Il 15 febbraio avevamo tradotto su Bioetica un articolo di New Scientist, in cui si rivelava una sospetta alterazione nei dati di una ricerca sulle cellule staminali adulte. Nel 2002, un gruppo guidato da Catherine Verfaillie della University of Minnesota di Minneapolis aveva descritto «cellule progenitrici adulte multipotenti», isolate dal midollo osseo di roditori. Queste cellule sembravano capaci di dare origine alla maggior parte dei tessuti del corpo: in precedenza, solo le cellule staminali embrionali si erano dimostrate altrettanto versatili, e così gli oppositori della ricerca sulle staminali embrionali si sono impadroniti dei risultati della Verfaillie e dei suoi colleghi per proclamare che cellule altrettanto versatili potrebbero essere raccolte senza distruggere embrioni umani. I reporter di New Scientist hanno però scoperto che alcuni grafici presenti in un articolo della Verfaillie si ritrovavano identici in un secondo articolo della ricercatrice, anche se si riferivano a cellule differenti, prelevate da altri topi.
La Verfaillie ha imputato la cosa a un incidente; ma adesso New Scientist, in un articolo apparso ieri («Fresh questions on stem cell findings», n. 2596, 21 marzo 2007, pp. 12-13), rivela che in una domanda di brevetto avanzata dal gruppo della Verfaillie (essì, ci sono interessi economici anche intorno alle staminali adulte, anche se non ne sentirete mai parlare da Avvenire o dal Foglio) compaiono tre immagini riprese da un altro articolo, sempre del gruppo della Verfaillie. Le immagini dovrebbero documentare la presenza di certe proteine in una coltura di cellule staminali; peccato che le proteine siano differenti nei due casi. Addirittura, già nel solo articolo una delle immagini sembra apparire due volte, in due versioni speculari, a comprovare aspetti diversi dello studio. Si attende ora la replica della Verfaillie.
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