Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano
John Stuart Mill, La libertà
martedì 19 agosto 2014
I’m a cop. If you don’t want to get hurt, don’t challenge me
A teenager is fatally shot by a police officer; the police are accused of being bloodthirsty, trigger-happy murderers; riots erupt. This, we are led to believe, is the way of things in America.
It is also a terrible calumny; cops are not murderers. No officer goes out in the field wishing to shoot anyone, armed or unarmed. And while they’re unlikely to defend it quite as loudly during a time of national angst like this one, people who work in law enforcement know they are legally vested with the authority to detain suspects — an authority that must sometimes be enforced. Regardless of what happened with Mike Brown, in the overwhelming majority of cases it is not the cops, but the people they stop, who can prevent detentions from turning into tragedies.
Working the street, I can’t even count how many times I withstood curses, screaming tantrums, aggressive and menacing encroachments on my safety zone, and outright challenges to my authority. In the vast majority of such encounters, I was able to peacefully resolve the situation without using force. Cops deploy their training and their intuition creatively, and I wielded every trick in my arsenal, including verbal judo, humor, warnings and ostentatious displays of the lethal (and nonlethal) hardware resting in my duty belt. One time, for instance, my partner and I faced a belligerent man who had doused his car with gallons of gas and was about to create a firebomb at a busy mall filled with holiday shoppers. The potential for serious harm to the bystanders would have justified deadly force. Instead, I distracted him with a hook about his family and loved ones, and he disengaged without hurting anyone. Every day cops show similar restraint and resolve incidents that could easily end up in serious injuries or worse.
Sometimes, though, no amount of persuasion or warnings work on a belligerent person; that’s when cops have to use force, and the results can be tragic. We are still learning what transpired between Officer Darren Wilson and Brown, but in most cases it’s less ambiguous — and officers are rarely at fault. When they use force, they are defending their, or the public’s, safety.
Even though it might sound harsh and impolitic, here is the bottom line: if you don’t want to get shot, tased, pepper-sprayed, struck with a baton or thrown to the ground, just do what I tell you. Don’t argue with me, don’t call me names, don’t tell me that I can’t stop you, don’t say I’m a racist pig, don’t threaten that you’ll sue me and take away my badge. Don’t scream at me that you pay my salary, and don’t even think of aggressively walking towards me. Most field stops are complete in minutes. How difficult is it to cooperate for that long?
The Washington Post, august 19.
"When they use force, they are defending their, or the public’s, safety."
RispondiEliminaRitengo che questo sia ciò che succede, salvo eccezioni.
Tuttavia, penso che l'incolumità propria e del prossimo non rappresenti l'unico obiettivo che l'uso della forza consente di raggiungere; infatti, non è difficile intuire che i metodi decisi servono pure a ribadire il concetto di base: "If you don’t want to get hurt, don’t challenge [cops]".
Non saprei dire, però, se l'effetto deterrenza risulta poi avere la priorità rispetto alla valutazione delle necessità di sicurezza del momento (l'esempio dell'auto-bomba non impedisce al dubbio di sorgere), e - ammesso che sia così - se questo è un imperativo dettato dalla natura della società americana, che magari richiede polso particolarmente fermo per non finire nel caos.
Forse dipende anche dal fatto che negli USA girano un'enormità di armi da fuoco. Perciò la paura che un balordo tiri fuori una pistola e si metta a sparare ai poliziotti potrebbe essere un fattore non trascurabile.
RispondiEliminaÈ molto probabile che sia così, Anonimo, ma rimane comunque un aspetto - come dire - tattico. Il mio sospetto (che è poco più di un'intuizione) va oltre, ed è di ordine strategico.
RispondiEliminaAll'Anonimo
RispondiEliminaIo invece ho sentore che si tratti di qualcosa di diverso, se vogliamo "di tattico" come dice Marcoz. Stavo seguendo da qualche tempo la degenerazione (sempre impunita, o meglio ingiudicata) in parte delle polizie americane e non mi ha sorpreso minimamente che ci sia stata questa rivolta. È anche un errore quello di descrivere questi eventi di protesta come la conseguenza di un singolo episodio di cronaca: si tratta della risposta ad una mutazione "di fatto" delle regole di ingaggio, laddove sparare per uccidere è semplicemente diventata un'opzione da poter esercitare più frequentemente, in particolare persino quando non c'è nessuna minaccia reale contro la popolazione ma meramente una percepita contro l'agente di sicurezza.
Perché dico che le armi in circolazione potrebbero entrarci molto poco? Perché si contano ormai numerosi episodi in cui i caricatori sono stati scaricati contro dei cani che abbaiavano minacciosi. Desta quindi preoccupazione una polizia che ha capacità di gestione del pericolo inferiore a quella che potrebbe avere una ragazzino di dodici anni. Credo che si sia arrivati al punto in cui un individuo rischi di rimetterci le penne solo per poca dimestichezza con la lingua dell'agente, che potrebbe interpretare la non rigorosa rispondenza agli ordini come una minaccia alla propria incolumità, poco rilevando l'essere palesemente disarmato: e quindi passibile di eliminazione.