Sconvolge semmai che i due autori, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, siano entrambi italiani. […] Studiosi italiani, dunque, cittadini di un Paese in cui la giustificazione per motivi utilitaristici delle azioni umane non è considerata un’attenuante, né moralmente né giuridicamente, ma semmai un’aggravante.A parte che Giubilini e Minerva non ricorrono in modo particolare ad argomentazioni utilitaristiche, c’è il fatto che l’utilitarismo è una corrente filosofica legittima, e praticata anche in Italia; andrebbe forse proibita e considerata come philosophia illicita, là dove il genius loci propenda altrimenti?
Ma è probabilmente un bene che Gigli non abbia tentato una confutazione razionale, visto che la sua comprensione del testo non appare molto salda: non si capisce come la «logica» di Giubilini e Minerva possa implicare per Gigli la conclusione che «l’“interesse” della società prevale inevitabilmente su quello di ciascun essere umano». Qualche difficoltà di comprensione Gigli la dimostra anche nei confronti di H. Tristram Engelhardt Jr. (non «Tristam H. Engelhardt»: Avvenire non corregge più le bozze?), fondatore della rivista su cui è apparso l’articolo di Giubilini e Minerva: con l’espressione «stranieri morali» Engelhardt non indica affatto «tutti quegli esseri umani (non nati, gravi ritardati mentali, dementi, comatosi, stati vegetativi, etc.) che non avrebbero titolo a essere considerati persone umane perché privi della capacità di esprimere biasimo o lode e quindi, appunto, estranei alla comunità sociale», ma bensì:
Moral strangers are persons who do not share sufficient moral premises or rules of evidence and inference to resolve moral controversies by sound rational argument, or who do not have a common commitment to individuals or institutions in authority to resolve moral controversies [H.T.E., The Foundations of Bioethics, 2nd ed., New York, Oxford University Press, 1996, p. 7].Stranieri morali, per intenderci, siamo reciprocamente io e Gigli...
Tutto questo, com’è ovvio, non significa necessariamente che le tesi di Giubilini e Minerva vadano immuni da critiche (per gli addetti ai lavori: gli autori basano il loro argomento sul concetto della morte come danno di Michael Tooley, senza accennare alle tesi più recenti e raffinate di Jeff McMahan). Ma le loro tesi sono espresse in forma razionale, e con argomenti razionali vanno quindi criticate, non con scomuniche o con grida isteriche. Altrimenti da stranieri morali si passa ad essere nemici morali – e questo non conviene decisamente a nessuno.
Se ho capito bene l´articolo sostiene che si dovrebbe ritenere moralmente accettabile l´infanticidio negli stessi casi in cui e´moralmente accettato l´aborto.
RispondiEliminaAlcuni dubbi
1. Per esempio si dice che alcuni test prenatali possono dare falsi negativi. Ma se non si fanno test prenatali cadrebbe la legittimazione?
2. Per quanto riguarda l´aborto e' ovvio (dovrebbe) che e´la donna che decidere se abortire o meno ma nel caso di un figlio nato possiamo far decidere il padre? o gli altri parenti o no? secondo me almeno il padre deve poter decidere e quindi cade l´analogia con l´aborto. Che succede se i due non sono concordi?
3. l´articolo sostiene che tra lo stress provocato dalla morte di un figlio e quello per avero dato in adozione il primo e´ minore. Posso sbagliare ma mi pare una tesi discutibile: puo´essere vero nell maggior parte dei casi ma non mi pare un grande argomento per fondare una scelta morale.
4. Probabilmente non ha fondamento razionale ma trovo inconciliabile i casi discussi per cui sia moralmente lecito uccidere il bambino sia nel caso questo presenti delle patalogie fortemente debilitanti sia nel caso la madre (e il padre??) si trovino nella incapacita' di mantenerlo.
5. Fino a quando si puo´ considera un bambino una non persona? mi verebbe da dire che conosco dei 30enni che anche se sanissimi ha stento si potrebbero definire persone.
Mi sono riletto e ri-riletto l'articolo e la risposta dell'editor ai commenti e i commenti alla risposta dell'editor. Ora, a parte il fatto che l'ontologia non e' materia logica ma morale in quanto si basa su verita' non dimostrabili, mi pare che questo articolo e tutto cio' che ne deriva sia solo una gran trovata pubblicitaria. Giustissimo ospitare il dibattito nel vostro blog e giocare come il gatto col topo su chi non affronta in termini corretti (logica e flosofia morale) la problematica, ma chiunque sia dotato di 3 neuroni dovrebbe essere in grado a) di capire che la dottrina "Giubilini e Minerva" non ha fondatezza logica, e b) la spregiudicata (e in malafede) difesa dell'editor il quale scrive "The novel contribution of this paper is not an argument in favour of infanticide " quando gli stessi autori scrivono "the authors argue that what we call ‘after-birth abortion’ (killing a newborn) should be permissible in all the cases where abortion is, including cases where the newborn is not disabled.". Detto questo, gli argomenti "evil, nazi, etc" non devono essere presi in considerazione nel dibattito proprio perche' logiche fallaci e che non aiutano a capire la mancanza di fondamenti di questo "studio".
RispondiEliminaForse è un pò troppo comodo, signor Regalzi o signora Lalli, chiedere un confronto "razionale" sull'articolo dei due cervelli all'estero.
RispondiEliminaSe io argomentassi sulla necessità di considerare eticamente accettabile sopprimerla, lei che farebbe, imposterebbe con me un dibattito razionale sul punto?
Sì. Perché non dovrei?
RispondiEliminaAnonimo, in effetti sarebbe più razionale prendersi a pugni, no?
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