Il problema dei trapianti riguarda centinaia di migliaia di persone al mondo. Gli ostacoli principali sono la carenza degli organi disponibili e i problemi di compatibilità tra donatore e ricevente e il conseguente rischio di rigetto.
Per quanto riguarda la carenza degli organi donati sono state proposte alcune soluzioni all’unico modo permesso per reclutare organi, la donazione post mortem volontaria e indiretta (con l’unica eccezione delle donazioni da vivente a parenti): dall’obbligatorietà della donazione dopo la morte alla legalizzazione del mercato degli organi. La tecnologia medica può offrire una terza via, senza i fardelli morali che gravano sulle prime due: la creazione di organi artificiali da sostituire a quelli danneggiati.
Martedì scorso la Food and Drug Administration ha autorizzato il trapianto di un cuore artificiale costruito da AbioMed (AbioCor®) in pazienti cardiaci terminali, sulla base di uno studio clinico che ha coinvolto 14 malati e ha allungato la loro vita di vari mesi (FDA OKs artificial heart implants for seriously ill, Reuters, 5 settembre 2006).
È una sperimentazione destinata a pochi pazienti con una prospettiva di vita di circa un mese e esclusi dal trapianto cardiaco ‘normale’ per questioni di età o di condizioni mediche.
Daniel Schultz, direttore del Center for Devices and Radiological Health della FDA, è ottimista sulle potenzialità del cuore artificiale e giudica l’approvazione della sperimentazione un passo importante per lo sviluppo di tecnologie salvavita. Tuttavia, è ben consapevole che oggi le limitazioni sono tante, e che molti dei pazienti che potrebbero sottoporsi a questo trapianto sperimentale rifiuteranno. Ma a quelli che lo vorranno sarà offerta la possibilità di vivere un po’ di più di contro alla certezza di una morte imminente.
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