Per fortuna che Leon R. Kass ci mette in guardia verso i pericoli della moderna tecnologia biomedica. Come se servisse un’altra Cassandra, tra le tante cui la modernità ha regalato anche il dono di essere credute dalla massa (Leon R. Kass advierte del peligro de las modernas técnicas biomédicas, Aceprensa, 10 aprile 2006).
Il tono è quello adatto alle profezie infauste, e gli argomenti più o meno pure. La tecnologia biomedica ci sta disumanizzando: questo il cuore del monito kass(andr)iano. L’utilizzo delle cellule staminali embrionali produce due effetti secondo Kass: distrugge gli embrioni e corrompe la nostra natura.
Come contorno, Kass specifica che gli embrioni sono esseri umani. Ma dimentica che questo non è che una asserzione banale e descrittiva: gli embrioni appartengono alla specie homo sapiens, nessuna persona ragionevole si oppone a tale verità. Il problema è: e allora? Essere un essere umano cosa implica? Per rimanere nel discorso di Kass, non implica che sia anche una persona. Il passaggio (e il giochetto) cruciale si radica nella relazione tra essere umano e persona. Coincidenza? Diversità? È sufficiente appartenere alla specie umana per essere una persona? No.
Il consunto argomento sventolato da Kass è inservibile. “Anche io sono stato un embrione e se mi avessero usato per la sperimentazione non starei qui a sostenere questa conversazione”.
Che mi si passi il dubbio che in termini di somma totale della felicità umana forse non ci sarebbero state drammatiche conseguenze per una simile carenza. Ma, soprattutto, il ragionamento non dimostra che l’embrione-Kass era una persona. Ma soltanto che se non fosse qui ora a parlare, non sarebbe qui a parlare. E non ci sarebbe oggi la persona Kass. Quando Kass ha cominciato ad essere persona? Secondo Kass (e secondo molti altri) dal concepimento, però non fornisce alcuna ragione intelligibile.
Se mia nonna non avesse girato a destra sul corso del paese, non avrebbe incontrato mio nonno, e non sarebbe nata mia madre, e non io starei qui a parlare. Un po’ come Ritorno al Futuro, scomparirei risucchiata dalle innumerevoli altre possibilità (mia nonna girava a sinistra, mio nonno era omosessuale, mia madre partiva per il Canada, etc.). Tutto questo, però, non dimostra che io ero una persona nel fatidico momento dell’incontro tra i miei nonni, non più di quanto lo fossi al momento del mio concepimento, né qualche settimana più tardi, quando ero embrione.
Il trucchetto lo usi tu, cara Lalli, quando ti impegoli sofisticamente nella distinzione fra essere umano e persona.
RispondiEliminaAh, dimenticavo. Altro sofisma: ma è uno scherzo l'esempio che fai della catena delle casualità? Cioè, secondo te è la stessa cosa postulare la casualità degli eventi della vita e il fatto che un embrione è un progetto di vita individuale che se interrotto, appunto,non si può più sviluppare? Scusa ma non capisco. leggerò il resto del blog con interesse, comunque, perchè sicuramente non banale e intelligente.
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