domenica 24 dicembre 2006

Wojtyla e Piergiorgio Welby


Karol Wojtyla è stato senza dubbio un cattolico di fede indiscutibile. Dal 1978 al 2005 è stato Papa con il nome di Giovanni Paolo II.
Ammalatosi nel febbraio 2005, è morto il 2 aprile. Giovanni Paolo II non ha voluto essere collegato al respiratore artificiale che lo avrebbe potuto verosimilmente tenere in vita ancora per un tempo difficile da stabilire. Tra le sue ultime parole pronunciate si ricordano: “lasciatemi andare alla casa del Padre”, universalmente intese come accettazione della morte imminente e di un destino segnato, cui non sarebbe stato né utile né lecito opporsi.
Piergiorgio Welby voleva che gli fosse staccato il ventilatore che simulava il suo respiro. La richiesta di sedazione non è moralmente controversa, perché volta a sedare una sofferenza intollerabile, né può mutare la sostanza della sua richiesta: “lasciatemi morire”.
Lasciando da parte le valutazioni giuridiche o squisitamente morali, la domanda scomoda rivolta al magistero ecclesiastico è: quale differenza c’è tra i due rifiuti?
Entrambi si oppongono ad un macchinario artificiale che sostituisce la respirazione naturale e prolunga la sopravvivenza. Entrambi si muovono in un panorama prossimo alla morte. Non collegare un ventilatore o scollegarlo provocano, con un margine di incertezza sui tempi non rilevante ai fini del giudizio morale, la morte. Entrambi rispondono ad una decisione libera riguardo al proprio corpo e all’accettazione o al rifiuto di un trattamento medico.
Le differenze rintracciabili nei due rifiuti (di essere collegato e di essere scollegato) non sono abbastanza profonde da annullare l’incoerenza tra l’appello “Santo subito” e il verdetto “non possiamo concedere le esequie ecclesiastiche”. Infatti il riferimento di Giovanni Paolo II al ritorno alla casa del Padre può essere considerato equivalente alla richiesta di Welby di porre fine alla sua atroce sofferenza. In tutti e due i casi la “via d’uscita” era la morte.
Non è possibile, senza scivolare in incresciose affermazioni, distinguere il senso profondo delle due decisioni. Tuttavia, le porte della misericordia sono state sbarrate di fronte alla richiesta dei familiari di Welby. Forse la coerenza non è compresa tra le principali virtù del Vicariato.

4 commenti:

  1. Sai, Chiara, mi sono sempre chiesta, da un punto prettamente "filosofico", diciamo così, come mai la chiesa cattolica, che tanto si accanisce contro l'uso degli strumenti tecnici che la scienza offre per la procreazione assistita, trovi invece opportuno l'uso di analoghi strumenti (come quello per la ventilazione assistita) in caso di pazienti con malattie terminali o in stato di coma.
    Cos'hanno di "naturale" i secondi che i primi non hanno? E, soprattutto, non è meglio una nuova vita tutta "in potenza" rispetto ad un'esistenza ormai scaduta a mera - e questa sì assolutamente innaturale - dipendenza da una macchina?

    Come vedi, la morte di Welby è stata capace, se non di smuovere le coscienze ormai fossilizzate di questo povero Paese, almeno di muovere in noi qualche piccola riflessione su un tema gigantesco come il senso della vita.
    Di quella vera, intendo, fatta di giorni che passano e di dolore, non di chimere, di paradisi, di resurrezioni e di padri celesti...

    Scusa l'intrusione, seguo sempre con costanza ed interesse gli spunti che Bioetica, così puntualmente, propone.
    Complimenti,

    Clelia

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  2. Riflessione molto bella e molto opportuna. Grazie.

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  3. Clelia : ottima argomentazione; dobbiamo trovarne sempre di nuove per far breccia tra le contraddizioni dei moralisti catto-integralisti et similia.

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  4. Cara Clelia, premettendo che sarà una risposta 'sbigativa', direi: potere e malafede. Ecco cosa fa svanire l'apparente contraddizione che tu additi.
    In entrambi i casi (mi rivolgo alla PMA o voglio scollegare il ventilatore) sto esercitando la mia libertà e incrinando lo strato costruito da tradizione e ignoranza.
    Non dimentichiamoci le assurde accuse degli stessi contro i trapianti (satana!) o il treno (demonio!).

    Ciao e grazie,
    Chiara

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