L’introduzione al Documento per la Programmazione Economica e Finanziaria per il 2007-2011 ha l’intento di spiegare quali sono le finalità e gli obiettivi dello stesso. Titola il primo paragrafo “un Dpef di legislatura per ‘sbloccare’ l’Italia”, e inizia così: “Il principale obiettivo delle due iniziative [la presentazione della Legge finanziaria per il 2007 nel prossimo settembre e la manovra correttiva e le misure per la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori], e di altre che seguiranno, è di sbloccare un vero e proprio intreccio perverso nel quale si è venuta a trovare l’economia italiana dopo avere accumulato, a partire dalla metà degli anni Novanta, un ritardo di crescita che ha accentuato sia l’instabilità macroeconomica sia il disagio sociale”.
Finalità e obiettivi encomiabili. Ma veniamo al punto che ha suscitato la piccata reazione del ministro Mussi: l’ulteriore taglio del 10% ai fondi destinati agli Atenei e alla ricerca, la cosiddetta manovrina passata alla Camera con il maxiemendamento al decreto-legge Bersani.
Mussi, ministro dell’Università e della Ricerca, ha addirittura minacciato le dimissioni e ha definito senza mezzi termini i tagli previsti sulla ricerca un tragico errore. Un errore clamoroso, perché la politica di definanziamento su ricerca e formazione superiore, oltretutto, si aggiunge a ristrettezze già inaccettabili. Sono dello stesso parere i rettori delle Università e i direttori degli Enti pubblici di ricerca, uniti in una protesta ragionevole e dignitosa, come l’ha definita lo stesso Mussi. Ad aggravare la situazione contribuisce la stranezza riguardo ai destinatari della manovrina: non rientrano nel provvedimento, infatti, scuole, Istituto superiore di Sanità, Istituto Zooprofilattico, Enti parco e molte altre realtà.
Se la necessità di “stringere la cinghia” è evidente, le modalità adottate dalla manovrina sono invece discutibili. Tagliare senza razionalizzare è insensato e dannoso.
E il ritardo di crescita cui si fa cenno nell’Introduzione rischia di essere irrimediabilmente aumentato da interventi demolitivi e grossolani sulla ricerca. Non bisogna dimenticare, infatti, che la ricerca e la formazione superiore costituiscono uno dei motori essenziali per lo sviluppo di un Paese. Non è pensabile ‘sbloccare’ l’Italia bloccando la ricerca e la formazione.
Conclude con amarezza Mussi: “Nessuno si aspetta miracoli e abbondanza ma se l’Italia, di fronte alla tendenza esplosiva globale della spesa in ricerca e formazione superiore, annuncia provvedimenti di definanziamento, il mondo ride e noi piangiamo”. Come asciugare le nostre lacrime?
All’amarezza espressa da Mussi si aggiunge la perplessità nel constatare la somiglianza dell’attuale Governo rispetto al precedente in materia di strategie fiscali restrittive. Perplessità che diventa sbigottimento nel ricordare le critiche dell’allora opposizione alle politiche poco attente alla ricerca e alla formazione del Governo Berlusconi, e che diventa stupore di fronte alla manifestazione di apprezzamento del coraggio che avrebbe manifestato Mussi nel minacciare le dimissioni, dal momento che il soggetto che plaude alla reazione di Mussi è lo stesso soggetto che l’ha provocata.
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