Dopo avere risposto di sì elenca le condizioni necessarie per dare quella risposta affermativa (Come uno scivolo mascherato verso l’eutanasia, Avvenire, 6 aprile 2007).
E ci ritroviamo con un permesso accordatoci da D’Agostino che somiglia a un permesso quanto uno spaventapasseri somiglia a un uomo in carne e ossa.
A cominciare dalla condizione
d) che il medico, destinatario delle dichiarazioni anticipate, pur avendo il dovere di tenerle in adeguata e seria considerazione, non venga mai dalla legge vincolato alla loro osservanza (esattamente come il medico di un paziente “competente” non può mai trasformarsi in un esecutore cieco e passivo delle richieste di questo).Una legge la cui applicazione non è vincolante a che diavolo serve? “Prego, scriva le sue volontà testamentarie, poi non pretenderà che siano vincolanti vero? Se il notaio penserà che sia più giusto lasciare i suoi soldi alle sante suore della misericordia invece che al canile municipale potrà farlo, non vorrà mica trasformare il notaio in un cieco e passivo esecutore delle sue volontà?”.
Ma non solo. Ricordando il suo caro Comitato Nazionale per la Bioetica e un documento sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento approvato all’unanimità il 18 dicembre 2003, D’Agostino piazza un’altra caricatura della nostra libertà:
Su di un solo punto il Cnb, in una successiva postilla al documento, si è espresso non all’unanimità, ma a maggioranza: sul fatto cioè che non è possibile far rientrare nel legittimo rifiuto che un paziente possa esprimere nei confronti di una terapia anche il rifiuto dell’alimentazione e dell’idratazione. Se per alcuni membri del Cnb alimentazione e idratazione sarebbero da assimilare a atti medici, il cui rifiuto – anche anticipato – da parte del soggetto interessato sarebbe lecito, per la maggioranza esse sarebbero invece da considerare forme premediche di sostentamento vitale, dotate di un altissimo valore etico e simbolico e la cui sospensione realizzerebbe di fatto una forma, particolarmente insidiosa, perché indiretta, di eutanasia.La questione trattamento medico-non medico per la nutrizione e l’idratazione artificiale è davvero penosa: innanzitutto sostenere che non siano atti medici è piuttosto peregrino. Ma il punto non è nemmeno questo: pur ammettendo che non siano atti medici, dovrebbero essere per questo obbligatori? È possibile rifiutare trattamenti sanitari, ma anche assistenziali, premedici e di altra natura. È inutile forzare il carattere non medico della NIA per rendere la scelta delle persone inutile e aggirabile.
Il nodo del dilemma mi è sempre sfuggito (sarà che sono io a essere un po' tonto): un trattamento fatto in ospedale, con attrezzatura medica e sotto stretto controllo medico cosa dovrebbe essere, se non un trattamento medico? Mah.
RispondiEliminaCome al solito sono questioni di lana caprina: il diritto di ogni essere umano ad essere nutrito, non va certo interpretato come 'nutrito contro la sua volontà'...Inoltre in condizioni di dipendenza parziale o totale dalle macchine (respiratori) e quindi in condizione di intubazione o tracheotomia, è ovvio che la nutrizione diventa un atto medico ed una terapia: avviene attraverso sondini naso-gastrici, attraverso PEG (accessi cutanei all'intestino creati chirurgicamente), attraverso linee venose.
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