Dal momento stesso in cui il governo ha varato il ddl sui Dico (Diritti dei Conviventi) tutti, o quasi, vogliono correggerlo. Anche nel titolo, che in effetti non è brillantissimo. La senatrice Binetti, leader dei teodem, ha già proposto di cambiarlo in Didoco (Diritti e Doveri della Coppia). Siamo sinceri: non funziona.
La sigla Dico non va perché è la prima persona singolare del verbo dire. E le convivenze vorrebbero non l’io ma il noi. Dunque sarebbe più coerente modificarla in Diciamo (Diritti Coppie Italiane Amorevoli). O in Diremo (Disposizione Immediata per il Riconoscimento delle Esistenti Matrimonialità Occulte). Volendo poi pensare a qualcosa di più articolato, andrebbe bene anche Diciamolo (Doveri Impliciti dei Conviventi Italiani in Attesa di Matrimonio O Legittima Omologazione).
Il meccanismo surreale della raccomandata al convivente renderebbe appropriato anche Diglielotu (Disciplina Generale Limitata E Labirintica per l’Organizzazione di Tutte le Unioni). Scarterei invece, per quanto suggestivo – ma troppo difficile da scrivere a nord del Garigliano – l’acronimo che convincerebbe persino Mastella: Dicitencellovuieastacumpagnavosta.
Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano
John Stuart Mill, La libertà
martedì 13 febbraio 2007
Dicitencellovuieastacumpagnavosta
Sebastiano Messina, La sigla, in Bonsai di ieri (Il Corriere della Sera):
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