lunedì 28 agosto 2006

Togliere di mezzo il bambino disabile

L’inganno della “qualità della vita”: quando il “miglior interesse” del bambino disabile è toglierlo di mezzo, Zenit, 27 agosto 2006.
Uno studio di Loretta Kopelman, apparso sull’organo ufficiale dell’American Academy of Pediatrics (AAP), la rivista Pediatrics, è tornato di recente a parlare di “qualità della vita” (L. Kopelman, Are the 21-Year-Old Baby Doe Rules Misunderstood or Mistaken? , “Pediatrics” 2005; 115; 797-802). Protagonisti sono i bambini inferiori ad un anno e “nati male”, cioè affetti da varie infermità o deformità. E il concetto si presenta “arricchito” e precisato dalla nozione di best interest standard, che l’autrice ha approfondito nel corso degli anni nel suo Dipartimento di Medical Humanities all’Università dell’East Carolina. Il quotidiano “Il Foglio” ha dedicato in questi giorni uno spazio al tema, cruciale nel dibattito che in Italia e in tutto il mondo accompagna la riflessione sull’aborto e la manipolazione embrionaria, come pure sull’eutanasia (cfr. G. Meotti, Attenzione, i pediatri americani discutono di “qualità della vita”, “Il Foglio”, 23 agosto 2006, p. I).

Le situazioni “limite” all’inizio e alla fine della vita umana sono infatti il banco di prova della bioetica. La visione del mondo – e dell’uomo – implicata dalle diverse teorie può emergere scarsamente nella pratica clinica comune dei paesi occidentali di tradizione giudeo-cristiana, mentre si erge imponente quando si tratta di chiarire il valore della vita umana dei non nati (soprattutto gli embrioni precoci e quelli malformati), dei disabili (soprattutto neonati), dei morenti (soprattutto in coma e in stato vegetativo).

Qui si entra infatti in un ginepraio di distinguo che, anche quando chiari in apparenza o sufficientemente definiti, vengono di fatto interpretati e applicati in maniera contrastante, in relazione all’opzione di senso attribuita alla vita umana. Lo sintetizzava bene, nel 1986, l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, commentando gli emendamenti alla norma costituzionale su Child Abuse and Protection and Treatment, denominati Baby Doe rules (1984): “il vero problema è se affermare e proteggere la santità di ogni vita umana, oppure abbracciare un’etica sociale in cui alcune vite umane hanno valore e altre no. Come nazione dobbiamo scegliere fra l’etica della santità della vita e l’etica della ‘qualità di vita’” (Reagan R., Abortion and the conscience of the nation. In: Butler JD, Walbert, DF, eds. Abortion, Medicine and the Law. 3rd ed. New York, NY: Facts on File; 1986: 352–358).
Promettiamo di analizzare il “Meotti”, e di approfondire la questione dei bambini disabili. Per adesso soltanto qualche riflessione più generica.
Molto interessante l’invocazione della ‘santità’ della vita. Somiglia molto all’invocazione della ‘sacralità’ dell’embrione. Ahimè, entrambi concetti che stridono in uno Stato laico. Ma forse siamo ingenui ad ostinarci nell’attribuire questo aggettivo. L’alternativa, poi, non è tra abbracciare la santità di ogni vita umana (che significa inviolabilità etc.) e abbracciare un’“etica sociale”. Sarebbe come chiedere: vuoi credere in Dio o essere dannato per sempre? Esistono altre alternative.
E poi quale sarebbe lo scandalo del decidere della propria vita?
La riflessione di Claudia Navarini si chiude così (i corsivi sono miei):
In definitiva, il dominio sulla vita e sulla morte, anche in funzione dell’aspettativa di “qualità” di una vita umana, carica le spalle dell’uomo di una responsabilità assolutamente sproporzionata alle sue reali forze, che suona pressappoco così: “se nasci, se muori, se soffri, se sei infelice dipende esclusivamente da te”. O da “noi”, gli esperti. Se dipende da noi, allora l’ovvio – nonché vano – obiettivo sarà sconfiggere una volta per tutte la malattia, la sofferenza e la morte. E laddove questo non risulti (ancora, per l’irrazionale ottimismo onnipotente dello scientista) possibile, il dominio sulla morte si “accontenta” di deciderne autonomamente i tempi e i modi, provocandola quando la debolezza, la malattia, la vecchiaia, la disabilità, l’imperfezione, l’anomalia genetica o magari la tristezza la rendono “di scarsa o di insufficiente qualità”.
Letteralmente è vero che non si decide di nascere, ma il resto direi che si possa lasciare alla volontà personale. Come vivere, come e se soffrire, come e quando morire. L’obiettivo non è sconfiggere una volta per tutte la morte (via, Navarini, non ci prenda per idioti! e poi, non l’avete già fatto voi con l’immortalità e il regno di dio?), ma ridurre la sofferenza sì (e spero che non sia un obiettivo ritenuto da pazzoidi scientisti) e combattere la malattia anche. Ah, e anche sconfiggere la presunzione di chi vuole imporre a tutti la propria visione della vita e della morte rientra negli obiettivi scandalosi. Chi vuole dominare la vita e la morte e le coscienze delle persone è chi sventola valori e doveri assoluti, senza disturbarsi a porsi qualche domanda, tipo: può essere che qualcuno la pensi diversamente da me e voglia agire di conseguenza?
(Nella foto, per chi avesse la memoria corta, un giovane e aitante Ronald Reagan...)

5 commenti:

  1. Questa volta non si parla di embrioni o "aggregati" o blastocisti (parole usate troppo spesso per nascondere scomode verità), ma di bambini.
    Vorrei proprio sapere come giustificate l'uccisione di bambini che hanno l'unica colpa di non essere perfetti. Posso usare UCCISIONE in questo caso, oppure no? se difendete tanto la libertà, che cosa ne è della libertà di questi bambini di vivere?

    Marco

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  2. Dimenticavo: mi piacerebbe che specificaste qual'è la terza alternativa tra il non rispettare la vita umana e l'etica sociale, grazie.

    Marco

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  3. Solo una precisazione: con “etica sociale” si intende darwinismo sociale...
    Quanto al resto, passo. Almeno per ora.

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  4. "parole usate troppo spesso per nascondere scomode verità"
    Scomode per chi? E perchè?

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  5. Ebbene sì, dinanzi all’ennesima buccia di banana sulla quale è scivolato il nostro improvvido e incauto interlocutore nella sua ansia di trovare qualcuno a cui appiccicare a forza etichette omicide, dinanzi al pervicace perseverare nell’uso, meccanicamente stolido, di certi termini, riesce difficile resistere alla tentazione di citare S.Agostino d’Ippona quando afferma “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum…”. Infatti, pensare che possa essere definito con il termine uccidere l’interruzione delle cure in pazienti dalle condizioni incontrovertibilmente non suscettibili di miglioramento, cioè in una parola in pazienti dalla prognosi infausta per i quali la prosecuzione delle terapie si tradurrebbe solo in un inutile prolungamento di inaccettabili sofferenze, è un non senso semantico che stavolta suona oltre che ridicolo, come già notato in precedenza, anche vergognosamente e meschinamente offensivo nei riguardi di coloro, personale medico e paramedico, che si dedicano, con passione e cultura, proprio ad alleviare le sofferenze dei loro pazienti e, quando possibile, a condurli alla guarigione.

    Il punto è, al solito, che non ci si trova dinanzi ad un caso sporadico, all’invettiva isolata di un cane sciolto, ma all’essenza di quell’atteggiamento di sistematico travisamento della realtà adottato come routinario modis operandi dalla propaganda cattolica integralista ad ogni livello. Così, il dilemma sul quando ed in quali situazioni i medici ed i genitori, adeguatamente informati del quadro prognostico del loro bambino, debbano porsi il problema dell’opportunità o meno della prosecuzione delle terapie, magistralmente trattato dalla Dr.ssa Kopelman in questo ed in altri suoi articoli nei quali assume una posizione fortemente e documentatamente critica nei riguardi del pacchetto legislativo approvato a suo tempo dall’amministrazione Reagan e noto come Baby Doe Rules (tendente a risolvere in maniera draconianamente restrittiva il legittimo campo d’azione del medico in queste situazioni: “Many neonatologists and other pediatricians reported that these rules altered standards of care and limited clinicians and parents abilities to select individualized treatment plans and act in the best interests of infants”), è per l’appunto un dilemma che parrebbe obiettivamente motivato e da cui infatti scaturisce un dibattito serio e ragionato fra esperti del settore sulla migliore condotta da tenere. Ma, nell’ottica distorta del propagandista cattolico di turno, tale Navarini in questo caso, ecco che la realtà viene stravolta ed il dilemma di cui sopra viene tendenziosamente e proditoriamente trasformato in una pratica di abietta selezione degli individui, con i medici trasformati in giudici e carnefici pronti a comminare l’irrevocabile condanna all’eliminazione di chi non rispetti presunti, fantomatici standard di normalità secondo uno scenario da eugenetica nazista cui il “pasionario” cattolico di bassa lega non riesce proprio a rinunciare. Illuminante fino all’involontario umorismo è poi l’affermazione secondo cui “tale giudizio (sul valore della vita n.d.r.) viene prima del “ragionevole giudizio medico”, ed è sottratto per sua natura alla decisione volontaria dell’uomo, che si trasformerebbe altrimenti in una – assolutamente dogmatica – fonte del bene e del male”. L’atto del ragionevole giudizio medico, fondato su conoscenze mutuate nel tempo dall’esperienza e dalla cultura medica del settore, atto per sua stessa natura improntato al massimo pragmatismo, come ogni atto dotato della sia pur minima pretesa di scientificità, trasformato in fonte dogmatica del bene e del male, il tutto nelle parole di chi, per sua scelta, non esita a prostrarsi acriticamente dinanzi ai dogmi assoluti (quelli sì) che ci piovono addosso incessantemente da oltre Tevere…
    Dietro questa martellante campagna di sistematica mistificazione della realtà, che si richiama a Goebbels più che a Teilhard de Chardin e di cui abbiamo avuto ampie evidenze in epoca referendaria, traspare evidente il tentativo, messo in atto da chi insegue una visione teocentrica dell’ordinamento sociale, di porre sotto tutela la società intera, evidentemente incapace, nell’immaginario sovraeccitato dei talebani di casa nostra, di gestirsi in maniera autonoma e, soprattutto, libera. A questo riguardo, c’è chi afferma la necessità del dialogo con il mondo cattolico. Ebbene, se il mondo cattolico è costituito in prevalenza da mentecatti di questa portata, come sembra, non si vedono molti spazi per il dialogo, anche perché si tratterebbe di un confronto condotto in maniera asimmetrica, come già verificatosi durante l’iter parlamentare di quella che sarebbe divenuta la legge 40, con una parte impegnata a cercare punti di contatto per un avvicinamento delle posizioni e l’altra invece protesa con tutte le sue energie impegnate al solo scopo di sodomizzare l’avversario… Appare invece di primaria importanza l’obiettivo di sensibilizzare la gente in maniera imparziale su queste problematiche in modo da farne comprendere l’importanza, ed il resto verrà da sé, in un paese che, non dimentichiamolo, ha prodotto e poi difeso con successo in due distinte consultazioni referendarie due importantissime leggi quali quella sul divorzio e quella sulla interruzione volontaria di gravidanza, e questo in un momento storico in cui il radicamento della chiesa nella società era infinitamente più profondo di oggi.

    Ultima nota: il nostro buon amico, di cui non ci siamo dimenticati, e che ha dimostrato, se non altro, di iniziare a porsi il problema della differenza fra blastocisti ed individuo, ha accennato, con fare oscuro, a delle scomode verità nascoste dietro l’uso di questi termini. Siamo curiosi e pertanto lo invitiamo caldamente a metterci al corrente di queste verità. Anche se, ad essere sinceri, riteniamo che di questa faccenda dovrebbe piuttosto mettere al corrente i diretti interessati, come i portatori di malattie a trasmissione genetica che non possono ricorrere alla PGD, i malati di Alzheimer condannati alla disintegrazione progressiva delle loro facoltà mentali, i pazienti affetti da SLA destinati alla morte precoce, i para e tetraplegici che attendono dalla ricerca risposte che non arriveranno mai in un paese fondamentalista che ha deciso di porre i precetti religiosi al centro del suo ordinamento legislativo, con buona pace dei diritti costituzionali di tutti noi. E chissà, forse tutti questi individui, le cui esistenze agli occhi dei cattolici fondamentalisti valgono meno di quella degli aggregati pluricellulari, potrebbero anche convincersi di essere stati presi a calci in culo da un Parlamento di baciapile prima e da una nazione di gente distratta dopo, per dei validi e fondati motivi…

    filippo

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