In diversi punti la legge 194 permette di intervenire per diminuire il numero degli aborti.Nessun accenno alla «pericolosità» della pillola; quello che emerge è il vero motivo dell'opposizione degli integralisti (che Bioetica aveva segnalato già da tempo).
1. Non è basata sull’autodeterminazione della donna. La legge svedese ad esempio lo è, quando dice che fino a 18 settimane di gravidanza la donna può abortire su richiesta, “senza dover fornire motivazioni”. La 194 invece, propone una casistica e pretende la valutazione e la certificazione di un medico. Proprio per permettere di discutere le motivazioni che spingono ad abortire, dà molto spazio al colloquio con le donne e prevede un periodo di riflessione - sette giorni - fra la concessione del certificato per abortire e l’intervento. Avere uno spazio in cui inserirsi per incontrare le donne e per ascoltarle è fondamentale: è questo il momento in cui lavorano i volontari dei “Centri di Aiuto alla Vita”. È questo il motivo per cui stiamo lottando contro la pillola abortiva Ru486, sinonimo di “aborto fai da te”, un modo di abortire in cui incontrare le donne diventa impossibile. Certamente la 194 è una legge ipocrita, perché è basata su un compromesso: si può applicare in maniera molto restrittiva o molto allargata, sta a noi l’intelligenza di farla applicare correttamente.
Un articolo, questo della Morresi, da studiare con cura: conosci il tuo nemico, se lo vuoi sconfiggere.
Ma perchè vi dà tanto fastidio se qualche donna cambia idea e non abortisce più?
RispondiEliminaCaro Giuseppe, ciò che mi preme chiederti è questo (benché non sappia quanto questo mio discorso sia pertinente): nello spazio dei "sette giorni - fra la concessione del certificato per abortire e l’intervento" - se sono soltanto i volontari dei "Centri di Aiuto alla Vita" a tentare di convincere la donna a non abortire (sempre nel rispetto della sua volontà di ascoltarli), questo determina un vulnus nella 194? E poi: la Ru486 viene somministrata solo in strutture ospedaliere sotto controllo medico? Perché, se così fosse, cosa c'entra il loro discorso di "aborto-fai-da-te"?
RispondiEliminaAnnarosa: a me - ovviamente - non dà nessun fastidio se una donna cambia idea e non abortisce più. Quello che mi dà fastidio è che qualche associazione di fanatici consideri la donna un soggetto da "lavorarsi" con ogni mezzo e senza nessun controllo, in spregio a qualsiasi nozione di autonomia e riservatezza, e che politiche pubbliche possano essere decise allo scopo di permettere a queste associazioni di svolgere il loro "lavoro".
RispondiEliminaLuca: il vulnus non è alla 194 ma alle leggi sulla privacy. Una donna ha pieno diritto alla riservatezza, e non si vede come questo diritto possa essere salvaguardato in una situazione in cui un fanatico la può intercettare nel consultorio o in ospedale per sottoporla alla sua propaganda. Alla base del crescente ricorso all'aborto clandestino o all'aborto in altri paesi c'è forse anche questa situazione.
Per quanto riguarda la RU, il timore riguarda più una prospettiva possibile che la situazione attuale. Con la pillola non c'è più bisogno di una struttura ospedaliera come per l'aborto chirurgico (che richiede un apparato per l'anestesia, etc.), ma in teoria basta un ambulatorio o uno studio medico (anche se ovviamente l'ospedale deve essere a portata di mano per le emergenze). Già in America molti medici ricorrono a questo sistema per evitare di finire nel mirino dei volontari della vita assassini. Naturalmente la presenza di un medico rimane inderogabile.
Giuseppe, quelli che lei chiama generalizzando "volontari della vita assassini" in molti casi, come riconosciuto da più persone, anche madri, sono stati fondamentali e magari, a volte, prima di propagandare hanno ascoltato qualcuno e fornito soluzioni. Ha visto l'intervista a Panorama di qualche numero fa a 5 madri che si sono rivolte ai volontari della vita assassini? E che cosa dicono di quelli che lei chiama assassini?
RispondiEliminaQuale generalizzazione, prego? Dove ho detto che tutti i volontari della vita sono assassini?
RispondiEliminaDal punto di vista sociologico il lavoro di "condizionamento " dei centri aiuto alla vita potrebbe essere inteso, lasciando da parte per un momento motivazioni etiche o religiose, come pulsione volta alla conservazione della specie.
RispondiEliminaSiamo sicuri che sia una cosa così innaturale e antisociale?
A meno che si prescinda uno dei fondamenti della società stessa, ovvero la capacità di conservarsi.
Anonimi, vi dispiacerebbe tanto firmarvi? Anche con un nick di fantasia, non fa nulla, purché vi si possa (eventualmente) distinguere.
RispondiEliminaBeh, se non mi sbaglio lei ha detto che "Quello che mi dà fastidio è che qualche associazione di fanatici etc etc"
RispondiEliminae che
"(...)per evitare di finire nel mirino dei volontari della vita assassini."
il primo anonimo è Raistlin, il secondo non ne ho idea
RispondiEliminaPS ma per iscrivermi devo farmi una mail??
Solo che tra la prima frase è la seconda non c'è nessun nesso, né esplicito né implicito. Si può essere fanatici anche senza essere assassini.
RispondiEliminaNessuna mail, credo che basti selezionare l'opzione nome/Url. Oppure si può benissimo aggiungere la firma in calce al commento.
RispondiEliminaNon mi sembrava cmq molto attento alle distinzioni: ha iniziato dicendo che
RispondiElimina"Un lungo articolo di Assuntina Morresi traccia le linee strategiche della parte più intellettualmente sofisticata del movimento integralista pro-life italiano" E mi dica che non considera il movimento pro-life italiano integralista! Non vedo le distinzioni.Se questo non era sua intenzione, magari stia più attento alle possibili interpretazioni -Raistlin
Grazie, le prossime le firmerò!
RispondiEliminaCerto che lo considero integralista! Ma essere integralisti non significa automaticamente essere assassini.
RispondiEliminaCaro Regalzi "assassini" non l'hai detto ma dire "che qualche associazione di fanatici consideri la donna un soggetto da "lavorarsi" con ogni mezzo e senza nessun controllo, in spregio a qualsiasi nozione di autonomia e riservatezza" è un insulto ugualmente! Quanti ne conosci, quanti ne hai visto in "azione"?
RispondiEliminaSpero che in molti abbiano visto la puntata di Pasqua de "Il senso della vita" di Bonolis in cui una mamma ha raccontato la sua storia che si è conclusa quando una voce amica le ha chiesto se davvero voleva abortire e che la vede, oggi, volontaria di quel Movimento per la vita che ha salvato la sua bambina e anche lei.
Qui ce n'è solo una parte, ma comunque è un assaggio del "fanatismo" di queste persone.
http://www.ilsensodellavita.tv/
ospiti.php?id=116
Non pensa che dicendo che un intero gruppo sia integralista, questo non sia fare di tutta l'erba un fascio?
RispondiEliminaLe ho detto dell'intervista di Panorama perchè alcuni madri, aiutate dal CAV, si riferiscono ad alcune persone che le hanno aiutate (del CAV) con espressioni tipo "ho incontrato un angelo".
Che ne pensa?
Cara Annarosa, io ho visto un'inchiesta del TG3 (di circa un anno fa, mi pare) in cui un "volontario della vita" tampinava una giornalista con telecamera nascosta. E mi è bastato.
RispondiEliminaRaistlin: a me risulta che l'ispirazione della totalità di questi gruppi sia religiosa, e che non si possa definire altro che come "integralista" (che non è un insulto, di per sé, ma solo l'etichetta più adatta per un certo tipo di cattolicesimo).
Di quelle donne intervistate non penso nulla in particolare: a me interessano quelle non intervistate, che avrebbero fornito un'immagine ben diversa. Le prime avrebbero potuto comunque essere aiutate in maniera differente.
Il problema è sempre lo stesso, la forma. Non importa quale siano gli obiettivi della propria battaglia, ma come ci si presenta.
RispondiEliminaUn volontario del centro aiuto alla vita, per quanto animato dalle migliori intenzioni, avrà sempre un'aura di pedanteria vetero-ecclesiale dall'odore un po' stantio di teatro parrocchiale.
Invece un avanguardista razionalista che combatte per la libertà totale dell'individuo, la sua auto-emancipazione, la sua auto-determinazione, la sua auto-redenzione appare inevitabilmente, soprattutto se dotato di sorrisetto sprezzante, come decisamente più credibile, plastificato, luccicante, ammaliante, suadente.
Non è un problema da poco, non so chi ha visto da Santoro quanto vetuste (seppur animate dalle migliori intenzioni) apparissero le volontarie intervistate (complici anche alcune domande ad hoc poste dal bravo intervistatore).
Purtroppo la considerazione (scarsa) di cui i centri di aiuto alla vita godono in alcuni ambienti culturali è dettata più da motivazioni estetiche (nel senso più ampio del termine) che culturali. (Brecht)
Scusate ma che sia di ispirazione religiosa non significa affatto che sia integralista..non c'è un rapporto di derivazione necessaria.
RispondiEliminaNon credo nemmeno all'aura di pedanteria vetero-ecclesiale dall'odore un po' stantio di teatro parrocchiale. La mamma de "il senso della vita" sembrava pedante?
Per quanto riguarda il fatto di essere aiutate in altro modo..non vedo come, visto che stavano per abortire e sono state salvate dal CAV, con un sostegno economico e psicologico (evidentemente il consultorio non è bastato)
Raistlin: ma io non ho detto che se è di ispirazione religiosa allora è per forza integralista, tanto è vero che parlavo di "un certo tipo di cattolicesimo"! Un po' di sforzo per capire cosa dicono gli altri, per favore!
RispondiEliminaQuanto all'aiuto diverso: stavo dicendo che idealmente l'aiuto dovrebbe svolgersi in ben altro modo. Prima di tutto senza interferenze negli ospedali o nei consultori; poi indirizzandosi a tutte le donne, non solo a quelle che vogliono abortire; questo, oltre che essere più equo, impedirebbe anche probabili abusi: quante delle donne aiutate dai CAV erano veramente intenzionate ad andare fino in fondo? E quante invece recitavano una parte per ottenere l'aiuto promesso?
Col termine "volontari della vita assassini" Giuseppe si riferiva alla realtà americana, in cui medici ginecologi che svolgevano attività di interruzione volontaria di gravidanza sono stati assassinati da attivisti pro life.
RispondiEliminaE' il pendio scivoloso del fondamentalismo cattolico.
Mi scuso se ho interpretato male questo: "a me risulta che l'ispirazione della totalità di questi gruppi sia religiosa, e che non si possa definire altro che come "integralista" (etichetta data a una parte del cattolicesimo).
RispondiEliminaPer quanto riguarda i sospetti di sfruttamento del CAV, la invito a leggersi l'articolo di Panorama.
Per quanto riguarda come debbano svolgersi le cose idealmente: beh il CAV del Mangiagalli (che è inserito nella realtà ospedaliera) ha permesso di salvare oltre 7000 vite umane (e altrettante famiglie a quanto pare). Ben venga!
Non sono tutti integralisti i credenti. Ma integralista è, per esempio, chi idealmente preferirebbe che fosse il papa, o il suo ufficio, a fare le leggi, o almeno a legislare su alcuni temi, piuttosto che il legislatore eletto. Di questo avviso sono alcuni cattolici, anche se mascherano agli altri o persino a se stessi questa visione. Resta pertanto integralista anche la visione intermedia (per interposta persona): che il parlamentare cattolico dovrebbe legislare secondo le indicazioni del papa come un suo emissario. Questa ultima è una forma morbida e compromissoria dell'integralismo, che ritiene di salvare la faccia rispetto alle democrazie moderne, dimenticando che il parlamentare ha un dovere solo verso la Costituzione e non la chiesa. Il fatto che la parola del papa non diventi integralmente legge dello Stato è quindi conseguenza solo del fatto che non tutti i parlamentari, e non tutti i parlamentari cattolici, seguano questo metodo, ma dovuta non certo ad una rinuncia di una visione integralista da parte dei promotori. Molte di queste persone che vorrebbero leggi dettate da un copro religioso potrebbero offendersi per l'uso che viene fatto del termine: ma non capisco perché si offendono dato che rivenddicano la loro posizione con orgoglio, e andrebbero in sollucchero se tutti i parlamentari fossero obbedienti.
RispondiEliminaPer quel che riguarda l'articolo della Morresi, vedo che qui è sfuggito a molti uno dei noccioli messi in evidenza da Regalzi: la doppiezza rispetto alla pillola aboortiva, tra le motivazioni vere e quelle propagandate. Mi viene in mente la wedge strategy del Discovery Institute che dice di non essere religioso, e poi si scopre, tramite documento venuto alla luce, che la strategia ispiratrice è prettamente religiosa, e le azioni hanno in quella religiosa l'unica e assoluta motivazione.
Questa doppiezza ipocrita dell'uomo di fede è anche, tra l'altro, ciò che secondo i racconti evangelici era più aborrito da Gesù. Solitamente però i cattolici conoscono poco anche i vangeli. Potrei sfidarli tutti ad uno ad uno sulla conoscenza dei suoi passi e la predicazione di Gesù.
Caro Giuseppe Regalzi,
RispondiEliminarispetto alla tua introduzione al mio pezzo pubblicato sul sussidiario.net, sbagli quando lo definisci "un documento rivolto al dibattito interno, che omette per una volta la propaganda destinata alle masse": se così fosse, non sarebbe stato pubblicato su un quotidiano on-line (e linkato dal mio sito), nè tantomeno su uno dei quaderni della Fondazione Sussidiarietà, che viene diffuso in questi giorni.
E' un documento destinato al dibattito pubblico, e quindi sono bel lieta che tu lo abbia pubblicizzato.
Non parlo della pericolosità della pillola Ru486 perchè in questo caso mi premeva aprire una discussione sull'impostazione politica con cui sono state condotte le battaglie sulla 194 e sulla 40, e sulle motivazioni e gli esiti politici della vostra battaglia sulla Ru486, piuttosto che sugli aspetti tecnici e medici, su cui ho ampiamente detto e scritto negli ultimi due anni, compreso un libro di cui mi pare tu conosca l'esistenza.
Per quanto riguarda la parte dedicata alla prevenzione degli aborti, a me pare che anche un'ampia parte del mondo pro-choice sia convinto che debbano idealmente tendere a zero. Non capisco quindi le tue obiezioni al fatto che qualche donna ci ripensi, visto che in tanti anni neanche una donna incontrata dai volontari del Cav ha intentato causa per violazione della privacy.
Assuntina Morresi
Cara Assuntina Morresi (bentornata!),
RispondiElimina"rivolto al dibattito interno" non è la stessa cosa di "segreto" o "a circolazione limitata": mi è parso che per tipo di argomenti, struttura e ampiezza del discorso il tuo pezzo fosse indirizzato soprattutto al pubblico degli addetti ai lavori.
Per quello che riguarda la prevenzione degli aborti, come ho già detto non ho nessuna obiezione a che una donna "ci ripensi"; ho molte obiezioni invece riguardo al modo in cui questo avviene (l'assenza eventuale di denunce mi pare un criterio un po' debole per giustificare ogni procedura). Il rispetto per la dignità e l'autonomia dovrebbe essere completo; invece di preparare le doppie forche caudine di obiezione e volontari della vita, perché non includere nei modelli del consenso informato ogni informazione pertinente, compreso l'indirizzo del CAV più vicino, spiegando in forma neutrale di cosa si tratta e cosa ci si può aspettare di trovarvi? Mi sembra che su questo potrebbero convenire sia pro-lifer che pro-choice.
Mi sembra che ci sia un cortocircuito logico: o la motivazione per l'essere contro la pillola abortiva è per salvaguardare la salute della donna, oppure è per contrastare le presupposte motivazioni di chi è a favore. You cannot have it both ways, o almeno non in pari grado. Uno dei due deve essere un corollario. Mettiamo infatti: se la pillola, questa o la prossima, si verificasse che protegge la salute della donna, bisognerebbe ancora esprimere una posizione. Quale sarebbe a quel punto? Di essere a favore o contrari? Ovvero, quale delle due (ben distinte) motivazioni che la Morresi propone è quella ispiratrice?
RispondiEliminaA P.d.G.
RispondiEliminaNon vedo perchè non si possano avere DUE buoni motivi per essere contro qualcosa. Bere super-alcolici fa male alla salute e lo sconsiglio a chi vuole proteggere il suo fegato e il suo cervello; bere super-alcolici è pericoloso se si guida e non serve essere alcolisti cronici, basta una sola volta per produrre incidenti terribili. A seconda delle circostanze posso sottolineare i pericoli dell'uso continuativo di superalcolici o quelli dell'abuso anche occasionale.
La motivazione ispiratrice, o principale, dovrebbe essere una, a meno di un caso fortuito in cui sono esattamente bilanciate. Anche perché se fosse la salute delle donne, il paradosso sarebbe che la Morresi dovrebbe essere a favore dell'aborto rispetto al parto. Ripeto allora la domanda: se si verificasse che la pillola (dell'oggi o del futuro) protegge la salute della donna, bisognerebbe ancora esprimere una posizione. Quale sarebbe?
RispondiEliminaFaccio notare che in discussioni precedenti la salute era la motivazione addotta, ispiratrice per così dire.
Il caso dell'esempio degli alcolici calza: la motivazione ispiratrice è una delle due. Se bere alcolici facesse bene alla salute e causasse incidenti si sarebbe a favore o contrari? Se facesse male alla salute e accentuasse la concentrazione alla guida sarebbe un bene o un male? Io nel primo caso resterei contrario al bere in certe circostanze; nel secondo caso non potrei dirmi "contrario" agli alcolici, e se estendessi agli altri una mia personale scelta salutista entrerei nella libertà di scelta altrui (anche contro la propria salute) per cui non avrebbe senso dirsi contrari senza dirsi contrari anche al cibo pesante, alla mancanza di attività fisica, al mangiare zuccherato, al praticare sport estremi, ecc.
Il mascherare giudizi morali su alcune abitudini sotto le vesti di "altre motivazioni" è un tipico diversivo, e farne esempi non ne risolve la incongruità logica.
la ru-486 viene (spesso) fatta passare per un aborto "migliore" per la donna: ovviamente producendo un aborto è "male" (uccide ill figlio), è un prodotto chimico che "fa male" (più dell'intervento chirugico) pure alla madre e che fa uscire l'aborto dall'ambito della 194 (aborto espletato in un ospedale pubblico)rendendolo definitivamente un "fatto privato". Due motivi per essere contrari alla sua introduzione. Perchè bisognerebbe sceglierne solo uno?
RispondiEliminaNiente da fare, non disattivare la logica e attivare la comprensione dell'argomentazione opposta è impossibile. Spiego il lungo elenco di contraddizioni per il beneficio dell'eventuale lettore, non certo per convincere una persona che si rifiuta di comprendere l'argomentazione proposta.
RispondiEliminaPunto primo: se si precisa solo ed esclusivamente per puro amore di verità che "la Ru486 [...] è un prodotto chimico che fa male (più dell'intervento chirugico) pure alla madre" si dovrebbe far notare, pur senza dedurre conclusioni, che in maniera estremamente più netta portare a termine una gravidanza è più rischioso di entrambi.
Punto secondo: l'affermazione di cui sopra è abbastanza opinabile. Nelle scarne statistiche di riferimento non si tiene sempre a debito conto di fattori come l'uso del farmaco in contrasto con la posologia dello stesso, e poi non vengono contati i casi (certo rarissimi, ma si parla pur sempre di numeri minuti) di problemi dell'operazione non direttamente legati al tipo di intervento (per esempio un problema con l'anestesia figura non come casistica dell'aborto chirurgico ma come casistica del metodo anestetico).
Punto terzo: nel discorso si trascurano completamente complicanze legate per esempio alla messa a rischio di future gravidanze (decisamente minore con la Ru486).
Punto quarto: pur ammettendo i diversi gradi di rischio, problemi come il punto terzo rientrano nel computo di fattori legati alla "qualità della vita" che sono sempre un metro di giudizio sul come intervenire, e fanno da contraltare ai rischi del metodo antagonista. Per fare un esempio di cosa intendo, si pensi che si decide talvolta di intervenire chirurgicamente per risolvere alcuni problemi fisiologici connessi alla sterilità, nonostante ogni intervento chirurgico comporti una minutissima percentuale di rischio. Il non intervento è per definizione a rischio nullo. Quando si interviene è perché si valutano rischi (tra cui persino, rarissimamente, decesso) e benefici (qualità della vita). Il paziente va informato con franchezza e correttezza, ma non gli va vietata l'opzione. Stessa cosa per la paziente in questione: eventuali fattori di rischio e vantaggi vanno discussi onestamente. Ma la cosa non ha nulla a che fare col voler vietare il farmaco.
Punto quinto: si parla di numeri e incidenze spaventosamente piccole, che in ogni attività umana vengono totalmente trascurati. Più o meno paragnabli alla differente mortalità per le strade per una differenza di peso di una cinquantina di chili della propria vettura, non certo un argomento di battaglia molto popolare tra chi si preoccupa a corrente alternata di salute.
Punto sesto (compendio al quinto, per capire i numeri): la differenza di aspettativa di vita tra un sedentario inguaribile e uno che fa intensa attività sportiva per tutta la vita è di quasi dieci anni. Tradotto: non fare mai moto è un fattore di rischio tra le mille e le diecimila (e più) volte maggiore per la donna della Ru486.
Punto settimo (a compendio di quinto e sesto, sempre per capire di che numeri si parla): si parla di un decesso e mezzo per 100.000 (ripeto, con la problematica della incorretta somministrazione che è un problema medico più che del medicinale, ed anche l'aspirina uccide se male usata). Per fare un confronto, la forma di anestesia locale più innocua che sia conosciuta all'uomo, quella dentale, vale un decesso ogni 350.000 somministrazioni, non poi così straordinariamente lontano. Ed è l'intervento più innocuo che si conosca.
Punto ottavo: non è credibile la motivazione addotta che la Ru486 "fa uscire l'aborto dall'ambito della 194" perché se fosse genuina si sosterrebbe non certo che la pillola non vada introdotta, ma che vada regolata dalla 194. Non mi pare che sia questo che venga chiesto, non l'ho mai sentito chiedere. Io anche sono a favore, se necessario per venire incontro alle perplessità di una parte dei cittadini e per garantire uniformità di legge, ma ancor più per la addotte questioni di salute, che si garantisca la somministrazione in ambito ambulatoriale. L'iniquità della posizione della parte avversa sta proprio nel fatto paradossoale che, nonostante su questo punto siamo completamente d'accordo, la parte avversa ne trae conclusioni in contrasto con tale convinzione professata, e sostiene come soluzione il contrario dell'ovvia conclusione.
In conlusione: io sono tutto a favore di un consenso informato sulle proprietà del farmaco, ed una informazione corretta e aggiornata. Poi la scelta può essere libera. La questione della sicuerzza del farmaco, secondo tutti gli standard rigidi che costituiscono la medicina moderna e le regolamentazioni nazionali, è stata verificata ampiamente da sperimentazioni e da decenni di utlizzo in altri paesi. Sostenere che mettere in guardia dei possibili (minuti) rischi comporti addirittura il divieto di messa in circolo del farmaco equivarrebbe a voler vietare un numero impressionante di farmaci già utilizzati quotidianamente da milioni di persone. Provate a rovistare tra i farmaci, se ne avete tanti a casa, e vedere se non ne trovate almeno qualcuno che tra le controindicazioni contenga la parola "morte".
Continuo a non capire perchè tanto scandalo nel fatto che la Morresi (non io, caro de Gregorio) in QUELL'articolo sottolinei UN aspetto dell'essere contrari alla Ru486... Tutte le tue spieghe sulla mia mancanza di logica non mi chiariscono affatto questo punto: perchè stupirsi se si spera che una settimana di riflessione possa indurre qualche mamma a non uccidere il proprio figlio? E l'introduzione della ru486 rischia di spingere sempre di più le donne in una solitudine maggiore (che la signora intervistata da Bonolis ha sottolineato essere molto forte in queste circostanze).
RispondiEliminap.s. non ribatto ai tuoi 8 punti perchè i post lunghi a me non fan venire voglia di leggerli e così li evito al prossimo.
Più che altro l'introduzione della RU486 rischia di vanificare la paziente tattica di sabotaggio della 194 messa in atto dal mnentecattume catto-integralista e giocata su obiezione di coscienza, allungamento dei tempi di attesa per l'espletamento della procedura e indebita intromissione dei fanatici dei vari movimenti della vita e affini, che si intromettono indebitamente e pesantemente nelle scelte delle pazienti violandone impudentemente la privacy invece di limitarsi ad ascoltare chi, di sua spontanea volontà, sceglie di chiedere il loro intervento.
RispondiEliminaLa sottile differenza tra compiere una scelta e vedersela imporre.
E comunque, sempre in tema di mentecattume catto-integralista, la bertuccia non risponde agli otto punti dell'amico Paolo, a cui va la nostra stima per la pazienza con cui argomenta diligentemente e documentatamente le sue risposte, per un semplice motivo: perchè non ha un cazzo da dire, altro che post lunghi.
RispondiEliminaE cerchiamo di non prenderci per i fondelli.
Filippo, non esageriamo...
RispondiEliminaSuvvìa, non è esagerato affermare che l'amico Paolo argomenta diligentemente e documentatamente le sue risposte...
RispondiEliminaE certi modi di svicolare dal dibattito sono veramente puerili, che almeno ci vengano risparmiati.
Nel silenzio, in mancanza di meglio, c'è più decoro.
D'accordo, ma del termine "bertuccia" possiamo anche fare a meno, no?
RispondiEliminaPer la precisione riguardo al quarto punto del lungo intervento di De Gregorio:
RispondiEliminanon è proprio vero che il non intervento medico è a rischio zero.
Sarebbe corretto se l'organismo umano fosse un sistema stabile, ma non è così. Le dinamiche organiche fanno sì che le variabili siano in costante mutazione e che un mancato intervento possa essere in determinati momenti più rischioso di un intervento.
Così come la valutazione del rischio non può essere certa, ma basata su valutazioni statistiche ed epidemiologiche.
Potenzialmente ogni farmaco può essere letale (anafilassi), così come anche l'intervento chirurgo pù "banale" può costituire pericolo per la vita (ipertermia maligna da anestetici).
Senza nulla togliere alla validità delle argomentazioni esposte.
(Brecht)
a regalzi
RispondiEliminaGrazie della difesa d'ufficio sul termine "bertuccia"... Vuol dire, però, che "mentecattume" è un termine educato?
Rispondo a Paolo sul punto 8:
"Io anche sono a favore,(...)che si garantisca la somministrazione in ambito ambulatoriale"
Non voglio sembrare noiosa o supponente ma ricordo che la 194 all'art. 8 dice "L'interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale " o "presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali".
Ma la somministrazione non corriponde immediatamente all'interruzione della gravidanza che può avvenire da 3 a 15 gg. dopo l'assunzione della ru486. E' questo il punto in cui la 194 è in contrasto con la "kill-pill" (o viceversa): come sarà possibile tenere una donna in ospedale fino ad aborto effettuato? A Torino, infatti, molte donne hanno "firmato" e sono andate via prima della fine della procedura.
Vorrei dei chiarimenti sul punto 1: non ho davvero capito cosa intendessi dire.
Quanto alla pericolosità della ru486: per quanto siano poche 1,1 donne morte per 100.000 è sempre 10volte la mortaltà dell'aborto chirurgico.
Mortalità col Mifepristone 10 volte superiore? A noi non risulta.
RispondiEliminaSecondo Bartlett LA, Berg CJ, Shulman HB, Zane SB, Green CA, Whitehead S, Atrash HK: “Risk factors for legal induced abortion-related mortality in the United States”, Obstet Gynecol, 2004 Sep, 104 (3):635, la mortalità nelle procedure chirurgiche è complessivamente dello 0,7 su 100.000 pazienti.
E possiamo anche fare i conti sul totale, se vogliamo: nel periodo compreso tra il 1988 ed il 2004 i decessi da Mifepristone in Europa e negli States sono stati in totale tre, dovuti uno alla prostaglandina Nalador all'epoca usata in associazione col Mifepristone, uno ad una gravidanza extrauterina misconosciuta ed un terzo ad un fatto emorragico. Cui si aggiungono i ben noti quattro casi, nel periodo considerato, di decesso per complicanze infettive, da Clostridium Sordelii, peraltro non collegabili con certezza all’uso del Mifepristone. Mentre il Nalador è stato ormai sostituito da un’altra Prostaglandina, il Cytotec, che non ha dato effetti collaterali. Il che, su un totale di 1,5 milioni di procedure eseguite in Europa e negli States in quei sedici anni, anche considerando la cifra, ampiamente contestabile, di 7 decessi, ci porta ad un indice di mortalità presumibile di 0,5 casi su 100.000. Inferiore a quello complessivo della procedura chirurgica, fissato in 0,7 su 100.000.
Noi comunque riteniamo che sull'argomento dovrebbero esprimersi i medici, e non il mentecattume catto-integralista, medici come Umberto Veronesi: «Se abbiamo in tasca una possibilità di interrompere una gravidanza con un metodo farmacologico, meno traumatico di una operazione chirurgica, ma capace di ottenere lo stesso effetto, non vedo perché rinunciarvi. Il buon senso ci deve portare in questa direzione. Un raschiamento non è un piacere. La donna potrà scegliere una soluzione meno invasiva che, tra l’altro, rispetto all’operazione chirurgica, soggetta al rischio di qualche complicanza, ha il vantaggio di preservare la fecondità».
Alla fine, il nostro parere è che si tratti di una querelle abbastanza futile, su un argomento di stretta competenza specialistica, che è stata scatenata dai cattolici fondamentalisti per i ben noti, sordidi motivi imperniati sul timore di perdere quella componente di disincentivazione che, nella loro mente fuorviata, potrebbe essere legata proprio alle difficoltà, ai rischi, ed alle eventuali complicanze di una procedura chirurgica invasiva. Probabilmente il giusto prezzo da pagare per le donne che decidono di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza.
E il discorso torna sempre al punto di partenza, all’abortirai con dolore. Cioè ad uno scontro di potere innescato dalle gerarchie cattoliche e giocato sulla salute delle donne.
Un po’ di onestà intellettuale consentirebbe di ammetterlo. Ma sappiamo di chiedere troppo.
* * * *
E' vero, a suo tempo ci eravamo ripromessi di non etichettare più questa piccola fondamentalista col termine di bertuccia preferendo, dopo le sue rivoltanti esternazioni sul caso Welby, il termine più confacente di verme.
Cercheremo di ricordarcene.
Filippo, questo però non è molto gentile nei miei confronti...
RispondiEliminaO.K., finisce qui.
RispondiEliminaMi autosospendo per un po' !
O.K., finisce qui.
RispondiEliminaMi autosospendo per un po'.
Insulti a parte io continuo a chiedermi perche' uno degli aspetti piu' importanti venga spesso dimenticato: l'embrione non e' una "persona". Non piu' di quanto non lo siano in "potenziale" le cellule del mio braccio che muoiono a frotte ogni volta che mi gratto.
RispondiEliminaE che non mi si venga a dire che queste non possono diventare esseri umani: la clonazione ha gia' dimostrato che e' possibile con numerosi mammiferi, non vedo perche' l'essere umano dovrebbe essere un caso a parte. Gia' mi vedo gli ideologi arrampicarsi sugli specchi alla venuta del primo bambino nato da una cellula adulta riprogrammata e non tramite il "normale" concepimento. Verra' etichettato come un orrore senz'anima?
Il concetto della "persona al concepimento" poi fa acqua da tutte le parti. Che succede all'anima quando l'ovulo si suddivide in piu' gemelli? E se poi li riassorbe? E se due ovuli si fondono a formare una chimera? Tutte domande a cui ovviamente la dottrina integralista non puo' rispondere.
Brecht, grazie e hai perfettamente ragione riguardo al quarto punto. Quello che avrei dovuto dire, e in effetti volevo dire, era "poniamo anche che il non intervento medico sia a rischio nullo".
RispondiEliminaSui numeri Filippo ha illustrato abbatsanza correttamente la cosa (anche se concordo con Regalzi che gli attacchi ad hominem siano sempre da disprezzare): non si può dire che la pericolosità della Ru486 sia dieci volte maggiore dell'aborto chirurgico. Quel dato riguardante l'aborto chirurgico è per effetto diretto dell'aspirazione (infezione eccetera). Ma la stima generale del rischio di decesso per effetto dell'anestesia locale è stimata, già da sola, ad uno su 200.000, quindi quelle proporzioni non possono essere vere. Trovo pretestuoso comunque stare a fare le pulci su questi numeri così piccoli, dato anche che si parla di procedure mediche: per fare un paragone, stiamo parlando del rischio di morire per essere solamente saliti in macchina per qualche settimana e aver fatto qualche giretto. Ed è come decretare fuorilegge uno tra aspirina e paracetamolo. È necessario anche notare che il fattore di rischio può dipendere dalla paziente e dalla sua anamnesi, quindi precludere una alternativa lungamente testata è comunque un potenziale attacco alla sua salute.
Correggo Filippo: la crociata sulla Ru486 è partita dagli evangelici americani. I cattolici la stanno solamente scimmiottando, come sciommiottano gli evangelici con le associazioni che vanno in giro per ospedali (guardandosi sempre bene dall'utilizzare preziose energie e prezioso tempo, visto che stanno già nei paraggi, per andare a dare conforto anche a qualche malato in fin di vita, tutto solo, che due piani più sopra sta soffrendo le pene dell'inferno).
Spero per il resto di aver concluso. Non saprei come spiegare meglio il primo punto. Al solito il problema che si riscontra è l'impossibilità di cerccare punti di incontro con persone di talune convinzioni. La domanda più importante, non a caso, è rimasta senza risposta, nonostante l'abbia posta due volte: se la famosa "pillola" diventasse il metodo senza ombra di dubbio più sicuro, e se ci fossero garanzie assolute e chiare di un uso conforme alla 194, potremmo concordare che la sua introduzione non va osteggiata? Temo che la risposta sarebbe no, ed era per questo semplice motivo che insistevo che uno dovrebbe dire chiaramente l'unico vero motivo che lo ispira (che come disse schiettamente Ruini con una parafrasi tre o quattro anni fa, per lui è il fatto che la pillola non fa soffrire come l'intervento).
Paolo: recentemente ho sentito Ignazio Marino sostenere che la pillola abortiva non poteva essere bandita proprio perché esistono donne allergiche agli anestetici. Una possibile obiezione sarebbe però che anche con la RU-486 talvolta si deve ricorrere all'anestesia, in quei pochi casi in cui si rende necessario un raschiamento. Forse anche qui bisogna soppesare i diversi fattori di rischio (gravidanza - magari a rischio - vs. allergia)?
RispondiEliminaOk, ci provo, sul primo punto: la mortalità della donna per parto nei paesi sviluppati è circa una ogni 10.000, quella del bimbo alla nascita circa una su 200. Cioè, anche a prendere per buoni quei numeri un po' complessi di cui si è discusso sopra: se tutte le donne che hanno fatto ricorso alla Ru486 avessero continuato con la gravidanza, ne sarebbero morte dieci per ognnuna che è effettivamente deceduta interrompendola, e 500 avrebbero perso comunque il figlio per ognuna che ha effettivamente abortito ed è deceduta. È ovvio che questo non debba essere motivo in sé e per sé per abortire, ma fa solo parte del bagaglio di conoscenze che ognuno dovrebbe avere. È chiaro e lampante, con questo esempio, quello che dicevo, ovvero che i fattori che concorrono alle scelte delle persone (e delle donne in particolare) non si limitano alla considerazione di "cosa rischio con la mia salute?" Ma, appunto, entrano in gioco in modo dirompente considerazioni sulla qualità della vita (una vita meravigliosa con un figlio vale ampiamente il rischio corso). Stesse considerazioni sulla qualità della vita che può fare una donna se posta di fronte ad una scelta di abortire con due metodi, di cui uno (mettiamo pure) un po' più rischioso per lei, ma l'altro più rischioso per una gravidanza futura. Considerazioni così elementari e umane che solo una impostazione ideologica e cieca può impedire di scorgere.
RispondiEliminaCommento d'obbligo: i numeri da me appena riportati dovrebbero una volta di più mettere in risalto il coraggio della donna che comunque, in nome di una vita che ritiene che valga più la pena essere vissuta (cioè con un figlio), accetta spesso i rischi che corre. Diventa così paradossale che si imbastisca una campagna proprio sui rischi che corre, quando è proprio il coraggio mai freddamente calcolato della donna in "spregio" a quei rischi che rende possibile la nascita dei bambini.
Come ancora più paradossale che, se da un lato si professa che la donna da apprezzare è più quella che fa nascere il bambino nonostante i rischi per sé stessa maggiorati rispetto all'aborto, dall'altro ci si oppone all'utilizzo di un metodo abortivo che, seppur (poniamo) un po' più rischioso di un altro, ha il merito di essere meno compromissorio verso future gravidanze. Cioè in questo caso, al contrario della prima premessa, si preferisce un metodo che precluda con più probabilità future nascite, perché più "salutare" per la donna.
Ora ho capito cosa intendevi a punto 1: mancava una precisazione sulla mortalità del figlio in caso di assunzione dell'ru486: 90% (l'altro 10% deve essere eliminato con la classica tecnica chirurgica e si arriva al 100%). Mancando questo dato mi ero persa il senso del tuo intervento in quanto il parto (anche se pericoloso in molte circostanze) è decisamente meno a rischio per il figlio rispetto all'aborto...
RispondiEliminaAnnarosa ha ampiamente enucleato in passato questo concetto appena espresso, che oltre ad essere ovvio e noto a tutti, ciclicamente ritorna come un disco rotto quando sono finiti gli argomenti, pur non essendo stato mai (come in questi 47 interventi) l'argomento previo del contendere (che era per SUA stessa ammissione salute della donna, tecniche abortive e relative modalità di espletamento). Un modo come un altro per riuscire a non rispondere ad una domanda posta per ben tre volte.
RispondiEliminaGustoso il fatto che nel tentativo di prendere per i fondelli la gente si copra spontaneamente da sola di ridicolo a qualunque osservatore neutrale, mostrando una volta ancora di non aver nulla di concreto da insegnare.
La consolazione che si prova in questi casi è che lo scopo non è mai stato per un secondo ragionare o cercare un punto di incontro compromissorio con una persona che comunque, s'era già dimostrato spesse volte in passato, si riufiterà per sempre ad oltranza di fare anche il minimo sforzo di capire che siamo in sei miliardi al mondo da mettere d'accordo; bensì è stato esporre argomenti chiari alle tante (si spera) persone che silenziosamente leggono e cercano di farsi un'opinione, pur essendo su posizioni diverse da tanti altri.
Il ragionamento di Nova è corretto quando fa riferimento a persona dotata di anima, non è dimostrabile che un embrione ne sia dotato. Come del resto non è dimostrabile che ne sia dotato alcun essere umano adulto e nessuna cellula epiteliale del proprio braccio.
RispondiEliminaSarebbe più appropriato rivendicare una "dignita" dell'embrione come, del resto, di ogni altro essere vivente.
Dignità non significherebbe intangibilità, ma rispetto della legge non scritta del buon gusto.
Quindi limitazione delle procedure di cattivo gusto come potrebbe essere la programmazione genetica non rivolta alla cura delle malattie, ma volta a pura sperimentazione o, ancor peggio, allo sviluppo di organismi deputati a ruoli specifici senza lasciare loro scelta autonoma.
Come organismi "a termine" con scadenza programmata, magari deputati al ruolo di serbatoi di organi o ad affrontare azioni di guerra o destinati a lavori rischiosi ed umilianti.
Certo, è quello che già si attua con organismi adulti, ma credo che una programmazione genetica a hoc sarebbe difficilmente giustificabile.
(Brecht)
Sulla ru486 leggetevi il parere di un noto mangiapreti (come si definisce lui stesso) in un articolo su "Liberazione" del 25 marzo (pag. 6-7)
RispondiEliminahttp://rassegna.camera.it/
chiosco_new/pagweb/immagineFrame.
asp?comeFrom=search¤tArticle=HK3XP
per chi non ama i link da copincollare ecco il testo: "..sono contrario al suo utilizzo.Provoca grosse emorragie e spesso bisogna intervenire col raschiamento perchè lascia residui intrauterini e dà problemi di sterilità.E' una pillola molto dannosa. ..E'appoggiata perchè c'è una grossa multinazionale che la produce. Tra un aborto chirurgico che dura 3 min. a rischio zero e una procedura che richiede tre giorni..."
Mi piace quando le ideologie vanno a braccetto (gli opposti si incontrano): certo che si può essere contrari alla diffusione di un farmaco per assioma, questo lo spaveamo già. Che questo assioma sia San Pietro che attende sorridente alle porte del paradiso la nostra intrepida guerriera, o il diavolo con le corna impersonato per definizione dalle multinazionali, poco cambia. Tutto fa brodo in certi casi vedo, anche quello che ufficialmente si aborre: gli atei, i comunisti, volendo anche i dittatori (come in Africa). Ogni tanto i cattolici citano persino gli eretici della Storia e le loro "illuminate" posizioni, quindi nulla di nuovo.
RispondiEliminaCerto sarebbe paradossale continuare a rispondere punto per punto (stavolta non lo faccio) a una persona che si si rifiutata da giorni di discutere un solo punto, tra tanti argomentati esposti con profusione di parole, e continua a a scegliersi sistematicamente di cosa parlare saltando di palo in frasca con una litania stanca. Cioè, bisognerebbe continuare a rispondere a una che si rifiuta di farlo? Questo non è discutere, è prendere per c**o la gente. Ripeto, grande conforto nel sapere la figura che fa agli occhi della gente normale.
Una notizia dell'ultim'ora: i papi della Storia hanno perso, anche se ci hanno provato in tutti i modi a imporre i dogmi in oogni villaggio del mondo. Nel mondo moderno, dove esiste la libertà, tutte le questioni dell'Uomo sono aperte al dibattito, e ogni dibattito dovrebbe tentarsi di mantenerlo intellettualmente onesto. Prima certa gente si accorge del verdetto della storia e comincia ad adeguarsi e meglio è.
Tutto qui?
RispondiEliminaLa piccola fondamentalista si carica sulle sue intrepide spallucce l'enorme fardello della responsabilità di migliaia e migliaia di donne la cui salute è minacciata dai rischi incombenti e dagli indicibili effetti collaterali della malefica pillola dei laicisti e cosa riesce a raccattare per adempiere al suo nobile scopo? Scopo intanto e per l'appunto nobilissimo che, diciamocela tutta, ad ingurgitare un mezzo chiletto di topicida queste povere donne rischierebbero molto, ma molto di meno rispetto al doping dell'orrido mifepristone cacciato loro in gola dalle minacciose e spietate multinazionali del farmaco. E la nostra compunta e cattolicissima fatina dell'integralismo nostrano, che tra una genuflessione, una giaculatoria e due ore di cilicio ad altro non pensa se non alla salute di queste povere donne, tutta compresa nel suo nobilissimo scopo, cosa può offrire in loro difesa, in considerazione dell'importanza della posta in gioco? Una approfondita review della letteratura scientifica internazionale sull'argomento? Oppure un autorevole comunicato dell'autorevolissima OMS? No affatto, niente di tutto questo, lei la salute di queste donne affidate ai suoi sforzi pensa di poterla efficacemente difendere con due frasette ritagliate di sfuggita in una intervista abbastanza sopra le righe rilasciata da un personaggio decisamente sopra le righe come Severino Antinori.
Nei panni di quelle donne, con un avvocato difensore così ingenuo ed inadeguato al suo ruolo, inizieremmo veramente a preoccuparci per la nostra salute, abbandonata in mani così inaffidabili... ed a sperare che la suddetta abbia in serbo allo scopo qualcosa di più incisivo, e di più intelligente, degli sproloqui casuali di un individuo con un urgente bisogno di un lifting. Ai lobi frontali.
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Sempre sulla quota di mortalità attesa in procedure di IVG con metodica chirurgica, per quanto riguarda la cosiddetta "overall rate", cioè la percentuale complessiva di casi verificatisi, oltre al già citato lavoro di Bartlett e coll. è possibile ricordare, ad esempio, anche l'articolo di Mona Saraiya, Clarice A. Green, Cynthia J. Berg, Frederick W. Hopkins, Lisa M. Koonin, and Hani K. Atrash, "Spontaneous Abortion–Related Deaths Among Women in the United States 1981–1991", Obstetrics & Gynecology 1999;94:172-176, dove si riporta la stessa incidenza di 0,7 casi su 100.000. Ma il discorso diviene anche più interessante se si prende in considerazione la mortalità in relazione ad un importante fattore di rischio quale l'età gestazionale in cui si pratica l'interruzione di gravidanza. Il tasso di mortalità si innalza in misura esponenziale col procedere dell'epoca gestazionale: in accordo con Saraiya et al. la percentuale attesa di decessi a 12 settimane di gestazione è di 8/100.000, mentre secondo Bartlett et al. il tasso di mortalità diviene di 14,7/100.000 casi a 13-14 settimane di gestazione, di 29,5/100.000 a 16-20 settimane, e di 76,6/100.000 dopo le 21 settimane di gestazione. In sostanza, il rischio di decesso per procedura chirurgica a 21 settimane di gestazione è di circa 69 volte maggiore rispetto alla mortalità di 1,1/100.000 attesa nell'IVG con procedura farmacologica...
Emerge evidente quindi l'importanza di eseguire la procedura il più precocemente possibile, in considerazione proprio dell'incremento esponenziale del rischio di complicazioni letali. Peccato che il grimaldello dell'obiezione di coscienza maneggiato dai cattolici integralisti funzioni, almeno in Italia, fin troppo bene, tanto da spingere addirittura ancora alle procedure clandestine. Il che non sembra deporre a favore della sincerità delle intenzioni di chi afferma, nelle proprie critiche alla RU486, di preoccuparsi solo della salute delle donne, sempre più spesso costrette, causa il sabotaggio di fatto della 194, a procedure eseguite legalmente ma in epoca avanzata o, come già detto, addirittura illegalmente. Al riguardo, è opportuno ricordare, a titolo esemplificativo, il tasso di mortalità negli States prima della legalizzazione dell'aborto avvenuta nel 1973 (Roe vs Wade), pari a 4,1 decessi/100.000 casi, poi sceso dopo il 1973 a 0,4/100.000 secondo Lawson et al., in: Lawson H, Frye A, Atrash H, Smith J, Shulman H, Ramick M. "Abortion mortality, United States, 1972 through 1987". Am J Obstet Gynecol 1994;171:1365–72, ed a 0,7/100.000 secondo Bartlett et al., nel lavoro citato in precedenza.
Ognuno, a fronte dei numeri e dei dati di fatto, può trarre le conclusioni che ritiene più opportune. Noi ci siamo già espressi, parlando esplicitamente di una querelle abbastanza futile, su un argomento di stretta competenza specialistica, che è stata scatenata dai cattolici fondamentalisti per i ben noti, sordidi motivi imperniati sul timore di perdere quella componente di disincentivazione che, nella loro mente fuorviata, potrebbe essere legata proprio alle difficoltà, ai rischi, ed alle eventuali complicanze di una procedura chirurgica invasiva. Probabilmente il giusto prezzo da pagare per le donne che decidono di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza.
In un discorso, repetita iuvant, che torna sempre al punto di partenza, all’abortirai con dolore. Cioè ad uno scontro di potere innescato dalle gerarchie cattoliche e giocato sulla pelle e sulla salute delle donne.
ri-amen
RispondiEliminap.s. Filippo, non hai idea di come passo la giornata (anche se le tue ipotesi sono davvero molto molto originali..)e io non oso fare ipotesi (anche se me ne vengono in mente di molto fantasiose) su come la passi tu.
Niente di trascendentale, ne' di difficile da immaginare. Oggi, per dire, approfittando della bella giornata, la famigliola si è recata al giardino zoologico. A lanciare banane nella gabbia delle bertucce.
RispondiEliminaTanto per non scordare le buone abitudini.
visto il livello che hai raggiunto proverò ad adeguarmi(sono appassionata di immersioni)
RispondiEliminaLa visita ai parenti è sempre una buona azione:spero tu lo faccia anche perchè vuoi loro bene e non solo per abitudine...
Da quando siamo diventati parenti?
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