sabato 23 dicembre 2006

Costretti dalla libertà e adusi alla pornografia

Si intitola Stelle morenti il post di oggi di Beppe Grillo e parla di Welby.
Ho deciso di parlare anch’io di Welby. Di fare anch’io la mia piccola pornografia della morte. Per permettere a tutti coloro che lo desiderano di commentare una volta per tutte su Welby. Un commento come nei quaderni per i defunti nell’androne di casa. Poi lasciamolo in pace per sempre. Insieme a chi è nella sua condizione.
La televisione ha un nuovo reality, prodotto e diretto da Bonino & Pannella. Si chiama: ‘Erano stati famosi’. Ci si iscrive in punto di morte. Si diventa star nel momento del trapasso. Stelle morenti. Stelle di una TV endoscopica. Migliaia di Piergiorgio Welby, esclusi dai provini, vedono che uno di loro, assediato dai media, è alla fine staccato dal respiratore.
La morte assistita di Welby è un suicidio assistito, un omicidio del consenziente, un reato grave.
Ma i radicali sono come Lourdes... dove ci sono le sfighe ci sono pure loro.
Un mio amico, Primario di un reparto (con televisione) per pazienti in coma, ha due ricoverati come Welby. Mi ha detto che non sa più come fare! Non è facile dire che Welby non era depresso e anche il contrario. Ci vuole la fascia protetta per i disperati, potranno vedere solo la pubblicità e la messa della domenica mattina. La dignità è finita per sempre, da quando la morte ha perso la sua privacy.
Anche lui, insieme a molti di quanti si prendono la briga di parlare di Piergiorgio Welby, naufraga in alcuni argomenti divorati dalla banalità. Una barca che si ingavona e va a picco.
Nessun condanna aprioristica davanti a pareri diversi dai miei, ma se poggiano sul fango ho la tentazione di farli rovinare a terra con una secchiata d’acqua che liquefa e disperde il vacillante sostegno.
Rispetto alla pornografia della morte con cui Grillo ricopre indistintamente tutte le parole pronunciate e scritte su Welby (categoria un po’ troppo vasta, n’è?) ho una reazione composita. In parte concordo. Ovvio, in parte no. Non so in che percentuali esatte. Non concordo, forse, sui criteri per bollare qualcosa come pornografia. Possibile non risparmiare proprio nulla? Non intravede nessun margine di una battaglia politica, di un attacco all’ipocrisia, di una dichiarazione drammatica della propria volontà? Tutta pornografia? E Welby, chi interpreterebbe, Rocco Siffredi?
Quanto segue sembra confermare l’assenza, secondo Grillo, di un benché minimo briciolo di senso nel caso Welby: reality, iscriviti in punto di morte, provino dell’orrore, casting di moribondi.
E quel rimando agli altri assomiglia così pericolosamente a quanti hanno reagito alla domanda di Welby dicendo: tanti malati vogliono vivere, non li si può condannare a morte? Ma vi siete bevuti il cervello? Chi vorrebbe obbligare chi a fare cosa? Amareggia che Grillo non colga il senso di una libertà (anche di quella drammatica di morire), non ne colga la profonda asimmetria rispetto all’assenza di libertà. Perché la libertà non impone a nessuno, lascia solo liberi di scegliere. Nessuno viene costretto dalla libertà. Succede il contrario.

Ma eccoci alla condanna esplicita: la morte di Welby è omicidio del consenziente, è un reato grave. Un reato grave. Perché? Per quali ragioni? È tanto scontato da non meritare nemmeno qualche parola. (Io posso risparmiare le mie, ripeterei parole già scritte.)

Quanto alla storiella dell’amico primario e dei due pazienti come Welby ho qualche incertezza interpretativa. Perché non sarebbe facile “dire che Welby non era depresso e anche il contrario”? Dire che non fosse depresso (e anche il contrario) forse perché i pazienti come Welby si sentirebbero in dovere di essere in qualche stato d’animo diverso o uguale a Welby? Welby era fatto in un certo modo, e allora? Magari mi sfugge quella sfumatura che tutto chiarirebbe.

E veniamo al gran finale. «La dignità è finita per sempre» ha qualcosa di troppo apocalittico per convincere. Quanto alla ragione (la morte della privacy della morte), credo che ci siano drammi peggiori e più lesivi della dignità. Tuttavia la prendo sul serio (la morte della privacy della morte come boia della dignità), e critico che il caso Welby abbia inferto il colpo fatale. E anche che sia stato il caso Welby a minacciare la dignità. È più dignitoso, forse, che una legge mi costringa a vivere contro la mia volontà? È più dignitoso questo? Venirmi a fare la ramanzina della indisponibilità della mia esistenza magari perché ma l’ha donata qualcuno? Sì, questo è indubbiamente più dignitoso.


(Ormai il mio correttore automatico di word si è talmente abituato al fatto che io stravolga l’italiano scrivendo Volontè invece che volontà, che mi corregge ogni frase tipo “la volontà di rendersi ridicoli” con “la Volontè di essere ridicoli”. Un tempo succedeva il contrario.)

3 commenti:

  1. L'omicidio del consenziente è un reato grave, gravissimo, per lo stesso motivo per cui, in democrazia, non si può accettare la presa del potere di un dittatore nemmeno dopo libere elezioni. Facendo un'analogia con l'informatica, si potrebbe definirlo un bug del sistema.
    Il punto, casomai, è che quello di Welby non è stato affatto un omicidio del consenziente, né un suicidio assistito, come doviziosamente argomentato nell'articolo di Libero che linkavi ieri.
    Grillo può camminare sul filo di un'ambiguità di fondo anche perché, forse, nemmeno da parte dei radicali si è insistito a sufficienza su questa distinzione, spesso oscillando tra la "certezza del diritto" (alludendo all'applicazione di norme già esistenti) e la "disobbedienza civile" (proclamando la valenza politica di un reato penale deliberatamente commesso).

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  2. la cosa più triste è che penso che beppe grillo alle prossime elezioni si candiderà e prenderà una marea di voti.
    io, per dire, ho molta più paura del populismo di grillo che di quello di berlusconi

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