lunedì 22 novembre 2010

Il papa, il preservativo e il male minore

Vorrei tornare con più calma – anche per rispondere a qualche garbata critica – su un aspetto importante della questione delle presunte ‘aperture’ papali sul preservativo. Perché, come dicevo ieri, concedere che per un prostituto omosessuale sieropositivo sia lecito usare il profilattico (allo scopo di evitare di contagiare il proprio cliente) costituisce un’apertura tutto sommato assolutamente marginale da parte di Benedetto XVI?
Possiamo partire dal documento del magistero ecclesiastico che ha condizionato più di tutti la dottrina in materia di contraccezione: l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI, che risale al 1968. Ecco cosa si afferma al punto 14 dell’enciclica (corsivo mio):
È altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. Né, a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna scegliere quel male che sembri meno grave […]. In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali.
Come ribadirà ancora Elio Sgreccia nel suo Manuale di bioetica (4ª ed., Milano, Vita e Pensiero, 2007, vol. I p. 259),
quando si tratta di due mali morali, l’obbligo è di rifiutarli entrambi, perché il male non può essere oggetto di scelta e ciò anche quando, rifiutando quello che si presenta come il male minore, si provocasse un male maggiore.
È in base a questo principio, per esempio, che la Chiesa rifiuta l’aborto anche se compiuto per salvare la vita alla madre: si può forse ammettere che la morte di una donna che deve magari accudire altri bambini sia un male maggiore della morte di un feto, ma non è comunque lecito compiere ciò che la dottrina cattolica considera un male. Nel caso del preservativo (e della contraccezione in generale) il male – per la dottrina cattolica – consiste nell’impedire che la «finalità intrinseca» dell’atto sessuale, e cioè la procreazione, possa compiersi. Non importa se il contagio dell’Aids possa essere considerato un male maggiore di questo: il male non si deve mai scegliere, e quindi la Chiesa proibisce il preservativo anche nel caso in cui uno dei due coniugi sia sieropositivo. Naturalmente le gerarchie cattoliche si rendono conto che questo tipo di argomenti non ha molta presa sulla mentalità moderna (e anzi rischia di suscitare un senso spontaneo di ripulsa in chi lo ascolta); hanno dunque preferito affidarsi alla retorica del preservativo che non funziona e anzi «peggiora le cose», di più sicuro effetto, anche se alla lunga controproducente (cosa succede quando alla fine la gente si convince che il preservativo invece funziona davvero?). Ma le basi dottrinali del rifiuto del profilattico rimangono ancora quelle della Humanae vitae.

Veniamo ora al caso in esame. Se il papa avesse davvero detto che una prostituta può chiedere ai propri clienti di usare il preservativo per proteggersi dall’infezione dell’Hiv, avrebbe con ciò ammesso che un male minore – la prostituta non può più rimanere incinta dei suoi clienti – è preferibile a un male maggiore – la prostituta alla lunga rimarrà contagiata e, soprattutto se non ha accesso ai farmaci moderni, morirà. Avrebbe quindi negato uno dei principi più importanti della bioetica cattolica; e anche se un’intervista non può paragonarsi a un atto solenne del magistero, e non ha quindi valore dottrinale (il papa non parla qui ex cathedra, e non può quindi essere ritenuto infallibile), si sarebbe trattato comunque di un’affermazione clamorosa.
Ma nel caso del prostituto omosessuale viene a mancare uno dei termini di paragone: qui, infatti, usare il preservativo non fa deviare l’atto sessuale da quello che per la Chiesa è il suo fine: quell’atto, per la Chiesa, è già deviato; l’alternativa al male maggiore (il contagio), quindi, non è un altro male, neppure minore. Il prostituto sta comunque commettendo un male (perché è omosessuale e perché si prostituisce), ma si tratta di un male che avrebbe commesso ugualmente anche senza profilattico; non è un male alternativo. I filosofi morali cattolici potrebbero forse avere ancora da ridire, ma il pensiero papale non va manifestamente contro la dottrina.

Tutto bene, dunque (almeno al netto del disastro mediatico)? C’è per la verità un punto ulteriore che dà da pensare. Più avanti nel libro-intervista il papa afferma:
Le prospettive della Humanae vitae restano valide, ma altra cosa è trovare strade umanamente percorribili. Credo che ci saranno sempre delle minoranze intimamente persuase della giustezza di quelle prospettive e che, vivendole, ne rimarranno pienamente appagate così da diventare per altri affascinante modello da seguire. Siamo peccatori. Ma non dovremmo assumere questo fatto come istanza contro la verità, quando cioè quella morale alta non viene vissuta. Dovremmo cercare di fare tutto il bene possibile, e sorreggerci e sopportarci a vicenda. Esprimere tutto questo anche dal punto di vista pastorale, teologico e concettuale nel contesto dell’attuale sessuologia e ricerca antropologica è un grande compito al quale bisogna dedicarsi di più e meglio.
Qui sembra, almeno all’inizio (e sempre che la traduzione italiana non sia di nuovo difettosa), che il papa stia dicendo che il rigorismo dell’enciclica montiniana non è accessibile a tutti nella Chiesa; ma poi il discorso si fa oscuro e – almeno per me – indipanabile; non sono sicuro di che cosa voglia dire. Un punto di cui forse si parlerà ancora – ma stavolta, c’è da scommetterlo, a porte ben chiuse...

Aggiornamento: un punto di vista analogo al mio (anche se proveniente da tutt’altra sponda) è presentato nel blog Messa in latinoIl Papa sui profilattici: parole di buon senso», 21 novembre):
Da notare che il testo dell’Osservatore parla di “una prostituta”. Per contro i dispacci di agenzia in inglese, e di conseguenza i commentatori stranieri, riportano allo stesso punto del discorso la locuzione “male prostitute”. La differenza non è di poco conto, poiché nel caso di un rapporto tra uomini l’utilizzo del profilattico non suscita il problema morale (ulteriore rispetto alla grave peccaminosità intrinseca della fornicazione, per giunta contro natura) dell’utilizzo di un sistema anticoncezionale, non essendovi in quel caso alcuna potenzialità procreativa. Non così, invece, nel meretricio secondo natura: in effetti il preservativo in questo caso ha una funzione, oltre che protettiva dal contagio, pure anticoncezionale, lo si voglia o meno.

5 commenti:

  1. Post veramente interessante grazie sono ufficialmente un vostro follower ^^

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  2. c'e' un altro aspetto che non mi ha mai convinto in questo tipo di ragionamenti: e' veramente possibile non scegliere?
    non fare nulla per evitare il male maggiore non e' forse comunque una scelta?
    se possiamo peccare anche in "omissioni", come possiamo sostenere di non aver responsabilita' nell'alzare le mani e lasciare accadere A invece che B?

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  3. La ricostruzione mi sembra coerente, ma come pensa la Chiesa di riconciliare questo punto di vista con l'ammissione dell'inevitabilità della pena di morte in casi tanto estremi da non lasciare alternativa? E con un punto di vista simile sulle guerre? In quei casi essa sembrerebbe ammettere che un male può essere eseguito se all'orizzonte si prospettasse una tragedia più grande. A me sembra che nel caso della morale dei comportamenti sessuali si sia voluto enunciare una regola generale, che in realtà è costruita appositamente per il particolare.

    Sull'ultimo pezzo: a me sembra che dica che essendo peccatori, anche i cattolici sono tentati dal seguire strade diverse da quelle proposte dalla verità. Quando lo fanno, in questo caso, l'appagamento (anche spirituale?) che ne traggono può trarli in inganno facendo loro credere che la loro scelta sia anche moralmente giusta, e al tempo stesso la cosa può per questo motivo diventare accattivante anche per altri fedeli. Ma queste circostanze non possono essere trasformate in verità, smentire il magistero. Sarebbero solo (forse) una manifestazione di qualcosa di antropologico, qui forse psicologico. C'è una sorta di comprensione alla luce di questo, accompagnata da una netta smentita: "capiamo o stiamo cercando di capire cosa vi attragga verso quelle scelte, e capiamo che il peccato si consuma in buonafede, ma continuiamo a richiamarvi al fatto che fate peccato e che continuiamo ad essere sempre noi a stabilirlo". Sempre, come da tradizione recente, il bastone e la carota.

    Se devo essere maligno, qui si potrebbe voler celare anche una forma di doppiopesismo: il buon cattolico che fa sesso con il proprio coniuge è peccatore, ma lo fa (se è parte di una certa "minoranza") perché attratto da una prospettiva che in superficie appare del tutto appagante e giusta. Per chi non è fedele questa "scusante" potrebbe non applicarsi: lui lo farebbe comunque per bieco e banale "relativismo", per leggerezza. Mi si potrebbe controbattere che Ratzinger non fa questa precisazione e potrebbe rivolgersi a tutti gli appartenenti alla comunità. Ma come si spiegherebbe quel "minoranze"? A me sembra che voglia comunque dire che solo alcuni sbagliano nel "giusto".

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  4. La chiesa non capisce NULLA di sessualità umana. E come potrebbe, arroccata com’è sui pregiudizi sessuofobici del sociopatico paolo di Tarso, vissuto 2000 anni fa? La sessualità umana è buona, non è peccato,il peccato lo fa chi la demonizza, chi la riduce a procreatività, facendo degli esseri umani animali da monta! Buttiamo nell’inceneritore della storia la morale immorale della chiesa cattolica, e apriamomoci a una visiona SANA della sessualità come espressione d’amore e d’affetto, come gioco innocente, come una fondamentale ricchezza dell’essere umano! La morale sessuale cattolica è patologica, e il suo frutto più perverso è la pedofilia dei preti cattoli

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