Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano
John Stuart Mill, La libertà
mercoledì 12 novembre 2014
Quando il figlio di «nessuno» viene dato in adozione
Utero in affitto, la Cassazione toglie a una coppia bresciana il figlio di 3 anni nato in Ucraina, titolava ieri la Repubblica (sottotitolo: La Suprema corte sbarra il passo alla pratica della maternità surrogata: il bambino, avuto in Ucraina da una madre ‘in affitto’ che adesso non è rintracciabile, non può essere riconosciuto in Italia). Finisce in adozione il neonato «comprato» in Ucraina invece Il Corriere della Sera (sottotitolo Il piccolo Tommaso, 3 anni, era nato da una madre surrogata su «committenza» di una coppia di 50enni che non può avere figli). Oggi su la Stampa va un po’ meglio: È nato da madre surrogata. I giudici lo danno in adozione. Nel sottotitolo emerge forse l’elemento più importante: Il piccolo da quattro anni vive con quelli che chiama mamma e papà. La Cassazione: per la legge italiana è figlio di nessuno.
LA STORIA
Così la Stampa racconta l’accaduto: «Figlio di nessuno. In questo modo la Cassazione definisce un bambino nato da una madre surrogata scelta in Ucraina da una coppia di italiani. Una sentenza che punisce due genitori che avevano cercato in tutti i modi di avere un bambino approdando all’ultima spiaggia dell’utero in affitto. Una sentenza che sbarra la strada ad altri tentativi del genere. Una sentenza che affida in adozione ad un’altra famiglia, da subito, il piccolo Tommaso, lo chiameremo così, che oggi ha oggi 4 anni. Chissà se gli racconteranno tutta la sua storia. Della sua nascita in Ucraina nel 2011; di quei signori che avrebbero voluto farsi chiamare da lui mamma e papà. Due cinquantenni di Crema che non potevano avere figli e ai quali, per tre volte, era stata respinta la richiesta di adottare in Italia. Chissà se gli spiegheranno mai che ad avviso dei supremi giudici, doveva essere dato in adozione perché l’Italia non riconosce la pratica della maternità surrogata e, in base alle legge, era – primo caso del genere – figlio di nessuno». La procura generale della Cassazione aveva chiesto la revoca dello stato di adottabilità e la restituzione del bambino alla coppia. I due, di ritorno dall’Ucraina, avevano tentato di farlo riconoscere all’anagrafe. Ma era andato tutto male. Il DNA del bambino non era come sarebbe dovuto essere, i suoi genitori non erano quelli che ne chiedevano il riconoscimento. E così era venuta fuori la verità: erano andati a Kiev e avevano pagato 25.000 euro per una maternità surrogata. «Dalle indagini era subito emerso che né il marito né la moglie erano in grado di procreare: alla signora era stato asportato l’utero e l’uomo era affetto da oligospermia», si legge su la Repubblica che riporta anche la notizia che ai «coniugi di Brescia, oggi cinquantenni [...] per tre volte era stata respinta la richiesta di adottare in Italia». Allora erano stati denunciati per frode anagrafica, oggi la Cassazione decide di far adottare quel bambino.
Next, 12 novembre 2014.
Toh, un tribunale che applica la legge invece di premiare i soliti italiani che pensano le regole valgano solo per gli altri e che quando si viene scoperti a violarle ci si appella al "sentimento popolare".
RispondiEliminaMa si sa: non si può essere tutti dei Beppino Englaro.
infatti, non tutti hanno la dignità e la coerenza di Beppino Englaro, nell'applicare la legge poi mi pare che alla cassazione sia sfuggito il fatto di dover decidere "nell'interesse prevalente del minore", poi avrebbe potuto condannare i genitori per la frode ma senza farla pagare al bambino (come invece ha fatto)
RispondiEliminaE cosa me fa pensare che lasciare il bambino ai genitori adottivi attuali sia nell'interesse del bambino?
RispondiEliminaDa quello che leggo risulta che per tre volte ai suddetti sia stata negata l'adozione.
Può essere certo che i due siano dei buoni genitori?
DiegoPig: quel bambino stava con i genitori da tre anni. Non pensi che cosa proverà a venire strappato all'ambiente familiare? Questa è una cosa che si fa solo in casi di maltrattamenti gravi - che a quanto ne so qui non ci sono stati. Mi chiedo anche quanti genitori non adottivi supererebbero i test per l'adozione, se glieli facessero...
RispondiEliminaTutto ciò è molto bello, ma non cambia il fatto che siano supposizioni.
RispondiEliminaAnche i bambini maltrattati stanno anni con i genitori, quindi il tempo passato in famiglia non è certo indice di qualità.
Le uniche informazioni certe che abbiamo è che i due hanno violato la legge dopo essere stati considerati inadatti per ben tre volte ad adottare.
Ora, si può discutere quanto si vuole della qualità dei criteri di adottabilità, ma se tali sono vanno rispettati finché non cambiano.
Oppure suggerisce che, siccome lei crede siano pessimi, allora dovremmo consentire l'adozione a chiunque?
Diego, non ci siamo proprio capiti. Io non sto discutendo dei criteri di adottabilità. Ho solo detto che molti genitori normali probabilmente non li passerebbero; ma questo non fa automaticamente di loro dei cattivi genitori. Se quelle due persone hanno commesso un reato vanno punite, ma non capisco perché colpire anche - e in modo così crudele - il bambino. Summum ius...
RispondiEliminaDi sicuro non soddisfare i criteri di genitori adottivi rende automaticamente cattivi genitori.
RispondiEliminaMa, allo stesso identico modo, non rende automaticamente buoni genitori.
Quindi come fa a sostenere che il bambino sia stato "colpito" dalla decisione dei giudici?
Non può essere che i giudici abbiano agito proprio per il bene del bambino?
Lei può affermare con certezza che i due erano buoni genitori?
Se sì, su quali basi?
Perché se non può, stanti i fatti l'ipotesi che la decisione dei giudici sia "per il bene del bambino" è più fondata dell'ipotesi contraria.
Quanto più fondata? Chissà, ma sicuramente più fondata.
Perché? Perché anche lei non contesta i criteri di adottabilità.
A costo di ripetermi: mi pare che non si possa ignorare il fatto che quel bambino sia vissuto tre anni in quella famiglia, e che dunque abbia stabilito dei legami profondi con quelle persone. Non saranno stati genitori ideali, ma erano i suoi. Solo in casi di maltrattamenti gravi si leva un bambino a dei genitori non del tutto adeguati - e c'è un motivo per questo! Ci sono stati maltrattamenti gravi in questo caso? Io non ne ho sentito parlare. La sentenza integrale non l'ho ancora letta; quando ci sarà potremo parlare con maggiore cognizione di causa. Magari ci saranno dei motivi giuridici ineludibili per quello che è stato fatto; ma certo l'interesse del minore - fino a prova contraria - non è stato rispettato.
RispondiEliminaA costo di ripetermi: il tempo passato in una famiglia non è indice della qualità della vita.
RispondiEliminaQuindi non solo non è certo che esistano i legami profondi di cui lei parla: non è nemmeno certo che, se tali legami esistono, siano positivi per il bambino.
Le uniche certezze che si hanno sono:
1) i due hanno violato la legge;
2) i due sono stati ritenuti per be n tre volte inadatti ad adottare bambini.
3) il bambino ha passato tre anni con i due.
Da questi fatti non è possibile dedurre con certezza che la decisione dei giudici non sia nell'interesse del bambino (certezza che invece lei sostiene esserci).
Pensare che nel corso di tre anni non si formino legami profondi tra un bambino e i suoi genitori mi sembra francamente assurdo. E non ho espresso certezze sulla sentenza: quello che ho detto è: "ma certo l'interesse del minore - fino a prova contraria - non è stato rispettato".
RispondiEliminaSentenza interessante, per il sotteso e le implicazioni (al netto di ciò che emergerà dalle motivazioni, quindi di molta sostanza).
RispondiEliminaRispetto al precedente caso quasi analogo, oltre alla Corte che si è espressa, l'unica differenza sembra essere stata che in questo caso il figlio è stato avuto violando anche la legge Ucraina, mentre nel caso precedente no. Quindi la domanda che uno si porrebbe d'istinto è se questo dato oggettivo specifico corrisponda a delle differenze certe dal punto di vista del minore. La risposta inevitabile è: no. O perlomeno, sembra che per dare risposta affermativa debba assumersi che la legge sia già il bene del minore, per assunto. Se questo sarà il ragionamento che emergerà, ritengo che sia una sentenza senza precedenti nella giurisprudenza recente. Con buona pace, comunque, della pretesa di orde di altri giudici di valutare individualmente ciò che è bene del minore in genere, dacché non potrebbe esserci bene del minore se non in coerenza col dettato della legge (in tutti i sensi in cui l'espressione possa intendersi). Sarebbe una trasposizione laica e statalista della risposta al dilemma modificato di Eutifrone: "è giusto perché lo comanda la legge".
Facciamo un esempio, per intenderci: un tale froda il fisco, col risparmio compra un costoso e utilissimo macchinario per un ospedale pediatrico. Alla scoperta della frode, il giudice ordinerà per coerenza col principio suddetto che l'ospedale venga privato del macchinario per rifondare il fisco.
Per quanto concerne i riferimenti di DiegoPig al fatto (trovata giornalistica azzeccatissima, devo dire) che ai genitori fosse stata negata l'adozione in tre occasioni: qui ci sono due ordini di obiezioni entrambe stringenti.
Il primo: quindi se una coppia vorrà in futuro violare la legge ucraina e ottenere dal giudice nostro la legittimazione della paternità, gli basterà non chiedere mai in Italia di adottare un bambino? Giacché in quel caso, se la negazione dell'adozione ha costituito elemento centrale di valutazione del giudice, il non essere stati prima valutati sarebbe automatica garanzia di inopponibilità del giudice allo stato di fatto.
Seconda obiezione: una coppia chiede tre volte di adottare un bambino e per tre volte ottiene un diniego. In seguito ha un bambino in modo "naturale". Se l'argomento opposto nel nostro caso è l'inadeguatezza come conseguenza di quei dinieghi, ciò configurando autonomamente e automaticamente la determinazione del bene del minore, non saranno costretti i giudici a dichiarare adottabile quel tal bambino? Dall'assurdità palese di questa pretesa discende inevitabilmente che il triplice rifiuto non può che considerarsi del tutto irrilevante rispetto sia al bene del minore, che ad ogni decisione riguardante il suo stato familiare.
Caro Diegopig, se il seme fosse stato del marito, quindi con una eterologa più surrogata, la legittimità genitoriale del padre non sarebbe mai stata messa in discussione, quindi che cambierebbe a livello sostanziale?
RispondiEliminaPer paolo de gregorio:
RispondiEliminaTemo lei stia commettendo l'errore logico secondo il quale, se due situazioni analoghe (non identiche: analoghe) vengono trattate in modo differente allora uno dei due trattamenti sia necessariamente errato.
E' lo stesso errore dell'affermare che siccome "uccidere un uomo sul campo di battaglia mentre si indossa una divisa" non è reato allora è sbagliato considerare reato "uccidere un uomo in casa propria mentre si indossa la vestaglia e le pantofole".
Nel caso in oggetto, l'errore consiste nell'affermare che poichè "è permesso ad una coppia X/Y con caratteristiche Z di mantenere la patria podestà dei figli naturali" allora "è errato impedire alla coppia X/Y con caratteristiche Z di adottare un bambino".
Inutile dire che basta definire "caratteristiche Z" in modo spiacevole per rendersi conto che al massimo è errato consentire di mantenere la patria podestà dei figli naturali.
Se "caratteristiche Z" fosse "l'uomo ha un passato di condanne per reati sessuali" e "la donna ha un passato di tossicodipendenza e prostituzione"?
Ecco che, improvvisamente, risulta falso "è errato impedire alla coppia X/Y con caratteristiche Z di adottare un bambino".
Quindi la sua conclusione sulla rilevanza (o non rilevanza, in questo caso) dei criteri di adottabilità sulla decisione dei giudici diviene infondata, senza conoscere le "caratteristiche Z" di cui sopra.
Per Anonimo:
Vale la risposta data a paolo de gregorio: non necessariamente un trattamento diverso di situazioni analoghe ma non identiche è errato.
Sull'assurdità di una legge che vieta la maternità surrogata, invece, può benissimo trovarmi d'accordo.
Per Giuseppe Regalzi:
Lei dice "fino a prova contraria".
Per ora prove non ce ne sono, solo indizi.
E gli indizi dicono "i due non sono stati ritenuti adatti ad adottare un bambino".
Quindi lei può basare le sue conclusioni sugli indizi del caso specifico (come faccio io) oppure su un mito della "buona famiglia" e dei "buoni legami", che può essere fondato o meno ma di cui lei non ha prove che si applichi al caso in oggetto.
dal punto di vista giuridico l'unico elemento a favore della coppia è il parere - disatteso - del procuratore generale; detto questo io penso che se vìolo norme penali e di ordine pubblico, ricorro ad una maternità surrogata "commerciale" che, in assenza di norme, determina reali rischi di sfruttamento di situazioni di bisogno è evidente che accetto la concretissima possibilità che al bambino accada ciò che è accaduto.
RispondiEliminaFrancamente, togliere la responsabilità alla coppia di eventuali problemi per il bambino e riversarla sui giudici non mi pare una grande idea
@ DiegoPig
RispondiEliminaLa formulazione del mio quesito è in forma ben diversa, anzi, la sua disquisizione conferma la mia impostazione: io sottolineavo proprio questo paradosso, che non può essere invocato il fatto che la coppia si fosse rivolta tre volte in precedenza alle adozioni per giustificare il provvedimento, perché non sarebbe un ragionamento coerente col fatto che "è permesso ad una coppia X/Y con caratteristiche Z di mantenere la patria potestà dei figli naturali". Non sono stato io a togliere la patria potestà ad una coppia in questo caso. In questo caso i figli non erano naturali ma non erano nemmeno stati adottati. Il giudice non era chiamato a giudicare un caso in cui "la coppia X/Y con caratteristiche Z" avesse adottato un bambino. Può anche darsi che nelle motivazioni emergerà proprio che il caso sia stato trattato alla guisa di un'adozione, ma ciò non mi convincerebbe perché c'è un numero rilevante di persone che è stato adottato in passato con adozioni internazionali in modo coerente con le leggi di quei paesi e mai è stato considerato lo status di fronte alle adozioni canoniche, mi pare. L'unica cosa che mi viene in mente è che i giudici possano aver trattato il caso alla guisa di un rapimento. Ma anche in questo caso la parte lesa sarebbe solo supposta e l'analogia claudicante.
Il suo esempio torna d'aiuto anche in merito alla discussione con Giuseppe: quando Z è "l'uomo ha un passato di condanne per reati sessuali" e "la donna ha un passato di tossicodipendenza e prostituzione" il giudice prenderà provvedimenti al primo presentarsi di una situazione di minaccia per il minore e non certo come provvedimento cautelativo. Quello che a me sfugge è come a lei questi ragionamenti facciano giungere a conclusioni letteralmente opposte a quelle che a me sembrano palesi: non viene mai giudicata l'inadeguatezza non manifesta di un genitore di fronte ad un minore in famiglia, ma solo di fronte ad un minore non in famiglia.
Io non intendo certo dire che i due genitori debbano essere lodati per aver violato la legge di un paese straniero in materia di sostegno alla procreazione. Però concordo con Giuseppe che il dato della durata del rapporto di contiguità familiare del bambino sia molto problematico. Torno a ripetere che al bambino non può fare differenza se il padre biologico sia stato conforme alla legge ucraina o non conforme, quindi il provvedimento è a tutela della legalità certamente, a tutela del minore sarà da vedere, dei minori in genere forse in forma indiretta (ne colpisco uno per educarne...?).
Nemmeno a me pare una grande idea.
RispondiEliminaMa si sa: l'Italia è il paese del "piccolo è bello".
@Anonimo
RispondiElimina"togliere la responsabilità alla coppia di eventuali problemi per il bambino e riversarla sui giudici non mi pare una grande idea"
Penso che qui si stia in parte sostenendo il dubbio contrario: è automatico che il bambino avesse problemi? O è una supposizione? O addirittura va considerato irrilevante? Il danno potenziale al bambino in un provvedimento del genere c'è certamente, quindi a mio (nostro?) parere un provvedimento del genere può essere preso solo in presenza della certezza di un danno maggiore al bambino nel permanere con la coppia. In inglese si dice two wrongs don't make a right: è verissimo che se violo norme penali o di ordine pubblico devo aspettarmi conseguenze, ma non è detto che agire in merito allo status familiare del bambino sia il metodo correttivo d'elezione.
Per paolo de gregorio:
RispondiEliminaLe scrive: "il giudice prenderà provvedimenti al primo presentarsi di una situazione di minaccia per il minore e non certo come provvedimento cautelativo."
Quindi lei riterrebbe più corretto applicare "al primo presentarsi" ai genitori adottivi oppure applicare "provvedimento cautelativo" ai genitori naturali?
Perchè, se vogliamo pensare "al bene del minore", forse sarebbe più corretto applicare "provvedimento cautelativo" ai genitori naturali, non crede?
Oppure, se ritiene che sia più corretto applicare "al primo presentarsi" ai genitori adottivi, allora ritiene di conseguenza che debba essere concessa l'adozione a "uomo con passato di condanne per reati sessuali" e "donna con passato di tossicodipendenza e prostituzione".
E' questo che ritiene?
Quando alla "tutela del minore" su cui si trova d'accordo con Giuseppe, faccio notare a lei quello che ho fatto notare a Giuseppe: dai fatti a lei noti non le è possibile affermare con certezza se la decisione dei giudici sia o meno nell'interesse del minore.
Niente le è noto, infatti, delle famose "caratteristiche Z" della coppia in oggetto.
e aggiungo pure che se vado a comprarmi illegalmente un bambino (perchè in questo caso di questo si tratta) so anche di esporre il bambino a vicende traumatiche come quelle che gli sono capitate ed evidentemente me ne infischio delle eventuali conseguenze
RispondiEliminamolto francamente a me basta valutare questo tipo di atteggiamento per sostenere che la dichiarazione di adottabilità è sacrosanta
@ DiegoPig
RispondiEliminaCredo di aver già risposto. Le domande retoriche che mi pone ("lei riterrebbe ...") sono in opposizione al mio ragionamento quindi credo che io non sia riuscito ad esprimere chiaramente il punto. O viceversa lei non lo ha afferrato. In sintesi, comunque, le mie tre risposte sono palesemente no, no, no, e non vedo motivo nel mio scritto del loro essere state poste.
Per quanto riguarda l'ultima osservazione, sembra che le continui a sfuggire il punto che a nostro avviso non sono le "caratteristiche Z" in sé e per sé ed in senso assoluto a dover determinare un provvedimento del genere, quando "le caratteristiche Z che hanno già nociuto al minore". Un provvedimento di allontanamento, che può ingenerare un danno al minore e proprio per tale motivo, non può essere preso come conseguenza delle caratteristiche Z del genitore e come già rilevato non è mai accaduto prima. A questo va aggiunto il dato non cronicistico del parere del procuratore che verosimilmente deve aver valutato proprio queste circostanze nel merito.
In ogni caso un provvedimento punitivo nei confronti dei genitori, quand'anche "meritato", non potrebbe partire come dato iniziale da un danno al minore. Sino a che su questi punti generali non siamo d'accordo credo che la discussione sia futile perché avverrebbe tra posizioni inconciliabili all'origine. Viene il sospetto che lei si rifiuti di riconoscere che un bambino di quattro anni che non è stato maltrattato vive con certezza quasi assoluta come un trauma l'allontanamento dei genitori e il parere del procuratore fa sospettare (ma vedremo le motivazioni) che non si fosse nella casistica ristretta.
"so anche di esporre il bambino a vicende traumatiche come quelle che gli sono capitate"
RispondiEliminaE quali sarebbero state?
Per paolo de gregorio:
RispondiElimina"Credo di aver già risposto."
No, non lo ha fatto.
"Le domande retoriche che mi pone ("lei riterrebbe ...") sono in opposizione al mio ragionamento quindi credo che io non sia riuscito ad esprimere chiaramente il punto. O viceversa lei non lo ha afferrato. In sintesi, comunque, le mie tre risposte sono palesemente no, no, no, e non vedo motivo nel mio scritto del loro essere state poste."
Le mie non sono domande retoriche.
Semplicemente, se lei ritiene che ai genitori naturali debbano essere applicati criteri di "affidabilità" divesi da quelli applicati ai genitori adottivi, allora ne consegue che che lei ritenga più o meno validi i criteri applicati ai genitori adottivi (altrimenti non avrebbe senso applicarli).
E poichè lei risponde "no" alle mie tre domande significa che ritiene che sia per il bene del minore applicare "provvedimento cautelativo" ai genitori adottivi.
Ora, poichè in questo caso "provvedimento cautelativo" è già stato applicato per ben tre volte, non si capisce come magicamente queste tre applicazioni scompaiano.
A meno che lei non sostenga, da quanto mi pare di capire da quanto scrive in seguito, che "provvedimento cautelativo" valga solo finchè lo si riesce a far valere e smette di valere qualora i genitori riescano a violarlo.
E' questo che sostiene?
Sono l'anonimo di ieri alle
RispondiEliminadiegopig
"Sull'assurdità di una legge che vieta la maternità surrogata, invece, può benissimo trovarmi d'accordo."
Scusi, eh, ma se non ci fosse il divieto, la surrogazione sarebbe avvenuta in Italia, e tutto ciò sarebbe avvenuto senza mai mettere in discussione la legittimità della paternità.
Però, a questo punto, o ne facciamo una questione di principio: a qualsiasi genitore cui è stata negata l'idoneità all'adozione, si presume negata anche l'inidoineità genitoriale tout court, quindi si dovrebbero comunque togliere i figli anche avuto con una surrogazione legalmente avvenuta; o ne facciamo una questione di mero legalismo (non si sono seguite le norme e quindi si agisce ciecamente secondo quanto previsto dalla legge), ma allora si apre la strada a una infinita di contraddizioni: per cui, casi non analoghi, ma sostanzialmente identici (non dal punto di vista giuridico, bensì fattuale) vengono trattati in modo diffente, visto che ad alcuni si va ad opporre preventivamente una mancanta idoneità genitoriale, mentre in altri la si dà per scontata [e da appurare, semmai, a posteriori].
Remo
Per Anonimo:
RispondiElimina"Scusi, eh, ma se non ci fosse il divieto, la surrogazione sarebbe avvenuta in Italia, e tutto ciò sarebbe avvenuto senza mai mettere in discussione la legittimità della paternità.
Però, a questo punto, o ne facciamo una questione di principio...ma allora si apre la strada a una infinita di contraddizioni"
E in quale libro sacro c'è scritto che l'insieme delle leggi dello stato dev'essere un insieme logicamente consistente?
Le leggi dello stato vanno valutate in base alla loro efficacia in relazione ad uno o più obiettivi, non alla loro consistenza logica.
Questo perchè, banalmente, le conseguenze della consistenza non sempre sono desiderabili.
Prenda come esempio l'omicidio: se lei uccide una persona perchè la investe con l'auto subisce una pena ben diversa da quella che avrebbe uccidendo la stessa persona a bastonate.
Eppure il danno è identico (la morte della persona).
Non a caso il reato di "omicidio stradale" fatica tanto a nascere: per quanti lo invochino, all'atto pratico produrrebbero un numero forse insostenibile di galeotti.
@ DiegoPig
RispondiEliminaNon capisco perché lei pretenda da me che io difenda una posizione che non ho sostenuto. Non sono io quello che sostiene che i criteri di idoneità all'adozione debbano essere considerati ex post. Non avrebbe senso, visto che ex post si è in presenza di un fatto reale che è certamente di peso ben più consistente di una presunzione che viene elaborata a priori.
I criteri di idoneità all'adozione non sono solo criteri ex ante che tendono a formulare meramente una migliore inferenza sul futuro del minore, sono persino assolutamente contingenti al dato reale: meno saranno i minori in attesa di adozione, più saranno strette le maglie e viceversa.
Lei forse non ha nemmeno la più vaga idea di quanto poco possa bastare per essere dichiarati non idonei, come una malattia congenita che potrebbe non impedire al genitori di vivere una vita dignitosa per novant'anni, la non giovanissima età di uno dei due, considerazioni economiche, e via una selva di criteri che applicati ex post alla coppia generica porterebbero semplicemente ad un'insensata valutazione di non idoneità per la maggioranza delle coppie del paese, sulla base per giunta di un dato quantitativo contingente al numero di bambini in cerca di adozione.
Il punto è che così facendo si stravolgerebbe la funzione della dichiarazione di idoneità, che non è certo disegnata per lo scopo di valutare dopo che una famiglia si è formata come questa vada, per l'ovvio motivo che in tale circostanza questa funzione è svolta molto più egregiamente dalla osservazione di come sta andando la famiglia. Gli strumenti vanno usati per ciò per cui sono stati disegnati, non per altro.
Io non stavo quindi sostenendo che i criteri di idoneità all'adozione mi vanno bene per tutto, al contrario sottolineavo il risultato senza senso di applicare un criterio che svolge una funzione -fare una previsione di massima essendo nelle fortunate circostanze di potersi permettere tanto la valutazione quanto un criterio molto selettivo- a situazioni in cui non è necessario fare una previsione essendoci il fatto reale di una famiglia già formata. Sarebbe come se di fronte ad un trapianto d'organo riuscito e che non ha portato a complicazioni, si sostenesse di doverlo togliere perché ci si accorge ex post che le probabilità di compatibilità col donatore erano basse: quelle valutazioni servono prima e sono razionali, ma non prevalgono di certo nel dopo.
Nel merito di ciò che risponde ad un altro commentatore: non concordo affatto che le leggi non debbano avere una ratio, soprattutto negli ordinamenti costituzionali e quindi sostenere una versione adattata della divine command theory proprio nel dibattere di una risoluzione di una corte suprema lo trovo poco condivisibile. Ma tant'è, e il gioco è fatto: la legge non prescrive l'utilizzo di criteri di idoneità all'adozione ex post e quindi per la legge il dato storico della coppia non può che essere irrilevante, anche se lei continuasse a non recepire la mia spiegazione e lo trovasse illogico.
@paolo de gregorio
RispondiElimina"...sottolineavo il risultato senza senso di applicare un criterio che svolge una funzione -fare una previsione di massima...a situazioni in cui non è necessario fare una previsione essendoci il fatto reale di una famiglia già formata"
A questo punto sorgono due domande:
1) cosa le fa pensare che le "caratteristiche Z" che hanno precedentemente determinato la non-idoneità all'adozione non siano ancora presenti nei due adulti in oggetto (e sono, quindi, "presente" e non "passato")?
2) cosa le fa pensare che, se ancora presenti, le "caratteristiche Z" non siano così gravi da far sì che allontanare il bambino non sia un'azione "nell'interesse del minore"?
Come già detto, nè io nè lei conosciamo quali siano queste "caratteristiche Z" nè se queste siano ancora presenti.
Di fronte a questa nostra ignoranza non è certo possibile determinare con certezza se l'azione dei giudizi sia "a favore" o "a danno" del minore.
Per questa determinazione, infatti, dovremmo conoscere queste "caratteristiche Z".
A meno che lei non voglia sostenere che non esiste nessun insieme di "caratteristiche Z" tali per cui allontanare il minore dalla famiglia è "nell'interesse del minore".
Ecco perchè ha senso considerare tali "caratteristiche Z": perchè non sappiamo quali siano ma, per quanto ne sappiamo noi, sono abbastanza gravi da negare l'adozione.
Che poi a lei piacciano o meno i criteri per accedere all'adozione è tutta un'altra storia, ma è storia già esplorata: lei ha già risposto che no, non si può applicare il "al primo presentarsi" ai genitori adottivi, quindi ci dice di ritenerli validi.
con "vicende traumatiche" mi riferisco a ciò di cui parla il sig. Regalzi dicendo, ad esempio: "Se quelle due persone hanno commesso un reato vanno punite, ma non capisco perché colpire anche - e in modo così crudele - il bambino".
RispondiEliminaSecondo me è senz'altro fare l'interesse del bambino toglierlo a due genitori che se infischiano delle norme indipendentemente da cosa potrebbe succedergli.
«Secondo me è senz'altro fare l'interesse del bambino toglierlo a due genitori che se infischiano delle norme indipendentemente da cosa potrebbe succedergli».
RispondiEliminaDi fronte alla spietatezza di certi commenti passa la voglia di rispondere. E viene anche il sospetto che se non fossero espressi dietro la protezione dell'anonimato non li leggeremmo mai.
Credevo di non essere anonimo per l'intestatario del blog; mi spiace che non abbia voglia di rispondere, perchè, spietato il mio commento, spietata la sentenza, sembrano assennati solo i due genitori (che hanno dato abbastanza prove di non esserlo affatto, in realtà).
RispondiElimina«Credevo di non essere anonimo per l'intestatario del blog».
RispondiEliminaE come? Anche se avessi la voglia di andare a cercarmi l'indirizzo IP (e non ce l'ho) come farei a collegarlo a un nome?
«sembrano assennati solo i due genitori (che hanno dato abbastanza prove di non esserlo affatto, in realtà)».
Tanto assennati non sono stati. Ma la colpa della loro mancanza di assennatezza non dovrebbe ricadere anche su un bambino di tre anni. Ma a quanto pare l'idea che i bambini di tre anni hanno stabilito importantissimi rapporti emotivi con i propri genitori sembra a molti qui particolarmente bislacca...
Non è che l'idea è bislacca, è che i bambini stabiliscono rapporti emotivi anche con genitori disgraziati e poi saltano fuori sindromi a strafottere (scusi il termine medico); siccome sono andato a leggermi Cass. 24001/14 è giusto dire che "per tre volte erano state in precedenza respinte loro domande di adozione per “grosse difficoltà nella elaborazione di una sana genitorialità adottiva”.
RispondiEliminaEcco, andare a comprarsi illegalmente un bambino mi sembra che confermi le difficoltà nella elaborazione di una sana genitorialità adottiva, e verosimilmente i giudici hanno fatto proprio l'interesse del minore.
Senza nascondere il mio sincero fastidio (per non dire lo schifo) per il liberismo selvaggio in materia di maternità surrogata.
@ DiegoPig
RispondiEliminaRiprendo la discussione passo passo, perché ho capito che è l'unico modo per farsi capire. Risposta alla domanda (1): niente. Risposta alla domanda (2): niente. Ho già precisato di non conoscere i dettagli della sentenza né di come sta crescendo il bambino, ma non sono questi i punti che ho dibattuto. Ho contestato che l'aver visto rifiutata la domanda di adozione costituisca, in sé e per sé, in quanto tale e senza altri elementi aggiuntivi di valutazione contemporanei motivo sufficiente e valido per privare la coppia della paternità. Punto. Se ci sono altri elementi, che se ne prenda atto e non ho negato la possibilità che questi altri elementi siano sfavorevoli alla coppia.
Ho motivato ampiamente: la famiglia è formata, gli elementi di valutazione presenti, il bambino inserito, per cui ogni valutazione precedente alla formazione di questa famiglia viene azzerata dallo stato di salute del bambino e della famiglia. Ciò non esclude affatto -e non l'ho mai affermato- che effettivamente il bambino non stia ricevendo una formazione adeguata, ma come nell'esempio che ho riportato nel messaggio precedente sarebbe come dire che effettivamente l'organo trapiantato non stia funzionando bene per via del suo essere stato prelevato da un donatore non totalmente compatibile. È una distinzione fondamentale e di concetto: la distinzione che passa tra una previsione ed un evento, che sono diversi concettualmente proprio perché l'evento può o meno confermare la previsione. Non si può usare la previsione dell'evento dopo che è accaduto.
Sono pienamente d'accordo, anzi l'ho sostenuto che «di fronte a questa nostra ignoranza non è certo possibile determinare con certezza se l'azione dei giudizi sia "a favore" o "a danno" del minore» e proprio per questo non può essere dirimente. Non sono però d'accordo che "per questa determinazione, infatti, dovremmo conoscere queste "caratteristiche Z"»: per questa determinazione prima dovremmo conoscere il danno che sta subendo il minore, o almeno cercare di inferirlo da elementi oggettivi.
Il "primo presentarsi" cui mi riferivo deve però essere stato osservato, non si può inferire dal provvedimento di diniego di adozione, perché altrimenti il circolo si autoalimenta. Deve essere un elemento oggettivo emerso dall'interazione fattuale di questi anni col bimbo all'interno di quella famiglia, non può continuare ad essere inferito vita natural durante.
Tornando ad una delle mie prime obiezioni continuo a non trovare risposta al mio paradosso: se io voglio ripetere le gesta di questi due genitori mi basterà non fare mai domanda di adozione e quindi mai ricevere un attestato di indegnità virtuale; andarmene in Ucraina, violare come hanno fatto loro le leggi di quel paese e tornare in Italia. A quel punto il giudice non avrà pezza d'appoggio per togliermelo. Lei è quindi d'accordo che questo esito sia del tutto giusto e ragionevole? Perché se la risposta è no, allora qui si stan facendo questioni di lana caprina con la storia della inidoneità.
Continua a sembrarmi concettualmente sbagliato che si usi uno strumento di inferenza per valutare il risultato di un evento, invece che "guardare dentro al cannocchiale".
@paolo de gregorio:
RispondiEliminaLei dice "Ho contestato che l'aver visto rifiutata la domanda di adozione costituisca, in sé e per sé, in quanto tale e senza altri elementi aggiuntivi di valutazione contemporanei...".
Quindi lei ammette di non sapere se le "caratteristiche Z" siano ancora presenti nè se tali "caratteristiche Z" siano gravi al punto di rendere "nell'interesse del minore" la decisione dei giudici,
Perciò io le pongo la terza domanda: cosa le fa pensare che tali "caratteristiche Z" non siano state rivalutate dai giudici della cassazione?
Perchè se:
1) le "caratteristiche Z" sono ancora presenti e
2) tali "caratteristiche Z" sono state valutate dai giudici della cassazione e
3) tali "caratteristiche Z" sono state ritenute dagli stessi giudici come gravi a sufficienza da togliere il bambino ai due
4) allora abbiamo proprio la "valutazione contemporanea" che lei ritiene necessaria.
Il suo errore logico, in parole semplici, è stato quello di considerare le tre valutazioni passate come elemento probatorio presente, mentre essere sono un indizio di lacune potenzialmente presenti qui ed ora.
E se tali lacune sono presenti qui ed ora e qui ed ora vengono valutate allo stesso modo che in passato, perchè dovremmo consentire che l'adozione presente continui?
Se lo consentissimo significherebbe che la legge sull'adozione afferma "se non hai le caratteristiche richieste non puoi adottare un bambino a meno che non te ne procuri uno in modo illegale, nel qual caso allora puo aodttarlo".
Lei ritiene che è questo che significhi la legge sull'adozione?
"Tornando ad una delle mie prime obiezioni continuo a non trovare risposta al mio paradosso..."
La risposta è che il paradosso nasce dall'errore logico di cui sopra, cioè considerare le valutazioni passate come elemento probatorio presente invece che come indicativo di lacune potenzialmente presenti qui ed ora.
Ecco perchè le sembra "concettualmente sbagliato che si usi uno strumento di inferenza per valutare il risultato di un evento": perchè è sbagliato ed infatti nessuno usa tale strumento per valutare il risultato di un evento.
Ciò che viene fatto è usare tale strumento di inferenza per determinare che è necessaria una nuova valutazione.
E poichè lei non sa con certezza se tale nuova valutazione è stata fatta o meno, allora non può essere certo che la decisione dei giudici sia a danno del minore.
Naturalmente qualcuno potrebbe obiettarle che, secondo la sua logica, tutti gli studenti di medicina che hanno sostenuto gli esami posso praticare la medicina anche se non hanno superato tali esami: se l'esito degli esami passati non permette di inferire alcunchè sulle capacità presenti del praticante, perchè non farlo praticare?
Altrettanto naturalmente un secondo qualcun'altro potrebbe obiettarle che, applicando il suo criterio di validità delle valutazioni, occorre determinare quanto tempo debba passare prima che una valutazione smetta di essere contemporanea.
Se le "caratteristiche Z" fossero state valutate un giorno prima della sentenza, sarebbero contemporanee?
E se fossero state valutate un mese prima? Tre mesi prima? Un anno prima?
E, ancora, nello stesso naturale modo un terzo qualcun'altro le potrebbe chiedere se una valutazione negativa abbia lo stesso potere di inferenza di tre valutazioni negative successive.
Il fallimento di un esame da parte di uno studente ci dà lo stesso potere predittivo (sulle capacità dello studente) di tre fallimenti consecutivi dello stesso esame?
Quindi, come vede, la sua certezza che la decisione dei giudici sia a danno del minore è fondata su poco più che dei miti e degli errori logici.
Ma il bambino sta bene o sta male? Ma si può sapere questa cosa? O è irrilevante? I punti (1) e (2) portano a (3) e quindi a (4) solo se si include anche questo tipo di valutazione, sennò è un aggiornamento fittizio, come lo voglia mettere. In particolare il punto (3) continua a vertere sulle caratteristiche, e quindi su proiezioni, e non sui fatti: come sta crescendo il bambino?
RispondiElimina"Naturalmente qualcuno potrebbe obiettarle che, secondo la sua logica, tutti gli studenti di medicina che hanno sostenuto gli esami posso praticare la medicina anche se non hanno superato tali esami: se l'esito degli esami passati non permette di inferire alcunchè sulle capacità presenti del praticante, perchè non farlo praticare?"
No, io sto sostenendo che se uno studente che ha passato tutti gli esami (ma anche che è stato bocciato a tutti) sta operando con brillante perizia un paziente, interrompere l'operazione per un principio di legalità con l'esito probabile di far morire il paziente è un'azione sciagurata.
Credo che posso solo concludere da parte mia questa discussione rifacendomi all'osservazione di Giuseppe che è inutile proseguire se si esclude la certezza del trauma per un bambino che viene separato dai genitori, che di conseguenza potrebbe solo essere giustificata da una certezza virtualmente assoluta di un danno maggiore a mantenercelo. Se si ritiene che il bambino non resterà comunque segnato come dato di partenza, da valutare comparativamente con il presunto vantaggio di averlo tolto da genitori con caratteristiche pessime, allora la posizione mia decade e questo spigherebbe perché si ritiene che togliere il bambino dalla famiglia di origine sia congruente coll'impedire ad un non medico di praticare.
Ultimo inciso, non credo che abbia risposto al mio paradosso: a me basta sottrarmi alla valutazione per farla franca. Qui non c'è un mio errore logico, c'è solo un mio modo furbo di sottrarmi alla valutazione negativa. Sulla base di cosa sarò valutato? Sono incensurato, sano di mente, indipendente. In queste situazioni in genere si valuta come sta crescendo il bambino. Mi sta bene.
@paolo de gregorio
RispondiElimina"Ma il bambino sta bene o sta male? Ma si può sapere questa cosa? O è irrilevante?"
Può essere irrilevante.
Come le ha già fatto notare Anonimo nel commento del 13/11/14 18:56:
"i bambini stabiliscono rapporti emotivi anche con genitori disgraziati"
Quindi lo stato emotivo attuale del bambino può essere irrilevante, poichè i giudici sono chiamati a decidere anche in relazione al futuro del bambino.
Ma se lei ha informazioni in merito allo stato attuale del bambino, le condivida pure.
I punti (1) e (2) portano a (3) e quindi a (4) solo se si include anche questo tipo di valutazione, sennò è un aggiornamento fittizio, come lo voglia mettere.
E lei sa se questa nuova valutazione è stata fatta o meno?
Perchè dalla certezza con cui afferma che la decisione dei giudici ha danneggiato il minore si direbbe che lei abbia la certezza non sia stata fatta o, se fatta, abbia dato esito positivo.
"In particolare il punto (3) continua a vertere sulle caratteristiche, e quindi su proiezioni, e non sui fatti: come sta crescendo il bambino?"
Come già scritto prima, il presente del bambino può tranquillamente essere meno importante del suo futuro.
No, io sto sostenendo che se uno studente che ha passato tutti gli esami (ma anche che è stato bocciato a tutti) sta operando con brillante perizia un paziente, interrompere l'operazione per un principio di legalità con l'esito probabile di far morire il paziente è un'azione sciagurata.
Mi spiace ma lei non sta sostenendo questo.
Lei sta sostenendo che è un'azione sciagurata impedire a tale praticante di operare ora ed in futuro.
Secondo la sua logica, infatti, come i due soggetti in esame dovrebbero continuare a svolgere la funzione di genitore allora a tale praticante dovrebbe continuare a praticare la medicina.
Credo che posso solo concludere da parte mia questa discussione rifacendomi all'osservazione di Giuseppe che è inutile proseguire se si esclude la certezza del trauma per un bambino che viene separato dai genitori, che di conseguenza potrebbe solo essere giustificata da una certezza virtualmente assoluta di un danno maggiore a mantenercelo.
Lei, la certezza di questo trauma, ce l'ha.
Oppure, come Giuseppe, la immagina soltanto?
Se si ritiene che il bambino non resterà comunque segnato come dato di partenza, da valutare comparativamente con il presunto vantaggio di averlo tolto da genitori con caratteristiche pessime, allora la posizione mia decade e questo spigherebbe perché si ritiene che togliere il bambino dalla famiglia di origine sia congruente coll'impedire ad un non medico di praticare.
Nessuno ritiene che l'azione dei giudici non segnerà il bambino.
La mentre lei ritiene di avere la certezza che tale l'azione abbia solo effetti negativi, io e altri ipotizziamo che possano avere anche effetti positivi.
Ultimo inciso, non credo che abbia risposto al mio paradosso: a me basta sottrarmi alla valutazione per farla franca. Qui non c'è un mio errore logico, c'è solo un mio modo furbo di sottrarmi alla valutazione negativa. Sulla base di cosa sarò valutato? Sono incensurato, sano di mente, indipendente. In queste situazioni in genere si valuta come sta crescendo il bambino. Mi sta bene.
Lo creda pure, se preferisce.
Le ho già spiegato che il suo paradosso nasce dal confondere valutazione con criteri di valutazione: la prima è il prodotto dei secondi, i quali possono essere usati per produrre N valutazioni.
Quanto al "non rispondere", lei non ha risposto alla questione della temporalità: quando una valutazione smette di essere "temporanea"?
Quando è "di ieri"? Quando è "di tre mesi fa"? Quando è "di un anno fa"?
Senza contare che ha sorvolato sul dettaglio del variare del valore predittivo di N valutazioni negative al crescere di N.
"E in quale libro sacro c'è scritto che l'insieme delle leggi dello stato dev'essere un insieme logicamente consistente?
RispondiEliminaLe leggi dello stato vanno valutate in base alla loro efficacia in relazione ad uno o più obiettivi, non alla loro consistenza logica."
Ok, lasciamo perdere, perché certe risposte meriterebbero come unica dispota solo un "vaffanculo".
Credo possa essere interessante questa lettura http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/13/madri-surrogate-sonia-lotta-per-riconoscimento-dei-figli-nati-in-ucraina/1209116/
RispondiEliminaanche qui una coppia che non è stata valutata idonea l'adozione, ma questa volta ha ottenuto il riconoscimento dei suoi figli, che per metà risultano figlio biologici di lei o lei o del marito.
A quanto pare la discriminante non è più tanto la valutazione per l'idoneità all'adozione, ma il fatto che ci sai un legame biologico fra la coppia e bambini nati con la surrogata.
@Remo
RispondiEliminaE' ovvio che nel caso in cui uno dei genitori sia genitore biologico la discriminante non sono i criteri di adottabilità.
Da questo però non discende che nel caso in oggetto i criteri di adottabilità non siano una delle discriminanti.
@Anonimo
RispondiEliminaOttima scelta, il silenzio da parte sua.
@ DiegoPig
RispondiEliminaLei mi costringe a intervenire di nuovo perché riporta in modo errato la mia posizione (nel frattempo consiglierei di abusare meno delle righe bianche che estendono lo spazio a dismisura):
"E lei sa se questa nuova valutazione è stata fatta o meno?"
No, io ho solo e sempre contestato il caso se elemento preminente o esclusivo di valutazione sia stata una passata valutazione di inidoneità. In risposta a chi l'ha sostenuto.
"Perch[é] dalla certezza con cui afferma che la decisione dei giudici ha danneggiato il minore"
Non ho nemmeno espresso questo pensiero. Non ho detto che la decisione dei giudici ha danneggiato il minore, ma che questa decisione ha certamente causato (tranne che se il piccolo fosse vessato, ma non mi pare emerga questo) un trauma. Il danno della decisione ci sarebbe e ci sarà se il beneficio che il minore avrà da questo allontanamento non compenserà il trauma subito.
Ripeto a costo di sfinire altri lettori: il trauma del passaggio è uno degli elementi nell'equazione. Non è l'unico. Ma non è nemmeno rimovibile.
"Lei sta sostenendo che è un'azione sciagurata impedire a tale praticante di operare ora ed in futuro".
No, io non ho problemi se a questa coppia venga interdetto in futuro con un provvedimento speciale anche internazionale di adottare, accudire, avere in affido, avere in custodia, quello che vuoi minori piccoli o grandi, anche da parenti. Sto valutando invece gli elementi del rapporto genitoriale che già esistono, che saranno interiorizzati dal minore e che un tratto di penna non fanno volatilizzare. Avrei una posizione più sfumata probabilmente se il minore avesse uno o due anni. Io ho dei ricordi di quando avevo tre o quattro anni che costituiscono un fondamento della mia esistenza e ritengo che ci sia un'inclinazione a negare questo fatto che dubito verrebbe disconosciuto da esperti.
"Lei, la certezza di questo trauma, ce l'ha".
Se è emerso che non lo sia, tipo che è vessato, d'accordo che non c'è trauma. Se non è emerso nulla di specifico, al netto di bambini deficitari, lo ritengo pressoché certo o comunque abbastanza probabile da ritenere trascurabile l'eventualità opposta. Se vorrà intervenire uno specialista ne sarò lieto.
"lei ritiene di avere la certezza che tale l'azione abbia solo effetti negativi"
No, non lo ritengo e non ho tale certezza. Ho la virtuale certezza che esiste almeno un effetto negativo. Che può essere compensato in futuro. Il punto dirimente è il grado di certezza di questa compensazione.
"quando una valutazione smette di essere "temporanea"?
Non è una questione di temporaneità: è una questione di distinzione concettuale. Tra prevedere, ed osservare. Un'osservazione di oggi è temporanea quanto una valutazione predittiva di oggi, ma è diversa nella sua essenza. "Ora sta piovendo" e "domani pioverà" sono entrambe valutazioni contingenti nel tempo, ma non sono equivalenti. E nemmeno l'aggiornamento al dì successivo della previsione con un "entro poche ore pioverà" le rende equivalenti.
"ha sorvolato sul dettaglio del variare del valore predittivo di N"
Non ho sorvolato: ho ben presente la distinzione. Rileva poco. Un gigantesco meteorite è caduto 65 milioni di anni fa sulla Terra eppure l'N (anni) in questo caso è dell'ordine del miliardo. Per quanto grande N, l'osservazione resterà distinta dalla previsione no matter what.
Ultimo inciso: ora vorrei capire come non ci si ponga la questione che questo bambino debba essere rimpatriato in Ucraina. Di fatto è venuto in Italia illegalmente con genitori indegni. Non credo sia cittadino italiano, visto il provvedimento. E oltre a non esserlo, anche nell'ambito del diritto internazionale ho dei dubbi che i magistrati possano disporne l'adozione in Italia.
@ paolo de gregorio:
RispondiElimina"[E lei sa se questa nuova valutazione è stata fatta o meno?]
No, io ho solo e sempre contestato il caso se elemento preminente o esclusivo di valutazione sia stata una passata valutazione di inidoneità. In risposta a chi l'ha sostenuto."
Quindi non è il caso in oggetto nè una risposta alla posizione che io sostengo.
Buono a sapersi.
"Ripeto a costo di sfinire altri lettori: il trauma del passaggio è uno degli elementi nell'equazione. Non è l'unico. Ma non è nemmeno rimovibile."
Nessuno ha detto che dev'essere rimossso.
Alcuni sostengono che sia l'elemento preponderante (e da ciò derivano che la decisione dei giudici sia "a danno del minore").
Io sostengo che non potrebbe non essere l'elemento preponderate e che perciò non sia possibile avere la certezza che la decisione dei giudici sia "a danno del minore", come alcuni sostengono.
"Sto valutando invece gli elementi del rapporto genitoriale che già esistono".
No, non li sta valutando perchè non li conosce.
Oppure ha informazioni che non ci sono note?
"[Lei, la certezza di questo trauma, ce l'ha]
Se è emerso che non lo sia, tipo che è vessato, d'accordo che non c'è trauma."
E lei sa con certezza se è emerso che non lo sia?
"[lei ritiene di avere la certezza che tale l'azione abbia solo effetti negativi]
No, non lo ritengo e non ho tale certezza. Ho la virtuale certezza che esiste almeno un effetto negativo. Che può essere compensato in futuro. Il punto dirimente è il grado di certezza di questa compensazione."
Si ha "almeno un effetto negativo" anche negando una caramella.
Quale sia il rapporto costi/benefici della decisione dei giudici lei non può saperlo, perchè non le è possibile concludere che l'azione dei giudici sia "a danno del minore".
"[quando una valutazione smette di essere "temporanea?
Non è una questione di temporaneità: è una questione di distinzione concettuale"
Al contrario, è proprio una questione di temporalità (non temporaneità, come ho erroneamente scritto).
Se oggi do una valutazione, quando quella valutazione diventa obsoleta? Dopo un giorno, un mese, un anno?
Se al tempo T valuto che i due adulti del caso non siano genitori affidabili, dopo quando dal tempo T mi sento in dovere di rivalutare i due adulti?
Secondo la sua "questione di distinzione concettuale" dovrei concludere che basta un millisecondo.
Se non basta un millisecondo, mi dica lei quant'è il lasso temporale.
"[ha sorvolato sul dettaglio del variare del valore predittivo di N]
Non ho sorvolato: ho ben presente la distinzione. Rileva poco. "
Se lo dice lei, che rileva poco, allora sarà sicuramente vero.
Resta il fatto che nessuno sano di mente permettere l'esercizio della professione medica ad un medico che ha sbaglato tutte le diagnosi precedenti.
Chissà, magari in virtù della "distinzione concettuale", la prossima diagnosi sarà corretta.
Ma io non mi fiderei.
Quindi, per riassumere:
1) Nessuno può affermare con certezza che l'azione dei giudici sia "a danno del minore" perchè
2) Nessuno può affermare con certezza che i giudici non abbiano valutato la situazione familiare attuale del minore e che tale valutazione abbia prodotto parere positivo alla prosecuzione della custodia del minore presso i due adulti in oggetto.
Perciò chi afferma che l'azione dei giudici sia stata presa non in interesse del minore sta facendo un'affermazione infondata.
""[Lei, la certezza di questo trauma, ce l'ha]
RispondiEliminaSe è emerso che non lo sia, tipo che è vessato, d'accordo che non c'è trauma."
E lei sa con certezza se è emerso che non lo sia?"
D'accordo, ma allora in tal caso di cosa stiamo parlando? Hanno tolto un figlio a due genitori che lo vessavano. Non la prima volta che accade e non l'ultima. Cosa c'entri la storia dell'Ucraina a questo punto non lo so, potevamo eliderla dalla discussione e facevamo prima. E non capisco nemmeno lei perché si spenda per difendere questa posizione, visto che in definitiva verte su ipotetiche circostanze che tutti concordiamo renderebbero giusto il provvedimento.
Se il bambino era vessato, il giudice ha fatto bene. Perfetto, chiudiamo, siamo tutti d'accordo. Se si riduce a questo la replica al dilemma posto, non c'è motivo di elaborare oltre.
P.S.: i procuratori a questo punto dovrebbero spiegarci un paio di cosette.
@ DiegoPig
RispondiEliminaVedo comunque che lei continua ad eludere la distinzione ontologica di fondo, quando dice: «Resta il fatto che nessuno sano di mente permettere l'esercizio della professione medica ad un medico che ha sbaglato tutte le diagnosi precedenti.
Chissà, magari in virtù della "distinzione concettuale", la prossima diagnosi sarà corretta.»
Io non ho detto che N non rileva se si vuole fare una previsione: ho detto che N non rileva di fronte all'osservazione di un fatto accaduto. Nel suo esempio: nessuno sano di mente direbbe, dopo la guarigione, che la diagnosi X era sbagliata perché l'ha fatta un medico che ha sbagliato tutte le precedenti. Direbbe che era probabilmente giusta visto che è stata risolutiva.
Prometto che è l'ultima volta che lo spiego: mi sto detestando da solo per quante volte ripeto lo stesso concetto.
@paolo de gregorio
RispondiElimina"D'accordo, ma allora in tal caso di cosa stiamo parlando?"
Del caso di cui alla senteza 24001/14 e sulla certezza con cui alcuni affermano che l'agire dei giudici è un agire "in danno al minore".
"E non capisco nemmeno lei perché si spenda per difendere questa posizione"
Perchè non ha capito qual'è, la mia posizione.
Io non affermo che l'agire dei giudici è "in favore del minore": io affermo che non abbiamo elementi per affermare con certezza il contrario mentre ci sono indizi che fanno supporre proprio l'agire "in favore del minore".
Ora è più chiaro?
"i procuratori a questo punto dovrebbero spiegarci un paio di cosette."
I procuratori hanno spiegato le loro ragioni ai giudici.
E, che le piaccia o no, i giudici hanno agito come hanno agito anche tenendo conto delle spiegazioni dei procuratori.
Che a lei non piaccia la sentenza non implica in alcun modo che qualcuno debba spiegarle qualcosa.
"Vedo comunque che lei continua ad eludere la distinzione ontologica di fondo"
Vede, a causa della mia età e formazione professionale ormai l'onanismo ontologico ha perso moltissimo del suo fascino.
Ad esempio, grazie all'abbandono dell'onanismo ontologico in favore di una sana relazione con la realtà io noto che la storia familiare di un bambino di tre anni non è composta solamente da un passato ed un presente, ma anche da un futuro (almeno, si spera).
E poichè, come già scritto nel mio commento 14/11/14 13:45: "i giudici sono chiamati a decidere anche in relazione al futuro del bambino".
Ecco che, magicamente, la sua fondamentale "distinzione ontologica di fondo" smette di essere fondamentale e diventa irrilevante.
Esattamente come l'esempio del medico, che lei non digerisce.
Ma, poichè lei non digerisce l'esempio del medico, torniamo al caso in esame.
Supponiamo che, tra le famosissime "caratteristiche Z" ci sia "ripetute condanne per reati sessuali su bambini maschi tra i sette ed i dieci anni".
Certo, in virtù della sua "fondamentale" "distinzione ontologica di fondo" dovremmo concludere che tale "caratteristica Z" non può essere parte delle motivazioni dei giudici: adesso il bambino di tre anni sta benissimo, è amato, coccolato, vestito in modo buffo etc. etc.
A causa della mia "sana relazione con la realtà", invece, tendo a dedurre che proprio questa "caratteristica Z" faccia parte delle motivazioni dei giudici.
Perchè?
Perchè, come già scritto nel mio commento 14/11/14 13:45: "i giudici sono chiamati a decidere anche in relazione al futuro del bambino".
E visto che un bambino di tre anni solitamente arriva a sette anni d'età dopo quattro anni (a meno di gravi sfighe), c'è quantomeno da ipotizzare che i giudici abbiano fatto "due più due" e previsto che faccia quattro.
E questo, indovini un pò?
Rullìo di tamburi....
E questo nonostante il fatto che ora due sia due e non quattro.
"Prometto che è l'ultima volta che lo spiego: mi sto detestando da solo per quante volte ripeto lo stesso concetto."
Capita di stancarsi di vendere frigoriferi al polo: per quanto ci si sforzi di decantarne l'efficienza energetica, un frigorifero al polo non è uno strumento utile.
Al massimo è una "distinzione ontologica fondamentale".
@ DiegoPig
RispondiEliminaIo non mi sono stancato di vendere frigoriferi al polo: mi sono stancato di leggere il libretto di istruzioni una quindicina di volte. Ed ho la percezione che ancora non abbia afferrato.
"Caratteristica Z" non è condanne per reati sessuali dai sette ai dieci anni, è un generico parere sulla capacità di adottare: per l'ennesima volta se lei mi porta come esempi casi in cui quasi tautologicamente il giudice ha avuto ragione, lei continuerà tautologicamente ad avere ragione. Se vuole chiudere la discussione con questo tipo di argomentazione, le suggerisco che fa molto prima ad ipotizzare ("noi non lo sappiamo") che i genitori si siano presentati dal giudice col bambino imbavagliato, drogato e pieno di lividi. Lo vede che non possiamo escludere che abbiano avuto ragione i giudici?
Sull'estenuante questione della previsione -vs- fatto osservato: sarà onanismo intellettuale, ma vedo che lei vuole che le si scandisca centimetro per centimetro il ragionamento sennò lo sbeffeggia (ma è un suo limite). Ebbene: è chiaro che per il futuro una previsione può avere ancora valenza anche nel caso di questi genitori. Ma io stavo isolando una componente: nell'ipotesi che quella previsione sia stata stravolta nei fatti dai primi tre anni di convivenza col bambino, la previsione che la famigerata "caratteristica Z" sia incompatibile con la sana genitorialità riceve un duro colpo. Come spiegherebbe chi ha fatto la previsione l'aver fallito nei primi anni?
Questo non dimostra che la previsione era ed è errata: ma siamo comunque in presenza di affermazioni contraddittorie.
È ovvio e non sono così stupido da ritenere che la previsione sia tutt'oggi totalmente priva di valore, ma gli elementi (previsione e realtà) vanno prima isolati gli uni dagli altri per essere separatamente soppesati, e solo dopo eventualmente mescolati nuovamente; e tra un caso estremo (il bambino è diventato anziani e ha vissuto felice con quei genitori lì) e l'altro estremo (non c'era ancora nessun bambino ed esisteva solo la previsione) c'è un terreno intermedio che è quello del caso di specie. In questo terreno intermedio esiste un dato reale, categoria eventi accaduti, ed esiste una previsione, categoria eventi possibili, e tali resteranno per quanto si sforzerà di nasconderlo sotto il tappeto.
@paolo de gregorio:
RispondiEliminaVedo che il suo onanismo ontologico le impedisce di conoscere carnalmente alcune semplici (e francamente molto disponibili) realtà.
Eppure sarebbe semplice rendersi conto dell'infertilità di tale onanismo: basta rispondere alla semplice domanda seguente.
La domanda è: "IN TUTTI i casi in cui un minore viene allontanato dai genitori, tale allontanamento ha lo scopo di punire i genitori per gli accadimenti passati ai danni del bambino(che in quanto passati non si possono in alcun modo modificare) oppure ha lo scopo di prevenire possibili accadimenti futuri ai danni del bambino?"
Una volta data l'ovvia risposta si scopre qualcosa che mai e poi mai si poteva immaginare senza leggere il mio commento 14/11/14 13:45 e cioè che, per un qualche perverso motivo probabilmente legato alla seconda legge della termodinamica, "i giudici sono chiamati a decidere anche in relazione al futuro del bambino".
Lo so, lo so: questa non è una distinzione sufficientemente ontologica, ma come vede i giudici (e molti altri) preferiscono la realtà di Sasha Grey alla "distinzione ontologica fondamentale" di Beatrice.
Ora, io capisco che una tale rivelazione sia incomprensibile per chi confonde "caratteristica" con "criterio di valutazione" e con "valutazione" (vedasi glossario qui sotto), ma cosa vuole che le dica?
Contento lei, contenti tutti, non sarà certo la sua "distinzione ontologica fondamentale" a cambiare la realtà della decisione giudiziale nè a cambiarne il valore (positivo o negativo che sia).
L'unico risultato che otterrà è una solitaria soddisfazione personale.
GLOSSARIO:
*) CARATTERISTICA
Per caratteristica si intende una proprietà invalutata.
Esempi di "caratteristica" sono: "capelli rossi", "donna", "alto", "pluricondannato per reati sessuali a danni di minori".
*) CRITERIO DI VALUTAZIONE
Per "criterio di valutazione" si intende una funzione che mappa una o più CARATTERISTICHE su una VALUTAZIONE.
Esempi di "criterio di valutazione" sono: "le donne mi piacciono", "quelli alti sono più adatti a giocare a pallacanestro", "i pluricondannati non sono adatti ad adottare bambini".
*) VALUTAZIONE
Per "valutazione" si intende il risultato dell'applicazione di un CRITERIO DI VALUTAZIONE ad una o più CARATTERISTICHE DI UN PARTICOLARE SOGGETTO.
Esempi di valutazione sono: "Tizio è basso quindi è poco adatto a giocare a pallacanestro", "Caio è pluricondannato quindi non è adatto ad adottare bambini".
@ Paolo De Gregorio
RispondiEliminaDa una lettura ultra veloce del thread (quindi suscettibile di revisione, a seguito di un esame più accurato) pare emergere chiaro il suo limite, al quale il sottoscritto è pronto a porre rimedio, in cambio di un compenso simbolico (un caffè o, al massimo, un cappuccino con brioche).
Il servizio che le offro - e che lei, persona troppo a modo, è incapace di svolgere - consiste nell'indirizzare oculatamente dei vaffanculo con bestemmia incorporata.
Interessato?
Saluti
È impressionante come lei eviti i rilievi. Sono ormai quattro o cinque messaggi che continua a ripetere valutazioni su cui siamo tutti d'accordo, ma che non sono mai state materia del contendere. I giudici hanno fatto bene perché hanno necessariamente preso la decisione giusta alla luce degli elementi emersi, e quindi i genitori erano incompatibili col bambino. I procuratori di conseguenza hanno fatto male perché avrebbero condannato il bambino ad un futuro incerto. Al bambino ucraino o al massimo apolide sarà trovata una famiglia italiana, facendo un po' finta che in realtà non sia mai accaduto niente di tutte queste cose che sono accadute.
RispondiElimina@paolo de gregorio:
RispondiEliminaVede, c'è una linea sottile che divide un film divertente da un film ridicolo e, spesso, quella linea è l'ultima patatina del sacchetto.
Ora, poichè davanti a casa mia non c'è un cartello con scritto "deposito di ne"... ehm... onanisti anonimi, io direi che la lascio tranquillamente alle sue distinzioni ontologiche fondamentali, visto che nulla a che fare hanno con il caso in esame.
Detto questo, e rilevato che almeno un tipo di onanismo produce cecità, la lascio alle sue relazioni immaginarie: devo andare a far shopping con la realtà.
Le saluti i giudici, se li incontro.
se questa è una sentenza di cassazione, devono esserci stati dei giudizi precedenti; tramite ricerca su google mi pare di capire che questo bimbo sia stato dato in affido a già a poco più di un anno e quindi presentemente non sia già più con la coppia in questione. Non se sono sicuro: qualcun'altro ha provato a fare questa ricerca?
RispondiEliminaIn ogni caso si spiegherebbe perché, secondo l'articolo del sole 24 ore (http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/guidaAlDiritto/dirittoCivile/2014-11-11/utero-affitto-cassazione-chiude-riconoscimento-italia-185331.php) il tema centrale del dibattimento sia stato la legittimità di questa anomala maternità surrogata, anche da parte della difesa. Viceversa non si capisce come non si sia parlato dell'evidente dannosità di una separazione a 3 anni dai genitori di fatto.
L'idea poi che la corte abbia anche considerato valutazioni precedenti e non una valutazione successiva è davvero delirante. Sarebbe davvero inquietante se fosse andata così.
Ho letto la sentenza e, come avevo preventivato, non è stato discusso il tema della inidoneità all'adozione, peraltro non facente parte dei motivi di ricorso (anche se è probabile che la circostanza sia emersa nel giudizio di merito). D'altro canto si evince che dal punto di vista della Cassazione la circostanza sarebbe stata irrilevante: cioè il giudizio non sarebbe mutato se anche i genitori fossero stati valutati idonei tre volte su tre, perché a detta dei giudici il minore è in stato giuridico di abbandono per definizione per il semplice essere stato concepito con modalità contraria all'ordine pubblico, cioè con surrogazione di madre.
RispondiEliminaPer quanto concerne l'età e il periodo di convivenza con la coppia: vero è che era rimasto in affido con loro, ma con assegnazione di un tutore e curatore. Tuttavia si evince altresì che il giudizio non sarebbe variato se anche il bambino fosse stato da dieci anni con la coppia, poiché ad avviso dei giudici sarebbe comunque in stato giuridico di abbandono.
Non nego un certo disagio di fronte al grado di estensione del concetto espresso di contrarietà all'ordine pubblico: mentre capirei un riferimento ad essa se la madre fosse stata italiana, mi lascia perplesso che si consideri contraria all'ordine pubblico la surrogazione di maternità in un paese dove essa è consentita. Di fatto si rende il minore stesso in quanto così concepito contrario all'ordine pubblico, e non il fatto che il nostro ordinamento intenda proteggere le gestanti.
I giudici asseriscono che nel nostro ordinamento colei che concepisce è per legge la madre, ogni altra evenienza essendo regolata dalla legge sulle adozioni. Così scrivono, però, dopo aver qualche riga prima ammesso che per la Corte Europea dei diritti dell'Uomo anche il solo gamete maschile "conta", ciò prefigurando che la tutela dell'ordine pubblico contro la surrogazione di maternità ammette eccezioni. In definitiva, nemmeno contano le modalità non legali secondo la legge ucraina, in effetti non essendo stata fatta eccezione rispetto alla constatazione che per quel paese l'atto di nascita è tuttora valido: conta solo l'origine del seme maschile, il gamete. Fosse stato gamete dell'uomo o della donna, il figlio non sarebbe stato dichiarato in stato di abbandono, ma non tanto perché conforme così alla legge ucraina, ma perché secondo la Corte questa è la sola eccezione ammissibile (a denti strettissimi, va detto) che può essere opposta all'ordine pubblico.
Il punto dell'adeguatezza o meno del ruolo genitoriale viene implicitamente cassato come irrilevante. Nel quinto motivo infatti il ricorrente precisava che "il piccolo [...] non versa in situazione di abbandono essendo assistito dai genitori e dai parenti tenuti a provvedervi", ma la Corte osserva "l'infondatezza" del motivo, poiché "tali [genitori] essi non sono". Vale a dire che, non trattandosi dei veri genitori, per difetto all'origine, il bambino è legalmente in stato di abbandono e ciò assorbe ogni altra valutazione.
Nessuna delle mie perplessità è stata risolta anche in merito alla dichiarazione di stato di abbandono: se quelli italiani non sono mai stati i genitori, il bambino non è italiano secondo nessuna delle norme vigenti, venuto per giunta qui in violazione dell'ordine pubblico. Si dovrebbe come minimo interpellare l'autorità del paese d'origine. Non si comprende poi come si ripristini l'ordine pubblico dando il bambino di madre surrogata in adozione ad un'altra coppia italiana. Ma forse Salomone non voleva passare per troppo cattivo.
la Cassazione ha ignorato qua, la Cassazione ha ignorato là, per fortuna la Cassazione non ha ignorato l'unica cosa che non poteva ignorare e cioè che due persone ritenute inadatte ad adottare dai servizi sociali hanno violato anche la legge ucraina pur di prendersi un bambino;
RispondiEliminasai che bel principio di diritto usciva con una sentenza in senso contrario, veramente complimenti
agli illustri (aspiranti per fortuna) giuristi
Diego Pig:
RispondiEliminariformuli il suo commento in modo più civile e le verrà pubblicato.
All'anonimo delle 10:42 del 17/11
RispondiEliminaSe legge la sentenza, o il mio sunto, vedrà che la Cassazione non ha strettamente considerato le cose che dice che non poteva ignorare. O almeno, sì, ha considerato la violazione della legge per le adozioni, ma non in riferimento al mancato ottenimento dell'idoneità: semplicemente in relazione alla mancata possibilità tout court di riferirsi alla surrogazione di maternità anche di un altro paese, in quanto ciò intrinsecamente contrario all'ordine pubblico.
Per quanto concerne la violazione della legge ucraina, anche in questo caso non ha valutato la circostanza specifica (che non avrebbe potuto fare a fondo, visto che per quel paese l'atto di nascita è tutt'oggi valido, e la eventuale correzione non potrebbe che avvenire secondo leggi e procedure di quel paese): ha più semplicemente considerato la circostanza fattuale (che assorbe ogni altra considerazione) che il bambino non abbia gameti del presunto padre o presunta madre italiani.
Io ho osservato sin da subito che immaginavo una sentenza in nome del diritto: ho solo osservato che questo diritto può talvolta non considerare il bene del minore se non nella misura in cui tale bene non può sussistere al di fuori di quanto prescrive il diritto: in questo caso, nel momento in cui i due cittadini vengono definiti non genitori, cade ogni altra considerazione sul fatto che abbiano o meno prestato cure appropriate al bambino, a prescindere dalla durata di tempo in cui lo hanno fatto.
Per quanto concerne la dichiarazione di stato di abbandono, mi piacerebbe ancora che qualcuno mi dia una mano per capire meglio come sia stato ricomposto il puzzle: se la stessa surrogazione di maternità è contraria all'ordine pubblico tanto da far decadere ogni pretesa di rapporto genitoriale, nessuno ravvisa la mancanza almeno di un passaggio intermedio che coinvolga l'autorità di quel paese? Perché a questo punto chi ha il potere di decretare che i genitori biologici siano d'accordo che lo stato italiano dia in modo totalmente discrezionale in adozione il bambino a chi esso decide? In Italia l'accordo tra le parti non si può fare, mi sta bene: ma non viene a nessuno il dubbio che quello che la Corte chiama "accordo tra le parte" coinvolga terze persone che hanno già formulato una valutazione, che ora viene annullata senza interpello?
Un commento: qui nessuno vuole essere illustre giurista. Al massimo c'è chi si interroga su principi generali che mettono in relazione vita sociale e sulla legislazione italiana, chiedendosi per esempio se ci si trovi d'accordo col principio che sia tassativamente da escludersi un accordo tra le parti in fatto di genitorialità (si noti che in paesi civilissimi non è necessariamente così, quindi non va preso come assunto irremovibile del diritto di famiglia comunque configurabile). Ricordo infine che anche le corti supreme possono sbagliare, proprio come è accaduto in Francia in un caso diverso ma con parziali analogie, laddove la CEDU ha deliberato che non era stato corretto trascurare che alla surrogazione di maternità, ancorché vietata, era associato (diversamente da questo caso) il gamete del padre.
Non si torna in Ucraina per un motivo procedurale (questione nuova) comunque assorbito dal motivo di merito che la madre naturale risulta agli atti aver rifiutato la maternità, realizzando quindi la condizione necessaria per l'adottabilità (come scritto in sentenza, invero).
RispondiElimina@Anonimo.
RispondiEliminaFosse stata italiana, la madre naturale, nulla da eccepire su questo punto. Ma non lo è e la Corte ammette l'esistenza di un "accordo tra le parti", anche se non può avere validità in Italia. Ma non si può gratuitamente lasciare per assorbito che l'accordo non valga nel paese di origine, visto che in quel paese questa forma di maternità è prevista e regolata. Faccio un esempio: io non conosco le procedure di quel paese, ma posso immaginare che esistano opzioni che possono essere ipotizzate. Per esempio, la madre surrogata vuole sapere chi saranno i genitori del piccolo, se non personalmente almeno in senso qualitativo. Oppure, in alternativa: demanda questa funzione interamente in modo indiretto all'autorità. Sarà in questo caso l'autorità ucraina a stabilire i criteri di accesso alla genitorialità tramite maternità surrogata e la donna in questione può benissimo aver posto questa condizione a tutela della propria scelta. Non ne consegue che la donna in questione avrebbe accettato di fare da genitrice in funzione dei criteri di scelta della legge italiana (esempio banale ma non implausibile: voleva venire incontro alle coppie che non avrebbero altrimenti avuto accesso facile alle adozioni).
Non mi appare lampante quindi che in questi ipotetici casi possa valere mutatis mutandis che un'altra autorità di un altro paese possa discrezionalmente sostituire i genitori che per quella donna sarebbero dovuti essere genitori di diritto, con un'altra coppia secondo criteri che possono differire da quelli ucraini. Sarebbe più appropriato che fosse l'autorità ucraina ad esprimersi, se non altro cedendo il diritto. Una cosa è rinunciare alla responsabilità genitoriale, consapevoli di un certo tipo di tutele X, altra è rinunciare a prescindere dal tipo di tutele che saranno garantite.
Ciò detto, rimane per me una contraddizione residua in seno alla minaccia all'ordine pubblico che sta a fondamento della sentenza: non sono sicuro che venga rimossa semplicemente dando in adozione il bambino ad un'altra coppia italiana, visto che il presunto vulnus (surrogazione di maternità non ammissibile nel nostro territorio insieme alle sue conseguenze) ne resterebbe non scalfito: ci sarà una coppia italiana che crescerà un bambino nato per effetto di una turbativa dell'ordine pubblico.
Le condizioni di adottabilità per la legge italiana c'erano e sono state verificate, il bambino è stato adottato; sinceramente non vedo questioni (al netto delle Sue fantasiose ipotesi sul diritto dei paesi ex socialisti).
RispondiEliminaIl bambino di che nazionalità?
RispondiEliminaLa nazionalità non rileva una ceppa; siccome vedo che a Lei non la si fa, oltre alla stessa Cassazione che Lei ritiene di stare criticando sensatamente, sul punto specifico vedasi Corte d'Appello di Genova, 27-05-2010
RispondiElimina"La sussistenza dello stato di abbandono di un minore straniero in Italia giustifica la pronuncia dello stato di adottabilità da parte del tribunale dei minori, malgrado la richiesta di rimpatrio da parte del paese d’origine e l’ordine di rimpatrio emesso dal presidente dell’organismo centrale di raccordo del ministero dell’interno italiano".
o Tribunale minorenni Milano, 07-10-2011.
"La previsione di cui alla l. 184/83, che statuisce l’operatività nei confronti del minore straniero in stato di abbandono nel territorio dello stato della legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza, comporta non soltanto, sul piano processuale, la giurisdizione del giudice italiano, a prescindere dagli elementi di collegamento previsti dalla legislazione interna, ma anche, sul piano sostanziale, l’assoggettamento del rapporto alla normativa interna in deroga alle comuni regole di diritto internazionale privato; pertanto, qualora il tribunale per i minorenni dia inizio alla procedura per la dichiarazione di adottabilità di un minore straniero, in relazione allo stato di abbandono in cui lo stesso si trovi al momento dell’intervento, la circostanza che, successivamente a tale momento, le autorità del paese d’origine richiedano il rimpatrio del minore, così come non è idonea ad escludere la giurisdizione italiana, non fa venir meno l’applicazione al rapporto della legge italiana, attesi gli stretti collegamenti tra giurisdizione e legge applicabile in materia".
Va bene, su questo punto concedo (anche se niente mi pare che escluda che si interpelli l'altro paese).
RispondiEliminaSintetizzo a modo mio personalissimo la questione in termini di diritto (che non necessariamente è sempre un'analisi rivolta al giudizio né per forza una critica) come funzionano e si sanano le cose: due italiani vanno in Ucraina, si servono di una legge locale (pur in parte violandola) facendosi assegnare un bambino da madre surrogata. La pratica in Italia è contraria all'ordine pubblico, quindi tornati in Italia il bambino viene loro tolto, dichiarato in stato di abbandono, assegnato ad un'altra coppia e il vulnus iniziale è sanato in termini di diritto. Perché adesso è stato lo stato ad assegnare il bambino, che è arrivato in opposizione all'ordine pubblico.
P.S.: comunque tornando un momento al messaggio precedente, non sono per niente d'accordo che sia così semplice svicolare il dilemma dal punto di vista della madre surrogata. Dal suo punto di vista non è affatto la stessa cosa di quel che fa una donna italiana quando rinuncia al figlio. È comodo crederlo, probabilmente.
P.P.S.: vedo nella barra indirizzi ancora scritto "bioetiche". Io discuto principalmente di questa categoria di ricadute e le leggi e le sentenze sono per me mero corollario, ragion per cui pur non dilungandomi oltre respingo la soluzione sbrigativa adottata riguardo al contenuto del precedente P.S..
P.P.P.S.: mi sovviene ora che nessuna delle persone con cui ho scambiato opinioni abbia mai afferrato lo spirito del P.P.S..
Ah, beh, se riassume a "modo suo personalissimo" in termini di diritto (diritto anch'esso personalissimo, evidentemente) e se le sentenze e le leggi sono per Lei "mero corollario", poteva dirlo subito, e mi risparmiavo qualche commento, sopratutto quelli in cui cercavo di rispondere alle Sue ripetute richieste di delucidazioni tecniche sul mancato interessamento delle autorità ucraine.
RispondiElimina@Anonimo:
RispondiElimina"se riassume a "modo suo personalissimo" in termini di diritto .... e se le sentenze e le leggi sono per Lei mero corollario..."
E' la solita vecchia differenza tra "diritto" e "morale amica": il diritto è uguale per tutti, la "morale amica" è amica perchè condanna i nemici e assolve gli amici.
Posso fare uno schemino per spiegarmi meglio: uomo -> diritto -> uomo.
RispondiEliminaLei pensa invece che l'uomo sia al servizio del diritto, visto che ritiene scandaloso che io l'abbia definito corollario?
Ovviamente mi interessa capire se è stato applicato bene o male il diritto. Se dopo che si conviene che è stato applicato correttamente si rinviene (personalmente, come dicevo) che qualcosa ancora non quadra, è legittimo porsi delle domande -mi sembra- e sottolineavo che questo mi appaia il luogo adatto.
In questa discussione, questa deve essere la ventesima cosa che davo per scontato che fosse implicitamente acquisita e che ho dovuto scandire lettera per lettera. Non vedo l'ora di avere frotte di giovani studenti per rilassarmi un po'.
@paolo de gregorio
RispondiEliminaIl fatto che il diritto sia al servizio dell'uomo non implica in alcun modo che il diritto sia servo dell'individuo.
Non ho mai inteso che il diritto debba essere servo di un individuo: quella si chiama dittatura, non diritto. È comunque servo degli individui. Dovendoli includere tutti, dovrà prevedere al proprio interno dei compromessi, ma questo non fa del diritto un'entità superiore all'individuo o non fa della somma degli individui un'entità propria: fa solo gli individui uguali tra loro.
RispondiEliminaSulle questioni etiche che ho posto non ho ricevuto risposte oppure ne ho ricevute di sbrigative (come quella che vuole che una donna di un paese ex socialista, in quanto donna di un paese ex socialista, non dovrebbe avere alcun diritto a che al figlio che ha partorito sia garantito il futuro che le era stato inizialmente garantito). Deduco da questa discussione che a molte persone stia bene l'esistente e che il diritto sia applicato così com'è, e che non sia tempo utilmente impiegato quello per porsi domande se nelle sue ricadute esso rispetti certune aspirazioni dell'individuo che potrebbero essere eventualmente legittime, o protegga nel modo migliore possibile chi deve essere protetto. Non rientro in questa categoria.
@paolo de gregorio
RispondiElimina"Non ho mai inteso che il diritto debba essere servo di un individuo ... ma questo non fa del diritto un'entità superiore all'individuo ..."
E com'è che il diritto giudica l'individuo, se non ne è superiore?
"Deduco da questa discussione che a molte persone stia bene l'esistente e che il diritto sia applicato così com'è"
Perchè, come va applicato il diritto se non "così com'è"?
«E com'è che il diritto giudica l'individuo, se non ne è superiore?»
RispondiEliminaNel fare ciò il diritto non rappresenta sé stesso ma tutela gli altri individui (se sussiste qualcosa da tutelare da opporre al giudicando), ai quali non è pertanto superiore.
«Perch[é], come va applicato il diritto se non "così com'è"?»
Non è un abile mossa quella di elidere il resto della frase. O vuole dirmi che se il diritto prevedesse leggi razziali e stermini di massa lei non riterrebbe che sia "tempo utilmente impiegato quello per porsi domande" sulle "sue ricadute"?
@paolo de gregorio ha detto...
RispondiElimina"[E com'è che il diritto giudica l'individuo, se non ne è superiore?]
Nel fare ciò il diritto non rappresenta sé stesso ma tutela gli altri individui (se sussiste qualcosa da tutelare da opporre al giudicando), ai quali non è pertanto superiore."
Se il diritto "rappresenta gli altri individui" e tali "altri individui" possono giudicare l'individuo allora tali "altri individui" sono superiori all'individuo.
E, poichè il diritto "rappresenta gli altri individui" allora è superiore all'individuo.
Questo a meno di non considerare "il diritto che rappresenta gli altri individui" cosa diversa da "il diritto".
"[Perch[é], come va applicato il diritto se non "così com'è"?]
Non è un abile mossa quella di elidere il resto della frase. O vuole dirmi che se il diritto prevedesse leggi razziali e stermini di massa lei non riterrebbe che sia "tempo utilmente impiegato quello per porsi domande" sulle "sue ricadute"?"
Non è nemmeno abile mossa non rispondere alla domanda: "Come va applicato il diritto, se non così com'è?"
Lei cita le leggi razziali, ma probabilmente non conosce Loving vs. Virginia.
E, sempre per quanto riguarda il "porsi domande", chiediamoci se Beppino Englaro sia, per aver rispettato una legge "potenzialmente ingiusta", una persona da ammirare oppure da deridere.
Perchè è questa la differenza tra lo stato di diritto e il paese dei cachi: nello stato di diritto il diritto si rispetta finchè non si modifica, nel paese dei cachi si elude.
Nello stato di diritto è legittimo chiedersi se sia giusto rispettare o meno una legge ma, indipendentemente dalla risposta, si rispetta la legge finchè non viene cambiata.
Nello stato dei cachi, alla risposta "no, non è giusto" si passa a violare la legge (come hanno fatto i due soggetti del caso in esame).
Lei cosa preferisce? Lo stato di diritto o il paese dei cachi?
«E, poichè il diritto "rappresenta gli altri individui" allora è superiore all'individuo.»
RispondiEliminaNel nostro stesso ordinamento nessuna legge o sentenza prevale su una decisione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Diritti è al plurale e Uomo al singolare.
Su Beppino Englaro. Premetto che io sto discutendo come se partecipassi ad un pubblico forum per lo scambio di idee e non come se stessi in una camera di consiglio. Ciò detto, non vedo la rilevanza stretta poiché nemmeno io ho mai sostenuto che ci sia un elemento di apprezzamento da spendere per il modo di agire della coppia, al di fuori di un auspicio che in questo breve lasso di tempo abbiano operato per il bene del minore. Qualcuno ha già osservato che l'ordinamento ha strumenti opportuni per applicare gli addebiti. Tantomeno ho mai in passato sminuito le scelte strategiche del papà di Eluana, anzi. Tanto che io me ne sono virtualmente fregato della coppia in sé e casomai ho valutato la storia del minore e al più di chi l'ha messo al mondo, mentre ho sempre espresso personale stima per Beppino Englaro.
Ciò detto, esiste un elemento che accomuna le due vicende e questo è che l'interesse primario riguarda persone in vece delle quali va presa una decisione e per le quali quindi la previsione di legge fa certo differenza. Tanto dal punto di vista di Eluana quanto da quello del bambino la distinzione che lei fa perde parzialmente di potenza. Per esempio se l'ultima sentenza fosse stata sfavorevole al papà di Eluana, e questi convinto di non poter agire in alcun modo contro di essa, la donna se sarebbe stata comunque vittima, anche se avremmo mantenuto immutata la stima per il papà. Detto in altri termini, ai soggetti che costituiscono l'interesse primario può far più differenza che per noi "paladini" del diritto che una legge sia giusta o meno giusta. Il discorso l'ho abbozzato anche in relazione al minore, per il quale dal mio personale punto di vista non è così lampante che il gamete del padre debba esaudire in toto la differenza tra la vita A e la vita B. È di questi aspetti che si sta discutendo, e non sulle virtù civili di chi si è posto (a torto o a ragione, legalmente o illegalmente) a rappresentazione di terzi.
[...] la donna ne sarebbe stata vittima.
RispondiEliminaScusate!
nel frattempo, al Policlinico Umberto Primo....
RispondiEliminaStrasburgo mi ha dato torto
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