durante una sperimentazione per aborto chimico nel 2001 (il trial fu interrotto e per questo la RU486 in Canada ancora non c’è).
    Il sospetto, invece, che hanno molti in ambiente scientifico, è che i morti siano stati trovati solo laddove cercati. Se non avessero agito legalmente le famiglie delle donne morte in California – una delle quali ha pagato un’autopsia che il coroner si era rifiutato di fare – NESSUNA di quelle morti sarebbe stata associata alla RU486.

    6. Gli eventi avversi. Devi sapere che gli eventi avversi spontaneamente denunciati sono stimati essere, in genere, dall’1 al 10% di quelli effettivamente verificatisi. Per questo quei dati sono sconvolgenti.

    7. Le undici morti sono tutte documentabili. Soprattutto è documentato il fatto che,solo dopo pressioni dei familiari e interpellanze parlamentari i governi le hanno dichiarate. Il che fa legittimamente pensare che le morti siano state effettivamente molte di più, anche considerando quanto accaduto in Cina.

    Assuntina Morresi

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  2. La risposta al commento di Assuntina Morresi si trova qui.

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