Affiancare la parola “eutanasia” alla richiesta di Giovanni Nuvoli è del tutto fuori luogo. Sebbene nelle decisioni di fine vita, così come in molte altri domini, non ci siano steccati rigidi e i confini siano sfumati, in questo caso la richiesta di Nuvoli è chiara e legittima: ed è la richiesta di interrompere una terapia. Una richiesta altrettanto legittima di quella di non avviare un trattamento sanitario: se un paziente rifiuta un farmaco, un macchinario che lo terrebbe in vita o anche l’alimentazione naturale, nessuno potrebbe obbligarlo senza macchiarsi del reato di violenza privata. Se un paziente desidera smettere di prendere un farmaco, scollegare un macchinario che lo tiene in vita o smettere di alimentarsi, nessuno potrebbe obbligarlo senza macchiarsi del reato di violenza privata. Sostenere il contrario cancellerebbe i fondamenti dello stesso consenso informato e restringerebbe così tanto la libertà individuale da renderla irriconoscibile.
La possibilità di rifiutare o di interrompere una terapia è garantita dalla Costituzione italiana, dal Codice di Deontologia Medica e da convenzioni internazionali e non può essere definitiva eutanasia.
In un dibattito tanto accidentato, confuso e spesso isterico è assolutamente necessario usare i termini giusti. Sono già troppe le voci che usano il fantasma dell’eutanasia per restringere lo spazio di autodeterminazione dei pazienti, dei cittadini italiani. Non offriamo loro un altro ghiotto pretesto.
Se Massimiliano lo si chiama Ugo, Massimiliano non si volta.
In italia siamo creativi, e i nomi li decidiamo come dipingendo sulla tela. Forse per questo, si sono inventati il "delitto in astratto".
RispondiEliminasi giostrano le cose come vogliono loro,si sentono cosi potenti da decidere se dobbiamo vivere(per modo dire)o morire (se gli servono organi).
RispondiEliminaPADRONI di vite che non gli appartengono.che schifo!!!
PADRONI di un sorriso che non arriverà mai.vergogna!!
PADRONI di una giustizia ingiusta.
abominevole!!!
è con il cuore che incito:
VDAY 8 settembre
elena
scusate, io sono studente di scienze giuridiche, e sto facendo la tesi sull'eutanasia. Ora, io sono favorevole ad ogni tipo di eutanasia volontaria, e capisco anche quando, in tempi difficili come questi, si invita a far riflettere sull'autodeterminazione e sul diritto di ognuno a RIFIUTARE TRATTAMENTI.
RispondiEliminaPerò: possiamo almeno dire tra noi che rifiutare un trattamento salvavita (che è un diritto) è eutanasia? Io lo dico, e per me non c'è alcun problema, visto che comunque sono favorevole. SEcondo me tra non iniziare e sospendere un trattamento c'è una bella differenza, soprattuttop per malati terminali o cronici gravi; e questo soprattutto perchè per "staccare la spina" a uno come Nuvoli (o, all'epoca, a Welby) non basta la mera astensione, e il medico deve agire DIRETTAMENTE E ATTIVAMENTE, ad es. con sedazioni terminali, altrimenti non ci sarebbe dolce morte ma dolorosissima agonia. Ecco che, dunque, se cade la differenza tra eutanasia attiva e eutanasia passiva, allora almeno tra di noi è bene concordare sul fatto che l'individuo abbia il diritto di "VIVERE" LA PROPRIA MORTE, DI ASSECONDARLA E RENDERLA INDOLORE, e quindi di usufruire di eutanasia. Nuvoli vuole morire, e secondo me è un suo diritto, ma l'astensione dalle terapie è il mezzo, non il fine. Poi all'Italia diciamo un po' cosa ci pare, ma dal punto di vista medico e giuridico mi sembra così.
O no? che ne dite? a presto!
GG
GG, sono assolutamente d'accordo con te sull'equivalenza morale tra rifiuto dei trattamenti e eutanasia e sulla legittimità di entrambi. Non sono d'accordo sulla differenza che per te ci sarebbe tra il non iniziare e l'interrompere (sempre sul piano morale, non fattuale: astensione o azione non sono diversi in modo rilevante dal punto di vista morale, è lo stesso discorso dell'equivalenza morale tra uccidere e lasciar morire - Rachels insegna!).
RispondiEliminaSul piano giuridico (e strategico, nel senso migliore) è bene distinguere. Perché mentre sul rifiuto dei trattamenti c'è una certa chiarezza, sull'eutanasia impazza la bufera. Secondo me bisognerebbe ribadire, affermare (usa il verbo che vuoi) tale diritto, e poi affrontare la questione "eutanasia", che altro non sarebbe che una diretta, legittima e sacrosanta conseguenza. Se la mia libertà esiste e ha un senso, la esercito come mi pare.
Infatti, attenta, forse mi sono spiegato male: tra non iniziare e sospendere la differenza per me non è morale, ma fattuale. Io dico che la vera stensione "pura", omissiva "pura", è solo il NON INIZIO, perchè il distacco di un machcinario (=sospendere) è comunque eutanasia attiva, o perlomeno "commissiva" (vedi chili di libri su questa sottile ma utile distinzione...! :D), e il rifiuto della cure è lo STRUMENTO, NON IL FINE, CHE E' COMUNQUE MORIRE.
RispondiEliminaDetto questo - e concordando, in finale, sui motivi "strategici" della distinzione ;) - siamo d'accordo su tutto.
Complimenti per il blog! se vi va passate sul mio, c'è anche un breve post sull'eutanasia.
GG
p.s. inoltre - sempre sulla differenza sospendere-non iniziare - il mero "non iniziare le cure lasciando il malato a se stesso" NON E' MORTE INDOLORE, la quale richiede comunque un intervento del medico. Immagino che Nuvoli (e molti altri come lui) vogliano morire in pace, non semplicemente agonizzare.
RispondiEliminaEcco l'unica differenza, per me - e penso anche per voi -, tra l'uccidere e il "lasciar morire": che , sul piano fattuale, è meglio una sedazione letale che la dispnea.
il sarcasmo non vi porterà lontano...
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RispondiEliminaIl sarcasmo?
RispondiEliminaNemmeno il mistero però. Dobbiamo interpretarti come una sfinge, anonimo.
E confesso che non ho proprio voglia di farlo.