“Difficile arrivare ad una legge” dice Umberto Bossi (Bossi: «Capisco i genitori delle persone in coma. Anch’io pensai al peggio», Il Corriere della Sera, 31 agosto 2008). E come dargli torto se è difficile anche arrivare ad usare correttamente la lingua italiana? Non è mica una polemica tra l’Arno e la Padania, per carità. Ma l’approssimazione del senatùr aggiunta a quella del cronista e del titolista non può che provocare risultati disastrosi.
Attacca il pezzo de Il Corriere della Sera:
Umberto Bossi ha vissuto in prima persona la malattia e non si sottrae, quindi, quando gli viene chiesto di spiegare il suo punto di vista sul caso di Eluana Englaro, la giovane comasca in coma da 12 anni per la quale, da tempo, la famiglia chiede con forza il diritto a una morte dignitosa. Ma sull’eutanasia, secondo il leader leghista, «in Italia sarà molto difficile arrivare a una soluzione legislativa, almeno per adesso».A parte i risvolti comici (vivere il proprio coma, ovvero averne in qualche misura consapevolezza; quand’è che Bossi ha pensato «al peggio»? Durante? Dopo?) che lasciamo da parte e affidiamo al mistero della medicina (per chi lo desidera al mistero della fede), Eluana Englaro non è in coma.
Perché è tanto difficile capirlo? Eluana è in una condizione di stato vegetativo.
Umberto Bossi non si è mai trovato in una condizione paragonabile a quella di Eluana Englaro: come si dice?, non l’avrebbe raccontato.
Seconda questione: la famiglia Englaro non sta chiedendo l’eutanasia, ma la possibilità di sospendere i trattamenti che la mantengono in vita. Si sta chiedendo ciò che ognuno di noi può (potrebbe) chiedere e pretendere: di non essere sottoposto obbligatoriamente e contro la propria volontà a determinati trattamenti.
Eluana non può difendere il proprio diritto di scelta; la famiglia sta cercando di farlo al suo posto, sta cercando di far rispettare le volontà della ragazza.
Ma il pasticcio è confezionato: Eluana è in coma; anche Bossi era in coma, e voleva disperarsi ma non lo ha fatto («La speranza, fortunatamente, è sempre l’ultima ad andarsene», conclude apoditticamente l’intervista Bossi), e allora perché rassegnarsi? Perché smettere di sperare che Eluana possa risvegliarsi e rilasciare una intervista a Gente?
Gli unici ad essere sul punto di rassegnarsi sono quanti si aspettano un minimo di ragionevolezza e di onestà nel parlare e nello scrivere.
(Persona e Danno, 31 agosto 2008)
Nota anche il pezzo su Repubblica, che dice anche: "Ora il pensiero di Umberto Bossi va a chi in coma è da 13 anni: e cioè a Eluana Englaro" e "Il dramma vissuto in quei giorni dai familiari del capo leghista è lo stesso che i genitori di Eluana Englaro si trascinano dal '92".
RispondiEliminaMi auto-compiaccio con me stesso di essere il commentatore più radicale di questo blog. Come si sa sono per il non-intervento sanitario. Se uno deve morire, che muoia.
RispondiEliminaNello specifico di Bossi, quanto sarei stato lungimirante!!!
Anti-Moderno.
Gli unici ad essere sul punto di rassegnarsi sono quanti si aspettano un minimo di ragionevolezza e di onestà nel parlare e nello scrivere.
RispondiElimina....non posso che sottoscrivere questa irresistibile tentazione alla rassegnazione!!!!
giò
Scusate, però secondo me le dichiarazioni di Bossi, al di là dell'approssimazione del cronista e del politico, sono significative per un altro motivo. Dopo aver vissuto personalmente l'esperienza della malattia invalidante (certo in una condizione completamente diversa da quella della Englaro), Bossi assume una posizione che non è più di ipocrisia moralistica secondo il copione clerico tradizionalista (Bisogna salvare Eluana perché ogni vita ha un valore, Vogliamo Eluana accanto a noi nella battaglia per la vita, Il mistero della vita e dell'amore c'impone di non abbandonare Eluana, o tiritere simili), ma di evidente comprensione per il dramma della ragazza e dei suoi genitori. E' un piccolo spiraglio di verità e di umanità che affiora, tanto che Bossi non strepita contro l'eutanasia, ma si limita ad osservare che una legge contro il Vaticano al momento non si può fare. Fa differenza parlare di certe situazioni solo per strumentalizzarle politicamente, oppure sulla base di un'esperienza diretta...
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