L’eugenetica è sempre stata introdotta «a fin di bene», motivandola con la pietà e con la necessità di eliminare il dolore. È qui che si inserisce la nuova utopia scientista che, sostituendosi alle grandi utopie sociali del secolo scorso, promette ancora un uomo nuovo, e ci illude che la sofferenza, la malattia, l’imperfezione, l’ingiustizia del caso, si possano sconfiggere e abolire. […] Ha fatto bene Giorgio Israel, sul Giornale di sabato scorso, a sottolineare come sia antiscientifico attribuire alla medicina uno statuto di scienza indiscutibile, in grado di offrire certezze.È la vecchia tecnica dell’uomo di paglia: attribuire ai propri avversari idee che quelli non hanno mai avuto, al solo scopo di confutarli meglio. La diagnosi genetica di preimpianto – come tutte le tecniche biomediche – non offre certezze ma solo probabilità; non si propone di abolire la sofferenza ma di diminuirla. E nulla vieta di rivendicare un diritto anche se il suo godimento è soltanto probabile: il fatto che potrebbe in teoria morire prima di raggiungere l’età pensionabile non priva affatto un lavoratore del diritto alla pensione. Quanto all’articolo di Giorgio Israel citato dalla Roccella, consiste in un sermone sui massimi sistemi che non cita mai una volta la concreta malattia del caso in esame (l’atrofia muscolare spinale di tipo 1): solo così l’autore può far credere che essa ricada nel novero delle patologie genetiche di cui le cause non sono ben note e la prevenzione risulta aleatoria.
Per avere conferma sul piano pratico delle acute osservazioni di Israel, basta considerare alcuni studi recenti, assai poco rassicuranti: il tasso di disabilità tra i bimbi selezionati geneticamente sembra essere uguale o addirittura maggiore di quello esistente tra i bambini non selezionati.Qui l’inganno si fa atroce, perché la Roccella – per colpa o per dolo – dà informazioni fuorvianti su un tema attinente alla salute; cosa già grave di per sé, ma doppiamente grave per chi come lei riveste un ruolo istituzionale.
La diagnosi genetica di preimpianto si effettua prelevando e analizzando una delle cellule dell’embrione, quando questo ne conta ancora molto poche (in genere otto o poco più). L’operazione sembra priva di conseguenze: statisticamente, le anomalie congenite sviluppate da embrioni sottoposti a questa diagnosi non eccedono quelle degli altri embrioni concepiti in vitro (che poi questi ultimi abbiano a loro volta più anomalie degli embrioni normali è un argomento dibattuto – ricordiamo comunque che l’alternativa per questi bambini è di non esistere – ma qui ci interessa solo la diagnosi preimpianto). Alcuni studi hanno rivelato un leggero aumento di anomalie, ma è chiaro che in ogni caso il gioco vale la candela: nel caso dell’atrofia muscolare spinale di tipo 1 la probabilità di due portatori sani di avere un bambino affetto da una malattia che lo porterà a una morte certa entro il primo anno di vita è del 25%, ben superiore in media a qualsiasi danno (magari lieve) possa derivare dalla diagnosi genetica, ammesso che ne produca.
Questi sono i fatti; ora vediamo che versione ne dà la Roccella. Se leggiamo attentamente le sue parole, scopriamo con stupore che in realtà non sta dicendo niente di diverso: «il tasso di disabilità tra i bimbi selezionati geneticamente sembra essere uguale o addirittura maggiore di quello esistente tra i bambini non selezionati». Ma allora perché mai questi dati dovrebbero essere «assai poco rassicuranti»? Se il tasso di disabilità è uguale a quello dei bambini non «selezionati» vuol dire che la selezione non presenta controindicazioni! L’equivoco in cui la Roccella è caduta – o cerca di farci cadere – consiste con ogni probabilità nel termine di paragone: per lei, i bambini non «selezionati» sono quelli concepiti da genitori portatori della malattia; in questo caso la diagnosi genetica sarebbe effettivamente inutile o dannosa. Come è ovvio, invece, gli studi paragonano i bambini sottoposti alla diagnosi a tutti gli altri bambini, concepiti da genitori mediamente sani. Un fraintendimento davvero colossale.
La Roccella passa poi a prendersela con Sofia Ventura, rea di averla criticata su FfWebMagazine, il periodico online della fondazione finiana FareFuturo («Quanto non ci piace la “destra paternalista”», 18 gennaio):
La Ventura conviene che il diritto al figlio sano non può esistere, ma che deve valere la libertà di ricorrere alle tecniche secondo i propri criteri soggettivi. La libertà, però, va regolata, e se non ci fossero norme e divieti, sarebbe possibile fare un figlio a 70 anni, vendere e comprare ovociti ed embrioni, affittare uteri. Perché no? Se deve valere il mio criterio soggettivo, perché mettere limiti?Se qualcuno «conviene» in qualcosa con Eugenia Roccella, si può essere ragionevolmente sicuri che stia sbagliando. Dire, come fa la Ventura, che esiste «la “libertà” di fare ricorso alle applicazioni della scienza» è solo un altro modo di affermare un diritto alla maternità e un diritto ad avere figli sani. Che queste cose non possano essere garantite con certezza non esclude affatto, come abbiamo già visto, che esse costituiscano dei diritti, e precisamente dei diritti negativi alla non interferenza: se esiste un medico disposto ad applicare quelle tecniche, nessuno deve interferire senza fondato motivo nel libero rapporto che si instaura fra quello e il paziente. La Roccella ricorre a questo punto all’ennesimo trucco argomentativo, quello della falsa dicotomia: o esiste una libertà sregolata e «soggettiva», o non esistono diritti esigibili. Ma dal punto di vista liberale il limite ai miei diritti esiste, anche se è uno solo, cioè quello del rispetto dei diritti altrui. Nel caso della diagnosi preimpianto questo significherebbe come minimo riconoscere all’embrione diritti pari a quelli degli altri soggetti implicati – ammesso, naturalmente, che risparmiare al concepito una morte per lento soffocamento all’età di sei mesi significhi rispettarne i diritti. Ma l’attribuzione di questi diritti non può essere data per scontata, e di fatto il nostro ordinamento giuridico non la riconosce. La Roccella abolisca la legge sull’aborto e modifichi l’art. 1 del Codice Civile, se ci riesce, e poi ne riparliamo.
E perché, soprattutto, questa distinzione tra diritto e libertà non vale per il fine vita? Ognuno di noi ha la libertà di morire, di mettere a rischio la propria vita e la propria salute. Ma tutto questo non può essere codificato in diritti esigibili. Esistono norme che impongono la cintura di sicurezza e il casco, e che vietano la vendita dei propri organi o il suicidio assistito. Insomma, sono libero di suicidarmi, ma non posso pretendere che il medico, o il Servizio sanitario nazionale, siano obbligati a garantirmi questa possibilità.Qui emerge la consueta propensione dell’integralista alla neolingua. «Libertà», per la Roccella, non significa libertà giuridica ma mera possibilità fisica di compiere un atto: il malato terminale è libero di suicidarsi solo nel senso di avere la capacità di buttarsi dal terrazzo se nessuno è presente, ma non può chiedere a nessuno di aiutarlo a porre fine in modo più umano alle proprie sofferenze e non può nemmeno impedire che qualcuno lo blocchi e lo faccia ricoverare in manicomio. «Diritti» sono solo quelli che possiamo costringere qualcun altro ad erogarci; il libero accordo fra individui resta fuori dall’orizzonte mentale della Roccella – assieme del resto a molte, molte altre cose.
Le persone come la Roccella sembrano essere più interessate ai "diritti" delle malattie e del dolore, piuttosto che al benessere delle persone. Spero che nell'aldilà (se esiste) qualcuno faccia provare a loro, per un adeguato periodo di tempo, le malattie e il dolore che qui vogliono imporre agli altri.
RispondiEliminaScrive su Ffwebmagazine Sofia Ventura: "Un comportamento individuale considerato legittimo dal senso comune – evitare di dare alla luce un bambino condannato a una vita tanto breve quanto contrassegnata dalla sofferenza – è assimilato a piani di manipolazione dell’essere umano su larga scala, allo scopo di delegittimare il primo attribuendogli tutta la mostruosità dei secondi."
RispondiEliminaEbbene, ribaltiamo il discorso.
Comincia ad ammettere che la "manipolazione di un essere umano su larga scala" (che so, farlo diventare un X-man?) implicita in qualsiasi progetto transumanista è "mostruoso", e non ha torto alla fine la Roccella che ne risultano delegittimati anche interventi più paradossalmente ovvi, dal malato terminale all'embrione destinata ad una morte rapida ed atroce.
Chi piega la logica e la coerenza a ciò che il "buon senso" finisce inevitabilmente per dettare anche a lui può essere un compagno di strada, ma in fondo chi ha davvero ragione sono le Roccelle di turno, e credo che l'esperienza storica recente dimostri che il negarlo per presunte esigenze "tattiche" continua a rendere strategicamente perdenti nei confronti di costoro.
Almeno agli occhi di chi non se la sente di farsi prendere in giro su cose tipo "Welby non è eutanasia", etc.
Stefano: questo commento però lo dovresti fare su FfWebMagazine, non qui...
RispondiEliminaStefano: forse Sofia Ventura intendeva riferirsi ai piani di manipolazione su intere popolazioni imposti dall'alto, obbligatori. Che è MOLTO diverso dalle libere scelte personali e per i propri figli.
RispondiEliminaIn ogni caso, il resto del tuo commento non mi è per niente chiaro.
Signori, potete girarci attorno quanto volete, ma il fatto innegabile è che il giudice Antonio Scarpa ha sbagliato due volte. Ha sbagliato innanzitutto perchè ha dato un'interpretazione assolutamente contra legem, in disapplicazione della norma, e questo in un ordinamento di civil law è inammissibile: il giudice le deve applicare, non cambiare, questo è compito del Parlamento. E poi ha sbagliato anche perchè dell'eventuale incostituzionalità di una legge decide la Corte Costituzionale, organo appositamente esistente, e non qualunque magistrato di qualunque tribunale periferico.
RispondiEliminaLa sentenza è uno scandalo giuridico e onestà vorrebbe che lo si riconoscesse.
Se la legge 40 non vi piace cercate una maggioranza democratica in parlamento per cambiarla, oppure provate con un altro referendum. Fino a quel momento la legge si rispetta.
Claudio: può darsi benissimo che la sentenza del giudice sia da censurare sotto il piano giuridico (anche se magari sarebbe il caso di aspettare di leggerla). La lettera della Roccella tocca però il piano morale e scientifico, e su questo ho commentato.
RispondiElimina@Regalzi:
RispondiEliminaHai ragione.
@Anonimo:
Come nota Habermas, quando l'utilizzo di certe tecniche è lecito, l'"imposizione dall'alto" è unicamente necessaria per... vietarle. Già sono pochi i genitori che non vi ricorrerebbero, sarebbero ancora meno quelli che sarebbero disposti ad evitarle per pregiudizio ideologico quando tutti gli altri genitori lo facessero, ponendo così i propri figli in una automatica condizione di inferiorità.
@ClaudioLXXXVI:
RispondiEliminaIl re di Francia prima della rivoluzione regnava per diritto divino, per cui chi l'ha deposto l'ha fatto illegalmente. So what?
sono sempre interessanti tutte queste discussioni fatte di norma da uomini, o da donne ormai in menopausa.
RispondiEliminaGiuseppe, ho cercato in rete il testo integrale della sentenza, ma invano. Ho trovato solo dei passaggi (inquietanti) citati tra virgolette. Sai dove si può leggere il testo?
RispondiEliminaStefano Vaj: so what? SO WHAT? Il principio di legalità, l'articolo 101 della Costituzione, il principio (illuministico, neanche cattolico!) di tripartizione dei poteri, l'ordinamento del civil law. Per te sono tutte quisquilie inutili?
Claudio: che io sappia le motivazioni non sono ancora state comunicate integralmente.
RispondiElimina"Il principio di legalità, l'articolo 101 della Costituzione, il principio (illuministico, neanche cattolico!) di tripartizione dei poteri, l'ordinamento del civil law. Per te sono tutte quisquilie inutili?"
RispondiEliminaTutti principi introdotti per via rivoluzionaria, in violazione della legalità previgente, mi sembra... O no?
Un pizzico di prospettiva ci vuole.