È di 3 giorni fa la notizia di una trasfusione imposta a una donna che non la voleva (Impone trasfusione a Testimone di Geova Pm indaga sul fatto, Il Giorno, 3 dicembre 2007).
Ora i medici della Mangiagalli rischiano una denuncia per lesioni.
Ieri è accaduto di nuovo: un uomo che rischia di morire, una trasfusione rifiutata, la spiegazione “sono Testimone di Geova”.
In quest’ultimo caso i medici hanno giocato d’anticipo: si sono rivolti al magistrato che ha disposto un Trattamento Sanitario Obbligatorio (La trasfusione? Oggi la prescrive il giudice, Varese News, 5 gennaio 2007).
La trasfusione è stata effettuata e l’uomo, pensionato di 72 anni, è salvo.
Lieto fine? Mica tanto. L’unico elemento che renderebbe giustificabile l’imposta trasfusione sarebbe una incapacità di intendere e di volere da parte del paziente, magari dovuta all’incidente stradale che quella trasfusione aveva reso necessaria. Ma non c’è alcun riferimento (nelle notizie riguardanti l’accaduto) di una carente o assente capacità di giudizio. (Il fatto di essere Testimone di Geova sarebbe secondo me sufficiente per giudicare qualcuno incapace, ma questo non è senza dubbio un pensiero diffuso e condiviso e soprattutto accogliere tale premessa significherebbe considerare incapace di intendere e di volere un po’ troppa gente, considerando le sterminate versioni dei pensieri religiosi...).
E allora? Per rispettare la volontà liberamente espressa da un cittadino non è pertinente la motivazione che ha diretto quella volontà. Ne esistono di condivisibili e di assurde, ma se la persona è cosciente e in grado di esprimere i propri desideri, e se questa persona rifiuta un trattamento medico, non ci si può sostituire al suo raziocinio (che giudichiamo difettoso o compromesso) e imporre un trattamento foss’anche salvavita, come in questo caso.
concordo su questo punto(anche sul giudizio sui testimoni :-)
RispondiEliminaIl mio giudizio sui Testimoni di Geova vale per tutti i credenti di tutte le religioni.
RispondiEliminaConcordi anche su questo?