mercoledì 25 novembre 2009

Un po’ di scetticismo sul caso di Rom Houben

La storia di Rom Houben, l’uomo belga vittima di un incidente 23 anni fa e rimasto da allora paralizzato e incapace di comunicare con il mondo esterno ma tuttavia consapevole, mentre tutti lo ritenevano invece definitivamente privo di coscienza, ha fatto il giro del mondo, inorridendo e commuovendo l’opinione pubblica. Ma adesso cominciano a levarsi le prime voci scettiche sulla vicenda.
Se si guarda un video del paziente, ci si rende conto che – contrariamente a quanto affermato in alcuni resoconti giornalistici – non è Houben a muovere autonomamente la mano per battere sulla tastiera i suoi pensieri; invece la mano viene spostata da una terapeuta, Linda Wouters, che sostiene di essere guidata da una lieve pressione effettuata dal paziente, e di sentirne la resistenza quando sta per premere un pulsante sbagliato; il metodo si chiama «comunicazione facilitata». Vi ricorda qualcosa? Ebbene, questo è il medesimo principio delle tavolette ouija (il gioco del bicchierino), in cui un gruppo di persone pone le mano su una tavoletta o su un calice rovesciato, e l’oggetto comincia a muoversi in modo apparentemente autonomo su una base che reca impresse le lettere dell’alfabeto, componendo un messaggio di senso compiuto (che in genere viene interpretato come un messaggio dei defunti). Ovviamente sono le spinte – in genere inconsapevoli – dei partecipanti a muovere la tavoletta; molti sostengono che anche la «comunicazione facilitata» comunichi in realtà i pensieri del terapeuta e non quelli del paziente. Si tratta proprio per questo di una pratica generalmente ritenuta non credibile dagli ambienti medici.
Il dubbio è particolarmente lecito nel caso Houben: il video mostra chiaramente il contrasto fra lo stato fisico seriamente compromesso del paziente e la sicurezza e rapidità con cui l’assistente guida la sua mano sui pulsanti. Nota Arthur Caplan, uno dei maggiori bioeticisti americani, a proposito delle affermazioni attribuite a Houben:
Uno giace per 23 anni in un letto d’ospedale quasi del tutto privo di stimoli, e all’improvviso appare completamente coerente e razionale? C’è qualcosa che non va. I messaggi sono quasi poetici. Sembra tutto troppo lucido, come se qualcuno avesse preparato le cose da dire in anticipo. Non dico che sia tutta una frode, ma vorrei saperne molto di più.
James Randi, il noto smascheratore di falsi fenomeni paranormali, ha invitato Houben e la terapeuta a concorrere al premio da un milione di dollari messo in palio dalla James Randi Educational Foundation per chi dimostrerà in condizioni controllate la validità della comunicazione facilitata. In un aggiornamento apparso sul suo sito Randi punta il dito su un altro video, in cui Houben sembra avere gli occhi chiusi mentre la sua mano vola imperterrita sulla tastiera.

Tutto ciò non significa naturalmente che non ci sia stata comunque una diagnosi sbagliata di stato vegetativo, e che le analisi del team guidato dal dottor Steven Laureys, che hanno portato a correggere questa diagnosi, siano meno che corrette. Houben, a quanto è stato riportato, ha recuperato la capacità di rispondere con un sì o con un no a domande tramite i movimenti del piede (quindi senza comunicazione facilitata), e questo mostra che è consapevole. Ciò che non è chiaro – e non lo sarà fino alla pubblicazione di uno studio scientifico sul caso; studio che ancora non esiste, malgrado quello che hanno sostenuto alcuni media – è in che stato si trovasse Houben durante la maggior parte di quei 23 anni. I medici gli attribuiscono adesso una sindrome locked-in: si tratta di una condizione generata di solito da un trauma al Ponte di Varolio, una struttura che si trova nel tronco encefalico e che rappresenta uno snodo cruciale nelle comunicazioni fra il corpo e le zone superiori del cervello. Il trauma può interrompere queste comunicazioni, portando a una paralisi totale, lasciando però integre le funzioni cognitive del cervello, localizzate più in alto del Ponte. Nella sindrome locked-in classica il paziente è in grado di muovere gli occhi (i nervi visivi corrono anch’essi al di sopra del Ponte), e quindi di comunicare con il mondo esterno; ma questo non accadeva allo sfortunato Houben. Siccome un trauma al Ponte di Varolio può non venire da solo (specialmente se è causato da un incidente meccanico), è in teoria possibile che un secondo trauma interessi le vie nervose visive, lasciando il paziente oltre che paralizzato anche incapace di muovere gli occhi, e quindi a tutti gli effetti sepolto vivo nel suo stesso corpo; si parla in questo caso di sindrome locked-in totale.
Intuitivamente, però, una lesione così localizzata è improbabile: l’encefalo superiore è una sorta di campo minato per quanto riguarda le funzioni cognitive, e un trauma esterno sufficientemente grave da causare sia un danno al Ponte sia alle vie visive causerà generalmente anche un’alterazione più o meno grave dello stato di consapevolezza. Il paziente paralizzato, in questo caso, non sarà cosciente del proprio stato, o lo sarà in maniera estremamente parziale; è questo che, sommato alla paralisi, rende molto difficile diagnosticarne le reali condizioni. Non sono un neurologo, ma la mia sensazione è che lo stato di Houben, prima del recupero avvenuto negli ultimi tempi, fosse probabilmente questo.

Per quanto riguarda le implicazioni bioetiche del caso, va detto che ogni paragone con i casi di Terri Schiavo o di Eluana Englaro è del tutto improponibile: le autopsie effettuate sulle due donne hanno dimostrato oltre ogni possibile dubbio che i danni alle parti superiori dell’encefalo erano così estesi da escludere la possibilità di una consapevolezza residua o del suo recupero. È comunque vero che il caso ripropone il problema di una diagnosi certa dello stato vegetativo e della sua distinzione rispetto a condizioni più o meno analoghe; gli studi di Laureys e del suo team sono in questo senso promettenti.
Non è però scontato quale debba essere la valutazione di stati differenti da quello vegetativo: il bioeticista Jacob M. Appel sostiene per esempio («The Rom Houben Tragedy and the Case for Active Euthanasia», The Huffington Post, 24 novembre 2009) che il caso di Houben vada di fatto a favore dell’eutanasia. Si tratta, come si può capire, di idee quanto meno controverse; quello che è certo è che la tragedia di Rom Houben non è ancora finita, se davvero l’uomo si è destato solo per ritrovarsi inerme nelle mani di chi lo usa alla stregua di un pupazzo da ventriloquo.

Aggiornamento 18:30: da un articolo del Times (David Charter, «Mystery as coma survivor Rom Houben finds voice at his fingertips», 25 novembre) si apprende che il dottor Steven Laureys avrebbe messo alla prova la comunicazione facilitata mostrando a Houben degli oggetti in assenza della terapeuta, e quindi chiedendo al paziente di nominarli con l’aiuto della donna rientrata nella stanza. Le risposte ottenute sarebbero state corrette. Mi sentirei però più tranquillo se a controllare ci fosse stato James Randi... (hat-tip per questo aggiornamento: Daniela Ovadia).

Aggiornamento 27/11/2009: in un’intervista concessa a New Scientist (Celeste Biever, «Steven Laureys: How I know ‘coma man’ is conscious», 27 novembre) Steven Laureys si dice contrariato per i dubbi avanzati dagli scettici (che però riguardano propriamente non il suo operato ma quello della terapista), ma non aggiunge molto di nuovo a ciò che già si sapeva.

8 commenti:

  1. visto ieri a studio aperto (non che io guardi abitualmente studio aperto: ero in casa di amici; la TV è stata bandita diversi lustri or sono a casa mia, viste la qualità dei programmi e la somiglianza dei TG ai cinegiornali del periodo bellico)
    devo dire che rispetto alla loro fama sono stati abbastanza equilibrati: non hanno nominato Eluana (ma hanno parlato di "stato vegetativo persistente") e hanno fatto vedere come riuscisse a comunicare; anche a me ha incuriosito molto che la mano fosse guidata da un' altra persona...
    ora che ho visto, però, credo che un istituto come il testamento biologico sia non solo utile, ma anche necessario: immobilizzato su di un letto d'ospedale per 23 anni, cosciente di esserlo e con la prospettiva di ritornare a vivere (?) in quelle condizioni è un piacere che lascio a chi crede che il dolore sia necessario per una perfetta comunione con dio

    franco

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  2. La cosa che mi lascia più perplesso del video, è che neanch'io, che scrivo normalmente con 10 dita, sarei capace di digitare così velocemente e precisamente muovendo il dito coi miei muscoli, figuriamoci un assistente che deve accorgersi di minime pressioni e resistenze fatte da questo povero disgraziato.
    Veramente ignobile come strumentalizzazione, e poi se già io sarei favorevole a farmi staccare la spina in caso di come vegetativo, lo sarei ancora di più all'idea di vivere 23 anni rinchiuso in un corpo immobile e all'idea viverne altri 20 o 30 in quello stato

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  3. Ho seguito distrattamente la vicenda perché da subito aveva sentito la puzza di strumentalizzazione e banalizzazione.

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  4. Anonimo, la comunione non è con Dio, il dolore è necessario per una perfetta comunione con se stessi, visto che sia noi che il dolore siamo parte del reale che ci è dato da vivere.
    Poi che esista dolore in stato vegetativo, come e chi lo sa dire?
    Non sarebbe stato vegetativo, e se provo dolore, posso provare anche amore o altro...paradossalmente anche felicità a noi non comprensibile nello stato normale.
    Dipende sempre da quale prospettiva valutiamo questa realtà.

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  5. "la comunione non è con Dio"
    "sia noi che il dolore siamo parte del reale che ci è dato da vivere"


    Che fa, sig. Old, prende per i fondelli nello spazio di un solo breve periodo? Almeno ci metta, tra le due proposizioni, qualche centinaio di battute riempitive, come fanno di solito i chierici.

    Saluti

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  6. http://www.sciencebasedmedicine.org/?p=2838

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  7. Sig Marcoz, mi perdoni, lei si è mai fatto un piccolo taglietto? dolore vero? Ha mai inzuccato la testa contro qualcosa? Dolore vero?
    Pensi un po' se non fosse stato in comunione prima di tutto con queste realtà di tutti i giorni, dolorose!
    Non avrebbe messo alcun cerotto sul taglio, non avrebbe messo nemmeno un po' di ghiaccio sul capo, l'avrebbe fatta finita subito, perchè lei crede che qualcuno qui stia prendendo per i fondelli le persone come lei, che francamente non è semplice tollerare nei toni, mi perdoni ancora, per i miei!

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  8. Comunicato stampa SKEPP del 19 febbraio u.s.:

    Facilitated communication with coma patient is fabricated

    http://skepp.be/nieuws/facilitated-communication-coma-patient-fabricated

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