giovedì 18 giugno 2009

Come far confusione fra trattamento e cura

La dichiarazione della FNOMCeO (la Federazione degli Ordini dei Medici), che ha definito la nutrizione artificiale come trattamento sanitario, sembra aver gettato nel panico il fronte integralista: fra ieri e oggi sono decine – alla lettera! – gli articoli dedicati da Avvenire all’argomento. In mezzo a tentativi un po’ patetici di mostrare come la possibilità per i pazienti di rifiutare la nutrizione artificiale aumenterebbe in realtà il potere dei medici, e altri argomenti del genere, spicca – almeno relativamente – l’editoriale di Assuntina Morresi («L’ombra della politica più che i dati della scienza», 17 giugno 2009, p. 2). Diamogli un’occhiata.
nel testo si legge che la nutrizione artificiale è un trattamento medico «in grado di modificare la storia naturale della malattia». Ma la nutrizione, di per sé, non può modificare l’evolversi di una malattia: i gravi danni neurologici per cui spesso si rende necessaria l’alimentazione assistita non si modificano – purtroppo – con apposite diete. Non è stato il sondino naso gastrico a permettere ad Eluana, nei suoi diciassette anni di stato vegetativo, di mantenere il ritmo sonno/veglia, respirare autonomamente, e via dicendo: la storia naturale della sua malattia è stata modificata dall’intervento di rianimazione effettuato dopo l’incidente, e non dalla nutrizione artificiale. È proprio questo il motivo per cui la nutrizione non è una terapia: non cura niente, offre solo sostentamento. Al contrario, sospendere la nutrizione artificiale modifica sicuramente la storia naturale di ogni malato: senza mangiare muoiono tutti, indipendentemente dall’esistenza o meno di una patologia.
L’errore logico nel ragionamento della Morresi è abbastanza evidente; se il lettore l’avesse mancato la prima volta, basterà rileggere il brano una seconda volta. Trovato? Esatto: è proprio l’equiparazione fra modifica della storia naturale della malattia e cura o terapia. Esiste una miriade di trattamenti sanitari – da tutti riconosciuti come tali – che non curano, offrendo solo sostentamento. La dialisi non cura l’insufficienza renale; ma modifica ovviamente il corso della malattia: senza di essa siete morti in breve tempo. La ventilazione artificiale non è una terapia in senso stretto per l’insufficienza respiratoria; ma senza respiratore il corso della malattia è rapidamente fatale. Il pacemaker non vi fa sparire la bradicardia. La nutrizione artificiale non cura i danni cerebrali che vi impediscono di nutrirvi autonomamente; ma come nota la stessa Morresi, «sospendere la nutrizione artificiale modifica sicuramente la storia naturale di ogni malato: senza mangiare muoiono tutti» (va scontata ovviamente la generalizzazione tendenziosa: non ogni malato è sottoposto ad alimentazione artificiale, ma solo quelli la cui patologia consiste, fra l’altro, nell’incapacità di alimentarsi da soli).
Non è un caso, insomma, se la Costituzione, all’art. 32, parla di «trattamento sanitario», non di cura o terapia. Senza dimenticare, naturalmente, che esistono anche altri due articoli della Costituzione, il n. 13 e il n. 2, che rendono perfettamente superfluo tutto questo affannoso cavillare sulle definizioni, visto che proibiscono rispettivamente ogni restrizione della libertà personale «se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge», e ogni legge contraria ai diritti umani, e quindi anche ogni restrizione della libertà che comunque implichi una violenza fisica o morale. Il tatuaggio non è un trattamento sanitario: forse che una legge che imponesse di tatuarsi perché così piace alla religione più diffusa nel paese potrebbe essere considerata costituzionale?
lo scorso 5 aprile a San Pellegrino Terme le associazioni dei familiari riunite nei coordinamenti nazionali La Rete - Associazioni riunite per il trauma cranico e le gravi cerebrolesioni acquisite e la Federazione nazionale associazioni trauma cranico (Fnatc) hanno sottoscritto una Carta – la Carta di San Pellegrino, appunto – che definisce alimentazione e idratazione come «atti dovuti».
Un’affermazione secca, decisa, chiara: i familiari di persone gravemente disabili, che non riescono a nutrirsi autonomamente, chiedono semplicemente che ai loro cari non vengano mai a mancare cibo ed acqua. Il fatto che siano o meno terapie non è neppure preso in considerazione: evidentemente è di secondaria importanza per chi vive sulla propria pelle situazioni così difficili. Ed anche questo dovrebbe far riflettere.
Quello che dovrebbe far riflettere è questo tentativo – francamente un po’ mostruoso – di confondere ciò che è dovuto con ciò che è obbligatorio, e ciò che è libero con ciò cui non si ha diritto. Tentativo, oltretutto, compiuto strumentalizzando e spaventando «chi vive sulla propria pelle situazioni così difficili». Vergogna.

9 commenti:

  1. Piano piano vanno all'angolo. E non ci sarà sempre un B. al Governo che pur di farsi i fatti suoi abdica al vaticano le questioni etiche.

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  2. Ma conoscete qualcuno che NON ha bisogno di alimentazione? Mentre la dialisi, il pace-maker si mettono a chi ha una patologia l'alimentazione va data a chiunque, a ognuno con lo strumento adatto. Mentre io, voi e molta altra gente viviamo tranquillamente senza dialisi, pace-maker non potremmo vivere senza alimentazione. Un neonato viene nutrito artificialmente se la madre non ha latte; un handicappato viene imboccato tutta la vita; un demente viene nutrito con il biberon, una persona in coma con il sondino nasogastrico, un post-ictus con la peg finchè (e se)non riprende a deglutire: sono tutte "strategie" diverse per fare una cosa di cui tutti, malati e sani, abbiamo bisogno per la sopravvivenza ben prima di qualsiasi eventuale "terapia" di cui molti dei casi citati prima non hanno magari neanche bisogno.

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  3. Annarosa: qui stiamo parlando di alimentazione artificiale. Il paragone corretto è: noi e te viviamo tranquillamente senza alimentazione artificiale, così come viviamo tranquillamente senza dialisi. Tutti abbiamo bisogno dell'alimentazione, così come tutti abbiamo bisogno della funzione renale. Quindi?

    Il problema, comunque, è che tu non riesci a uscire dall'impostazione cattolica tradizionale: i trattamenti sanitari si possono rifiutare solo se sproporzionati; l'alimentazione non è quasi mai sproporzionata. Invece il nostro punto di vista è quello liberale (che è poi sostanzialmente quello che informa la Costituzione): i trattamenti sanitari si possono rifiutare se non li vogliamo ricevere.

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  4. C'è anche da tenere in conto il fatto che non solo posso rifiutare un trattamento se non lo voglio, ma posso anche scegliere un trattamento diverso: la medicina "occidentale" non è l'unica scienza che si propone di offrire una cura, né, essa stessa, offre sempre e solo 1 tipo di terapia per problema.

    Per esempio... Esiste l'omeopatia, che io ritengo una idiozia, eppure la possibilità di rivolgersi a questo tipo di trattamenti esiste.

    Se poi io decidessi che un incantesimo di uno stregone africano, è il meglio per me, o sottopormi a un trattamento di un santone indiano, o affidarmi alla preghiera e sperare in un miracolo, nessuno dovrebbe impedirmelo.

    Se si toglie la possibilità di rifiutare un trattamento, automaticamente viene negata anche la possibilità di scelta tra trattamenti diversi, o sbaglio?

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  5. Il punto, secondo te, allora è: l'alimentazione per via artificiale è un trattamento sanitario? Non tutte le posizioni scientifiche dicono SI. E quindi potrebbe essere vero pure che NO. Scientificamente non c'è unanimità. E questo sarebbe già sufficiente a non definirla con tanta certezza "trattamento sanitario".
    In secondo luogo nella nutrizione artificiale è il mezzo dell'accesso alla nutrizione che cambia, non la capacità di essere nutrito. Voglio dire che nella nutrizione artificiale non si vicaria la funzione di assimilare il cibo (come invece fa la dialisi vicariando la funzione di filtrare il sangue o il pace-maker di far battere il cuore) ma si tratta di cambiare il modo di portare il cibo nel luogo dell'assimilazione. Neanche un neonato è in grado di farlo, o un demente, o un post-ictus e qualcuno lo fa per lui: quanto "vicino" allo stomaco (cibo già cotto e sminuzzato pronto nel piatto sul vassoio a letto, pappina nel cucchiaio sulle labbra, biberon di latte dentro la bocca, sondino con preparato alimentare in esofago o peg direttamente nello stomaco) è solo una diversa modulazione dello stesso atto di cura. Continuo a ritenere che non stiamo parlando di "terapie" (proporzionate o meno) ma di soddisfazione di bisogni primari, come l'igiene e le altre cure personali.

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  6. No, Annarosa, come dico anche nel post il punto vero per me non è affatto quello della definizione di trattamento sanitario o non sanitario - che non è comunque una questione che si risolve "scientificamente": si tratta di un problema di definizione (quelli che Karl Popper definiva "poco interessanti"), e basta il buon senso e l'analogia.
    Il punto vero è la distinzione fra trattamenti voluti e trattamenti non voluti, siano essi sanitari, di cura, di quello che ti pare.

    Quanto alle funzioni fisiologiche supplite, chiaramente si tratta di quella della deglutizione in primo luogo, non dell'assimilazione. E se manca la deglutizione manca la capacità di nutrirsi (non quella di essere nutrito, come dici tu furbescamente: come dire che l'intubazione non è un trattamento sanitario perché non modifica la capacità di essere ventilato...).

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  7. RasoioDiOccam21/6/09 00:40

    @ Annarosa: sei esasperante. Anche coprirsi quando fa freddo è indispensabile per sopravvivere, ma se provi a corrermi dietro con il cappotto e io non lo voglio, ti assicuro che ti caccio via a pedate. Non mi interessa un tubo cosa è necessario per sopravvivere: se IO NON VOGLIO, TU NON MI DEVI SCOCCIARE. Non mi importa nulla di tutti i contorti ragionamenti su cosa è cura e cosa è terapia, su cosa è sostegno vitale e cosa è farmaco, eccetera. Sulla mia vita decido IO, non TU.

    Va da sè che invece chi chiede di essere curato e aiutato, deve ricevere cure e aiuto.

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  8. Rasoio,
    ma dico, come si fa a banalizzare una questione tanto complessa che riguarda la vita delle persone. Con il tuo ragionamento ammetti che ciò che importa alla fine è che la persona possa fare le sue scelte libere, quindi anche di porre fine alla sua misera vita se lo vuole, insomma suicidarsi, il diritto alla morte. Fai capire che la cosa più ovvia e scontata sia in pratica l'eutanasia, perchè cio che conta è quello che vuole la persona. In effetti non mi sembra che questo sia molto condiviso dalla maggior parte dei Paesi, eppure tu lo dai per un fatto scontatissimo. Come mai non si è ancora arrivati a capire una cosa così stupida, cioè che basta dire lasciamo la libertà alle persone di scegliere, te lo sei chiesto? O forse è solo che sono poche le persone fortunate ad aver già capito tutto della vita. Beato te.
    F.

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  9. E sorprendente che si voglia far passare una parte di medici per delle persone senza emozioni, pronti, con indifferenza a togliere l'alimentazione e l'idratazione, mentre gli altri seguendo il principio del "buon samaritano" danno acqua agli assetati e cibo agli affamati!!In termini medici, la nutrizione e idratazione artificiale, non sono a costo biologico zero, voglio dire si hanno solo vantaggi, sostenendo la vita della persona senza alcun disturbo!! Non é così! Basta leggere la letteratura scientifica, e in particolare invito Annarosa a leggere la revisione di New England Journal of Medicine del 2005 sull'argomento, per rendersi conto che di fronte ad ovvi vantaggi ci sono importanti effetti collaterali; non ultimo sia il sondino naso gastrico che la PEG non impediscono per esempio che si possa avere la cosidetta polmonite ab ingestiis, cioè il passaggio del cibo e liquido nelle vie aeree con grave polmonite secondaria !Quindi non é un semplice sostegno vitale! Possiamo decidere per legge che la NIA non sia soggetta a scelta e quindi subordinata ad un consenso informato ma non possiamo nasconderci di fronte ai fatti facendo passare il tutto come il rifiuto di dare acqua minerale ed omogenizzati!

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