lunedì 26 giugno 2006

Bruno Dallapiccola: diamo in adozione gli embrioni orfani

La proposta è del genetista Bruno Dalla Piccola che indica una terza via per i 2.527 embrioni abbandonati e congelati. Un’alternativa per salvarli sia dalla distruzione inevitabile nel caso in cui fossero destinati alla ricerca scientifica sia dalla inevitabile morte nel freddo se fossero lasciati semplicemente in questa condizione.
(L’idea di Dalla Piccola: «Diamo in adozione gli embrioni orfani», Il Giornale, 26 giugno 2006).

Non è una grande idea, e non è nemmeno una idea nuova, dal momento che il Comitato Nazionale per la Bioetica aveva avanzato la stessa proposta in un parere del 18 novembre 2005 (Adozione per la nascita degli embrioni crioconservati e residuali derivanti da procreazione medicalmente assistita (P.M.A.)).
La proposta è caratterizzata da una scelta lessicale significativa e discutibile: adottare gli embrioni (o meglio, gli embrioni in quella primissima fase di sviluppo prima dell’eventuale impianto). Si adottano le persone. Ma è proprio questa la premessa, discutibile, su cui si accendono gli animi. L’equivalenza tra embrioni e persone. Con tutte le conseguenze filosofiche e giuridiche che ormai dovrebbero essere note anche a coloro che non se ne interessano granché.
(Domanda il giornalista) Sull’adozione degli embrioni orfani le perplessità sono molte. Oltretutto la legge 40 vieta la fecondazione eterologa: non sarebbe una contraddizione?
(Risponde Dallapiccola) «È un problema ed io sono aperto al dibattito. Mi sento però di fare una proposta: diamoli in adozione. Lasciarli morire in un frigorifero mi sembra assurdo. Se ne può occupare il Comitato di Bioetica e ci dovrà sicuramente essere un confronto anche per l’eventuale destinazione alla ricerca scientifica. Comunque quella dell’adozione mi sembra una buona opzione».
Il Comitato se ne è già occupato, appunto. Certo è che la scelta da parte di una coppia di ricorrere all’impianto di un embrione già prodotto in laboratorio dovrebbe essere ragionevolmente vincolata alla possibilità di sapere lo stato di salute dell’embrione stesso. Possibilità offerta dalla diagnosi genetica di preimpianto (vietata dalla legge 40).
A questo proposito l’Associazione Amica Cicogna aveva fatto una proposta, inviata al Comitato Nazionale per la Bioetica il 27 settembre 2005, per consentire l’embrioricezione degli embrioni crioconservati (e non l’adozione): “è nostra convinzione che sarebbe auspicabile prevedere l’embrioricezione per gli embrioni che risultino maggiormente vitali e che siano crioconservati da minor tempo, nonché la destinazione alla ricerca scientifica per gli altri, fino all’esaurimento degli stessi”. E ancora: “Per gli embrioni crioconservati dai 3 ai 10 anni e per gli embrioni patologici il nostro documento prevede la possibilità di destinarli a fini di ricerca scientifica e di derivarne linee cellulari staminali embrionali, il cui utilizzo è oggi possibile in Italia su linee importate.
A nostro giudizio, utilizzare embrioni il cui futuro è già segnato favorendo la scienza per un fine nobile che potrebbe dare speranza a molti malati, è un atto di civiltà che dovrebbe essere previsto dall’ordinamento italiano”.

Quanto alla presunta contraddizione tra la possibilità di adottare un embrione e il divieto di fecondazione eterologa, accogliendo la premessa che un embrione sia una persona (dal punto di vista della legge 40 e di Dallapiccola) non esiste alcuna contraddizione. Infatti, si vieta il ricorso a un gamete estraneo alla coppia (che non se ne capisca la ragione è un altro discorso), e si permette di adottare un embrione perché già esiste in quanto persona e la soluzione migliore è di garantirgli quel diritto alla nascita che la legge 40, sebbene non esplicitamente, gli ha attribuito.

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