Auspicavo
poco tempo fa che Mario Adinolfi volesse aggiungere quanto prima un seguito alla sua opera più fortunata,
Voglio la mamma. Il seguito ancora non l’abbiamo, ma due giorni fa Adinolfi ha annunciato un’edizione aggiornata del suo capolavoro, che comprenderà anche quattro capitoli nuovi di zecca. L’autore generosamente ha già reso disponibile in rete uno dei capitoli («
I numeri della condizione omosessuale in Italia»,
Facebook, 9 ottobre 2014), che qui esamineremo, cercando non solo di apprendere qualcosa del
modus operandi di Adinolfi, ma anche – soggetto indubbiamente più interessante – di dare qualche risposta parziale a delle difficili domande: quanti sono gli omosessuali nel nostro paese? Quante sono le coppie omosessuali conviventi? Quanti sono i figli degli omosessuali?
1. Quanti sono gli omosessuali?
Scrive Adinolfi:
Le menzogne fondamentali su cui costoro [cioè «la lobby Lgbt»] basano poi ogni azione rivendicativa è quella dei numeri. Quanti sono gli omosessuali italiani? Secondo costoro sono cinque o sei milioni. Quanti sono i figli di coppia omogenitoriale (cioè nati per autoinseminazione o fecondazione eterologa in vitro nel caso di coppia lesbica, via utero in affitto nel caso di coppia gay)? Secondo Arcigay sono centomila, seconda Arcilesbica sono duecentomila, il guaio è che questi dati sono […] dati falsi.
Per avere i dati veri non è che si debba poi fare troppa fatica. Basta andare alle fonti reali e scientifiche, quelle neutrali, prive di qualsiasi tentazione di propaganda. […] Allora, andiamo a verificare sulle fonti reali e scientifiche i numeri.
Partiamo dalla domanda primaria: quanti sono gli omosessuali in Italia? La risposta chiara e netta ce la offre l’Istat, che ha dedicato alla questione uno dei suoi Rapporti. Gli italiani che si dichiarano “omosessuali o bisessuali” sono un milione. Poco più dell’uno per cento dei sessanta milioni di cittadini italiani, eliminando la quota di “bisessuali” possiamo tranquillamente dichiarare supportati dall’Istat che gli omosessuali in Italia sono attorno all’uno per cento della popolazione complessiva.
Cominciamo con il notare come l’aritmetica di Adinolfi sia piuttosto disinvolta: un milione di omosessuali/bisessuali sul totale di cittadini italiani sarebbe pari a una percentuale dell’1,67% circa, che non è proprio «poco più dell’uno per cento», ma casomai «poco meno del due per cento». Inoltre, l’esclusione dei bisessuali dal computo totale appare del tutto arbitraria, visto che Adinolfi continua per tutto il capitolo a parlare di «lobby Lgbt» – chissà per cosa pensa che stia quella
b – e visto che anche i bisessuali sono ovviamente interessati al matrimonio tra persone dello stesso sesso; a meno che Adinolfi non pensi che un bisessuale, in caso di perdurante impedimento a sposare una persona dello stesso sesso di cui sia innamorato, possa sempre facilmente consolarsi con qualcuno del sesso opposto. Cosa ancora più importante, non è per nulla chiaro da dove Adinolfi tragga i dati per il suo arrotondamento all’uno per cento di omosessuali, visto che nel rapporto Istat, come vedremo tra un attimo, è riportato soltanto il numero complessivo degli omosessuali/bisessuali.
Ma qual è questo rapporto dell’Istat, che Adinolfi non nomina? Si tratta de
La popolazione omosessuale nella società italiana, pubblicato il 17 maggio 2012 (la situazione a cui fa riferimento è quella del 2011). Il rapporto contiene soprattutto dati sull’accettazione della condizione omosessuale da parte degli Italiani (me ne sono occupato in un’
occasione precedente); il paragrafo sul numero di persone Lgbt si trova alle pp. 17-18:
Secondo i risultati della rilevazione, circa un milione di persone si è dichiarato omosessuale o bisessuale (pari al 2,4% della popolazione residente), il 77% dei rispondenti si definisce eterosessuale, lo 0,1% transessuale. Il 15,6% non ha risposto al quesito, mentre il 5% ha scelto la modalità “altro”, senza altra specificazione. I dati raccolti, quindi, non possono essere considerati come indicativi della effettiva consistenza della popolazione omosessuale nel nostro Paese, ma solo di quella che ha deciso di dichiararsi, rispondendo ad un quesito così delicato e sensibile, nonostante l’utilizzo di una tecnica che rispettava appieno la privacy dei rispondenti (busta chiusa e sigillata e impossibilità per l’intervistatore di verificare le risposte).
Si dichiarano più gli uomini (2,6%) che le donne (2,2%), più nel Nord (3,1%) che nel Centro (2,1%) o nel Mezzogiorno (1,6%). Tra i giovani la percentuale arriva al 3,2% ed è del 2,7% per le persone di 35-44 anni e di 55-64 anni. Tra gli anziani la percentuale scende allo 0,7%.
Come si vede, ritroviamo nel rapporto il milione di persone omosessuali/bisessuali citato da Adinolfi; ma la percentuale sul totale della popolazione residente non è né «poco più dell’uno per cento», né il mio 1,67%, bensì un sorprendente 2,4%. Come mai questa grossa discrepanza? La risposta è semplice: il rapporto è basato su un questionario sottoposto a persone comprese tra 18 e 74 anni di età; il denominatore è quindi significativamente inferiore ai 60 milioni circa della popolazione totale. È quindi ovvio, tra l’altro, che gli omosessuali/bisessuali dichiarati sono in Italia sensibilmente di più di un milione, visto che questo orientamento sessuale non è certo assente tra i minori di 18 anni o i maggiori di 74. Attraverso quale processo mentale Adinolfi sia passato dal 2,4% del rapporto al «poco più dell’uno per cento» è un mistero che non voglio nemmeno tentare di affrontare.
Ma c’è di più. Come il rapporto stesso chiaramente precisa, le cifre citate sono solo quelle degli omosessuali/bisessuali che hanno scelto di dichiararsi in occasione del sondaggio, e in nessun caso possono quindi essere considerate indicative dei numeri reali. Lo provano tra l’altro le grosse disparità geografiche e per classi di età della percentuale di omosessuali/bisessuali: non è che nell’Italia del nord ci siano più omosessuali o che l’omosessualità stia dilagando tra i giovani; piuttosto, a nord e tra i giovani esisterà un retroterra socioculturale che rende più facile la consapevolezza e l’espressione del proprio orientamento sessuale.
Come possiamo conoscere allora i numeri reali, che saranno per forza di cose maggiori di quelli citati? L’Istat ci prova; prosegue infatti il rapporto:
Come avviene nelle ricerche scientifiche internazionali l’orientamento sessuale è stato rilevato oltre che tramite l’autodefinizione, anche attraverso altre dimensioni, l’attrazione sessuale, l’innamoramento e l’aver avuto rapporti sessuali. Considerando tutte queste componenti, nel complesso si arriva ad una stima di circa 3 milioni di individui (6,7% della popolazione) per coloro i quali si sono apertamente dichiarati omosessuali/bisessuali o che, nel corso della loro vita, si sono innamorati o hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso, o che sono oggi sessualmente attratti da persone dello stesso sesso.
Qui l’Istat sta applicando un principio di buonsenso che si usa nelle scienze sociali: non bisogna mai fermarsi a come i soggetti definiscono se stessi, ma prendere in esame anche i loro comportamenti concreti. Purtroppo però il rapporto non fornisce né le domande esatte presentate nel questionario né le percentuali delle risposte; è quindi impossibile dire cosa misuri esattamente la cifra di tre milioni di persone determinata dall’Istat, anche se lo stesso Istituto afferma di stare rilevando in questo modo «l’orientamento sessuale». Molto dipende naturalmente dalla definizione di omosessualità che si adotta: quante esperienze omosessuali sono necessarie per definire una persona omosessuale o bisessuale? Per quanto tempo devono protrarsi o ripetersi? Va notato peraltro che anche con questo metodo non si possono rilevare tutti gli omosessuali/bisessuali effettivi (per esempio, se qualcuno ha problemi a dichiararsi non eterosessuale avrà verosimilmente anche problemi ad ammettere di avere o avere avuto rapporti sessuali con persone del suo stesso sesso).
Quello che è certo è che se estendiamo la percentuale del 6,7% alla popolazione residente nel 2011, di età superiore all’età del consenso (51.666.428 persone, secondo i dati Istat), otteniamo una cifra di poco inferiore a tre milioni e mezzo di persone, più vicina alla cifra di «cinque milioni o sei milioni» attribuita da Adinolfi alla lobby Lgbt che al milione da lui preso per buono (anche se le cose si complicano se quei cinque milioni – come vedremo fra un attimo – si riferiscono ai soli omosessuali, e non anche ai bisessuali, come il numero dell’Istat). E forse è proprio per questo che nel testo di Adinolfi di quel 6,7% non c’è la benché minima traccia, neanche per tentare di confutarlo, anche se appartiene a una fonte che egli stesso cita e definisce «reale, scientifica e neutrale».
Ma da dove arrivano precisamente questi «cinque milioni o sei milioni»? Adinolfi non lo dice; una brevissima ricerca ci permette di scoprire che in Italia la cifra dei cinque milioni è stata introdotta (o reintrodotta) nel dibattito pubblico recente in seguito alla pubblicazione del
Rapporto Italia 2003 dell’
Eurispes, che a pagina 1091 legge:
Si stima che gli omosessuali in Italia siano circa cinque milioni; secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sarebbero tra il 5% ed il 10% della popolazione italiana. Questo dato tende ad essere piuttosto costante a livello geografico e tra le classi sociali e le professioni.
Numericamente, dunque, gli omosessuali possono ancora essere definiti come una importante minoranza.
Purtroppo il rapporto dell’Eurispes non cita fonti di nessun tipo. Sembra comunque che la cifra di cinque milioni di omosessuali fosse già presente in un precedente rapporto dello stesso istituto (che all’epoca si chiamava Ispes),
Il sorriso di Afrodite. Rapporto sulla condizione omosessuale in Italia, a cura di Crescenzo Fiore (Firenze, Vallecchi, 1991), che mi è rimasto purtroppo inaccessibile (traggo la notizia da F. Targonski,
Fenomenologia della diversità, 2ª ed., Roma, MFE, 1994, p. 111).
Quanto al dato dell’Organizzazione mondiale della sanità, esso pure ricompare più indietro nel tempo, mutando leggermente aspetto man mano che si procede a ritroso. La citazione più antica a cui sono potuto pervenire si trova in un articolo di Gino Olivari, «Quanti sono gli omofili in Italia», apparso nel lontano 1976 sulla rivista
Il Ponte, fondata da Piero Calamandrei (vol. 32, n. 2-3, pp. 283-84):
Comprendendo anche le donne, l’Organizzazione mondiale della sanità valuta che in Italia gli omofili veri siano complessivamente 2 milioni e 475 mila: circa il 4,50% dell’intera popolazione maschile e femminile. […] Oltre al milione e centoventimila, di sesso maschile, risulterebbero, sempre in Italia, almeno 5 milioni di maschi bisessuali.
Purtroppo anche qui nessuna indicazione della fonte, della cui esistenza non mi pare lecito dubitare, ma che in ogni caso risulterebbe ormai piuttosto datata. Lascio ricostruire al lettore volenteroso come si sia eventualmente passati da questi numeri al 5-10% attribuito all’OMS dall’Eurispes. (Di Olivari, figura d’altri tempi, generosa e al tempo stesso contraddittoria, si legga la bella intervista concessa a Giovanni Dell’Orto e Francesco Vallini, «
Erano anni difficili...»,
Babilonia, n. 64, febbraio 1989, pp. 51-53.)
Per concludere questa prima parte, come valutazione personale e assolutamente non scientifica, direi che, considerata ogni cosa, la stima più prudente della percentuale di persone omosessuali e bisessuali nel nostro paese – intese come coloro che nel corso dell’ultimo anno hanno sperimentato un’attrazione sessuale e/o sentimentale stabile (ma non necessariamente esclusiva) per le persone dello stesso sesso – potrebbe oscillare tra il 3% e il 4%. Decisamente molto di più dell’1%. Far sparire o definire arbitrariamente false le cifre che non ci piacciono porta sempre a perdere di vista la realtà.
Nella
prossima parte vedremo altri numeri e cercheremo soprattutto di rispondere a una domanda importante: quando si parla di diritti, le cifre importano veramente?
(
1 - continua)