Risale al 28 febbraio scorso l’individuazione del virus nel corpo di un gatto trovato morto nell’isola di Ruegen.
Secondo quanto riportato dall’ANSA sarebbe
da considerare con “prudenza” la notizia dell’isolamento del virus H5N1 in due o tre gatti in Stiria, e in ogni caso “ad oggi non c’è nessun tipo di evidenza scientifica della trasmissione del virus H5N1 dal gatto all’uomo”. Per il virologo Mauro Delogu, dell’Università di Bologna, continuano a non esserci motivi di allarme circa la presenza del virus dell’influenza aviaria nei gatti. La zona della Stiria nella quale sono stati trovati i gatti colpiti dal virus “è un’area contaminata, nella quale si trovano numerosi volatili selvatici infetti, fra i quali è stata evidenziata un’evidente mortalità”, ha osservato Delogu. Di conseguenza, in Stiria come nell’isola tedesca di Ruegen nella quale è stato trovato il primo gatto colpito da H5N1 in Europa, i gatti sono venuti in contatto con grandi quantità di virus. Delogu invita inoltre alla prudenza considerando che “i gatti sono molto sensibili al virus dell’influenza aviaria” e che i due o tre felini sui quali sono stati condotti i test in Stiria sono vivi. In teoria non si può escludere che gli animali siano venuti in contatto con un altro virus: prima di trarre qualsiasi conclusione “siamo in attesa di sapere ulteriori notizie, per esempio sulla metodica utilizzata nei test”, ha detto Delogu. Soltanto i risultati completi dei test permetteranno di conoscere la strada seguita dal virus. Ad esempio, è stato verificato in laboratorio che il virus H5N1 può trasmettersi da gatto a gatto, ma è anche possibile che nei gatti analizzati nella Stiria il virus si sia trasmesso sul campo da un gatto all’altro. Allo stato attuale delle conoscenze, però, non è possibile trarre alcuna conclusione. Resta invece la paura che tanti gatti vengano abbandonati sull’ondata di una psicosi senza alcuna base scientifica. “Ad oggi – ha concluso Delogu – non c’è alcuna evidenza scientifica della trasmissione del virus H5N1 dal gatto all’uomo. Nell’eventualità in cui la malattia comparisse nel gatto, questa andrebbe gestita rivolgendosi al veterinario”.Nemmeno l’Organizzazione Mondiale della Sanità si sbilancia su eventuali rischi aggiuntivi di contagio per gli esseri umani derivanti dai gatti. “Non lo sappiamo”, ha detto il portavoce sull’influenza aviaria, Dick Thompson. “È importante? È impossibile dirlo in questo momento, ma comunque non sembra”.
Non sembra.
(foto © c.)
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