Il succo della questione è che in tutto il mondo (basta documentarsi un po’) il mifepristone viene introdotto solamente se richiesto dai governi. Se l’opinione pubblica è informata, invece, non viene distribuito neanche se lo chiede il parlamento.Visto il genere di informazioni che vengono fornite da certi giornali dovremmo, temo, tradurre il «se l’opinione pubblica è informata» di Assuntina Morresi in «se l’opinione pubblica è disinformata», e per il resto potremmo anche concordare sulla conclusione...
La cosa dovrebbe far sospettare chiunque non sia in malafede, ma capisco che è chiedere troppo a chi parla di gravidanza coercitiva, termine abbastanza esilarante.
Sappi, comunque, che il brevetto della Ru è scaduto da un pezzo in tutto il mondo, ma nessuno si è fatto avanti per produrre la famosa pillola. Eppure ci sono nazioni dove l’aborto chimico c’è da un pezzo (Francia, GB e Svezia), e quindi che lo produca la compagnia X o la Y non dovrebbe importare granché a nessuno, almeno in quei paesi, dove un boicottaggio non partirebbe neppure. Eppure, questa miracolosa pillola non la vuole produrre nessun altro, oltre alla vecchia casa francese e ad una compagnia cinese.
Chissà perché?
Chissà perché in Cina l’hanno ritirata misteriosamente dalle farmacie e si può abortire con la pillola solo in cliniche specializzate, con degenza fino alla fase espulsiva, il tutto per “salvaguardare la salute delle donne”?
In Cina, noto paradiso dei diritti della donna...
E comunque, ritornando all’Australia, se quel sondaggio che tu ti ostini a dire falso lo è veramente, allora vuol dire che la maggior parte delle donne vuole la pillola abortiva. E allora perché le compagnie farmaceutiche non vogliono registrare il mifepristone? Se è vero che la maggioranza delle donne lo vuole, lo userà SENZA PROBLEMI, non credi?
Il termine sarà anche esilarante, ma sulla pratica della gravidanza coercitiva non ci sarebbe proprio nulla da ridere; e a questa, per forza di cose, conduce l’opposizione all’interruzione volontaria di gravidanza – a meno di riuscire a dissuadere dall’aborto (per usare il termine – esilarante anche questo? – usato da Carlo Casini) tutte le donne che vogliono abortire: un risultato praticamente impossibile da raggiungere.
Pensare, come fa Morresi, che il boicottaggio di un’industria possa partire solo in un paese in cui la Ru486 non c’è ancora significa sottovalutare grandemente le riserve di odio degli anti-abortisti più fanatici, soprattutto (ma non solo) in America. Per la maggior parte delle industrie farmaceutiche gli Stati Uniti costituiscono un mercato importantissimo, che ritrovarsi bollati come fabbricanti di morte metterebbe a repentaglio – assieme probabilmente alle vite dei loro rappresentanti locali. Non è certo un caso se chi ha il monopolio della produzione della Ru486 in Europa, la Exelgyn, produce soltanto quel farmaco (e non è esposta quindi a boicottaggi) e ha ceduto ad altri i diritti per gli USA.
Ci sono anche altre ragioni perché la Ru486 non rappresenta un prodotto appetibile: la principale sono gli scarsi profitti che consente. Secondo il Toronto Daily Star («Pros and cons of abortion pill», 19 luglio 1999), negli Stati Uniti il giro di affari annuo previsto sarebbe stato di 100 milioni di dollari o anche meno (e stiamo parlando di profitti in una situazione di monopolio), paragonato agli 11 miliardi dei farmaci che regolano la pressione del sangue, o agli 1,4 miliardi degli antistaminici. Inoltre, nel clima attuale la notizia di una morte anche solo ipoteticamente riconducibile alla Ru486 scatena reazioni fuori misura e interpretazioni tendenziose; e siccome un incidente, per quanto raro, è sempre possibile (come con quasi ogni altro farmaco), le industrie del settore si tengono comprensibilmente alla larga dai guai.
Riguardo alla Cina, la domanda giusta non è perché il farmaco è stato ritirato dalle farmacie, ma perché – se è vero quello che dicono le agenzie di stampa – si era consentito che queste lo distribuissero liberamente, oltretutto in un paese la cui popolazione non è pienamente alfabetizzata, come ammettono persino le statistiche ufficiali, e in cui mercato nero e praticoni abbondano. La Ru486 può avere pesanti effetti collaterali (di nuovo: come molti altri farmaci), e usarla al di fuori delle indicazioni e di uno stretto controllo medico significa mettere a repentaglio la propria salute. Anche l’obbligo di rimanere in ospedale fino alla fine della procedura (notizia per la quale non trovo al momento riscontri, ma che prendo comunque per buona), va messo senz’altro in relazione con un contesto sanitario e culturale molto diverso da quello dei paesi occidentali, nei quali le pazienti hanno a disposizione durante il procedimento servizi professionali di emergenza anche a domicilio.
Ma perché Assuntina Morresi insiste tanto sulla Cina? Perché non parlare invece di un paese più simile al nostro, come la Francia, in cui la Ru486 è usata dal 1988, e in cui c’è stato da allora un solo decesso? (Nel 1991, e imputabile a un altro farmaco, una prostaglandina che viene usata pochi giorni dopo la Ru486 per facilitare l’espulsione del prodotto del concepimento, e che da allora è stata sostituita con un altro prodotto.) Il motivo è, penso, abbastanza trasparente: perché in questo modo è possibile far balenare il fantasma di una strage di donne, senza tema di smentite: di quelle morti non si sa nulla? Beh, ma è ovvio: perché il regime cinese non lascia filtrare la notizia! L’assenza di prove si trasforma magicamente in prova: con lo stesso sistema si può dimostrare che alieni invisibili governano segretamente la terra – se non ne sappiamo nulla è proprio perché sono invisibili!
Come si spiega che in Occidente invece questa strage non sia avvenuta? Per Morresi le morti sarebbero in realtà molte di più di quelle conosciute: nella discussione precedente sosteneva infatti che «soprattutto è documentato il fatto che, solo dopo pressioni dei familiari e interpellanze parlamentari i governi le hanno dichiarate. Il che fa legittimamente pensare che le morti siano state effettivamente molte di più». Ma qui non importa che i governi ammettano alcunché: dove sono le denuncie di fidanzati, mariti, genitori di donne morte nel fiore degli anni subito dopo un aborto? Fossero pure rimaste inascoltate dai governi, avrebbero comunque trovato fin troppi orecchi impazienti di sentirle... Tanto è vero che, con l’eccezione (in effetti assai poco commendevole) del governo britannico, che ha ammesso due morti verificatesi dopo il 1991 solo nel gennaio 2004 nel corso di un’interpellanza parlamentare (e senza fornire particolari di sorta), in tutti gli altri casi le notizie dei decessi sono state date al massimo entro pochi mesi dalla stampa, dalle autorità regolatrici o dalle aziende produttrici.
Sono sicuro peraltro che Assuntina Morresi non vorrà seguire fino in fondo la strada della spiegazione complottistica, che porta a esiti come questo:
En France depuis 1991, date de la mort de Nadine, aucune nouvelle des victimes françaises suivantes n’a pu filtrer dans la presse. L’omerta est quasi totale mais on peut raisonnablement affirmer estimer que des dizaines de femmes ont succombé au RU 486, comme en Grande-Bretagne. Il est en effet assez facile de ne déclarer que la cause apparente de la mort (infection, problème cardiaque, etc.), surtout si les intérêts du Syndicat des avorteurs et du Planning, et partant, de l’État qui les soutient, sont en jeu (Thierry Lefèvre, «Le RU486 tue toujours», Droit à la Vie, 2004).Una classica manifestazione di psicosi paranoide (o un’imitazione assai fedele), che lascia sgomenti e senza parole.
Il sondaggio australiano, infine, che dimostrava che il 66% delle donne di quel paese era contrario alla pillola abortiva: non ho mai detto che fosse falso il risultato; il problema era che le domande poste sono rimaste segrete – spero che Morresi non pensi che questo sia normale per un sondaggio scientifico! È ovvio che sottoposte preventivamente a una dose di propaganda tendenziosa (e forse anche mendace; ma questo non lo sapremo mai) le intervistate abbiano manifestato contrarietà all’introduzione della pillola abortiva. E questo – assieme a quello che spiegavo nel testo del post e a quello che ho scritto qui sopra – dovrebbe rispondere, credo, anche alla domanda finale della mia interlocutrice: perché in Australia le compagnie farmaceutiche non vogliono registrare il mifepristone, cioè la Ru486?
E' incredibile come le tesi più bislacche possano fare appiglio nella fulgida mente di Assuntina solo per quel non so che di "avvenire" che prefiggono.
RispondiEliminaVorrei segnalare ad assuntina altre notizie raccapriccinati su cui si dovrebbe dare massima diffusione:
-il proprietario dell'azienda produttrice della Ru, in passato medico NON obiettore, è il finanziatore occulto di questo blog
-esiste una campagna stampa delle forze del laicismo laicista (da periana definizione) per screditare tutti gli attendibili sondaggi fatti dalle giovani marmotte antiabortiste
-pare che, per il nuovo programma "nazista" di eutanasia proposto da una legge olandese, si intenda mettere fine alla vita dei bambini sofferenti usando la Ru: infatti essa è addirittura più efficace di um mix di un discorso di GIOVANARDI e di un intervista di Buttiglione.
Ma la verità verrà a galla....
un assiduo lettore
(complimenti per il blog))
Salve, Mat! Come va lì all'UoM?
RispondiEliminaBenissimo! dall'estero fa sempre piacere leggere che qualcuno in Italia usa la ragione.
RispondiEliminaComplimenti ancora (siete diventati immediatamente una mia fonte di informazione)
mat
Grazie mille! Cercheremo di essere all'altezza.
RispondiElimina