giovedì 11 dicembre 2014

L’eutanasia secondo la Treccani


Non è la prima volta che rimango perplessa ma la voce «eutanasia» supera di molto la perplessità. Vediamo i passaggi più bizzarri.

L’uccisione medicalizzata di una persona senza il suo consenso, infatti, non va definita eutanasia, ma omicidio tout court, come nel caso di soggetti che non esprimono la propria volontà, la esprimono in senso contrario o non sono in grado di manifestarla: neonati, feti, embrioni, dementi, malati gravi privi di coscienza.

Quindi anche l’aborto è omicidio tout court (feti, embrioni)? Benissimo.

Non rientrano inoltre nel concetto di eutanasia l’astensione o la sospensione di trattamenti futili e di forme di accanimento terapeutico, nonché la sedazione terminale (uso di farmaci sedativi per dare sollievo a sofferenze insopportabili negli ultimi momenti di vita). Non va confusa poi con l’eutanasia la rinuncia all’accanimento terapeutico, ossia a quegli interventi sproporzionati, gravosi e inutili rispetto alla possibilità di arrestare il processo della morte del paziente, nel tentativo di prolungare la vita a ogni costo. Esiste un consenso pressoché unanime circa l’illiceità etica, deontologica e giuridica di questa pratica, che proprio in quanto consistente in un’insistenza sproporzionata e futile rispetto al raggiungimento di ogni obiettivo, non si può definire una pratica terapeutica. La rinuncia all’accanimento, tuttavia, non legittima la sospensione delle cure ordinarie necessarie a un accompagnamento dignitoso del morente. Tra queste si discute se vadano incluse l’idratazione e l’alimentazione artificiale, quando non risultino gravose per il malato o l’organismo non sia più in grado di recepirle.

Qui entriamo in un terreno minato. Bendati e senza manco una mappa approssimativa. L’espressione «accanimento terapeutico» dovremmo abbandonarla per sempre perché è ambigua e inutile. I due aspetti da considerare sono: quello clinico (futile o no) e quello della volontà (è bene ricordare che possiamo rifiutare qualsiasi trattamento, non solo quelli futili, ma pure quelli utilissimi, efficaci e con pochi effetti collaterali). Quindi nemmeno la rinuncia a interventi proporzionati è «eutanasia». Il consenso unanime non è molto interessante. La legge protegge questa libertà – per fortuna. La «sospensione delle cure necessarie» è dunque possibile. Mai sentito parlare di autodeterminazione? Quanto alla «idratazione e alimentazione artificiale» (la parola corretta è nutrizione) non c’è alcuna discussione al riguardo – come non c’è per alcun trattamento medico. Non c’è discussione sulla possibilità di «rinunciarvi». Il passaggio dal paternalismo all’autodeterminazione sanitaria sta proprio qui: che io posso decidere se e come curarmi.

Next, 11 dicembre 2014.

9 commenti:

  1. Complimenti per aver citato Rachels.

    RispondiElimina
  2. "Non va confusa poi con l’eutanasia la rinuncia all’accanimento terapeutico, ossia a quegli interventi sproporzionati, gravosi e inutili rispetto alla possibilità di arrestare il processo della morte del paziente, nel tentativo di prolungare la vita a ogni costo" .
    Vi invito a confrontare questo passaggio con il seguente nell'Evangelium Vitae:
    "Da essa [l'eutanasia] va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto «accanimento terapeutico», ossia a certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia".
    La Treccani si ispira ai documenti della Chiesa?

    Alberto Giubilini

    RispondiElimina
  3. anche la definizione stessa di eutanasia e' pressoche' identica a quella dell'Evangelium Vitae:
    "Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un'azione o un'omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore". (Evangelium Vitae nr 65)

    RispondiElimina
  4. Alberto:

    va detto che questa è la voce che compare sul sito della Treccani, ma nelle opere a stampa dell'Istituto le cose vanno diversamente: la voce «Eutanasia» nel Dizionario di medicina è stata affidata a Demetrio Neri, mentre quella nelle Appendici dell'Enciclopedia Italiana del 1992 e del 2006 è stata scritta da Gilberto Corbellini, che come ben sai sono di tutt'altro orientamento rispetto all'Evangelium vitae. Chiara ha chiesto informazioni all'Istituto, vediamo se rispondono.

    RispondiElimina
  5. certo, il punto non e' quale sia l'orientamento degli autori. Il punto e' che l' orientamento etico non deve riversarsi nella definizione. "Eutanasia" e' un termine medico, se va data una definizione in un'enciclopedia la fonte di riferimento deve essere un manuale medico, non un testo religioso.

    RispondiElimina
  6. Non è la prima volta che la lettura della Treccani lascia allibiti, basta leggere alcune voci circa la sessualità per rendersi conti di come siano infarcite da opinioni personali e scritte in modo per niente scientifico o accademico
    qui un articolo http://www.giovanicomunisti.it/archives/4902

    così come certe voci del Dizionario di Medicina (2010) copiare da WIkipedia.

    RispondiElimina
  7. Ma se io mi sento depresso e voglio lasciarmi morire di fame. Questa è autodeterminazione o mi fanno un TSO?

    RispondiElimina
  8. anonimo,
    è una domanda che mi sono posto anch'io e credo che la soluzione dovrebbe essere TSO fino al recupero di una sana capacità di autodeterminarsi e poi rispetto della volontà manifestata.
    Solo che ciò comporterebbe la verifica della "salute psichica" di tutti quelli che rifiutano un trattamento, verifica che mi pare un'operazione difficilissima, perchè anche tale trattamento potrebbe (in linea teorica) essere rifiutato.

    RispondiElimina
  9. Non sempre le voci di enciclopedia sono imparziali, io mi ricordo di aver provato una perplessità simile leggendo la voce Aborto nell'Enciclopedia del diritto Giuffrè dove si sostiene che la scienza medica ha ormai dimostrato che l'aborto è un omicidio.

    RispondiElimina