giovedì 29 marzo 2007

La Cei e la confusione del sesso

Nella Nota della Cei «a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto», vengono spese poche righe striminzite sulle unioni tra omosessuali:
Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile.
La prima impressione, leggendo queste parole, è che l’estensore della Nota ci stia dicendo che la differenza sessuale è un requisito fondamentale per la costituzione di una coppia: una convivenza affettiva non sarebbe vitale, insomma, se non tra persone di sesso differente. E tuttavia, a un secondo sguardo, la scelta delle parole appare in qualche modo in contrasto con questa interpretazione. Non si dice, infatti, che la legalizzazione delle «unioni di persone dello stesso sesso» negherebbe l’importanza o il ruolo della differenza sessuale, ma invece che «negherebbe la differenza sessuale» tout court; e la differenza sessuale, a sua volta, non è per la Cei necessaria o ineludibile, ma «insuperabile». Sembrerebbe insomma che la Nota prospetti, in caso di legalizzazione delle unioni civili tra omosessuali, una perdita della distinzione tra maschile e femminile; che stia facendo, in altre parole, una monumentale confusione tra identità di genere (il genere in cui una persona si identifica) e orientamento sessuale (il genere verso cui una persona prova attrazione fisica). A quanto pare non sono il solo ad avere avuto questa impressione, se intendo bene un’osservazione di Malvino («Questo, ovviamente, a voler considerare “differenza sessuale” una caratteristica di “orientamento sessuale”, perché le differenze – nella cosiddetta “natura” – non le fa il genere, ma ciò che il soggetto cerca nell’oggetto, al di là d’ogni steccato posto dal genere»); e tuttavia ammetto di rimanere un po’ incredulo di fronte alla possibilità di uno svarione così grossolano, che porrebbe la Conferenza Episcopale Italiana al livello di quegli omofobi un po’ confusi e straparlanti che tutti prima o poi abbiamo sentito concionare («Signora mia, qui non ci sono più le distinzioni di una volta, i maschi vanno con i maschi, le femmine con le femmine, non si capisce più niente»); perché è del tutto evidente che un omosessuale può essere certissimo della propria identità di genere, e sentirsi insomma completamente maschio, senza che questo contraddica in nessun modo il proprio orientamento – anzi mi azzarderei a dire che sia questa la norma, piuttosto che il contrario. Persino tra i transessuali (ma il termine è comunque ‘trasversale’ rispetto all’orientamento sessuale) l’identità di genere è più spesso che no ben definita, anche se si trova in contrasto con il genere biologico.
Esistono, è vero, delle teorie (in genere proposte nell’ambito del femminismo post-modernistico: viene in mente tra gli altri il nome di Andrea Dworkin) che sostengono l’origine solo socio-culturale delle differenze di genere, e che possono – ma non necessariamente devono – propugnarne in qualche caso un superamento, assieme all’esaltazione dell’omosessualità; ma ovviamente si tratta delle posizioni (giuste o sbagliate qui non importa) di una minuscola porzione dell’élite intellettuale, che non impegnano affatto la stragrande maggioranza degli omosessuali.
Che esista una preoccupazione della Chiesa per la possibile perdita delle differenze sessuali è comunque dimostrato: basti guardare alla «Relazione del Cardinale Ruini all’Incontro delle coppie e delle famiglie di Roma e del Lazio», del 28 novembre 2005:
Sul versante filosofico non meno importante è la sottolineatura che l’essere umano sussiste sempre e solo come uomo o come donna, specificità entro cui si iscrive la vocazione all’amore: ciò costituisce una chiave fondamentale, di natura ontologica, per sviluppare una moderna e autentica antropologia. Così Giovanni Paolo II scriveva nella Lettera alle donne: “Femminilità e mascolinità sono tra loro complementari non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma ontologico. È soltanto grazie alla dualità del maschile e del femminile che l’umano si realizza appieno” (n. 7). Questo riproporre, in termini sostanzialmente nuovi e maggiormente elaborati, il valore irriducibile e i significati dell’essere uomo e donna è la risposta più pertinente ed efficace che la Chiesa possa dare a quella deriva culturale che tende sempre più a relativizzare e svalutare gli elementi costitutivi dell’amore umano.
È in discussione infatti, in primo luogo, il senso della “unidualità” uomo-donna: esso appare minato dal diffondersi di una visione che riduce la differenza sessuale a fattore culturale e di costume. C’è inoltre una diffusa tendenza a depotenziare il valore dell’istituto del matrimonio, assimilando ad esso altri tipi di unioni e convivenze, con il risultato che il matrimonio non viene più percepito come espressione e garanzia della natura stessa dell’amore umano, ma come frutto di convenzioni e accordi facilmente modificabili.
Si noti il significativo accostamento al tema delle unioni civili – anche se qui, più raffinatamente, non si pongono in relazione di causa ed effetto i due termini: siamo ridotti al punto di rimpiangere già il cardinal Ruini?

Aggiornamento: Anche Ritanna Armeni, stasera a Otto e Mezzo, si è accorta che la Cei sembra aver fatto in questo punto un bel po’ di confusione. Gian Maria Vian, rispondendo alla Armeni, crede di difendere la Nota sostenendo che la legalizzazione delle unioni tra omosessuali scatenerebbe comportamenti imitativi; ma anche ammettendo questa improbabilissima ipotesi, i comportamenti riguarderebbero l’orientamento sessuale, non l’identità di genere. Banale distinzione, che Vian sicuramente, e la Cei probabilmente, ignorano però del tutto.

5 commenti:

  1. ma che idea hanno dei gay? che sono mezzi transessuali? O.o mah!
    chissà se dicono lo stesso dei loro preti omosessuali...

    grazie dell'articolo :)

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  2. Gentile Chiara, i suoi articoli sono di una chiarezza stupefacente ( nomen omen). Con questo messaggio volevo anche ringraziarla per il suo pregevole intervento di ieri alla conferenza Uaar, con la Hack e Donatelli.
    La invito pertanto a visitare il mio blog in cui è pubblicato il resoconto e alcune foto dell'evento.
    Ancora grazie per quello che fa.
    Cordiali saluti

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  3. Oh, finalmente! :-)

    Adesso aspettiamo la foto dell'altra "metà del team di Bioetica"

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  4. In senso stretto non avete avuto nemmeno me!!

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