“Disegnatori e incisori, anatomisti e medici, filosofi e dotti, e poi biologi e studiosi di embriologia, dall’inizio dell’Età moderna, ma con casi esemplari già nel Medioevo, si sono dedicati a rappresentare la vita prima della nascita, a produrre immagini di feti” (p. 11), quei feti prodotti nel segreto del ventre materno e inaccessibili per secoli, e poi disvelati attraverso la raffigurazione e il disegno, fino a giungere ai potenti mezzi fotografici di oggi. È questa storia che Claudia Pancino e Jean d’Yvoire raccontano: la storia della rappresentazione del nascituro che dalla fantasia e dall’approssimazione giunge fino alla verosimiglianza e alla riproduzione fedele della realtà. E la storia della ricaduta di queste rappresentazioni iconografiche sulla percezione sociale del feto e dell’embrione.(Continua.)
Oggi l’embrione è prepotentemente uno dei protagonisti dei dibattiti morali, perché lo sviluppo della biomedicina e delle biotecnologie hanno permesso di ‘vederlo’ molto prima del parto, anticipandone la presentazione al mondo. Lo statuto morale e giuridico dell’embrione suscita dibattiti feroci e inconciliabili: come deve essere considerato il nascituro? Senza dubbio vederlo suscita profonde reazioni emotive che interferiscono con il giudizio razionale. Il disvelamento dell’origine e dello sviluppo dell’embrione ha avuto come effetto, tra gli altri, quello di rendere esplicito un problema che riguarda ogni processo di sviluppo vitale: il suo carattere continuo, privo di salti moralmente significativi. Il suo scorrere senza barriere e divisioni. E la conseguente difficoltà di tracciare differenze, passaggi, cambiamenti discreti.
Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano
John Stuart Mill, La libertà
giovedì 18 gennaio 2007
Dai disegni all’ecografia
Su Galileo, 16 gennaio, recensione del libro di Claudia Pancino e Jean d’Yvoire Formato nel segreto. Nascituri e feti fra immagini e immaginario dal XVI al XXI secolo, Carocci, 2006.
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