Era parecchio tempo che non si sentiva utilizzare, nel dibattito pubblico, il termine “statolatria” (culto dello Stato): se ne è servito l’arcivescovo Angelo Amato per polemizzare contro l’Educazione alla cittadinanza, nuova materia di insegnamento nella Spagna di Zapatero. Per il prelato si tratta di un “indottrinamento laicista” che rinnova, in forme mutate, la pretesa dello Stato di esercitare sui cittadini un’autorità non solo legale, esteriore, ma anche pedagogica e morale, interiore. Uno Stato che fa concorrenza a Dio.
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Ma che cosa significa il ricorso polemico al termine “statolatria” nel dibattito di oggi, quando lo Stato, con ogni evidenza, non ha più quelle pretese? Quando lo Stato etico è un’esperienza sconfitta dalla storia, e tutta la riflessione politica e morale, si orienta altrove per individuare le coordinate della libertà individuale e collettiva? Qual è la ragione di questo anacronismo lessicale?
Siamo davanti, di fatto, all’equiparazione dello Stato laico contemporaneo allo Stato etico, all’assimilazione dell’educazione dei giovani alla cittadinanza democratica con la trasmissione autoritaria di specifici contenuti dottrinari, al timore che quando lo Stato educa al rispetto dei diritti realizzi una limitazione della libertà personale e collettiva, che il potere sia ormai (secondo le parole dell’arcivescovo) “biopolitico”, che cioè si intrometta nella vita intima delle persone.
Ora, in questa argomentazione sono evidenti alcuni limiti: il primo è che tutto ciò sembra ricalcare le polemiche ecclesiastiche ottocentesche contro l’istruzione pubblica promossa dallo Stato, vista come una violazione dei diritti delle famiglie. Il secondo è che la Chiesa definisce “biopolitica” la legge di uno Stato, ma non la propria impressionante serie di divieti, che vincolano gravemente i diritti dei singoli credenti a determinare in modo autonomo come vivere, amare, procreare, morire. Il terzo limite è infine che qui si interpreta polemicamente come un contenuto ideologico particolare (e pericoloso) proprio quel principio di laicità dello Stato che è al contrario la condizione universale formale che fonda e garantisce la coesistenza dei singoli soggetti e dei gruppi sociali.
Lo Stato laico (quale cerca di essere la Spagna) non può non insegnare ai giovani il pluralismo e la tolleranza. E non può non spiegare, a tutti i cittadini, che la legittimità del legame politico democratico e dei doveri che ne derivano sta nel fatto che le leggi dello Stato rispettano e valorizzano i diritti umani, civili, sociali e politici, e non servono ad affermare un’identità religiosa o culturale (né, ovviamente, etnica), neppure se è quella della maggioranza. Questo non è l’insegnamento di un’ideologia che fa dello Stato un idolatrico concorrente di Dio, ma della libertà dei moderni, e dei contemporanei.
E se non si vuole comprendere che la laicità dello Stato non è un opinabile valore fra gli altri ma è la decisione fondamentale della civiltà moderna che realizza la tutela politica della libera espressione sociale di ogni possibile fede e cultura, dell’uguale dignità dei più vari progetti di vita purché non implichino violenza e dominio su altri; se si critica e si combatte come statolatria, come culto dello Stato, l’esistenza e l’azione di uno Stato che rende possibili tutti i culti (e anche il rifiuto dei culti) e tutte le culture; allora in realtà non si vuole, al di là delle espressioni verbali, uno Stato laico ma uno Stato cristiano, o almeno uno Stato che di fatto privilegia il cristianesimo. Come la distinzione fra laicità e laicismo, così il ricorso al termine “statolatria” è quindi più che una scelta linguistica: è un chiaro segno, fra molti altri, di un preciso indirizzo di politica ecclesiastica di cui farebbero bene a essere consapevoli tutti quei laici che del ruolo dello Stato hanno ancora un concetto adeguato.
Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano
John Stuart Mill, La libertà
martedì 23 dicembre 2008
Statolatria e Stato cristiano
Carlo Galli, «Se la Chiesa esige uno “Stato cristiano”» (La Repubblica, 22 dicembre 2008, p. 1):
«Quando lo Stato etico è un’esperienza sconfitta dalla storia, e tutta la riflessione politica e morale, si orienta altrove per individuare le coordinate della libertà individuale e collettiva?»
RispondiEliminaBeh, insomma, non in Italia. O comunque questa "riflessione" non sembra coinvolgere molto la nostra classe politica...
Ecco quello che sarebbe un dibattito interessante, Siamo realmente liberi? I principi democratici ci garantiscono un'effetiva libertà? Il "cittadino" è libero o è uno schiavo? Lo stato si limita a usare le buone maniere. C'è un indottrinamento a essere dei "bravi ragazzi", a esercitare il massimo bon ton educazionale. Ma a chi serve tutto ciò?. A non toccare i poteri forti. Siamo servi di una dittatura economica che ci garantisce qualche libertà. A ben guardare ogniuno di noi vive la propria vita, pagale tasse,fa il bravo consumatore e poi, quando viene il momento, toglie il disturbo, Per carità, non che uno stato teocratico sarebbe migliore, ma lo Stato moderno offre solo l'opportunità di morire di una sana noia "politically correct". E' chiaro che un senso alla vita gliela dobbiamo trovare noi. Per questo lo stato non ci è di alcun aiuto.
RispondiEliminaantimoderno
"che vincolano gravemente i diritti dei singoli credenti a determinare in modo autonomo come vivere, amare, procreare, morire".
RispondiEliminaQuesta frase dice veramente tutto!
...la mia idea di credere ha un'altro significato, per me significa "aderire a", spontaneamente, non è certo una contropartita tra diritti e doveri! e verso chi poi? la chiesa forse? essa non obbliga nessuno a far nulla!
Sul vivere, amare, procreare e morire poi è veramente la stronzata più grossa del secolo!
Come se fossimo noi al mattino che decidiamo tutto questo!
Se viviamo, quindi se siamo nati non è per merito nostro!
se amiamo, il vero amore, non lo decidiamo di certo noi verso chi, perchè ci capita all'improvviso!
Procreare non lo decidiamo nemmeno questo, se no non si spiegherebbe perchè ci serve uno dell'altro sesso per realizzare, e nemmeno si spiegherebbero tutte le donne che non riescono naturalmente!
Morire, bè certo se qualcuno vuol farla finita prima, affari suoi, ma fino a prova contraria nessuno è mai vissuto all'infinito! Questa cari miei arriva per tutti e quando decide lei!
Mi sembra che spesso e volentieri tanta gente se ne dimentichi e voglia come accantonare, come nascondere per puro comodo, le realtà della vita.
La vita è sacrificio cari miei, se lo accetti, avrai un'immensa felicità, se lo rifiuti, vivi nella menzogna!