È stato pubblicato ieri un
rapporto dell’UK’s Medical Research Council e del Wellcome Trust, in cui si sostiene che gli esperimenti sulle scimmie (escluse le grandi scimmie, sulle quali nel Regno Unito non è consentita la sperimentazione) sono indispensabili per il progresso delle scienze biomediche. Vaccini per la poliomielite, incubatrici per i neonati prematuri, apparecchiature per la dialisi, tecniche di riabilitazione per le persone colpite da ictus, trattamenti per il morbo di Parkinson e per la prevenzione della cecità negli anziani, non sarebbero mai stati sviluppati senza l’impiego di modelli animali («
Report claims experiments on monkeys are vital»,
New Scientist.com, 2 giugno 2006).
Ma un contro-rapporto della
British Union for the Abolition of Vivisection si oppone, su basi non tanto scientifiche quanto morali:
“It’s not that they are so much like us they shouldn’t be experimented on,” says the report’s author Gill Langley. “It comes down to pain and suffering. Like humans, they know the pain is coming, they remember pain and are susceptible to non-physical pain, suffering anxiety if they’re isolated socially from other monkeys.”
She says there is no halfway house. “We can argue about the science forever, but what I’ve never heard is any clear scientific explanation for moral discrimination.”
Un dilemma etico di difficile soluzione.
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