Un europeo che volesse conservare dopo la morte il proprio cervello o il proprio corpo nell’azoto liquido, nell’attesa che la scienza possa un giorno utilizzare l’informazione così preservata per ricostruire un corpo vivente, doveva fino a ieri affrontare un viaggio post-mortem negli Stati Uniti, dove si trovavano le uniche aziende del campo. Da oggi esiste un’alternativa: KrioRus, una compagnia russa, offre il trattamento (limitato per ora al cervello) per la modica cifra di 9000 dollari; anche se la descrizione del quartier generale della ditta difficilmente invoglierà per ora i possibili clienti (Dan Shea, «Frozen Brains Awaiting Resurrection Day in Storage», St. Petersburg Times, 27 giugno 2006).
Di fronte a notizie come questa, la nostra prima reazione è sempre quella di farci beffe dei creduloni che buttano il loro denaro in maniera tanto dissennata. Eppure, approfondendo la questione, si scopre che le probabilità, per quanto esigue, non sembrano essere nulle, e meriterebbero almeno un’analisi costi/benefici – soprattutto se si considera la posta in gioco. Non è la scommessa pascaliana – che era più a buon mercato – ma certo le somiglia. Ma di fronte alla prospettiva della morte preferiamo ricorrere alla rimozione, e rifiutiamo anche solo di riconsiderare la questione, per il timore di dover affrontare di nuovo l’angoscia che l’accompagna.
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