C’è una mozione promossa dal capogruppo consiliare di Uniti per Assisi Luigi Marini con la collaborazione di Gianfranco Amato (giurista per la vita) e di Ernesto Rossi (presidente regionale del Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria).
È “una mozione urgente, a tutela della Famiglia naturale: Padre è maschio e Madre è femmina”.
E potremmo cominciare da qui. Dalle maiuscole per “famiglia”, “padre” e “madre” e dall’idea che ci sia una famiglia naturale e che questa sia l’unico modello giusto (Giusto).
Cominciamo con il chiederci cos’è la famiglia naturale. Che suona quasi un ossimoro, considerando che la famiglia non è di certo un’istituzione naturale, bensì culturale, sociale, economica. Se poi per “naturale” si intende “ciò che esiste” c’è un altro problema: esistono tanti modelli familiari. Nessun modello unico valido per tutti.
Naturalmente, secondo lo spirito della mozione urgente, la Famiglia naturale è e deve essere composta da Padre e Madre. Possibilmente, aggiungo, da figli che seguano le stesse orme.
Se la Famiglia non è formata da un profilo genetico maschio XY e femmina XX non sarà una vera famiglia. Che ne facciamo di tutte le altre? Famiglie con un solo genitore, famiglie ricomposte o allargate?
I ruoli genitoriali, come le famiglie, sono un prodotto culturale. Sono realtà sociali mutevoli: sono diverse nel tempo e nello spazio. Perché il modo di intendere cosa è un genitore proposto dalla mozione dovrebbe essere quello giusto? I ruoli di genere, e con essi i ruoli genitoriali, sono cambiati. E per fortuna: se così non fosse staremmo ancora alle donne con l’istinto materno e agli uomini che difendono la grotta (il processo non è di certo compiuto).
La domanda è più o meno la stessa per le affermazioni seguenti: perché uno dei possibili modelli dovrebbe diventare l’unico accettabile. E quali danni comporterebbero tali “deviazioni”.
“La famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna rappresenta l’istituzione naturale aperta alla trasmissione della vita e l’unico adeguato ambito sociale in cui possono essere accolti i minori in difficoltà, anche attraverso, in casi estremi, gli istituti dell’affidamento e dell’adozione”.
Per la trasmissione della “vita” bastano un uomo e una donna in età fertile. Ancor meno: un gamete maschile e uno femminile. Se si vuole intendere «vita» in accezione più ampia (educazione, cura, accudimento) rimane sempre da spiegare perché questo sarebbe l’unico modello adeguato. La loro famiglia sarà aperta alla trasmissione della vita, ma quanto a semantica è davvero molto angusta.
Wired, 3 settembre 2014.
E' facile prendersela con la semantica del Gruppo Consiliare di Assisi.
RispondiEliminaA mio sommesso avviso Lei finge di ignorare che la famiglia è espressamente indicata come società "naturale" dall'art. 29 Cost.; questo, secondo il Giudice Costituzionale Alessandro Criscuolo, il significato dell'espressione:
"la definizione di "società naturale" non vuole indicare un
generico riferimento a concezioni giusnaturalistiche, ma, come emerge con chiarezza dai lavori
preparatori dell'assemblea costituente, è diretta a sottolineare che l'istituto familiare è pregiuridico,
sussiste cioè prima e
indipendentemente da interventi legislativi. Questi ultimi possono regolarne i rapporti personali, senza però incidere sul nucleo essenziale costituito dagli affetti e dai sentimenti
che nell'ambito familiare sorgono e si consolidano, nonché sulle scelte ad essi riferibili; e possono disciplinarne i rapporti patrimoniali, in particolare tra i coniugi e con riguardo alla prole".
A mio avviso nel testo della mozione è molto più risibile la parola "urgente".
A me sembra invece che il detto parere sull'art. 29 Cost. sia in piena sintonia con i rilievi avanzati nel post: se l'istituto familiare fosse pregiuridico, la giurisdizione non potrebbe che meramente prendere atto di come esso si manifesti.
RispondiEliminaPer la Corte Costituzionale non è così, per le seguenti ragioni (stralciate dalla medesima relazione):
RispondiElimina"Con riguardo ai parametri costituzionali individuati negli artt. 3 e 29 Cost. essa ha affermato (tra l'altro) quanto segue: «E' vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere "cristallizzati" con riferimento all'epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità propria dei principi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell'ordinamento, ma anche dell'evoluzione della società e dei costumi. Detta interpretazione, però, non può spingersi fino al punto d'incidere sul nucleo della
norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerate
in alcun modo quando fu emanata.
Infatti, come risulta dai citati lavori preparatori, la questione delle unioni omosessuali rimase
del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di assemblea, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta. I costituenti, elaborando l'art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un'articolata disciplina nell'ordinamento civile. Pertanto, in assenza
di diversi riferimenti, è inevitabile concludere che essi
tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. In tal senso orienta anche il secondo comma della disposizione che, affermando il principio dell'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e
diritti nel rapporto coniugale.
Questo significato del precetto co
stituzionale non può essere superato per via ermeneutica,
perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi
interpretativa, bensì di procedere ad un'interpretazione creativa".
E comunque la mia obiezione era sulle critiche all'uso del termine "naturale".
Caro Anonimo parla della stesse sentenza che dice pure che l'attuale formulazione del art. 29 Cost comunque non preclude l'apertura legislativa al matrimonio omosessuale?
RispondiElimina@Remo io non so di che sentenza parla Lei, le sentenze Costituzionali rilevanti in materia sono 2, la 138/10 e la recentissima 170/14.
RispondiEliminaQuella citata è la 138/10.
Comunque (e approssimando) entrambe le sentenze precludono la possibilità di un matrimonio omosessuale regolato dal 29 Cost. (l'art. del matrimonio "naturale") ed entrambe richiedono interventi legislativi per legittimare "unioni" omosessuali sulla base dell'art. 2 Cost., escludendo lo si possa fare per via solo giudiziale.
Siccome Lei scrive che la sentenza non precluderebbe "l'apertura legislativa al matrimonio omosessuale" evidenzio che Corte Cost. 170/14 fa testuale riferimento ad una legge che preveda "una forma alternativa (e diversa dal matrimonio)".
E ora a noi due, maledetti captcha.
Sempre all'Anonimo
RispondiEliminaHo più di un rilievo riguardo alla citata sentenza: il primo è che non risponde alla mia osservazione. Le domande implicite sarebbero innumerevoli: è pregiuridico che un uomo di novant'anni sposi una donna di diciotto, o viceversa? E padri costituenti, o giudici che siano, hanno per caso il potere di determinare o decretare che mai da qui alla fine dell'esistenza umana le unioni familiari tra persone dello stesso sesso possano divenire pregiuridiche? Io direi chiaramente di no. Io direi che esattamente nell'invocare che qualcosa sia pregiudico si stia ammettendo che esso non è determinabile da ordinamenti, delibere e tantomeno previsioni. Difatti nemmeno la sentenza si spinge a tanto, ma si limita ad osservare che in quel particolare momento storico le unioni omosessuali non possono essere state già esplicitamente contemplate e quindi una loro stante non inclusione non necessariamente viola il dettato. Ma non si spinge sino al punto, nonostante il suo "per la Corte Costituzionale non è così", di negare in senso assoluto che quella forma di unione sia pregiuridica, e difatti per negare il vulnus isola quell'altra particolare forma pregiuridica non in quanto "naturale" ma in quanto "storica" (oltre a declassarla a mero strumento di parificazione della donna). Del resto, se nel codice civile fosse stato già previsto il matrimonio omosessuale non vi sarebbero stati dubbi per la Corte che ciò dovesse valere anche per la Costituzione, cosa che sbugiarda ogni pretesa di "naturalità" avanzata.
Altri rilievi, probabilmente marginali, fanno sì che non me la facciano apparire così convincente come altre, cosa che comunque vedremo anch'essa non rilevare. Per la precisione, mi riferisco al controverso uso dei lavori parlamentari i quali dovrebbero come minimo essere anch'essi interpretati, cosa impossibile in quanto materia non giuridica, in caso contrario nemmeno citati visto che se qualcosa non è finito nello scritto è perché è stato deciso che non poteva costituire norma (lo dico in maniera più semplice: accordo, voti e firme sono stati concessi solo sul documento finale, e certamente per motivi precisi non dettati dal caso, e quindi il resto è per forza di cose cronaca giuridicamente inconseguente per definizione: materia quindi per storici, non per togati).
Mi riferisco anche al paradosso di affermare prima che le norme non siano cristallizzate e poi che dobbiamo cristallizzarle al 1942 o 1947. Paradosso di cui l'estensore deve essersi reso conto, tanto da sentirsi obbligato ad affermare esplicitamente che non è "per via ermeneutica" che può superarsi quella cristallizzazione, ergo, si tace se sia possibile superarla per via legislativa. Tanto che si può agevolmente affermare che quella stessa Corte non entrerebbe in contraddizione palese con sé stessa se, per pura ipotesi, dovesse trovarsi a deliberare sulla eventuale incostituzionalità di una (sempre ipotetica) nuova legge che consentisse il matrimonio omosessuale e deliberasse che tale incostituzionalità non sia ravvisabile: con gli stessi argomenti, e cioè che nei lavori costutuenti non si è mai discusso di omosessuali e quindi è impensabile che in essa sia esplicitamente contenuto un divieto in tal senso.
Del resto, a scuola ci insegnano, che una cosa implichi un'altra non implica che la seconda implichi la prima. Che non sia incostituzionale un matrimonio consentito solo tra persone di sesso diverso non implica che sarebbe incostituzionale una norma ipotetica che lo consentisse anche a persone di sesso omologo.
Ed ora, non essendo io anonimo, mi accingo a digitare un captcha chiaro e semplice.
Prendo atto che Lei non è d'accordo con la Corte Costituzionale, come del resto il professor Paolo Veronesi, non mi azzardo a dire che la Corte superi le Sue obiezioni, ma certamente vi risponde.
RispondiEliminaPrendo atto che Lei non ha affrontato la questione posta, in risposta al suo primo intervento.
RispondiEliminaE come nell'altro post, non sembra essere in grado di articolare un pensiero, ma solo di citare passi. Io preferisco lasciarmi convincere per essere d'accordo: quindi anche se la formulazione "non è d'accordo con la Corte Costituzionale" è lessicalmente e sostanzialmente impropria, considero la sua puntualizzazione un complimento. Sul fatto che risponda alle mie obiezioni, posso dirmi d'accordo solo nella misura in cui "perché sì" è una risposta, ed una risposta che se autorevolmente pronunciata La può soddisfare completamente.
Sinceramente non la seguo, Lei è o no d'accordo con la Corte Costituzionale ?
RispondiEliminaPer me non c'è da essere d'accordo con una Corte, c'è casomai una sentenza (sulle cui conclusioni potrei anche essere d'accordo) che viene sostenuta con argomenti che a me non convincono. A me pare semplice e credo di aver argomentato ciò senza ricevere replica. Il punto, qui, inoltre è che essa non si basa affatto sulla "naturalità" né sullo status di "pregiuridico" della materia in questione: vi è un volgarissimo richiamo all'esistente nel 1948 e nient'altro. L'unico argomento contenuto nella sentenza si può riassumere in: si è discusso solo di coppie eterosessuali, le coppie omosessuali non erano contemplate, il codice civile faceva riferimento a uomo e donna e quindi non è incostituzionale che non sia stata sinora prevista un'estensione nell'articolo del codice civile alle unioni omosessuali. È un argomento terra terra che a prescindere dal fatto che mi convinca o meno, certamente non dà sostengo alla Sua affermazione iniziale, né riguardo a ciò che è naturale, né riguardo a ciò che è pregiuridico.
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