venerdì 14 gennaio 2011

Prolungare la volontà

Maurizio Mori interviene sulla sentenza di due giorni fa del Tribunale di Firenze, che ha accolto la richiesta di un cittadino di delegare al proprio amministratore di sostegno le decisioni di fine vita qualora egli non fosse più in grado di esprimerle («Biotestamento c’è un giudice a Firenze», L’Unità, 13 gennaio 2011, p. 19).
Più che insistere sugli aspetti giuridici e tecnici della questione, è bene chiarire il fondamento etico filosofico che sta alla base della sentenza di ieri del Tribunale di Firenze e delle altre richieste in materia. Il punto di partenza è che il consenso informato costituisce il presupposto e il fondamento dell’attività clinica. Non è permesso tagliare neanche un capello senza il consenso dell’interessato, perché la volontà è ciò che presiede e regola gli interventi sul proprio corpo. Se la persona cosciente e capace di intendere e di volere ha il diritto di rifiutare le terapie non volute, non si vede perché questo diritto venga meno ove l’interessato diventi incapace. La perdita di coscienza non dissolve né volatilizza la volontà dell’interessato. Essa permane anche quando l’individuo non è più in grado di manifestarla. Si opererebbe una discriminazione non riconoscendo all’individuo la possibilità di fare in modo che la propria volontà si prolunghi anche dopo la perdita della coscienza.

86 commenti:

  1. L’intervento di Maurizio Mori sull’Unità puntualizza, in occasione della sentenza che ha riconosciuto lecito l’impiego dello strumento dell’amministrazione di sostegno, un aspetto che sta a cuore ai sostenitori dell’autodeterminazione in relazione al fine vita.
    Si potrà essere del tutto o in parte in disaccordo con tale punto di vista, ma anche quelli che invece lo sostengono dovrebbero tener presente che l’impiego dell’istituto menzionato costituisce un uso improprio dello stesso al fine di ottenere quello che si dovrebbe ottenere tramite il testamento biologico.
    Per questo mettere sullo stesso piano, come fa Mori,”l’amministratore di sostegno, il testamento biologico e le altre forme di direttive anticipate” non mi sembra ortodosso.
    E’ anche vero che la legge sulle D.A.T. non è ancora ultimata (forse la sentenza di Firenze vuol essere l’ennesimo stimolo, ma ne dubito) e non riscuote successi (da parte di Mori, così concepita,date le sue premesse, non li riscuoterà mai) ma sarebbe quella la sede giusta per far valere la propria volontà.
    Sempre che si sia arciconvinti che le direttive anticipate come prolungamento del consenso informato (dopo che il soggetto è divenuto incapace) possano far superare l’incognita di fronte alla quale ci si trova quando, dopo aver considerato una certa prospettiva da sani, si vive la situazione in prima persona (e si potrebbe voler “ripensarci”)

    biolove

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  2. Argomenti inappuntabili quelli di Mori... che ragionevolmente non tengono conto di quanti non aspettano altro che subentrare alla volontà altrui per dominarla. E' questa la tragedia che in fin dei conti rivela la povertà di quanti non riconoscono una volontà che perdura agli eventi accidentali.

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  3. @ Antonio

    dato l'orientamento che vedo espresso nel suo blog mi pare di cogliere il tono ironico delle sue considerazioni sul dominio della volontà altrui.
    Beato lei che è così sicuro.
    Mettersi nei panni di un altro se stesso alla prova dei fatti, per parte mia, è una cosa che non ritengo augurabile.
    Specie se ci si rende conto di essersi "sbagliati" e magari restare inchiodati alla propria stessa volontà.
    Nella giurisprudenza americana vi sono casi di soggetti dei quali è stata rispettata la volontà pregressa (leggasi desidero morire) quando si potevano nutrire dubbi che fosse rimasta immutata.

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  4. @ Biolove
    Nessuno la obbligherà a sottoscrivere un testamento biologico, quindi perchè si preoccupa tanto? Le dà fastidio che invece altre persone abbiano la volontà o il coraggio di fare delle scelte e di metterle per iscritto, e che queste scelte vengano rispettate? Cosa le impedisce di preoccuparsi della sua vita anzichè di quella degli altri?

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  5. @PG

    Non so se ha colto esattamente il senso delle mie parole.
    A parte la preoccupazione, qui, per un giudice che fa la legge invece di applicarla, autorizzando l'uso improprio di un istituto nato per altri fini, riguardo alle direttive anticipate la preoccupazione non è circa il contenuto delle stesse (che potrà essere benissimo all’insegna della rinuncia allecure), ma per l’assolutizzazione (che fa Mori) del principio per cui le direttive anticipate sono il prolungamento del consenso informato. Qui è in gioco la volontà di una persona rispetto a se stessa (e non rispetto ad altri) : a come immaginava se stesso da incapace e come si trova poi a vivere quella situazione. La volontà e il coraggio di fare delle scelte irreversibili potranno valere per determinate persone ma non si può ignorare che possono esservene altre (fossero pure di meno) che, sperimentando date situazioni prima solo immaginate, non vogliono rinunciare all’aiuto e alla solidarietà umana

    biolove

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  6. @biolove, nessuna ironia in questo caso, purtroppo. Solo fredda considerazione di natura antropologica. Possiamo articolare il discorso come e quanto ci pare ma alla radice di certe discussioni io ci vedo il seme malato del dominio, magari camuffato da com-passione. Il testamento biologico riporterebbe la mia volonta e piaccia o no dovrebbe essere l'ultima parola sul mio corpo. E' possibile che io cambi idea quando non sarò più in grado di manifestarlo ma questo non dovrebbe autorizzare nessuno a subentrare alla mia volonta espressa perché in tal caso si darebbe per certo un cambiamento di orientamento che per me è solo probabile.

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  7. @Antonio
    Prendo atto del tono non ironico delle sue affermazioni (del resto l’argomento è del tutto serio), ma lei mi conferma di aver ben individuato, da parte sua, un atteggiamento di difesa del principio di autodeterminazione (in ipotesi, anche dovesse cambiare la volontà e si fosse impossibilitati a comunicarlo).
    Da una parte è evidente che va tutelato chi ritiene di avere le idee chiare e confida nel testamento biologico quale strumento valido per rendere effettiva la propria volontà anche in stato di incapacità.
    Tantopiù che la forma scritta e tutte le altre formalità da rispettare dovrebbero (condizionale d’obbligo) venire incontro a questa esigenza di tutela assistita dal diritto.
    Ma una legge in materia fatta veramente bene non dovrebbe tralasciare di prendere in considerazione altri casi che sono sempre più attuali (e che con l’evoluzione della scienza, in ogni caso, se non previsti, potrebbero comportare in ogni caso la necessità di una modifica del dettato normativo), e cioè la realtà di sempre più soggetti che, dati come privi di coscienza in maniera assoluta, si rivelano in realtà dotati di una seppur minima coscienza (ha fatto discutere il caso del belga Rom Houben).E allora, rispetto a questi casi, non si possono chiudere gli occhi e far finta che non vi siano. Soggetti che si sono affidati alle direttive anticipate, trovandosi poi in quello stato, possono magari voler comunicare e non restare inchiodati ad una auto-condanna frutto della loro prospettiva da “sani”.Sono aspetti su cui occorrerebbe riflettere, a proposito di “ultima parola”.

    biolove

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  8. @biolove

    Ma la differenza tra legge e diritto la conosce per caso?
    Sono un biologo e ho una qualche conoscenza della velocita' ma soprattuto del modo in cui lil progresso scientifico oggi si realizza e pensare che la legge lo debba seguire e´pura utopia per pure ragioni pratiche. Vorrebbe dire che il Parlamento dovrebbe occuparsi solo di questo e non basterebbere il tempo.
    Si possono fare delle leggi di principi generali che tengono conto dei progressi ma pernsare che ad ogni nuova scoperta o applicazione il legislatore debba interveniere e´pura e assoluta follia.
    Sul testamento biologico,visto che vivo in Germania, io sto (mi costa dirlo) dalla parte del primate cattolico di Germania.
    Si cerchi su internet il testo e´ una lettura interessante.

    Saluti

    Simone

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  9. @ Simone
    Sig. Simone
    Non sono sicuro che lei sia la stessa persona con cui ho scambiato commenti nel post sui matrimoni omosessuali (potrebbe darsi omonimia),ma se è lo stesso devo sottoporre all’attenzione del moderatore che lei continua a rivolgere parole offensive (detrattorie : Ma la differenza tra legge e diritto la conosce per caso?), come anche altri utenti hanno denunciato.
    Dire che è pura follia che la legge segua in qualche modo il progresso scientifico lo trovo esagerato (c'è il caso recente della sentenza TAR Lombardia sui termini dell'aborto, molto discussa). Concordo sul fatto che la legge debba stabilire principi generali, senza legare le mani, tra gli altri, agli operatori del settore sanitario (e nei precedenti commenti a quello mi riferivo).Ma il diritto non fa altro che seguire la realtà nel porre dei principi e se la realtà muta essi vanno dietro a quella (e non nel senso perpetuazione di quel diritto stesso).Le chiedo se non trova ragionevole che vengono discriminati dei soggetti (in una questione di vita e di morte) per la volontà espressa su un pezzo di carta non più attuale quando magari si può comunicare con loro solo con mezzi ben più sofisticati (e si scopre che quei soggetti vogliono vivere).Cosa ne pensa ?
    Lei vive in Germania.Questo blog si interessa di casi bioetici di ogni dove, ma non ignori il fatto che oggetto del post è la nostra realtà (italiana), ispirandosi al caso della sentenza sull’amministratore di sostegno.
    E poi se vogliamo il respiro “internazionale” (modestia a parte !) di quel che propongo viene dal caso di un vostro “vicino” belga.
    Se poi lei trova interessanti ad es. le osservazioni di Hans Küng, libero di seguirlo, ma non fornisca a me indicazioni di lettura perché letture per me “indigeste” ne faccio abbastanza.

    cordialmente,
    biolove

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  10. @ BIOLOVE

    se si sente offeso non ci posso fare nulla. Me ne dispiaccio ma esprimo il mio parere come ritengo piu' opportuno. Se il moderatore vorra' censurare i miei interventi lo fara'.

    Sul testamento biologico le ripeto la mia posizione. Io vorrei in Italia poter sottoscrivere lo stesso testamento biologico che ha sottoscritto il Cardinale Karl Lehmann

    "Nel caso in cui io non possa più manifestare ed esprimere le mie volontà dispongo: Non debbono essere intraprese nei miei confronti misure di prolungamento della vita se, secondo la migliore scienza e conoscenza medica, è attestato che ogni misu-ra di prolungamento della vita è senza prevedibile miglioramento e che dilazionerebbe solo la mia morte.

    Trattamenti e accompagnamenti medici, così come un'assisten-za premurosa, debbono in questi casi essere indirizzati a ridurre i dolori, l'agitazione, la paura, l'affanno, anche quando non si possa escludere che il necessario trattamento antidolorifico possa abbreviare la vita. lo vorrei poter morire con dignità e pace, per quanto possibile vicino e in contatto con i miei parenti, le persone care e nell'ambiente che mi è familiare."
    Gennaio 2009
    Cardinal Karl Lehmann presidente della Conferenza episcopale tedesca, cattolico
    Manfred Kock presidente del Consiglio delle Chiese Evangeliche in Germania, protestante


    Küng come sa bene non rappresenta affato la linea ufficiale della Choiesa Cattolica dopo la revoca dell´autorizzazione ad insegnare teologica nel 1979!

    Ignoro quale sia la posizione del belgio ma consoce la situzaioen olandese, coa che l´informazione in Italia stravolge completamente.

    Simone

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  11. @Simone

    Mi chiede se mi sento offeso : ci ho fatto l’abitudine, ormai, ma forse lei non si rende conto che spesso usa toni alquanto supponenti.
    E’ interessante che lei abbia precisato la sua posizione, facendo riferimento alla posizione del (ex) presidente della Conferenza episcopale tedesca, Cardinale Lehmann (peraltro qui non pretendo di insegnare a lei che vive in Germania, ma mi risulta che “primate cattolico di Germania”, come si esprimeva prima, sia l’Arcivescovo di Salisburgo Alois Kothgasser) e del protestante Kock.
    Su Küng la mia era una provocazione (più che consapevole), ma se comunque il suo pensiero si spinge più in là di quello da lei approvato, nell’accettazione dell’eutanasia, quello di Lehmann-Kock giustamente è all’insegna del rifiuto dell’accanimento terapeutico,e allora non capisco quel “mi costa dirlo” quando dice di stare "dalla parte del primate cattolico di Germania”.Forse non ne è troppo convinto o trova in questo dalla sua parte un religioso pur sentendosi lei essenzialmente laico?
    Poi prendere Lehmann quale custode dell’ortodossia cattolica non mi sembra proponibile se è vero che “Nel 1994 ammise sotto certe condizioni i divorziati alla comunione sacramentale, ma fu subito fermato dall'intervento della Santa Sede. L'anno successivo i fedeli tedeschi (che poi confuiranno nel movimento Noi Siamo Chiesa) che chiedevano riforme quali il sacerdozio femminile e il matrimonio per gli ecclesiastici ottennero udienza dal vescovo Lehmann.
    … Nel 2000 fu al centro di una polemica per la sua opposizione a Giovanni Paolo II sul tema dell'aborto… Secondo alcune fonti giornalistiche il presidente della Conferenza episcopale tedesca avrebbe addirittura chiesto le dimissioni del Papa.La vicenda si chiuse con un'ingiunzione del Papa, dopo la quale i consultori cattolici non hanno più potuto emettere il certificato richiesto per ricorrere all'aborto in una struttura pubblica.”

    (Fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Lehmann)
    Non mi ha risposto alla domanda su casi come quelli del belga Houben (emblematico delle sempre più diffuse erronee diagnosi di stato vegetativo quando si tratta invece di minima coscienza; in Italia almeno il 40 %)
    http://www.corriere.it/salute/09_novembre_24/paziente-cosciente-23-anni-coma_9de9d174-d8e7-11de-a7cd-00144f02aabc.shtml
    http://de.wikipedia.org/wiki/Rom_Houben
    E riguardo all’idea che si ha in italia dell’Olanda (immagino in relazione all’eutanasia) offende l’intelligenza degli Italiani se pensa che trattiamo l’argomento con superficialità.

    Cordialmente,
    biolove

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  12. @Biolove
    Per puntiglio.... abbia pazienza, si è già accorto che sono pedante... :-)

    Forse mi sbaglio, ma mi sembra che Lehamann non le stia molto simpatico.
    Però, francamente, in quel che dicono i tedeschi non mi pare che ci sia assolutamente nulla di contrario alla dottrina cattolica.
    Anche la famosa faccenda dei consultori cattolici era un problema pastorale, mica dogmatico. La Chiesa tedesca, stringendo un po', sosteneva che era preferibile essere abilitati a rilasciare il certificato, ma poter parlare con le madri in difficoltà; la Santa Sede opinò (anticipando la FIOM ;-) ) fosse meglio non sporcarsi le mani.
    Ma questo non è un problema dogmatico, è un problema pastorale.
    etienne64

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  13. @etienne64

    L’ha detto lei che le piacciono le puntualizzazioni e io accolgo la sua garbata precisazione sulla vicenda che ha contrapposto la Santa Sede e l’arcivescovo Lehmann.
    Tuttavia non si dimentichi che io ho richiamato quello ed altri aspetti all’interno di una risposta a Simone che in precedenza aveva riportato la dichiarazione congiunta Lehmann-Kock sul testamento biologico,conforme al rifiuto cattolico dell’accanimento terapeutico.
    Ho riportato però apppunto altri aspetti, tratti da wikipedia, che evidenziano come Lehmann non possa propriamente definirsi un cattolico dogmatico, ortodosso (è ritenuto tra i cardinali più “progressisti”).Si potrà ritenere che è un punto di vista più vicino alla gente, il suo, di cui l’approccio pastorale risente.
    Ma proprio per questo emerge il contrasto con la Chiesa Ufficiale (ovvero la Santa Sede, nella richiesta del sacerdozio femminile e del superamento del celibato, delle dimissioni del Papa nel 2000,di quelle in relazione al caso Williamson dopo la riammissione dello stesso ad opera del Papa attuale …).
    Per questo chiedevo a Simone (che pensavo semmai più vicino a Küng in considerazione delle sue posizioni “laiche” espresse in altri post) di precisare il suo pensiero che lui dice richiamarsi al Cardinale di Magonza, da lui presentato come “organico” al pensiero della Chiesa (per il biotestamento) quando invece, per gli aspetti che sopra facevo notare, se ne distanzia (e non meno del teologo Küng , di cui mi ricordava la revoca dell´autorizzazione ad insegnare teologia dal 1979).

    Peraltro, notando come stiamo finendo gradualmente off-topic, volevo invece riportare un link sul tema di questo post :
    Testamento biologico per sentenza-Così i giudici uccidono la vita e il diritto di F.D’Agostino
    http://www.medicinaepersona.org/resources/articolo/N12d844544a7eb5ecf3c/N12d844544a7eb5ecf3c/11-cos__i_giudici.pdf
    In più, su un caso simile a quello Houben :
    http://www.ilsussidiario.net/News/Politically-Incorrect/2010/10/12/IL-CASO-Graham-era-in-stato-vegetativo-come-Eluana-ora-corre-in-macchina/1/118898/

    Cordialmente,
    biolove

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  14. Biolove: il secondo articolo del Sussidiario è semplicemente vergognoso. Dire di una persona locked-in, sulla cui diagnosi non sembrano esserci mai stati dubbi, che si trovava "in quella condizione che i giudici della prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano avrebbero considerato «vita non degna di essere vissuta», in quanto priva di una «pienezza di facoltà motorie e psichiche»" è al limite della diffamazione. Questa è davvero spazzatura propagandistica.

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  15. @G.Regalzi

    In relazione alle sue osservazioni sull’indecenza del richiamo, nel link sopra riportato, delle parole del decreto 9 luglio 2008 sul caso Englaro («vita non degna di essere vissuta» in quanto priva di una «pienezza di facoltà motorie e psichiche» ; la frase precisa della Corte d'Appello di Milano si riferisce alla concezione, attribuita ad Eluana, di una vita degna solo se vissuta con pienezza di facoltà motorie e psichiche), può essere contestabile il fatto che lo stato in cui versava Eluana Englaro non è paragonabile, per decorso del tempo, a quello di Graham (locked-in e ripresosi dopo 6 mesi), ma io, se mi permette,lo scandalo lo trovo nel fatto che Graham percepiva di essere «left to die», lasciato morire dallo staff medico e non trovo meno scandalosa la sentenza C.Cass. del 2007(e l’ho già detto), del tutto costruita a sostenere e rendere possibile il sacrificio ideologico di Eluana, con la previsione dei famosi due presupposti, di cui quello a base scientifica (supposta) chiamato “stato vegetativo permanente” (dizione superata) e descritto richiamando letteratura medica assolutamente mirata, minoritaria e comunque superata. Senza contare che il padre, che semplicemente non accettava di vedere in vita la figlia così,irrecuperabile a quella che era prima dell’incidente (cosa che ha sostenuto aver detto lei stessa, anche se le testimonianze addotte giudizialmente lasciano dubbi che non ve ne fossero altre discordi),ha sempre rifiutato accertamenti più approfonditi (e tenuto la stessa linea difensiva del suo punto di vista anche quando quei mezzi potevano impiegarsi,se si fosse voluto, ad es. la risonanza magnetica funzionale, da alcuni anni)con cui si poteva forse smentire la sicumera sulla presunta irreversibilità di quello stato.
    Non è propaganda in ogni caso citare il 40% di diagnosi errate dietro gli s.v.p., non meno di quanto, allora, può essere propaganda lo spot pro eutanasia col suo 67 % di italiani favorevoli

    cordialmente,
    biolove

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  16. Biolove: grazie per il riassuntino del caso Englaro; ma tutto ciò che ha a che fare con la pornografia integralista del Sussidiario?

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  17. @ biolove

    sincermante a me delle diatribe interne alla Chiesa Cattolica interessa assolutamente nulla.
    Volevo solo farle notare che lei ha attaccato Lehman ma non quello che ha sottoscritto. Classico esempio di chi non avevndo argomenti contro un avversario prova a screditarlo.


    Io mi faccio una semplice domanda:

    perche' quando sono cosciente un medico senza il mio permesso informato non puo´nemmeno auscultarmi con uno stetoscopio e quando non lo sono puo´fare tutto quello che vuole sul mio corpo anche se ho lasciato chiaramente scritto le mie volonta'?


    Simone

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  18. @ biolove

    Solo qualche puntualizzazione su Lehamn.
    "Nel settembre del 1987 viene eletto presidente della Conferenza episcopale tedesca, incarico che gli sarà riconfermato nel 1993, nel 1999 e nel 2005."

    Se i vescovi lo hanno eletto per 4 volte qualcuno avra´ pure rappresentato le pare?

    E´stato inoltre per 10 anni membro della Congregazione per la Dottrina della Fede di cui era prefetto l´attuale Papa. Si e´allevato il diavolo in casa?

    Ma le ripeto a me di Lehman non interessa assolutamento nulla. Volevo solo far notare come la supposta unita' della posizione della Chiesa e´assolutamente aleatoria. Si immagina qualche politico italiano che si definisce cattolico (salvo poi essere divorziato) se gli/le fosse chiesta un opione su quel documento che non e´come lei vuol passare il riaffermare il rifiuto dell´accanimento terapeutito.
    Dire che si possono prescrivere antidolorifici anche sapendo che possono causare la morte e´molto di piu' che rifiuto di accanimento terapeutico.

    Simone

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  19. @Simone

    Non ho criticato il contenuto del pensiero di Lehmann riguardo al rifiuto dell’accanimento terapeutico perché riguardo a ciò sono d’accordo e lo è anche la Chiesa cattolica (a proposito : se vede il Catechismo della Chiesa cattolica parla esattamente della possibilità che sopraggiunga la morte, nel ricorso alle cure palliative, ammesse dalla Chiesa stessa in alternativa all’eutanasia).
    Mentre per altri aspetti in cui il suo pensiero e/o la sua attività pastorale evidenzia delle difformità mi sembra di averlo sottolineato (o forse si riferisce al fatto che non sono contrario alle unioni omosessuali? E’ un mio punto di vista personale).
    Quanto alle vicende di Lehmann, al suo rapporto con il Papa e la Chiesa,in seno ad essa è immaginabile che vi siano posizioni più “avanzate”, ma quelle di Lehmann mi sembrano esserlo particolarmente (sacerdozio famminile, abolizione del celibato) e inoltre si pone spesso in chiave polemica (indice non proprio di organicità rispetto alla S.Sede).

    Una possibile risposta alla sua domanda sul perché gli atti di disposizione sul proprio corpo valgono in sostanza rispetto a una persona cosciente ma non più quando si diventa incoscienti è che il soggetto incosciente richiede una maggiore tutela proprio in ragione della condizione in cui si trova e per il fatto che non si può comunicare con lui per sapere (al di là di quello che possa aver lasciato scritto) cosa intende fare della sua vita.
    Lo so che è una prospettiva che a chi ha le idee chiare fin dall’inizio appare assurda ma quando si pongono alcuni limiti è soprattutto per quello (un po’ come nella previsione che il rapporto sessuale con un minorenne, al di sotto di una certa soglia di età, è equiparato ad uno stupro, a prescindere da un eventuale consenso)
    Si pensi alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (2007) che, dietro l’onda emotiva del caso di Terri Schiavo (e per evitare il ripetersi di casi simili) stabilisce che a un disabile incapace di provvedere a se stesso non si possano far mancare acqua e cibo.
    Chi critica l’art.25, che stabilisce ciò, osserva che non si fa riferimento alcuno alla volontà del disabile che può essere anche contraria. E nemmeno questo bisogna ignorare.
    I progressi della scienza in questo settore non sono da sottovalutare né da denigrare e da essi potrebbe arrivare in un futuro prossimo (in certi casi già oggi) la soluzione a molti di questi casi : poter comunicare con i diretti interessati e decidere come loro stessi vogliono

    cordialmente,
    biolove

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  20. @G.Regalzi

    Potrebbe aiutarmi (a me che ritengo di aver fatto un riassuntino tutt’altro che scontato del caso, perché molte delle cose che ho detto alcuni non le onsiderano nemmeno rilevanti, riguardo al caso Englaro) a capire meglio (al di là della prima impressione) cosa c’è di pornografico nell’articolo?
    C'è anzitutto l’impiego dell’espressione, di sapore nazista, “vita non degna di essere vissuta”.Ma sono esattamente le parole usate dalla Corte (per descrivere la concezione di vita di Eluana).
    Penso sia innegabile che vi è molta ipocrisia in questo ambito (e non voglio dire che stia tutta da una parte) : molto meglio chiamare le cose con il loro nome, anche se scomodo, se ci si intende, e se la sostanza di alcuni fenomeni è quella.
    Perché ad es. non ci si può neppure domandare (pena incidenti diplomatici come quello Giovanardi-Olanda di alcuni anni fa) se l’eutanasia di Stato strisciante verso cui ci stiamo dirigendo è meno riprovevole quando proviene dai nostri Stati democratici, rispetto allo Stato nazista da cui si rifugge il confronto, per quell’aspetto?
    http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-leutanasia--cattivasolo-quando--nazista-453.htm

    cordialmente,
    biolove

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  21. Biolove:

    le parole in questione, "vita degna solo se vissuta con pienezza di facoltà motorie e psichiche", riassumono secondo la Corte il pensiero di Eluana; lei mi sta dunque dicendo che la Englaro era una nazista? In nessun caso, comunque, si può sostenere che la Corte abbia sentenziato che siccome la donna non era nella "pienezza di facoltà motorie e psichiche" dovevano esserle sospese le cure; il criterio adottato era l'assenza totale di coscienza e l'impossibilità di riacquistarla. Un locked-in non rientra per nulla in questo caso, checché voglia farci credere il Sussidiario.

    (A parte: la smette, per favore, di inondarci di commenti ripetuti più e più volte e di accorati appelli a pubblicarli? Non è che qui si stia di guardia giorno e notte in trepida attesa dei suoi messaggi... E sia anche meno prolisso, perché la mole dei suoi commenti nanifica ormai di regola tutti quelli degli altri messi assieme.)

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  22. @ biolove

    non confondiamo le idee. Io parlo di me,persona cosciente e perfettamente in grado di prendere decisioni sulla mia vita da cosciente e che perdo questo diritto quando non lo sono piu'.

    In questo Paese si lasciano morire le persone se coscienti decidono di un farsi operare, non fasi un trasfusione ecc ma quando perdono la coscienza perdono qualsiasi diritto all´autodeterminazione.

    Se lei e´preoccupato perche' le persone non siano in grado di prendere decisioni consapevoli dovrebbe chiedersi di chi e´la colpa? Non sara' forse di una discussione pubblica malata e viziata di integralismo? Oppure di una classe medica incapace di avere un rapporto sano con i proprio assistiti?

    SImone

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  23. "Se la persona cosciente e capace di intendere e di volere ha il diritto di rifiutare le terapie non volute, non si vede perché questo diritto venga meno ove l’interessato diventi incapace."


    Che è, appunto, lo stesso argomento della sentenza Englaro.

    Se ne discusse con Alberto Gambino, il quale sosteneva che nel caso di pazienti non coscienti non vi poteva essere certezza della volontà.
    (http://bioetiche.blogspot.com/2010/07/la-tua-liberta-finisce-dove-cominciano.html)


    Inutile ribadire, come si fece allora, che la certezza non è mai raggiugibile (nemmeno del caso del paziente cosciente) e che, quindi, questo requisito non può essere invocato.


    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

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  24. Per Giuseppe Regalzi (e Biolove), 17/1/11 07:48

    "le parole in questione, "vita degna solo se vissuta con pienezza di facoltà motorie e psichiche", riassumono secondo la Corte il pensiero di Eluana; "


    Io vorrei aggiungere una considerazione "ortogonale" (cioè indipendente da ciò che si valuta essere "vita degna" e "vita indegna").

    L'innegabile fatto che esista una discussione su questo argomento mette in evidenza che non c'è un'opinione comune su ciò che è "vita degna" e ciò che non lo è.

    Il che ci pone di fronte alla seguente domanda: senza le D.A.T. vincolanti, cosa ci assicura che il medico rispetterà il nostro concetto di "vita degna", QUALUNQUE ESSO SIA?

    Se non c'è accordo comune tra le persone comuni su cosa sia "vita degna", cosa fa pensare che ci sia un tale accordo tra i medici?
    E, soprattutto, cosa fa pensare che questo accordo sia indirizzato al mantenimento ad oltranza delle funzioni vitali?


    Quindi non è comprensibile l'opposizione alle D.A.T. vincolanti in nome del principio che "la vita va difesa sempre e comunque, a qualsiasi costo", perchè senza D.A.T. vincolanti NIENTE assicura che il medico attuerà la "difesa della vita sempre e comunque, a qualsiasi costo".

    Anzi, proprio lo scenario prospettato dagli oppositori delle D.A.T. (di pazienti "spinti" a rinunciare alle cure per motivi economici) dovrebbe farli propendere per le D.A.T. vincolanti.
    Niente assicura che un medico, posto di fronte alla penuria di personale, alla penuria di posti letto e alla scelta se continuare o meno una terapia che ritiene inutile su un malato non cosciente, decide comunque di continuare la terapia.
    E' molto più probabile che il medico decida di "lasciare andare" il paziente.


    La mia personale proposta è sempre stata quella della D.A.T. vincolanti la cui obbligatorietà di esecuzione può essere sospesa che una volta soltanto e soltanto per un periodo limitato di tempo.
    Questo per assicurare che il medico, qualora ritenga che una certa terapia possa migliorare sostanzialmente la qualità della vita del paziente incosciente, possa fare il tentativo.

    Quanto lungo debba essere questo periodo di "sospensione" è una questione tecnica da discutere con i medici.


    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

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  25. @ Diego

    se nemmeno nel paziente cosciente si puo´esser certo della sua consapevolezza qual e´l´alternativa?
    Il medico ha il diritto di fare qualsiasi cosa vuole?

    Mi domando poi, se l´uomo non e´mai cosciente a se stesso come lei sostiene mi domando che senso ha il sistema penale? Come si puo´condannare qualcuno se non siamo sicuri al 100% che fosse consapevole di trasgredire la legge?

    Simone

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  26. Per Simone, 17/1/11 10:17

    "Se nemmeno nel paziente cosciente si puo´esser certo della sua consapevolezza qual e´l´alternativa?
    Il medico ha il diritto di fare qualsiasi cosa vuole?"


    Esatto.
    Questo era proprio il problema che avevo evidenziato a Gambino, quando avanzava l'obiezione che "non esiste certezza della volontà".

    Nel post che ho linkato, Gambino affermava che mentre del paziente cosciente si aveva certezza della volontà, questa certezza mancava in quello incosciente.

    Io facevo notare che la certezza della volontà del paziente cosciente si aveva solo fintanto che il paziente restava incosciente.
    Ma se, a seguito dell'interruzione delle terapie, il paziente scivolava nell'incoscienza, si ritornava a non avere più certezza.

    Cosa ci impedisce di pensare, infatti, che un attimo prima di perdere coscienza il paziente non abbia cambiato idea?


    Ci ritroveremmo, perciò, nell'assurda situazione in cui il medico interrompe le terapie dietro richiesta del paziente cosciente ma poi le riprende appena il paziente diventa incosciente.

    Inutile dire che in una situazione del genere la volontà del paziente non viene rispettata.


    Altri esempi che facevo durante la discussione con Gambino erano del tipo "sono dal notaio, firmo le mie volontà, poi esco dal suo ufficio, vengo investito e finisco in coma irreversivile".
    In quel caso le volontà espresse dal notaio sono valide oppure anche lì "non v'è certezza"?


    Ecco perchè l'artificio del "non c'è certezza della volontà" regge solo nel mondo ideale: perchè nel mondo reale la certezza non esiste mai.


    Cordiali Saluti
    DiegoPig

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  27. @ Diego

    Facciamo un esempio: io faccio il mio testamento biologico vincolate secondo legge e dico per esempio di non voler essere attaccato a un respiratore.

    Anni dopo siccome sono un politico e vado in tv , dico che io ho fatto il testamento biologico ma ho cambiato idea... il giorno dopo ho un incidente....mi devono o meno attaccare al respitore??

    Esempi come questi dimostrano che la forza delle legge in questi casi e´molto piu´dannosa che utile.

    Simone

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  28. Per Simone, 17/1/11 11:40


    "Anni dopo siccome sono un politico e vado in tv , dico che io ho fatto il testamento biologico ma ho cambiato idea... il giorno dopo ho un incidente....mi devono o meno attaccare al respitore??

    Esempi come questi dimostrano che la forza delle legge in questi casi e´molto piu´dannosa che utile."


    Bella domanda.
    La risposta è "non so".
    Probabilmente in quel caso vi sarebbe una richiesta ad un giudice per decidere cosa fare.



    Ma io non credo che questo sia la dimostrazione che la legge sia più dannosa che utile, ma soltanto che vivendo nel mondo reale non è possibile pretendere che esista una soluzione perfetta.

    E' il famoso rischio del "voglio staccare il respiratore ma poi cambio idea".
    E' un rischio assolutamente reale, ma è un rischio ineliminabile.

    Certo, si potrebbe dire "lasciamo tutto come sta e affidiamoci alle cure dei medici", ma se ha letto il mio commento precedente saprà che non è detto che i medici vogliano la stessa cosa che vuole lei.


    Quindi le alternative sono due:
    1) Mi affido ai medici sperando che abbiano i miei stessi valori e che sceglierebbero per me proprio come scegliere io (cosa praticamente impossibile) oppure

    2) Dico prima cosa voglio e cosa non voglio accettando il rischio che un'eventuale mio cambiamento d'opinione possa non venir riconosciuto.


    Io preferisco la seconda opzione, ma nessuno la obbliga a rifiutare la prima: le D.A.T. devono essere vincolanti per il medico, non obbligatorie per il paziente.


    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  29. "Esempi come questi dimostrano che la forza delle legge in questi casi e´ molto piu´ dannosa che utile."

    A me sembra che un minimo di buon senso possa ovviare al problema. Se c'è una dichiarazione di volontà contraria e posteriore alle DAT, e per giunta pubblica, perché mai non se ne dovrebbe tenere conto? Basta un codicillo della legge... Le norme sono fatte per l'uomo, non l'uomo per le norme.

    RispondiElimina
  30. @giuseppe/diego

    Forse ho peccato di concisione, il mio esempio voleva dimostrare che lo spirito di una legge in materia, per tener conto di fatti contigenti molto diversi e di un evoluzione del rapporto medico-paziente e del progresso scientifico, dovrebbe essere possibilmente il meno prescrittivo possibile.

    Altrimenti ci troveremo costantemente a dover assistere a ricorsi davanti a giudici e in un sistema come il nostro in cui il precedente non fa legge come nella common law siamo destinati alla non certezza del diritto.

    Ora, mi pare che la direnzione in cui si sta muovento il Parlamento mi pare esattamente il contrario.

    Simone

    RispondiElimina
  31. @ Giuseppe

    "Le norme sono fatte per l'uomo, non l'uomo per le norme"

    Se la prima parte della frase e´assolutamente vera, forse sarebbe il caso che ci rendiamo conto che la secondo non lo e´affatto.
    Le norme, prodotte dalla societa' e molto di piu' dal potere (inteso come lo intende per esempio Foucault), creano l´uomo. Pensiamo solo alle norme del diritto di famiglia o sulle discriminazione delle donne. Cosa hanno fatto le norme se non creare un antropologia per cui la vita di una donna valeva meno di quella di un uomo?
    E se vogliamo rimanere in tema, le norme, seguendo il progesso scientifico, hanno cambiato la definizione stessa di morte.



    Simone

    RispondiElimina
  32. @Simone
    Lei dice di prendere in considerazione , per la suddetta “discriminazione” tra coscienti e incoscienti, una persona cosciente, sana o meno che sia, che prende decisioni sulla sua vita da cosciente. Perché deve vedersi limitata nelle sue decisioni?
    Ebbene io ritengo che le direttive anticipate debbano poter risolvere, in un senso o nell’altro, questo aspetto (salvo il nodo cruciale di idratazione ed alimentazione che in altri Paesi entrano anch’esse nelle D.A.T., mentre da noi non si vogliono far entrare, per la sovrapposizione della fattispecie con l’eutanasia passiva; peraltro ho ricordato l’art.25 Conv. ONU persone disabili).Però mentre lei non vede la logicità di limiti legislativi a quello che lei desidera (perché, diciamo così, ha le idee chiare), vi possono essere dei soggetti che si trovano in stato di incoscienza apparente (per errata diagnosi, per ripresa successiva rispetto a un diverso stato iniziale,ecc…).
    E io trovo giusto che anche questi soggetti vadano tutelati in qualche modo. Puntare sul carattere vincolante (per chi deve eseguirla) sì, ma dell’ultima volontà (revocabile fino all’ultimo), in qualunque forma raggiunta (se possiamo essere ragionevolmente certi che quella è la volontà del soggetto),nella consapevolezza della difficoltà di giungere a una soluzione (qui mi trovo d’accordo con DiegoPig) mi sembra (politici, medici e quant’altro permettendo) l’obiettivo da perseguire. Il che non significa che il biotestamento possa accettarsi, sempre a mio parere, nelle forme propagandistiche come quelle su youtube (in particolare da “sani”), dal momento che a quel punto può farsi (senza urgenza) con tutte le garanzie associate alla forma scritta.

    Biolove

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  33. @DiegoPig

    In relazione a questo post su vari aspetti (a differenza che in passato) mi trovo d’accordo con lei.
    Lei dice, giustamente, che non vi è accordo tra la gente comune e tra i medici stessi su ciò che sia “vita” (“vita degna di essere vissuta” essendo, schematicamente, terminologia che appartiene alla bioetica “laica”, e chi la usa non si vergogna di farlo, mentre per i restanti la vita sarebbe sempre degna).
    Da cui si ricava l’opportunità del carattere vincolante delle direttive anticipate sui trattamenti sanitari a garanzia che, trovandoci di fronte a qualsiasi medico, siano rispettate. (a maggior ragione, dice lei, pro vita).
    Su questo mi trovo d’accordo con lei.
    Ma sul carattere vincolante incidono due aspetti :
    -il ruolo del medico che non può essere mero esecutore di volontà e con cui si vuole prosegua in qualche modo l’alleanza terapeutica; in più il progresso scientifico che può rendere possibile ciò che nelle D.A.T. non si poteva prevedere e che il medico deve, in coscienza, tentare
    -la possibilità (purtroppo in limitati casi, ne siamo consapevoli) che si entri in contatto con il paziente ritenuto incosciente (aspetto legato al decorso della malattia e/o alle innovazioni scientifiche di cui sopra).
    Questi aspetti dovrebbero essere tenuti presenti secondo me nel legiferare in materia, per non legare le mani ai medici e non rendere inattuale la volontà dei pazienti.

    Cordialmente,
    biolove

    RispondiElimina
  34. @G.Regalzi (e mediatori)

    Chiedo scusa per la ripetizione ma ieri , non che crollasse il mondo altrimenti, mi era sembrato che non intendesse pubblicarmi (giudicandomi pornografico ed integralista): a fine giornata restavano non pubblicati due miei post (cosa che da voi accade molto raramente).Per questo ho anche inviato versioni modificate.
    In ogni caso ringrazio per lo spazio concessomi (testé ho tentato più sintesi !) e per il fatto di avermi pubblicato finora quasi sempre.

    Su Eluana la conclusione non voleva essere quella. Prendendo spunto dall’articolo di Respinti (che è solo l’esempio più recente che mi viene a mente) riflettevo sul potere evocativo che hanno quelle parole e che tuttavia, nella loro sostanzialità, i sostenitori di certi visioni bioetiche non si vergognano di impiegare (mentre chi si vergogna fa il gioco dei loro avversari, dei detrattori dell’eutanasia). L’ipocrisia è nel nascondersi,a volte, dietro meri nominalismi. Non si intende impiegare quel termine (non da tutti, beninteso) per l’accostamento al fenomeno storico dell’eutanasia nazista. Ma le stesse obiezioni che possono muoversi ai medici nazisti, per gli aspetti che interessano, possono muoversi in alcuni casi rispetto a quanto avviene nelle nostre democrazie.E non è l’uso di termini diversi che può sminuire i fatti (specie se c'è convinzione).
    Sul caso Englaro lei ricorda che il criterio di sospensione delle cure non era legato alla mancata “pienezza di facoltà motorie e psichiche".
    Va distinto il virgolettato richiamato dal Sussidiario e tratto dal decreto 9/7/2008 C.App.Milano (concezione di vita di Eluana) dalla mia critica, nel commento sopra a C. Cass.civ. ,sez. I, sentenza 16.10.2007 n° 21748 (dove il criterio posto è l’accertamento di uno stato di incoscienza irrecuperabile; ma questo lo presupponevo in maniera evidente sopra).
    Sono d’accordo che stato vegetativo persistente e locked-in (cosciente imprigionato come Salvatore Crisafulli dopo l’incidente) non sono la stessa cosa. Ma l’articolo di Amato (oltre all’accostamento ad Eluana) sottolinea più che altro la malpractice che si è tradotta, per il malcapitato, in abbandono terapeutico. Su Eluana stessa (ma qui qualcuno parlerà di integralismo) si è detto pure che non era realmente in svp ma fatta passare per tale avendo in realtà minima coscienza (l’autopsia,ex post, non ha potuto convincere tutti, come avrebbe potuto una delle ultime risonanze, e non ha avuto molta eco) e in quel caso l’accostamento con un locked-in avrebbe più senso.
    Cordialmente, biolove

    RispondiElimina
  35. Pur sapendo che Carlo Bellieni può non piacere a tutti mi sembra che sia quantomeno in tema :
    Che società costruiamo se a prevalere è la cultura della morte

    http://www.loccidentale.it/articolo/che+societ%C3%A0+costruiamo+se+a+prevalere+%C3%A8+la+cultura+della+morte.00101171

    RispondiElimina
  36. Per Simone, 17/1/11 14:10

    "il mio esempio voleva dimostrare che lo spirito di una legge in materia, per tener conto di fatti contigenti molto diversi e di un evoluzione del rapporto medico-paziente e del progresso scientifico, dovrebbe essere possibilmente il meno prescrittivo possibile."



    Nella sua opinione, quali caratteristiche dovrebbe avere una legge sul testamento biologico?
    Ad esempio, le D.A.T. dovrebbero essere vincolanti? Dovrebbero escludere alcuni tipi di trattamenti sanitari?

    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  37. Per Biolove, 17/1/11 16:15

    "Il ruolo del medico che non può essere mero esecutore di volontà"

    In realtà già ora è così per i pazienti coscienti, nel senso che il medico può attuare SOLAMENTE le terapie che il paziente accetta (mentre DEVE astenersi dall'attuare le terapie che il paziente non accetta).

    Quindi le D.A.T. vincolanti non cambierebbero di una virgola la situazione attuale.



    "in più il progresso scientifico che può rendere possibile ciò che nelle D.A.T. non si poteva prevedere e che il medico deve, in coscienza, tentare"


    E' proprio tenendo conto di questo caso che proponevo la sospensione temporanea del vincolo delle D.A.T.
    Ma, ovviamente, questa sospensione deve appunto essere temporanea, altrimenti priverebbe del D.A.T. del carattere di vincolo.




    "la possibilità (purtroppo in limitati casi, ne siamo consapevoli) che si entri in contatto con il paziente ritenuto incosciente (aspetto legato al decorso della malattia e/o alle innovazioni scientifiche di cui sopra)."


    Non capisco il significato di questa frase.
    Se volesse chiarirla gliene sarei grato.




    "Questi aspetti dovrebbero essere tenuti presenti secondo me nel legiferare in materia, per non legare le mani ai medici e non rendere inattuale la volontà dei pazienti."


    Le D.A.T. vincolabili hanno proprio lo scopo di rendere attuabile la volontà dei pazienti.


    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  38. @DiegoPig

    Va premesso che è tutt’altro che facile legiferare nella materia di cui trattiamo, e questo è bene sempre ricordarlo.
    In ogni caso si può evidenziare che :
    -Il rapporto medico-paziente, anche se, nei fatti , come può apparire giustamente,ormai s’incentra sul secondo, in realtà a livello deontologico-normativo s’inquadra sempre nella c.d. alleanza terapeutica (con tendenza ad accentuare il ruolo del medico in presenza di incapacità del paziente).
    -Lei ammette una sospensione temporanea del vincolo delle D.A.T. per tentare es. terapie innovative. Penso sia logico che, se il risultato è nell’interesse del paziente, il medico risulterà aver agito correttamente.
    -La parte del mio commento sopra dove , parlando dei “limiti” che incontrano le prescrizioni vincolanti, mi riferivo alla possibilità di incontrare un paziente ritenuto incosciente ma solo temporaneamente (e quindi che ridiventa cosciente dopo il precedente stato) oppure ritenuto tale per errore (errata diagnosi).Nei quali casi le D.A.T. potrebbero non applicarsi più, dovendosi accertare in maniera diretta la sua volontà (nei limitati casi in cui risulta possibile, non sempre), eventualmente mutata.
    -Mi trova d’accordo in linea di massima sul carattere vincolante che rende attuabile la volontà del paziente. Anche se mi chiedo quanto i medici siano disposti a rinunciare del tutto a un loro ruolo in questo ambito.

    Cordialmente,
    biolove

    RispondiElimina
  39. @ Diego

    Un eventuale testamento biologico dovrebbe essere,secondo me, il meno formale e burocratico possibile per evidenti ragioni pratiche che ho prima esposto.
    E non dovrebbe essere in assoluto vincolante.

    Vorrei sostenere che il problema non e´il testamento biologico ma la deontologia professionale dei medici e il principio imprescindibile che non si puo´mai imporre una terapia che sappiamo che la persona ha rifiutato.

    L´alimentazione e l´idratazione forzata sono un terapia medica come dimostra il semplice fatto che esistono societa' scientifiche formate da medici che studiano questi trattamenti e che nessuno e´in grado di praticarle senza intervento di un medico. Per certi versi una trasfusione di sangue e´molto meno invasiva di certe tecniche di alimentazione artificiali ma nessuno si sognerebbe mai di dire che trasfondere del sangue non sia un tecnica medica.

    Dati questi due principi su cui non e´assolutamente pacifico essere concordi come vorrebbe far credere biolove per esempio, secondo me tutti (o quasi ) i problemi si risolvono.

    Simone

    RispondiElimina
  40. Per Simone, 18/1/11 10:22

    "Un eventuale testamento biologico dovrebbe essere,secondo me, il meno formale e burocratico possibile per evidenti ragioni pratiche che ho prima esposto.
    E non dovrebbe essere in assoluto vincolante."


    Mi scusi, ma se un testamento biologico non è vincolante, che valore ha?
    Inoltre lei sembra dimenticare che una D.A.T. vincolante è l'unico mezzo per garantire chi vuole "la terapia ad oltranza" di vedere rispettata la propria volontà.
    Cosa impedirebbe, in caso contrario, al medico di decidere che la terapia non ha più senso e, quindi, di interromperla?



    "Vorrei sostenere che il problema non e´il testamento biologico ma la deontologia professionale dei medici e il principio imprescindibile che non si puo´mai imporre una terapia che sappiamo che la persona ha rifiutato."


    Cosa che già ora è così per i pazienti coscienti.
    Sono i pazienti non coscienti il nocciolo della questione.




    "Dati questi due principi su cui non e´assolutamente pacifico essere concordi come vorrebbe far credere biolove per esempio, secondo me tutti (o quasi ) i problemi si risolvono."


    Purtroppo i problemi non si risolvono con questi due semplici principi PROPRIO PERCHE' non si è concordi come applicare questi due semplici principi.
    I casi tipici sono, appunto, l'imposizione di terapie e trattamenti o, al contrario, l'interruzione delle terapie su pazienti incoscienti.



    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  41. @ Simone

    "Un eventuale testamento biologico [...] non dovrebbe essere in assoluto vincolante".

    Dal mio punto di vista queste affermazioni andrebbero precisate, se vogliamo intenderci. Che ci si riferisca a questioni meramente tecniche, per esempio quelle del medico sullo stato effettivo di salute e le possibilità di ripresa in base alle conoscenze scientifiche di attualità? O alla possibilità (discussa con lei anche da Giuseppe) che vi siano dati certi e ricostruibili che la volontà del soggetto sia cambiata dal momento dell'ultima scrittura? In questi e in altri casi si può dirsi d'accordo con l'affermazione riportata, nel senso che il testamento possa non essere considerato lettera viva e integralmente esaustiva.

    Ma ad essere vincolante, a parer mio, dovrebbe restare la volontà, e non per esempio l'arbitrio del medico al di fuori di considerazioni tecniche, i gusti o preferenze suoi o di altri intermediari, o ricostruzioni arbitrarie del bene per il soggetto. In questo senso il testamento resterebbe un punto di riferimento non aggirabile "creativamente". In altre parole, il testamento dovrebbe potersi considerare "non vincolante" solo nella sua qualità di "migliorabile" per meglio ricostruire la volontà del soggetto, e certamente non "non vincolante" nel senso di poterla sovrascrivere.

    RispondiElimina
  42. @ Paolo e Diego

    Mi sa che urge una precisazione.
    Non ho mai detto che visto che il testemento biologico non e´ vincolante allora il medico fa tutto quello che vuole.

    Ma questo non avviene nemmeno oggi. Un medico che ha un paziente Testimone di Geova non ha il diritto di procedere a una trasfusione di sangue (viertata dal looro credo) quando questo e´incosciente. Se lo fa viola sia le legge che la sua deontologia professionale.

    Il mio punto sta in situazioni diverse in cui e´manifesto che le volonta' non sono piu 'quelle espresse. Se io 40 anni fa avevo fatto un testamento biologico in cui rifiutavo la ventilazione forzata e oggi mi ritrovo in ospedale e mi serve per sopravvivere e ho fondate speranze di un totale recupero il medico ha l´assoluto dovere di intervenire.

    Sono perfettamente consapevole che in questo modo si lascia aperta la porta del possibile abuso da parte del medico. Forse sono ingenuo, ma credo che questo sia piu´un problema culturale che legale in senso stretto. Si deve inizaire a capire che il medico non e´un "oracolo" che pretende ascolto incondizionato.

    Simone

    RispondiElimina
  43. @Simone
    Lei mi chiama in causa dicendo “Dati questi due principi su cui non e´assolutamente pacifico essere concordi come vorrebbe far credere biolove per esempio” (in precedenza parlava di alimentazione ed idratazione come terapie; aveva pure detto che il biotestamento dovrebbe essere poco formale e “non dovrebbe essere in assoluto vincolante”, rispetto alla qual cosa sono d’accordo con Paolo De Gregorio sulla non vincolatività “in peius” ma semmai “in melius”, rispetto alla volontà del soggetto, mai comunque sovrascrivibile).
    La pacificità, di cui lei dice che io sono convinto, in realtà non so da cosa la desume.Il mio punto di vista lo conosco, ma non ignoro che rispetto ad esso i pareri discordanti vi sono e, vorrei dire, data la superficialità con cui le questioni sono affrontate, spesso la gente risulta certa di ciò che non conosce.
    Sull’idratazione e alimentazione, è prevalente all’estero, dove ha valore legale il testamento biologico,il ricomprendere in esso la disposizione riguardo alla loro sospensione o meno(anche da noi il modello di testamento di Veronesi ad es. la prevede) .Ed è per consentire questo (e stornare l’idea che si lascia morire una persona di fame e di sete ) che si qualificano come terapie mediche atti che sono osservati nel loro aspetto di “mezzo”(intervento medico) e non di “fine” (sostentamento, in linea di massima da non negarsi a nessuno).
    Ma dire che c’è intervento medico non basta a qualificarli come “trattamento sanitario” , “terapia”, perché non si vede quale sia la malattia che si combatte con la nutrizione, ad es.
    E non si richiede di norma alta specializzazione per compierli né si può paragonarli per invasività con il prelievo di sangue (argomento presente pure nella sent.C.Cass. del 2007 sul caso Englaro)perché quello è sì ricorso alla tecnica medica, ma non per dare sostentamento, senza il quale ogni persona muore.
    Proprio i medici si sentono oggi spesso spodestati del loro ruolo tradizionale, a tal punto che sia il caso di Firenze sia lo sfavore per l’imminente legge sulle D.A.T. dove il medico continua ad avere la sua parte e non si trova di fronte a disposizioni vincolanti, fa dire a una di loro, anche deputata : Cari medici, ora smettete di salvare vite
    http://www.scienzaevita.org/rassegne/7f288d981f332e328d55091ec7c6940a.pdf
    Cordialmente,biolove

    RispondiElimina
  44. OT: a tutti - ma in particolare a qualcuno: come già ho scritto, per favore non postate più volte di seguito uno stesso commento. Potete ignorare tranquillamente i messaggi di errore di Blogger: i commenti ci vengono sottoposti tutti, anche se non sembra. Se proprio non vedete comparire il vostro fondamentale contributo, aspettate almeno un po' prima di ritentare. Non ingolfate la nostra casella di posta e non approfittate del nostro tempo. Grazie.

    RispondiElimina
  45. @ biolove


    1. il prelievo di sangue e´tanto medico che io abilitato alla professione di biologo lo posso fare. (e nessuno mi ha insegnato come

    2. io non parlavo di prelierlo ma di trasfusione ma lascimo perdere

    3. l´alimentazione forzata in molti soggetti va effettuata tramite PEG che richiede un operazione endoscopica. Non la fa un infermiere!

    4. anche la ventilazione forzata non ´una terapia "di fine" ma "di mezzo". Mi vuole dire che nemmeno la ventilazione e´una procedura medica? Se si ragiona cosi nemmeno la macchina cuore-polmini e´una terapia medica perche' non serve a curare un infarto ma la voglio vedere a fare un by-pass senza.

    Ma son tutte queste distinzioni non si pongono. Nessuno e´autorizzato a praticare su di me nessuna operazione se ne e' manifesta la mia contrarieta'.
    Quello che non puo´fare un medico non lo puo´fare un infermiere o mia madre mio padre o miei figli.

    Simone

    RispondiElimina
  46. @ Simone

    "Se io 40 anni fa avevo fatto un testamento biologico in cui rifiutavo la ventilazione forzata e oggi mi ritrovo in ospedale e mi serve per sopravvivere ..."

    Per scombinare le direttive dovrebbe comunque esserci una qualche indicazione oggettiva che la sua volontà sia nel frattempo mutata, altrimenti il fatto che siano passati quarant'anni vorrebbe semplicemente dire, nel senso che è probabile, che lei abbia scelto di non mutare nulla.

    " ...ho fondate speranze di un totale recupero il medico ha l´assoluto dovere di intervenire."

    In generale (sempre stante l'ipotesi di prima sulla dichiarazione scritta) penso di no, anche se in alcuni casi sarebbe vero. Se lei aveva chiarito nel testamento che era fermamente contrario ad essere ventilato artificialmente, intubato tout court, allora l'intervento dovrebbe essere evitato, a meno che si sia in condizioni di urgenza e senza un tempo adeguato per accedere alle dichiarazioni anticipate. Al contrario, se l'indicazione chiariva che l'intervento fosse da considerarsi non voluto solo in assenza di sufficienti probabilità di ripresa, allora è vero che il medico avrebbe il dovere che lei dice.

    RispondiElimina
  47. P.S.: preciso che la mia prima osservazione precedente riguardo ai "quarant'anni prima" sarebbe valida solo qualora il testamento non prevedesse un obbligo esplicito di reitero ricorrente, da soddisfare entro termini temporali largamente inferiori a tale durata (anche se personalmente non ne vedrei la necessità, e mi parrebbe più adeguato un sistema di silenzio assenso che preveda una rettifica esplicita solo nel caso di un cambio volontario delle direttive).

    RispondiElimina
  48. @Simone
    Non metto in dubbio la sua competenza e professionalità, ma ritengo che non è andando a vedere chi sono i soggetti titolati a compiere atti dell’ambito medico-sanitario (es. la PEG che non può fare un infermiere) che si chiarisce la loro portata sul piano bioetico.
    Il paragone del rifiuto del “prelievo ematico” (coattivo) con il rifiuto dell’alimentazione è nella sentenza Englaro del 2007 (che richiama la “sentenza n. 238 del 1996” sul punto ), ed era quella a cui mi riferivo, oltre che al suo esempio, per dire che si pone sotto il regime del consenso informato ciò che propriamente “terapeutico” non è; la trasfusione di cui diceva lei, peraltro, è stata imposta in alcuni casi a dei Testimoni di Geova, per quanto andasse contro la loro volontà, espressa anche con segni riconoscibili (e per quanto lo si possa ritenere ingiusto).
    Sul richiamo a ventilazione forzata e macchina cuore-polmoni, poi, non si nega che siano terapie mediche. E’ proprio quella la differenza. Alimentazione ed idratazione sono un sostentamento, un salvavita, che non distingue un sano da un malato. Quelle che cita lei sì.
    Sul fatto che soprattutto è essenziale che non vengano compiuti su di me atti che io non desidero mi trova d’accordo, come idea di fondo.Ma resta il problema, che per me si pone e per lei forse no, che ci sarebbe prima da rendere legale questo aspetto.E se per il resto può bastare il testamento biologico (e i conti che ognuno fa con se stesso se non vuole farsi curare) riguardo ad alimentazione ed idratazione sospenderle non mi sembra ( e nemmeno all’ONU sembra, a quanto pare) un modo umano relazionarsi con il paziente.
    Cordialmente, biolove

    RispondiElimina
  49. Qualcuno mi può spiegare che importanza ha qualificare o meno l'alimentazione artificiale come trattamento medico?
    Io ho il diritto di rifiutare qualsiasi intervento sul mio corpo (salvo legge nell'interesse pubblico), sia che il trattamento sia medico sia che non lo sia.
    Se voglio, non posso forse lasciarmi morire di fame mentre sono cosciente (magari per motivi politici, tipo Pannella)? Perchè la mia volontà, chiaramente espressa in anticipo, non dovrebbe vincolare il medico (e chiunque altro)? Una imposizione resta una imposizione, sia o no un trattamento medico.

    RispondiElimina
  50. Per Simone, 18/1/11 15:51

    "Il mio punto sta in situazioni diverse in cui e´manifesto che le volonta' non sono piu 'quelle espresse. "


    Ho già espresso la mia opinione in merito dicendo che questo è un rischio reale ma che non è il solo rischio.
    Un altro rischio è quello di venir sottoposti, in caso d'incoscenza, a terapie non volute oppure, al contrario, di veder interrotte terapie che si vorrebbe continuassero.


    E' un rischio ed è un rischio reale.
    Ma non si capisce perchè mai dovrebbe essere una legge a decidere se un cittadino debba o meno correre questo rischio.

    Le D.A.T. vincolanti sono vincolanti per il medico, ma NON SONO obbligatorie per i cittadini.
    Chi non vuole correre questo rischio, invece, semplicemente non detterà le proprie D.A.T.


    Sinceramente non vedo come questo rischio possa essere un argomento a sfavore delle D.A.T. vincolanti per il medico.



    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  51. Anonimo: infatti il punto è proprio questo. Stare a classificare alimentazione e idratazione artificiali come interventi medici o meno è una pura perdita di tempo; quello che conta è che qualsiasi intervento sul mio corpo può essere compiuto solo - in generale - con il mio consenso (altrimenti, per assurdo, dovrebbe essere lecito tatuare addosso a una persona anziana il suo indirizzo, per il suo bene nel caso si perda, e anche se si oppone: il tatuaggio sicuramente non è un intervento medico). L'art. 13 Cost. viene prima del 32, in un certo senso...

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  52. @Regalzi

    Capisco chi la pensa diversamente da me, ma mi chiedo se vale il contrario.
    In che senso dovrebbe essere una perdita di tempo domandarsi se idratazione ed alimentazione sono un intervento medico ? Se si vuol far valere il principio di autodeterminazione assoluta sul proprio corpo (compreso cioè essere fatti morire di fame e di sete) si salterà a piè pari la questione e si disporrà anche di quello. Ma per me quella resta eutanasia passiva (e bisognerebbe semmai prima introdurla come tale, se se ne vede la necessità in quella forma) mentre senza di ciò potrebbe essere giustificabile (la sospensione di idratazione ed alimentazione ad un paziente) solo se, per esperienza e per parere medico sul caso, risulti inefficace o controproducente fare altrimenti (come nel dettato attuale della legge sulle D.A.T., che approvo).
    Sull’esempio del tatuaggio “salvavita” non mi risulta che un trattamento da animale domestico, seppure a fin di bene, sia mai stato imposto ad alcuno, ma non voglio dilungarmi in esempi come l’obbligo di indossare il casco, di allacciare la cintura, ecc… dove sulla libertà personale (di fare o non fare) prevale l’interesse pubblico alla salute dei cittadini.

    Cordialmente,
    biolove

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  53. "Sull’esempio del tatuaggio “salvavita” non mi risulta che un trattamento da animale domestico, seppure a fin di bene, sia mai stato imposto ad alcuno"

    Appunto!

    "ma non voglio dilungarmi in esempi come l’obbligo di indossare il casco, di allacciare la cintura, ecc… dove sulla libertà personale (di fare o non fare) prevale l’interesse pubblico alla salute dei cittadini"

    Noi stiamo parlando della libertà di disporre del proprio corpo. Le leggi che obbligano di indossare casco e cintura non arrivano a prescrivere che i vigili infilino caschi o stringano cinture a forza addosso ai renitenti; tutto quello che possono fare è di elevare una contravvenzione. C'è una bella differenza rispetto all'alimentazione forzata, non le pare? Quanto all'interesse della collettività, risiede qui nell'evitare di pagare per cure mediche (che devono essere erogate a tutti indistintamente) per vittime di incidenti che con qualche precauzione avrebbero potuti essere evitati. Di nuovo, una grossa differenza rispetto a chi, all'estremo della vita, rinuncia a servirsi di cure e a imporre un onere - benché legittimo - alla società.

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  54. @G.Regalzi

    Gli esempi del casco e delle cinture riguardano ipotesi di legge c.d. perfetta, cioè assistita da una sanzione.Questa è elevata nell’interesse della collettività ma prima di tutto dei diretti interessati.
    L’alimentazione c.d. “forzata” è il termine con cui in realtà si indica l’alimentazione artificiale dei pazienti.Non è un trattamento sanitario obbligatorio ma è quanto serve al normale sostentamento di un soggetto che non può nutrirsi diversamente (salvo il ricorso ad essa per evitare una pur possibile assistenza diretta), dove l’ “anormalità” si potrebbe venire a sanare, come detto, prevedendo la sospensione dell’alimentazione in ogni caso quando essa è inutile o inopportuna e inoltre, su base volontaria,a mio parere, avendo però prima risolto legislativamente eventuali conflitti con norme come (da noi) l’omicidio del consenziente.
    Inoltre l’interesse pubblico alla base dei due esempi suddetti mi sembra proprio quello alla salute ex art. 32 Cost. (diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività); ragioni economiche potranno pure esservi ma una comparazione in termini economici addirittura con chi “all'estremo della vita, rinuncia a servirsi di cure e a imporre un onere - benché legittimo - alla società” mi sembra fuorviante.

    Cordialmente,
    biolove

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  55. @ biolove/Diego/Paolo

    Premesso come ho gia' detto non ha nessun valore che la terapia sia medica o meno visto non esiste nessun diritto di sottoporre nessuno a un qualsia trattamento sensoza il suo cosenso lei ha una strana idea di cosa idea la salute e la malattia.

    (In caso contrario ci spiega il motivo per cui lo stato si arroga il diritto di fare sul corpo dei sui cittadini trattamenti che loro non vogliono? lo Stato non ha il diritto di imporre il bene ai suoi cittadini ma il dovere di permettere che i suoi cittadini posso realizzare la loro esistenza secondo il loro concetto di bene.)

    L`OSM (organizazione mondiale della sanita') definisce la salute cone "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia".
    Ora una persona che deve alimentarsi per via artificiale non e´una perosna sana e quindi l´alimentazione artificiale e´una terapia medica.

    Per il mio esempio della ventilazione forzata forse ci dimentichiamo del fatto che un testamento biologico nella stragrande maggiranza dei casi indica le motivazioni (in maniera piu o meno esplicita) per perche' si accettano o si rifiutano certe cure. Per un Testimone di Geova che rifiuta le trasfusioni e´chiara la motivazione e si potrebbe non rispettrala solo se fosse chiaro che questa pratica diveta invece accettata da quella fede oppure se e´ fondata l´ipotesi che il soggetto non si riconsca piu in quella confessione. Se dal testamento biologico si evince che la perosna rifiuta una terapia perche' non vuole una vita dipendente in modo irreversibile da una macchina e´chiaro che la ventilazione si puo´ imporre solo quando questa forzata si puo´imporre quando si ha ragionevole certezza per cui il trattamento sia solo temporaneo.


    Simone

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  56. @biolove

    Qunche puntualizzazione a proposito di quella che lei definisce "eutansia passiva".
    Detta pratica e´perfettamente legale gia' adesso.
    un esempio molto semplice dalla cronaca

    http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo437195.shtml

    Se possiamo fare molti altri.
    Inoltre, se non fossimo ammorbati dall´ipocrisa ci renderemmo conto che esiste ed e´assolutamente pratica anche se illegale (e quindi aperta a qualsiasi abuso, che pero´pare non interessare a nessuno) l´eutansia attiva.

    Simone

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  57. Per Simone, 19/1/11 10:10

    "Per il mio esempio della ventilazione forzata forse ci dimentichiamo del fatto che un testamento biologico nella stragrande maggiranza dei casi indica le motivazioni
    ....
    Se dal testamento biologico si evince che la perosna rifiuta una terapia perche' non vuole una vita dipendente in modo irreversibile da una macchina e´chiaro che la ventilazione si puo´ imporre solo quando questa forzata si puo´imporre quando si ha ragionevole certezza per cui il trattamento sia solo temporaneo."



    Spiacente, ma sono in quasi completo disaccordo.

    INDIPENDENTEMENTE dalle motivazioni del paziente, una terapia non può MAI essere imposta se non nei pochissimi casi in cui sono in pericolo la salute e la vita di altre persone oltre al paziente.


    Introdurre una valutazione delle motivazioni da parte del medico non solo priva di valore la volontà del paziente, ma aggiunge inutili complicazioni.
    Chi decide quali motivazioni sono valide e quali no?

    Se io non voglio l'alimentazione forzata perchè mi fa schifo l'idea di un tubo infilato in gola fin giù allo stomaco, è questa una valida motivazione per rispettare la mia volontà oppure no?



    Prendere in considerazioni le motivazioni può avere senso solo per determinare se un determinato trattamento sanitario è temporaneo e può portare il paziente in una condizione che il paziente ritiene accettabile.

    Ma questo "miglioramento della condizione" dev'essere duraturo.
    Non avrebbe senso, infatti, che io rifiutassi la rianimazione cardiopolmonare e poi questa mi venisse praticata perchè "è temporanea".
    Se io sono malato cronica e rifiuto la rianimazione cardiopolmonare perchè non voglio continuare a vivere in quella condizione è ovvio che praticarmi la rianimazione non mi farà guarire dalla malattia.


    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

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  58. @ Diego

    forse non ci capiamo.
    Quando ho fatto l´esempio delle ventilazione forzata ho specificato che il ragionamento vale se quando si e´scritto il testamento quella pratica non era ancora nota! Ci vogliamo rendere conto che la medicina avanza? e non possiamo fare leggi nuove ogni qualvolta viente introdotta una nuova terapia?

    Il suo esempio della RCP e´esattamente quello che sostenevo io. Se io non voglio un trattamento che non mi da' aspettative di miglioramento non mi deve essere praticato se non ci sono queste aspetttive.

    Simone

    RispondiElimina
  59. Per Simone, 19/1/11 11:48

    "Quando ho fatto l´esempio delle ventilazione forzata ho specificato che il ragionamento vale se quando si e´scritto il testamento quella pratica non era ancora nota!"


    Ops, mi era sfuggito questo dettaglio.




    "Ci vogliamo rendere conto che la medicina avanza? e non possiamo fare leggi nuove ogni qualvolta viente introdotta una nuova terapia?"


    Ce ne rendiamo perfettamente conto.
    Non a caso ho già espresso la mia proposta di rendere le D.A.T. vincolanti sospendibili per un tempo limitato proprio per permettere al medico di tentare nuove terapie non conosciute al tempo della stesura delle D.A.T.


    Ma ancora non capisco perchè questo dovrebbe essere un argomento contro le D.A.T. vincolanti.





    "Se io non voglio un trattamento che non mi da' aspettative di miglioramento non mi deve essere praticato se non ci sono queste aspettative. "


    Da qui la necessità delle D.A.T. vincolanti.



    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  60. @Simone
    Se il criterio che si adotta nel legiferare sul biotestamento è quello della pressoché assoluta autodeterminazione, come negli altri Paesi dove è già legale, nulla quaestio, ma si dà il caso che in Italia la approvanda legge sulle D.A.T. voglia prescindere (anche se da ultimo non del tutto) da ciò, in relazione alla sospensione di idratazione ed alimentazione (salvo tener presente che il caso Terri Schiavo sembra aver suggerito un ripensamento di tale tendenza, trasmesso in sede ONU : “gli
    Stati Parti devono: …(f) prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione
    di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità”, art.25 Convenzione sui diritti persone disabili).
    Conosco la definizione di salute dell’OMS, ma in relazione al paziente che ha fame e sete vengono prima quelle (necessità fisiologiche,che altri dovranno garantirgli se non può da solo, come del resto il movimento e la pulizia) e poi il fatto che è malato. Altrimenti si strumentalizza la sospensione al solo fine di ottenere la morte, cosa che in altra fattispecie da noi è il reato di omicidio del consenziente.
    Lei dice “una persona che deve alimentarsi per via artificiale non e´una persona sana e quindi l´alimentazione artificiale e´una terapia medica”.Il concetto di sanità fa passare in secondo piano la sussistenza in vita tramite i due canali che tutti, sani e malati, hanno in comune. Sul concetto di artificialità poi si può discutere ed è stato detto che allora anche l’alimentazione ordinaria delle persone sane è artificiale perché il cibo che arriva sulle nostre tavole rientra nel processo di industrializzazione.Senza contare il fatto che spesso anche i soggetti in stato vegetativo sono in grado di deglutire e si nutrono con frullati, mentre il ricorso al sondino, in tali casi sarebbe per pura comodità.
    Sulle indicazioni dei Testimoni di Geova ho già detto, mentre sulla critica al concetto di trattamento che prescinda dalla volontà ma “temporaneo” ho visto che ha risposto DiegoPig.

    RispondiElimina
  61. @Simone

    Non voglio insistere sulla terminologia, ma nell’esempio che lei riporta c’è una differenza concettuale importante.
    Quel caso, noto, del rifiuto dell’amputazione (peraltro espresso da persona dubitabilmente “competente” perché affetta da disturbi psichici) è da farsi rientrare nel rifiuto delle cure, ovvero del dissenso informato (saputo che l’amputazione, che potrebbe farmi l’ospedale e che mi offre, potrebbe salvarmi, scelgo di non provare neanche, di rifiutarla e di morire).
    Diverso è che il soggetto sano chieda che gli si sospendano alimentazione ed idratazione da malato (a certe condizioni di malattia) per morire per quella via.
    In ogni caso si deve guardare al concetto attuale di “eutanasia passiva”.
    Su wikipedia a tal proposito si dice “l'eutanasia passiva (od omissiva) comprendeva − in passato-
    • ... L'astensione o l'interruzione di un intervento medico perché non voluto dal morente (oggi chiamata "Rifiuto delle cure").http://it.wikipedia.org/wiki/Eutanasia (voce La definizione di eutanasia in passato )
    Che poi sia diffusa anche l’eutanasia attiva lo so, ma le chiedo se ritiene questo un buon motivo per legalizzarla senza curarsi o curandosi poco di quegli abusi a cui fa riferimento (a me interessano moltissimo, spero di non essere il solo).

    Cordialmente,
    biolove

    RispondiElimina
  62. Per Biolove, 19/1/11 15:29

    "...
    si dà il caso che in Italia la approvanda legge sulle D.A.T. voglia prescindere (anche se da ultimo non del tutto) da ciò, in relazione alla sospensione di idratazione ed alimentazione
    ..."


    Sarebbe interessante chiedere ad un costituzionalista se una norma siffatta sia costituzionale o meno, ponendo essa in essere una differenza di diritti tra paziente cosciente (che può rifiutare anche idratazione e nutrizione) da un paziente incoscente (che non potrebbe rifiutare tale terapia).


    Comunque, come ho già espresso in altri post, non ho problemi ad accettare la non-interrompibilità di idratazione e nutrizione perchè è una questione irrilevante ai fini pratici: se non sarà la sete o la fame a porre fine alle sofferenze del paziente sarà sicuramente qualche infezione batteria, qualche scompenso metabolico oppure qualche condizione che richiederebbe un intervento chirurgico.


    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  63. @DiegoPig
    Non si preoccupi ché già dal giorno dopo dell’entrata in vigore (eventuale) della legge ( e se potessero fin da ora), ci sarà bene chi si attiverà per cercare l’occasione per un ricorso alla Corte Costituzionale e/o per la richiesta di referendum. Lei guarda al principio di non discriminazione , ex art. 3 Cost. Chi sceglie di morire di fame e di sete, però, si suicida (indipendentemente dal motivo che vi sia dietro), chi chiede la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione chiede la compartecipazione (omissiva) di terzi (anche se è vero che non potrebbe fare altrimenti).
    Io sottolineo invece il contrasto che resterebbe (se si lasciasse la scelta su alimentazione ed idratazione) con il codice penale nelle fattispecie di aiuto al suicidio e omicidio del consenziente.
    Lei poi dice che sarebbero comunque da tenere presenti le altre cause per cui il paziente viene a morire. Questo è vero, ma finché si tratta di processo naturale nulla da eccepire se i medici, come sono tenuti, hanno offerto tutte le cure possibili e non vi è stata desistenza terapeutica da parte loro(io ricordavo anche la necessità di pulizia e movimento, tra l’altro).

    cordialmente,
    biolove

    RispondiElimina
  64. @ biolove


    l´alimentazione tramine sondino e PEG e´una terapia medica, che poi serve al sostentamento e non ha curare non c´entra assolutamente nulla.
    La ventilazione forzata non cura assolutamente nulla, la circorlazione estracorporea (ceh e´necessaria per tutte le operazioni a cuore aperto) non risolve un trombosi coronarica ma nessuno si sogna di dire che non sono terapie mediche! La liste potrebbe continuare a lungo.

    Ma ripeto fino alla noia, non sarebbe comunque questo il punto. Se non voglio alimentarmi nessuno ha il diritto di farlo. Non mi pare che si punisca lo sciopero della fame in nessun Paese del mondo.

    Sull´eutnasia attiva, lasciamo stare la cosa e´troppo fuori tema. Mi compiaccio che lei si interessi agli abusi, soltanto che come hanno gia´dimostrato vietarla non serve assolutamente a evitarli
    Questo e´ un dato di fatto a prescindere dal fatto che siamo o meno contrari alla sua depenalizzazione. Pertano tutti i discorsi pubblici sul tema sono viziati dal non riconscere questa semplice relta'.

    Simone

    RispondiElimina
  65. @Simone

    Su una cosa penso di essere d’accordo con lei (e l’ho già detto), che se si parte dal principio che deve essere garantita l’autodeterminazione assoluta sul proprio corpo, nessun ragionamento o argomentazione contraria (ad es. che sondino e PEG richiedono intervento medico ma per alimentare e non per curare, che la ventilazione forzata non restituisce la respirazione a chi non respira da sé ma lo fa comunque respirare, ecc…) possono valere.
    Lo sciopero della fame non è punito, dice lei, ma ribadisco che la problematicità dei casi in cui ci troviamo di fronte a malati, disabili (o deboli di volontà, ma quello è un tipo di eutanasia diverso) è che si richiede la collaborazione di un terzo. E’ questo aspetto che fa uscire, se vogliamo, da una fattispecie suicidiaria (e peraltro il suicidio non sempre e non ovunque non è stato oggetto di “sanzioni”) per lasciar intravvedere quella omicidiaria.
    Sulla depenalizzazione-legalizzazione dell’eutanasia, attiva o tout court, lei dice che anche pensando agli abusi, dopo averla lesa legale, si verificano in sostanza fenomeni di eutanasia involontaria. Ebbene, continuo a ripetere, per questo dobbiamo pensare solo a legalizzarla e non a salvare fosse anche uno solo che non vuole restarne vittima?
    Biolove

    RispondiElimina
  66. Per Biolove, 19/1/11 16:57

    "Chi sceglie di morire di fame e di sete, però, si suicida (indipendentemente dal motivo che vi sia dietro), chi chiede la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione chiede la compartecipazione (omissiva) di terzi (anche se è vero che non potrebbe fare altrimenti)."



    Questa sua affermazione è in contrasto sia con la giurisprudenza italiana sia con il codice deontologico dei medici, che all'art. 53 dice:

    "Quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, il medico ha il dovere di informarla sulle gravi conseguenze che un digiuno protratto può comportare sulle sue condizioni di salute. Se la persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale nei confronti della medesima, pur continuando ad assisterla."


    Come vede, già ora il paziente cosciente può obbligare il medico ad interrompere idratazione e nutrizione, ANCHE QUALORA il paziente in questione sia totalmente incapace di agire fisicamente (penso, ad esempio, ad un quadriplegico).


    Dal punto di vista della giurisprudenza, infine, è d'esempio l'archiviazione dei procedimenti sia nei confronti del medico che interruppe la ventilazione di Welby sia dei medici che attuarono il protocollo Englaro.






    "Io sottolineo invece il contrasto che resterebbe (se si lasciasse la scelta su alimentazione ed idratazione) con il codice penale nelle fattispecie di aiuto al suicidio e omicidio del consenziente."


    Come già detto, la giurisprudenza italiana NON considera "aiuto al suicidio" l'interruzione da parte del medico dei trattamenti sanitari a seguito di espressa volontà del paziente.
    Quindi nessun contrasto.





    "Lei poi dice che sarebbero comunque da tenere presenti le altre cause per cui il paziente viene a morire. Questo è vero, ma finché si tratta di processo naturale nulla da eccepire se i medici, come sono tenuti, hanno offerto tutte le cure possibili e non vi è stata desistenza terapeutica da parte loro(io ricordavo anche la necessità di pulizia e movimento, tra l’altro)."


    Non capisco il senso di questa sua affermazione.




    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

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  67. @ biolove

    Beh allora mi spieghi perche' l´autodertimazione sul proprio coropo non deve essere assoluta.
    E soprattuto mi spieghi come fa, se la nega, a proteggere il copro del cittadino dagli abusi dello Stato.

    Premesso che io non ho assolutamente detto che la depenalizzazione dell´eutanasia non impedisce gli abusi, ho detto semmai il contrario. Ovvero un fenomeno che esiste e che si vuole negare (puo´ prendere uno qualsiasi degli esponenti politici e le dira' che l´eutanasia in Italia non esiste) non puo´essere controllato e quindi non si possono evitare abusi se non si permette che si controlli e non si puo´ farlo se detta pratica e´segreta perche' illegale.

    Lei torna sul disabile ma qua non stiamo parlando del disabile!Qui stiamo parlando di persone sane che vogliono disporrre del loro corpo quando saranno malate. Oppure persone che alla diagnosi di una malattia cronica/degenerativa o invalidante decidono, avendo le informazioni sulla loro condizione, quali sono le terapie a cui sottoporsi o meno.

    Simone

    RispondiElimina
  68. @DiegoPig

    Lei si riferisce alla giurisprudenza e al codice deontologico dei medici (rispetto a cui ritengo che il discorso valga per il cosciente,capace o meno di agire fisicamente, ma non per l'incosciente perché occorre l'attualità del consenso), ma io non ignoravo, se è per questo, quel capolavoro di sentenza che è ha emesso la Cassazione nel 2007 sul caso Englaro (su cui critica puntuale può trovare qui :
    http://www.europaoggi.it/content/view/1850/0/ ).
    E ciò di cui stiamo discutendo, riguardo al ruolo dell’amministratore di sostegno, chiamato in causa prima dal caso di Modena e poi dalla sentenza di Firenze, è all’insegna dell’intervento della magistratura per garantire quello che dice lei.
    Ma io rispondevo a chi mi obiettava che gli scioperi per la fame non sono puniti nel mondo guardando alla sostanza di ciò che avviene quando il soggetto agisce in prima persona e quando invece chiede che altri collaborino (omissivamente) per rispettare la sua volontà. E la strumentalità messa in atto per ottenere per questo tramite ciò che in altri settori del nostro ordinamento attuale non è consentito.
    E la legge sul biotestamento in discussione alla Camera ha evidenziato proprio questo in relazione all’aspetto della sospensione di idratazione ed alimentazione (tenuta distinta dai trattamenti sanitari disponibili : lei ricorda che la giurisprudenza italiana non ritiene sia aiuto al suicidio l’interruzione di trattamenti sanitari, ma diverso è il caso per alimentazione ed idratazione, per la quale la Cassazione stessa, di cui dicevo sopra, almeno sulla carta, richiede la compresenza necessaria sia della volontà individuale in tal senso che della irrecuperabilità ragionevolmente certa allo stato cosciente).
    La frase che le risulta oscura, poi, ci riporta al codice deontologico medico per cui i medici e il personale sanitario, nei confronti del malato terminale sono comunque tenuto ad assisterlo, anche se il decorso della malattia (più o meno agevolato dal dissenso informato)è infausto.

    Biolove

    RispondiElimina
  69. @Simone
    Io le posso spiegare la mia opinione. Non dico che non si possa scegliere per l’autodeterminazione assoluta (io potrei non volerla perché magari mi fido del medico che conosce meglio di me una malattia che mi è venuta e voglio che lui decida per me oppure decidere insieme a lui). Siamo in democrazia (anche se la delicatezza dei temi bioetici dovrebbe far diffidare dal potersi appellare semplicemente alla democrazia, per il rischio appunto di approvare provvedimenti nella sostanza poco o per niente democratici).
    L’idea che l’eutanasia in Italia sia tema tabù e che ne parlino per lo più solo i Radicali (da ultimo traduttori per il nostro Paesi dello spot di Exit International)è un luogo comune : bisogna vedere che cosa intendiamo esattamente e cosa si vorrebbe attuare.
    Non mi sembra che la preoccupazione dei fautori dell’eutanasia nel nostro Paese sia per gli abusi : come lei stesso dice c’è la convinzione che nella depenalizzazione stessa c’è il venire alla luce, il far perdere interesse per le manovre sotterranee e tutto tornerebbe magicamente a posto, con pressoché a zero il bilancio di coloro che muoiono senza volerlo.
    Non così in altre esperienze, come quella attuale della discussione per introdurre il suicidio assistito in Gran Bretagna, dove l’aspetto delle categorie deboli da tutelare con una rete protettiva è stato considerato.
    Il richiamo sulla Convenzione ONU sui disabili l’ho fatto perché sono interessati spesso da diversi gradi di disabilità coloro che hanno a suo tempo compilato le direttive anticipate. Naturalmente, come dicevo,chi desidera l’autodeterminazione assoluta non accetta alcun limite a ciò.

    Biolove

    RispondiElimina
  70. Per Biolove, 20/1/11 17:55

    "Ma io rispondevo a chi mi obiettava che gli scioperi per la fame non sono puniti nel mondo guardando alla sostanza di ciò che avviene quando il soggetto agisce in prima persona e quando invece chiede che altri collaborino (omissivamente) per rispettare la sua volontà."


    E io, a questa sua obiezione, rispondevo con il fatto che sia la giurisprudenza attuale che il codice deontologico dei medici non solo non prevede come reato ma OBBLIGA i medici ad interrompere anche idratazione e nutrizione qualora il paziente ne faccia esplicita richiesta.
    Quindi il suo distinguo della "collaborazione anche omissiva" è privo di fondamento.





    "La frase che le risulta oscura, poi, ci riporta al codice deontologico medico per cui i medici e il personale sanitario, nei confronti del malato terminale sono comunque tenuto ad assisterlo, anche se il decorso della malattia (più o meno agevolato dal dissenso informato)è infausto."


    Non mi risulta affatto oscura.
    Semplicemente questo non implica che il medico possa agire contro la volontà del paziente, poichè questa condotta è ESPLICITAMENTE vietata sia dalla legge dello stato italiano che dal codice deontologico dei medici.


    Cordaili Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  71. @DiegoPig
    io, a questa sua obiezione, rispondevo con il fatto che sia la giurisprudenza attuale che il codice deontologico dei medici non solo non prevede come reato ma OBBLIGA i medici ad interrompere anche idratazione e nutrizione qualora il paziente ne faccia esplicita richiesta

    Abbia pazienza, ma il punto nodale è la differenza (discriminazione per chi ben ci tiene) tra coscienti e incoscienti : altrimenti il biotestamento (come pure non è da stupirsi che s’intenda in Italia) sarebbe già valido in base a codice deontologico e giurisprudenza e non ci sarebbe bisogno di leggi da discutere. L’art. 53 del cod. deont. presuppone un paziente davanti al medico che presta un consenso attuale, dopo essere stato da lui informato. Del possibile prolungamento della volontà espressa come consenso informato si interessano le direttive anticipate.

    questo non implica che il medico possa agire contro la volontà del paziente, poiché questa condotta è ESPLICITAMENTE vietata sia dalla legge dello stato italiano che dal codice deontologico dei medici

    Ancora una volta bisogna distinguere l’oggetto specifico della condotta del medico e se il paziente è cosciente o meno, perché in relazione ad alimentazione ed idratazione se è lasciato detto da coscienti che esse non si vogliono per il caso che si resti incoscienti, questo non può avere il valore di una D.A.T. vincolante. Ricordavo come la stessa sentenza Englaro,pur nel suo contenuto “creativo”, per una paziente svp, poneva, come condizione per staccare il sondino, non solo la volontà del soggetto in tal senso (nel quadro di una sua precisa concezione di vita) ma anche l’accertamento dell’impossibilità di recupero a vita cosciente.
    Biolove

    RispondiElimina
  72. Per Biolove, 21/1/11 03:49

    "Abbia pazienza, ma il punto nodale è la differenza (discriminazione per chi ben ci tiene) tra coscienti e incoscienti"


    Se lei ha letto la sentenza Englaro avrà notato che questo è proprio il punto toccato.
    La sentenza Englaro, infatti, sancisce che un paziente incosciente mantiene gli stessi identici diritti di un paziente incosciente.

    Quindi questo non è un punto nodale, perchè è già stato risolto dalla giurisprudenza e, prima ancora, dalla costituzione.





    "L’art. 53 del cod. deont. presuppone un paziente davanti al medico che presta un consenso attuale, dopo essere stato da lui informato. Del possibile prolungamento della volontà espressa come consenso informato si interessano le direttive anticipate."


    Ma questo è un problema meramente tecnico, non etico o morale o che altro.
    Semplicemente si tratta di decidere in quali condizioni la volontà espressa al tempo T rimane valida anche al tempo T1.





    "Ancora una volta bisogna distinguere l’oggetto specifico della condotta del medico e se il paziente è cosciente o meno, perché in relazione ad alimentazione ed idratazione se è lasciato detto da coscienti che esse non si vogliono per il caso che si resti incoscienti, questo non può avere il valore di una D.A.T. vincolante."


    Se fosse vero quello che afferma lei allora vi sarebbe una disparità di diritti tra paziente cosciente ed incosciente, cosa che è probabilmente incostituzionale.
    Ed infatti la sentenza Englaro riporta (pag. 5):

    "- il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione terapeutica non può essere negato nemmeno nel caso in cui il soggetto adulto non sia più in grado di manifestare la propria volontà a causa del suo stato di totale incapacità"







    "Ricordavo come la stessa sentenza Englaro,pur nel suo contenuto “creativo”, per una paziente svp, poneva, come condizione per staccare il sondino, non solo la volontà del soggetto in tal senso (nel quadro di una sua precisa concezione di vita) ma anche l’accertamento dell’impossibilità di recupero a vita cosciente. "


    Se lei avesse letto la sentenza Englaro saprebbe che l'impossibilità di recupero di vita cosciente da parte di Eluana Englaro era già stata determinata dalle sentenze precedenti a quella che hanno consentito il distacco del sondino.

    Sempre dalla sentenza Englaro (pag. 17):

    "Ad ogni modo, di tutti i sopra illustrati elementi conoscitivi HA GIÀ PRESO ATTO LA CORTE D’APPELLO NELLA PREGRESSA FASE DEL PROCEDIMENTO, e in particolare ha preso atto della conclusione prognostica testè riferita, secondo cui “Nessun recupero della vita cognitiva è ormai possibile”, pervenendo alla duplice conclusione che tali elementi fossero idonei ad attestare sia il fatto che Eluana versasse in Stato Vegetativo, sia che tale condizione fosse irreversibile. "


    Quindi, come vede, la determinazione dell'irreversibilità di Eluana Englaro non è frutto della "creativa" sentenza che ha permesso l'interruzione di alimentazione e nutrizione.


    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  73. @ biolove

    mi domando in quale dibattito lei ha ascoltato qualcuno dire io sono contro l´eutanasia ma sono consapevole che OGGI e´praticata in Italia? (parlo di un dibattito che un normale cittadino puo´ascoltare)
    La differenza tra fare un dibattito serio e uno ideologico e senza senso sta nel fattoc he si deve partire dai fatti.
    Io non ho una certezza assoluta che il problema di possa risolvere depenalizzando l´eutanasia (diciamoc he i dati olandesi mi confortano molto) ma quellod i cui sono convinto e´che se non discute di FATTI e non di idee non si arrivera' a trovare una soluzione.

    Sull'autodeterminazione, nessuno la obbliga a rinunicare a nulla. Se vuole che il medico decida per lei lo puo´fare! Ilproblema nasce quando uno vuole imprre agli altri la sua visione del rapporto con la pratica medica.

    Simone

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  74. @DiegoPig
    Ho letto la sentenza Englaro (ma tendo a rimuoverla per non restare condizionato dal caso del signor Englaro che fortunatamente non ha avuto seguito, nel senso di nessun altro che gli andasse dietro nel chiedere le sue stesse cose : per me non è stato un bell’esempio di rispetto della volontà individuale, ma semmai di un patto di sangue,ammesso che realmente le cose andassero così tra loro).
    Lei dice : il punto relativo alla differenza tra coscienti e incoscienti è stato risolto dalla giurisprudenza.
    Si ricordi che anche giunti alla Cassazione, la sentenza fa legge tra le parti e tutt’al più può servire da precedente in casi simili (nomofilassi), ma non crea (non dovrebbe creare) nuovo diritto come da più parti si è obiettato abbia fatto in relazione al caso Englaro.
    Sulla Costituzione poi,senza sminuirla, mi sento però di dire che si può ricavarne tutto e il contrario di tutto.

    Riguardo al codice deontologico, poi, lei liquida la cosa evocando un problema tecnico : non così nella pratica dove l’applicazione di esso (con effetti vincolanti) resta limitata al caso di pazienti coscienti.

    Sulla disparità tra coscienti e incoscienti , del resto, è vero che è intervenuta la stessa sentenza C. Cass. del 2007 ma non bisogna limitarsi alla parte argomentativa (che peraltro sembra asserisca aver letto solo lei : quando è uscita non solo l’ho letta ma ho letto tutte le critiche successive), ma bisogna guardare alle conclusioni, perché sono quelle che valgono.Nella parte che dice lei è tutto un “preso atto” del “preso atto”.I giudici non possono che rimettersi alla conclusione prognostica medica di “stato vegetativo permanente” (così, secondo loro).
    Nessun dubbio, dal 1992, sul destino di Eluana (che disperando potesse riprendersi era meglio che morisse).Testimonianze solo poche e concordanti. La ragazza per lo più tenuta in condizioni “misteriose” e mai sottoposta alle più sofisticate tecniche di accertamento (alcune è vero disponibili solo da pochi anni, ma pur sempre disponibili)che il ricorso ai più alti gradi di giustizia avrebbe richiesto (vedi sotto).
    E questo è ben poco conciliabile con i presupposti conclusivi :
    “Sulla base delle considerazioni che precedono, la decisione del giudice, dato il coinvolgimento nella vicenda del diritto alla vita come bene supremo, può essere nel senso dell'autorizzazione soltanto (a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti e convincenti, della voce del rappresentato, tratta dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l'idea stessa di dignità della persona.
    Allorché l'una o l'altra condizione manchi, il giudice deve negare l'autorizzazione, dovendo allora essere data incondizionata prevalenza al diritto alla vita."
    (come avrebbe dovuto essere, ndr)

    Biolove

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  75. Per Biolove, 21/1/11 15:58

    "Lei dice : il punto relativo alla differenza tra coscienti e incoscienti è stato risolto dalla giurisprudenza.
    Si ricordi che anche giunti alla Cassazione, la sentenza fa legge tra le parti e tutt’al più può servire da precedente in casi simili (nomofilassi), ma non crea (non dovrebbe creare) nuovo diritto come da più parti si è obiettato abbia fatto in relazione al caso Englaro.
    Sulla Costituzione poi,senza sminuirla, mi sento però di dire che si può ricavarne tutto e il contrario di tutto."


    Libero di pensarla così.

    Restano gli innegabili fatti che:
    1) La costituzione italiana prevede ESPLICITAMENTE il diritto di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, idratazione e nutrizione compresa
    2) Il codice deontologico dei medici prevede ESPLICITAMENTE il diritto di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, idratazione e nutrizione compresa
    3) La giurisprudenza italiana prevede ESPLICITAMENTE il diritto di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, idratazione e nutrizione compresa.






    "Nella parte che dice lei è tutto un “preso atto” del “preso atto”.I giudici non possono che rimettersi alla conclusione prognostica medica di “stato vegetativo permanente” (così, secondo loro)."



    Preferisco non perdere tempo a picchiare un cavallo morto.
    E' un fatto innegabile che tutti gli esperti del settore coinvolti in tutti i gradi della vicenda Englaro concordano nell'affermare che Eluana Englaro non avrebbe mai più potuto recuperare una coscienza.

    Lo hanno determinato gli specialisti interpellati nei vari gradi di giudizio e lo hanno determinato gli specialisti incaricati dalla procura per verificare che non si siano verificati reati durante l'esecuzione del protocollo.

    Se lei preferisce credere che si siano tutti sbagliati, faccia pure.







    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

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  76. @Simone
    Io non vedo invece perché ci dovrebbe essere contraddizione tra i due aspetti da lei richiamati (essere contro l’eutanasia,opinione, e fatto che essa è praticata oggi in Italia).
    La differenza con quelli che sono a favore dell’eutanasia è che loro (solitamente) hanno la ricetta pronta e come per altri fenomeni pensano che la depenalizzazione o la legalizzazione valgano a ridurre quei fenomeni stessi se non a superarli (mi riferisco all’eutanasia involontaria, ne ho già parlato in altri post e non voglio ripetermi, compresi quei riscontri nella realtà di Paesi come l’Olanda i cui dati non mi confortano affatto
    http://salute24.ilsole24ore.com/articles/7616-eutanasia-2-600-casi-in-olanda-13-pro-vita-allattacco).
    L’ideale sarebbe il rispetto delle diverse concezioni bioetiche, anche se quelle estreme (in un senso o nell’altro) richiedono per sé un’applicazione specifica dove spesso ci rimette chi la pensa diversamente (e magari si accontenterebbe di un compromesso).

    Biolove

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  77. @DiegoPig

    Nessuno dei punti da lei richiamati (previsioni concordi di Costituzione, giurisprudenza e codice deontologico) sostituisce l’urgenza, attualissima, di una legge sul biotestamento o direttive anticipate che dir si voglia,insomma del prolungamento del consenso informato per renderlo possibile per i non coscienti, se non altro per attualizzare appunto ciò che, nel rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento,è la domanda della società di oggi in relazione a questi aspetti.
    Sullo stato di incoscienza di Eluana (come sulla volontà) non sono mancati dubbi. Il padre avrebbe acconsentito a sottoporla a risonanza magnetica funzionale, in grado di rilevare la pur minima coscienza ? La sentenza, nella sua rigorosità, sarebbe giunta a richiederlo. Ma non si è fatto niente di più che cercare delle strutture dove attuare un protocollo che di sanitario non aveva più nulla, essendo destinato in pochi giorni (e con la sensazione che la situazione fosse sfuggita di controllo a medici che erano sicurissimi di quello che stavano facendo) a condurre a morte la donna.
    Resta perciò l’impressione (che è più che una impressione) di un caso più ideologico che giudiziario, a vantaggio di una certa concezione della vita ma portato avanti senza riuscire ad eliminare del tutto i dubbi ad esso collegati.

    Cordialmente,
    biolove

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  78. Per Biolove, 21/1/11 16:57


    "Nessuno dei punti da lei richiamati (previsioni concordi di Costituzione, giurisprudenza e codice deontologico) sostituisce l’urgenza, attualissima, di una legge sul biotestamento"


    E io non ho inteso affermare ciò.
    Semplicemente facevo notare che sia la costituzione che la legge dello stato italiano che l'ordine dei medici prevedono ESPLICITAMENTE la possibilità, da parte del paziente, di rifiutare qualsiasi trattamento COMPRESE nutrizione ed idratazione.

    Da questa constatazione la considerazione che, se mai per i pazienti incoscienti questo diritto al rifiuto venisse limitato, ci si potrebbe trovare di fronte ad un caso di norma incostituzionale.







    "Sullo stato di incoscienza di Eluana (come sulla volontà) non sono mancati dubbi."


    No, non ve ne sono. Non fra TUTTI gli specialisti coinvolti nel caso.


    Comunque, come dicevo prima, preferisco non perdere tempo a picchiare un cavallo morto.
    Lei è liberissimo di credere che tutti gli specialisti coinvolti abbiano sbagliato.



    Cordiali Saluti,
    DiegoPig

    RispondiElimina
  79. @DiegoPig
    Lei non si cura dell’urgenza di una legge sul biotestamento (che si sta scaldando, o cova, secondo i punti di vista, in Parlamento e tra poco, accidenti molto extra-parlamentari permettendo, tornerà in discussione).
    Richiama i suoi fondamenti della pretesa del paziente di rifiutare qualsiasi trattamento comprese (parole sue, per me non sono trattamenti) idratazione ed alimentazione.
    Fondamenti che sono :
    -la Cost. che all’art. 32 anzitutto parla appunto di trattamenti (e se i succitati non lo sono tutto cade), ma poi, al di là di questo, è un articolo nato in reazione alle atrocità degli esperimenti nazisti e ora viene piegato a fargli dire ciò che non poteva prevedere;
    -la giurisprudenza che nel caso più importante (quello Englaro) non si limita a richiamare la volontà del soggetto (di cui si spinge a chiedere una ricostruzione, che però all’atto pratico dovrebbe essere razionale e soprattutto non falsata da parzialità) ma richiede la compresenza (pena il prevalere del bene vita, che, si badi bene, è tutt’altro che ignorato, sulla carta) dell’assenza della più flebile possibilità di ripresa della coscienza;
    -il codice deontologico sul rifiuto di nutrirsi che parla di persona che “rifiuta volontariamente di nutrirsi”.Un incosciente non ha volontà.” Se la persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione”.Un incosciente non può essere consapevole.
    L’estensione del codice per quanto espresso da cosciente allo stato di incoscienza è tutta da dimostrare e se va a vedere l’attuazione pratica di ciò in questo momento le può benissimo essere risposto che non si può introdurre il biotestamento per questa via.
    Sul punto che “se mai per i pazienti incoscienti questo diritto al rifiuto venisse limitato, ci si potrebbe trovare di fronte ad un caso di norma incostituzionale” si dimentica un particolare che anche coloro che vorranno impugnare la legge sulle D.A.T. (se resterà così, ma già si è previsto che la sospensione sarà consentita se i sostegni vitali sono inutili o controproducenti) dovrebbero tener presente :
    l’art. 32 dice : “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
    Quindi c’è una riserva di legge esplicita su ciò da parte della Costituzione, e se la ratio della legge sulle D.A.T. è quella di fornire al malato quel sostegno vitale che a nessuno deve mancare (finché si può) la disparità (ex art. 3 Cost.) può dirsi superata nel momento in cui alimentazione ed idratazione non hanno più utilità per il soggetto - incosciente- o diventano controproducenti per lui e possono allora essere sospese.
    C’è un’altra “discriminazione” che per parte mia vorrei sottolineare (già detta peraltro) e riguarda il caso che si prevedessero le D.A.T. vincolanti : se il soggetto recuperasse una minima coscienza ma non potesse comunicare si troverebbe vincolato alla volontà scritta espressa in precedenza. Anche questo dovrebbe vedersi come discriminatorio e anticostituzionale.
    Sui pareri scientifici sul caso Englaro ci sarebbe molto da dire : è ovvio che non a tutti vengono dubbi (forse a Defanti, De Monte e a coloro che,anche addetti ai lavori, gravitano intorno alla Consulta di Bioetica). Anzi c’è chi non se n’è fatti e chi non li ha mai avuti.
    Per parte mia sono contento per notizie come questa http://antiuaar.wordpress.com/2011/01/20/psicobiologi-spagnoli-risposte-cerebrali-in-stato-vegetativo-e-di-minima-coscienza/
    (e link correlati).

    Cordialmente,
    biolove

    RispondiElimina
  80. Conforta la tesi cara a DiegoPig che il biotestamento è già in vigore ma non nega quella cara a me che ormai la legge la fanno i magistrati (contro la divisione dei poteri), oltre ad essere una variazione del topic di questo post l’articolo del Giornale di ieri :
    E il giudice disse: «Curare non è più un dovere»

    http://www.ilgiornale.it/interni/e_giudice_disse_curare_non_e_piu_dovere/21-01-2011/articolo-id=500823-page=0-comments=1

    RispondiElimina
  81. un'intervista al signor Santoni, 70 anni, di Firenze, che ha chiesto e ottenuto tramite la figlia di poter nominare sua moglie amministratrice di sostegno per il caso si ammalasse gravemente e fosse incapace di comunicare, si trova sull'ultimo numero di Panorama (riportata anche da
    http://www.medicinaepersona.org/resources/articolo/N12da846fa00f7e842b5/N12da846fa00f7e842b5/38-siamo_la_famiglia_bioetica.pdf)
    Lì si trova anche l'esperienza di Sylvie Ménard (oncologa e paziente per via di un tumore osseo) che, inizialmente favorevole all'eutanasia (e, anche per sé, del testamento biologico alla Veronesi) ha poi radicalmente mutato opinione in seguito alla malattia.

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  82. @ biolove

    non si offenda ma deve capire che legge (lex) e diritto (ius) sono due cose diverse! Quello che fanno i giudci (no i magistrati) si chiama diritto non legge!

    Simone

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  83. @Simone

    Io non mi offendo, anzi, pur essendo il mio titolo di studio proprio del settore giuridico, accetto di buon grado quanto mi è detto non solo da chi dimostra di saperne più di me in quell’ambito, ma anche in altri pertinenti rispetto alla discussione, così come ogni valida opinione.
    Però la mia non era un’improprietà di linguaggio : quando sopra dicevo ormai la legge la fanno i magistrati (contro la divisione dei poteri)era una (per me) amara constatazione.
    Perché se è vero (come dice lei) che i giudici,di per sé, a loro modo, fanno diritto (tramite le sentenze, ma in ogni caso applicando le fonti del diritto,non limitate alle sole leggi), da qualche tempo a questa parte fanno anche la legge (cioè, non rispondendo politicamente verso i cittadini si sostituiscono al Parlamento che,avendo invece tale responsabilità, è normalmente titolato ad approvare quelle leggi cui gli stessi giudici dovrebbero sottostare, applicandole e non creandole.
    E' vero che sembrano esservi lacune e urgenze, come nel nostro settore della bioetica, ma la censurabilità di un tale modus operandi resta.

    Cordialmente,
    biolove

    RispondiElimina
  84. @ biolove

    ho riletto il suo commento precedente in cui cita l´articolo 32. Ovviamente cita quello che fa comodo al suo ragionamento.

    L´articolo 32 non finisce
    "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge."

    ma dice anche

    "La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana."

    (Le faccio notare che in costituzione coeve alla nostra, come quella tedesca questa previsione non c´e´)

    Certo se per lei la legge puo´tutto allora non stiamo a discutere. La legge invece nel nostro ordinamento non puo´ tutto, e quello che non puo´ fare e´violare la dignita' umana, in nessun caso.
    Questa e´la norma interpretata dai giudici.
    Possiamo disquisire in maniera molto dotta sul fatto che l´interpretazione sia giusta o sbagliata. Quello che non possiamo fare e dire "non c´e´un legge" o che "esiste una riserva di legge".
    Il suo ragionamento sulle "lacune dell´ordinamento" e´ figlia di un positivismo giuridico ormai morto nei fatti.

    Simone

    RispondiElimina
  85. Su il sussidiario.net Alberto Gambino giunge a delle conclusioni non diverse da quelle da me espresse sui recenti casi in cui la magistratura è intervenuta concedendo la possibilità concreta di far valere le proprie direttive di fine vita tramite l’amministrazione di sostegno :
    http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2011/1/24/IL-CASO-Da-Firenze-a-Varese-prove-generali-di-eutanasia-/144029/

    biolove

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  86. @Simone

    Ma certo l’art. 32 Cost. va citato tutto per vedere però come alla fine si rischia un sostanziale incartamento o , se vogliamo, l’attuarsi di un sistema di pesi e contrappesi, di dinamiche valoriali che si risolvono nella paralisi, salvo ricondurre tutto al rispetto del principio della “dignità umana”, dove, però, bisogna vedere bene cosa si deve intendere per esso (e magari cosa intende il magistrato di turno).
    La riserva di legge c’è e potrebbe benissimo dirsi legittima costituzionalmente, alla luce di essa, ad es. , una legge sul biotestamento che prevedesse la somministrazione di idratazione ed alimentazione finchè non risultasse inutile o inopportuna (che è comunque una scappatoia che, invocata a furor di popolo, o così almeno ci fan credere, potrebbe essere ab-usata alla stregua delle condizioni psicologiche che giustificano l’aborto, escamotage ordinario per le i.v.g. nel nostro Paese, da trent’anni in qua).
    Lei parla di positivismo giuridico morto nei fatti. Un po’ ha ragione, ma se si vuol far passare come neo-giusnaturalismo quello dei diritti di terza generazione (incluso il “diritto di morire”) io sento davvero nostalgia dello ius naturale

    cordialmente,
    biolove

    RispondiElimina