venerdì 4 maggio 2007

Del relativismo e altri insulti

Alcune parole vengono svuotate del significato originario e umiliate da un’interpretazione forzata e ingenerosa. Una di queste è senza dubbio “relativismo”. Dire a qualcuno “sei un relativista” è, sulla bocca di molti, sinonimo di un insulto bello e buono.
Benedetto XVI ha dichiarato guerra al relativismo morale e culturale. Rappresentanti caricaturali di un pensiero aconfessionale hanno appeso al chiodo relativismo e laicità, come scarpette ormai consumate. Per non parlare dello spirito che anima quel bizzarro appuntamento che si chiama “Family day”: di famiglia ce n’è una sola, nessuno spazio al relativismo (familiare)!
È utile ricordare che in campo morale non esiste una Verità, e che ognuno, in assenza di danni a terzi, dovrebbe legittimamente scegliere come vivere, secondo le proprie preferenze. Nessuna imposizione di un punto di vista, ma la libertà di scelta affidata alle persone: questo è il relativismo.
E mai dimenticare che l’alternativa si chiama oppressione, tirannia, dogmatismo. Si chiama abuso e violazione delle libertà individuali. La tentazione di redimere le pecorelle smarrite in nome di valori assoluti è irresistibile: liberati dal presunto errore gli uomini saranno schiavi. Schiacciati da una Verità morale scelta da altri.
Chi vuole scegliere liberamente e rispettare le scelte altrui non può non dirsi relativista. Questo è il senso di una iniziativa relativista, il “Families night” (non sfugga il plurale) prevista per la notte dell’11 maggio: una candela a sostegno di tutte le famiglie, dell’amore e non di una istituzione.

(Ieri su E Polis con il titolo Quando dire “relativista” è un insulto)

2 commenti:

  1. Ma se io mi sento relativista...è 'peccato'? :-O

    RispondiElimina
  2. Non e` peccato essere relativista, il peccato e` quando fai il relativista :P

    Funziona come l'omosessualita`, no?

    RispondiElimina