venerdì 4 agosto 2006

Pronti per il trapianto?

Sull’ultimo numero di New Scientist un articolo documenta il diffondersi, in alcuni paesi, della pratica di prelevare organi dopo l’arresto del cuore ma prima dell’avvenuta morte cerebrale (Rachel Nowak e Linda Geddes, «Not brain-dead, but ripe for transplant», 4 agosto 2006, pp. 6-7). Si tratta di casi in cui il possibile donatore è tenuto in vita artificialmente, ma il rapido deterioramento degli organi non consente di attendere l’avvenuta morte cerebrale; una volta sottratto il supporto vitale il cuore si ferma, e in genere prima dell’espianto non si attende – di nuovo, per evitare il deterioramento degli organi da trapiantare – un tempo sufficiente a determinare comunque la morte del cervello (dall’articolo non è chiarissimo se si intervenga anche nei casi in cui fallisce un intervento di rianimazione cardiaca).
Lo scopo della donation after cardiac death (DCD) è naturalmente quello di ovviare alla drammatica carenza di organi; ma gli interrogativi etici non mancano: dal possibile conflitto tra gli interessi del paziente e quelli dell’equipe che deve procedere all’espianto, all’incertezza sulla reale irreversibilità della morte cardiaca.

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