lunedì 20 luglio 2009

«No, non ha toccato!»: la Luna e l’opera buffa

Se a uno qualsiasi dei molti milioni di esseri umani che in tutto il mondo hanno assistito 40 anni fa in diretta televisiva all’impresa dell’Apollo 11 si chiede che cosa ricorda del momento preciso in cui il modulo lunare Eagle ha toccato il suolo, la probabile risposta sarà la frase pronunciata qualche istante dopo da Neil Armstrong: «Houston, qui base Tranquillità. L’Aquila è atterrata». Parole secche ed emozionanti, allora come oggi. Ma se si fa la stessa domanda a un italiano, la risposta sarà diversa: nessuno allora udì l’annuncio di Armstrong, sovrastato dal battibecco scoppiato fra i due cronisti Tito Stagno e Ruggero Orlando a proposito del momento esatto dell’allunaggio.
Riguardiamo il video (che purtroppo ha un taglio maldestro appena prima del momento decisivo): a 2:02 minuti dall’inizio si vede Tito Stagno volgersi all’indietro, come per cercare conferma da qualcuno fuori campo, girarsi di nuovo in avanti, fare un gesto brusco con l’indice, stringere i pugni come per raccogliere le forze, e infine annunciare: «Ha toccato! Ha toccato il suolo lunare». Scoppiano gli applausi in studio, ma dopo pochi secondi la voce di Ruggero Orlando, da Houston (dov’era il centro di controllo della missione), interloquisce: «No, non ha toccato!». Apparentemente nessuno se ne cura: gli applausi continuano, e Tito Stagno ripete l’annuncio in forma distesa – e con qualche inevitabile concessione alla retorica: «Per la prima volta un veicolo pilotato dall’uomo ha toccato un altro corpo celeste. Questo è frutto dell’intelligenza, del lavoro, della preparazione scientifica; è frutto della fede dell’uomo». A questo punto Stagno passa la parola al collega: «A voi Houston». «Qui ci pare che manchino ancora dieci metri», risponde Orlando. L’effetto comico non potrebbe essere maggiore: le parole alate di Stagno rovinano al suolo proprio mentre il Lem torna per aria; e il pubblico in studio scoppia in una fragorosa risata. I due cominciano a battibeccare, e alle 3:08 Orlando si appropria dell’annuncio fatidico: «Eccolo, eccolo, ha toccato in questo momento». Poi prevale la professionalità e torna la calma; ma intanto l’annuncio di Armstrong si è perduto (può essere udito in sottofondo mentre Stagno sta rivendicando che «era effettivamente atterrato quando io l’ho detto»).

Nel corso degli anni i due protagonisti sono tornati più volte sulla questione, talvolta accusandosi a vicenda di aver voluto rubare lo storico annuncio. Tito Stagno è apparso come il più deciso nel rivendicare le proprie ragioni; Orlando non c’è più da quindici anni. Immagino che da qualche parte ci sia qualche indagine dedicata alla vicenda, ma le mie ricerche bibliografiche (molto brevi, lo ammetto) non hanno portato a nulla, anche se qualcuno qua e là dimostra da qualche accenno di aver capito come sono andate le cose. Non pretendo comunque di essere il primo a stabilire chi ha ragione – anche perché in realtà ricostruire cos’è successo è molto facile. Devo ammettere anche di essere stato un poco riluttante ad affrontare la questione, per il rischio di mancare di rispetto a due personaggi che mi sono entrambi cari nel ricordo (avevo sei anni all’epoca, e ho vissuto quelle imprese attraverso i loro resoconti). Ma insomma, prima la verità, no?

Per la nostra piccola indagine ci bastano due documenti: una registrazione senza interruzioni della telecronaca di Stagno e Orlando, che troviamo nell’archivio Rai Teche (la qualità video è peggio che infima, ma a noi basta l’audio; purtroppo il formato è l’orrido Real Video); la trascrizione commentata delle comunicazioni fra il modulo lunare (Lem) e il centro di controllo di Houston.
Per sincronizzare le due fonti consideriamo la prima parola in inglese chiaramente percepibile della registrazione Rai, che è un numero, «seventy», e che quasi certamente è l’ultima parte della parola «270» che troviamo pronunciata da Aldrin alle ore 102:43:52 (dall’inizio della missione) nella trascrizione. Da lì in poi è relativamente facile seguire i due documenti in parallelo (è da tener conto che la maggior parte di ciò che diceva Armstrong non si sentiva nell’audio in studio).
Ebbene, le parole «Ha toccato!» arrivano 48 secondi dopo il «seventy», subito dopo il momento segnato come 102:44:40 sulla trascrizione. In quell’istante il Lem, come mostrano le indicazioni di Aldrin, si trova però ancora fra 120 e 100 piedi (37-30 metri) di altezza dal suolo. Quando Orlando annuncia «Qui ci pare che manchino ancora dieci metri», il tempo è 102:45:25, e il modulo lunare si trovava in effetti a 10 metri pochissimi secondi prima. Quando Orlando riannuncia l’allunaggio gli astronauti hanno appena spento i motori, a 102:45:44 (Orlando si è probabilmente basato sulla relativa comunicazione).
Ma quando è avvenuto l’atterraggio vero e proprio? L’istante non è noto, ma dai commenti dei due astronauti aggiunti alla trascrizione è chiaro che si è verificato subito prima dello spegnimento dei motori. Le zampe del Lem erano però dotate di sonde metalliche sporgenti all’ingiù, che toccavano il suolo prima dell’atterraggio vero e proprio. Su questa circostanza ci si è basati spesso per giustificare la discrepanza fra l’annuncio di Stagno e quello di Orlando (lo fa anche quest’ultimo in trasmissione); ma a torto. Il contatto del suolo con almeno una delle sonde avviene infatti a 102:45:40, quando Aldrin dice: «Contact light», solo 4 secondi prima dello spegnimento dei motori; l’atterraggio vero e proprio deve essersi verificato in questo brevissimo lasso di tempo, mentre l’annuncio di Stagno era venuto circa un minuto prima, e a un’altezza di gran lunga troppo grande perché le sonde anche solo sfiorassero il suolo. La conclusione, insomma, è che aveva ragione Ruggero Orlando, su tutta la linea.

Com’è stato possibile l’errore macroscopico di Stagno? Si può individuare almeno una concausa: appena prima dell’annuncio errato, il cronista dice infatti che il Lem si trova a «cinque piedi e mezzo» (meno di due metri) dal suolo. Ma dalla trascrizione (102:44:26) si capisce che il mezzo si trova ancora a 200 piedi, e che l’indicazione riguarda in realtà la velocità verticale (al secondo) rispetto al suolo. Stagno si stava quindi raffigurando il Lem molto più vicino alla Luna di quanto fosse nella realtà. Per il resto, il giornalista ha sostenuto più volte di aver sentito dei non meglio identificati «tecnici della Nasa» annunciare che il Lem aveva «reached land», toccato terra; ma nella trascrizione non compaiono mai queste parole, e neppure qualcosa che suoni vagamente allo stesso modo. Di certo Stagno non s’è inventato di proposito un allunaggio anticipato – sarebbe stato un atto folle; forse aveva un canale audio in cuffia che non si sentiva in studio, e avrà equivocato quello che vi si diceva.
L’emozione gioca brutti scherzi, come si accorgerà poco dopo lo stesso Neil Armstrong, quando compiuto il primo passo sulla superficie pronuncerà la frase storica accuratamente preparata – e la sbaglierà clamorosamente: «That’s one small step for man, one giant leap for mankind», «Un piccolo passo per l’Uomo, un balzo da gigante per l’Umanità» (avrebbe dovuto essere «That’s one small step for a man, one giant leap for mankind», «Un piccolo passo per un uomo, un balzo da gigante per l’Umanità»); ancora glielo rinfacciano – piuttosto ingenerosamente, va detto.
Siamo umani, siamo fallibili; e la sorte ha la pessima abitudine, mannaggia!, di ricordarcelo nei momenti meno opportuni.

Aggiornamento 28/7: Paolo Attivissimo propone su Complotti lunari una minuziosa comparazione fra ciò che veniva detto in studio in Italia e le comunicazioni degli astronauti, dalla quale si conferma l’anticipo di Tito Stagno. Paolo promette anche di illustrare prossimamente un’ipotesi inedita sul fattore scatenante dell'annuncio erroneo.

Aggiornamento 8/8: un’utile sinossi (copia) di Luca Cassioli mette ora a confronto i dialoghi fra gli astronauti e il centro di controllo a terra da un lato, e il commento di Tito Stagno in studio dall’altro.

6 commenti:

  1. Grazie,
    chiaro e documentato.
    Splendido lavoro.

    RispondiElimina
  2. Solo per dirti che Armstrong non si è sbagliato; lui disse la "a" ma andò persa nella comunicazione con la terra.
    Nelle registrazioni del LEM la ritrovarono.

    RispondiElimina
  3. Anonimo: grazie.

    Carletto Darwin: mi daresti per favore una fonte per questo?

    RispondiElimina
  4. Solo qualche giorno fa, purtroppo al momento non ricordo la fonte, leggevo un'intervista in cui Tito Stagno insisteva (politely, ovviamente) nell'additare Orlando come responsabile perché, poverino, lui non capiva (tra l'altro la spiegazione da parte del giornalista di quel che effettivamente in quei frangenti accadde non l'ho trovata intelligibile). Non proprio il massimo dello stile, visto che la controversia non è stata ufficialmente chiarita e la persona in questione non può replicare. Sono un po' scettico riguardo al fatto che Tito Stagno nel corso degli anni non abbia potuto verificare ciò che effettivamente accadde: forse preferisce rimanere convinto di ciò che fa comodo. Devo anche dire che l'esitazione evidente da parte dello stesso al momento dell'annuncio ha sempre un po' fatto istintivamente propendere per il ritenere l'annuncio di Orlando, che era in loco, più affidabile (almeno a me).

    RispondiElimina
  5. P.S.: ma la mia ultima non è un'impressione ... in presa diretta (non c'ero)

    RispondiElimina