lunedì 24 maggio 2010

Sì, è davvero vita artificiale

C’è un equivoco ampiamente diffuso nei commenti usciti in questi giorni sulla creazione della prima cellula artificiale. L’argomento che si usa è il seguente: il genoma inserito nella cellula di Mycoplasma capricolum è stato creato artificialmente, è vero; ma il resto della cellula – con le sue proteine, i suoi lipidi, etc. – no. Non si può ancora parlare, dunque, di vera vita artificiale. Scrive per esempio Luca Landò sull’Unità di ieri («Quella cellula benedetta dalla Chiesa», 23 maggio 2010, p. 17):
quel batterio è pur sempre un organismo naturale, anche se riveduto e corretto con l’inserimento di un Dna sintetizzato in laboratorio. II geniale e astuto Craig Venter non ha creato la vita, come hanno scritto in molti, ma riprogrammato un batterio gia esistente. Un po’ come mettere un nostro dischetto nel computer del vicino: quello che vediamo sullo schermo è solo merito nostro o anche del vicino che ha messo a disposizione la macchina?
Ora, a cosa serve il Dna di un organismo? Sappiamo tutti che «controlla» la cellula, ma in che modo? La risposta è che il Dna dirige la sintesi proteica: funge in un certo senso da «stampo» per le proteine che compongono la cellula e la fanno funzionare. Cosa è successo allora al batterio cui Venter ha sostituito il genoma? In un tempo relativamente breve, le sue proteine originali, man mano che si usuravano, venivano sostituite da proteine nuove e diverse, costruite a partire dal Dna sintetico, e dunque, per quello che conta, sintetiche esse stesse. Alla fine della cellula di partenza non restava praticamente più nulla. Inoltre la cellula si riproduceva, dividendosi in cellule figlie, in cui le proteine della cellula originale erano sempre più diluite, fino a raggiungere concentrazioni omeopatiche. Quando Venter è andato a guardare, la piastra su cui si trovava l’originario M. capricolum conteneva una colonia di M. mycoides, nella versione modificata. Di nuovo: cellule sintetiche, non semplicemente naturali con un cuore sintetico.
Queste considerazioni si trovano anche nell’articolo originale apparso su Science (D.G. Gibson et al., «Creation of a Bacterial Cell Controlled by a Chemically Synthesized Genome», 20 maggio 2010; corsivo mio):
Chiamiamo una cellula come questa, controllata da un genoma assemblato a partire da frammenti di Dna sintetizzati chimicamente, una «cellula sintetica», anche se il citoplasma della cellula ricevente non è sintetico. Gli effetti fenotipici del citoplasma ricevente vengono diluiti col ricambio delle proteine e man mano che le cellule che recano solo il genoma trapiantato si riproducono. In seguito al trapianto e alla duplicazione su una piastra, fino a formare una colonia (> 30 divisioni, ovvero diluizione > 109 volte), la progenie non conterrà nessuna molecola proteica presente nella cellula ricevente originale. Ciò è stato dimostrato in precedenza, quando abbiamo descritto per la prima volta il trapianto di genoma. Le proprietà delle cellule controllate dal genoma assemblato sono le stesse di una cellula interamente prodotta in modo sintetico (il Dna è un software che costruisce il suo proprio hardware).
Una questione differente è se si possa dire che queste cellule sintetiche siano state create a partire dalla materia inorganica. La risposta è ovviamente negativa: il genoma è stato cucito assieme usando dei lieviti, si è usata una cellula ricevente naturale, etc. Anche se questi passi venissero sostituiti eliminando gli organismi naturali, rimarrebbe sempre il fatto che l’intera procedura non può fare a meno dell’intervento di esseri viventi non artificiali: noi stessi.
Questa impresa inoltre, oltreché praticamente impossibile, sarebbe anche vacua: come scrive Venter, le cellule che ha ottenuto sono identiche a quelle che si otterrebbero con un sistema tutto artificiale; infatti l’eventuale citoplasma artificiale verrebbe in breve tempo completamente sostituito da quello sintetizzato a partire dal Dna. A che scopo allora perseguire una procedura assai più ardua di quella impiegata con successo? Per dimostrare che l’uomo è divenuto come Dio? Ma il compito della scienza non è quello di scandalizzare i creazionisti, per di più mutuandone – e quindi implicitamente convalidandone – le fantasie di una vita creata in un fiat a partire dall’inorganico. Ignoriamoli, e speriamo che anche loro ci ignorino il più a lungo possibile.

13 commenti:

  1. Già. Mi ritrovo perfettamente nella tua ultima frase. Capisco e rispetto l'onestà intellettuale e scientifica che dimostri, ma quando gli ideologi mal comprendono qualcosa a nostro vantaggio, è immorale (o "non etico") lasciarli nel loro equivoco?

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  2. Il buon Berlicche (che ho conosciuto grazie a voi) scrive (http://berlicche.splinder.com/post/22769234/una-promessa-e-una-promessa):

    "In fondo è stato fatto questo: Aggiungere il proprio nome ad un copincolla di cui non si capisce niente."



    La mia risposta è stata più o meno:
    "Craig Venter non ha fatto copia-incolla: ha fatto IL copia-incolla.
    Ha, cioè, implementato la funzionalità di copia-incolla.
    Ha definito la sequenza di operazioni che occorre fare per generare un DNA da 1Mbase ed inserirlo con successo in una cellula"

    In sostanza, l'operazione di Venter non è equivalente a quella che ho fatto io copia-incollando l'url al post di Berlicche.
    E', invece, equivalente al software scritto dai programmatori Microsoft che mi ha permesso di fare quel copia-incolla.



    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

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  3. Parole alate: il problema è che gli ideologi, in questo caso, non hanno mal compreso - o perlomeno, non hanno compreso peggio di altri. Quello che stanno facendo è cercare di sminuire il più possibile la metafora della creazione della vita, in modo da disinnescare una possibile minaccia per le loro credenze (e quindi anche per le loro politiche).

    DiegoPig: se vai a vedere qualsiasi discussione di Berlicche, ti accorgerai che a un certo punto, posto di fronte a una confutazione, tende di solito a ridefinire ciò che sosteneva all'inizio. E' rarissimo che ammetta di avere sbagliato. Chiaramente questo rende i dibattiti con lui piuttosto frustranti... ;-)

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  4. @Giuseppe Regalzi

    "DiegoPig: se vai a vedere qualsiasi discussione di Berlicche, ti accorgerai che a un certo punto, posto di fronte a una confutazione, tende di solito a ridefinire ciò che sosteneva all'inizio"


    E' esattamente quello che è successo nella discussione che ho avuto in quel post.

    Secondo lui, ho frainteso il senso del suo post.
    Quando scriveva: "In fondo è stato fatto questo:Aggiungere il proprio nome ad un copincolla di cui non si capisce niente." intendeva dire "Venter ha implementato una funzione di copia-incolla partendo da un messaggio di cui conosce quantomeno le regole grammaticali"





    Cordiali Saluti
    DiegoPig

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  5. Berlicche è un sanfedista autentico, ma questo sarebbe il meno. E' incapace non semplicemente di ammettere di aver sbagliato (in questo sarebbe in ottima compagnia ovunque), ma persino che chi non la pensa come lui stia tuttavia effettivamente pensando. E i suoi commentatori abituali idem. Una volta - poi non ci sono più tornato - aveva messo un post che mi ricordava irresistibilmente i discorsi che mi facevano gli amici dell'oratorio da ragazzi: gli unici uomini felici sono quelli che credono in Dio. Ora, a parte il fatto che tutta questa felicità io non ce la vedo in soi-disants credenti livorosissimi e polemici come Berlicche e i suoi amici (la gente 'felice' non passa il giorno a criticare, insultare, prendere in giro gli altri) - sembra la tipica 'felicità' delle beghine che non possono più dare il cattivo esempio e dunque rivendicano i piaceri della rinuncia, ma beninteso per tutti, mica solo per sé - obiettai che conosco un sacco di gente 'felice' che non crede e viceversa. Tutti mi dissero che mi sbagliavo, che se non credevano non erano 'veramente' felici, che come facevo a pretendere di conoscere un'altra persona. Allora dissi: be', IO non credo e sono felice. A quel punto mi risposero che non mi conoscevo bene (non citarono il 'conosci te stesso' del dio a Socrate, perché è roba pagana, ma insomma) perché o non ero felice oppure credevo in Dio: tertium, evidentemente, non datur.
    Con una 'logica' di questo genere (del sedicesimo ordine, o del terzo tipo, direi a occhio) si può veramente dimostrare qualunque cosa, altro che Sindone o venter.

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  6. E però il tenutario ha torto a definire la realizzazione di Venter "vita artificiale".

    Una cellula è una cellula, indipendentemente dal modo di produzione del DNA. Non esistono cellule artificiali o naturali.

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  7. "Artificiale" qui è inteso come riferimento al procedimento, non all'esito. Ma non voglio fare questioni di definizioni; il post voleva confutare quanti pensano che della cellula si sia solo sostituito il Dna lasciando invariato il resto, tutto qui.

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  8. Ciao Giuseppe,

    sono d'accordo. A mio parere, tuttavia, è giusto cercare di usare i termini giusti.

    Perchè se tu scrivi "vita artificiale" suona esattamente come una provocazione nei confronti dei credenti.

    E siccome noi vogliamo stimolare un dibattito civile e vogliamo uscire dal muro contro muro delle reciproche provocazioni, mi sembrava opportuno segnalarti una maniera più corretta e conciliante di spiegare la questione.

    Inoltre

    «quanti pensano che della cellula si sia solo sostituito il Dna lasciando invariato il resto, tutto qui.»

    sono nel giusto: Venter ha in effetti "solo" sostituito il DNA, che poi si è occupato di sostituire il resto. Il punto non è eliminare il "sostituito", ma eliminare il "solo".

    Cordiali saluti e buon lavoro
    Stefano

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  9. Beh, io tenderei a guardare all'effetto complessivo. Se accendo una miccia che fa saltare una carica esplosiva non è che poi me la posso cavare dicendo che non ho fatto saltare niente e che ho solo accostato un fiammifero alla miccia...

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  10. ciao
    Sto scrivendo anche io in merito sul mio blog e ho trovato questo post interessante.
    La parte che non mi suona è questa:
    "Questa impresa inoltre, oltreché praticamente impossibile, sarebbe anche vacua: come scrive Venter, le cellule che ha ottenuto sono identiche a quelle che si otterrebbero con un sistema tutto artificiale; infatti l’eventuale citoplasma artificiale verrebbe in breve tempo completamente sostituito da quello sintetizzato a partire dal Dna. A che scopo allora perseguire una procedura assai più ardua di quella impiegata con successo?"
    Lo scopo sarebbe il medesimo che ha portato alla sostituzione del DNA, a mio avviso, perchè stando a questo assunto anche quella potrebbe essere tacciata di "procedura assai più ardua" rispetto che lasciare le cellule così come stanno.
    Insomma, secondo me la portata della scoperta non sta tanto in quanto è sintetica la cellula, quanto in quanto è vicino l'uomo a capire i meccanismi della vita.

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  11. "stando a questo assunto anche quella potrebbe essere tacciata di "procedura assai più ardua" rispetto che lasciare le cellule così come stanno."

    Eh, ma se lasci le cellule così come stanno non potrai mai fargli produrre - com'è nei piani di Venter - biocarburanti o altre cose interessanti.

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  12. @mang

    "Insomma, secondo me la portata della scoperta non sta tanto in quanto è sintetica la cellula, quanto in quanto è vicino l'uomo a capire i meccanismi della vita."

    Personalmente credo che la portata della scoperta sia più tecnologica che filosofica o "scientifica" nel senso di ampliare le conoscenze.


    In sostanza, quello che Venter ha fatto è equivalente ad inventare il microscopio, oppure il laser.
    Entrambe queste scoperte non hanno "ampliato la conoscenza" con la loro mera esistenza. Sono, invece, strumenti che hanno permesso di ampliare la conoscenza e manipolare la natura.

    A pensarci, forse il paragone con il laser è particolarmente azzeccato.
    Il laser è stata un'invenzione straordinaria sia per le applicazioni in cui viene utilizzasi che per gli esperimenti che ha permesso di condurre e le scoperte che ha permesso di fare.



    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

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  13. Concordo con DiegoPig.

    Stefano

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