Questo sembrerebbe implicare che il nostro universo sia infinitamente vario; e invece non è esattamente così. La teoria dei quanti impone infatti un limite alla varietà di ogni universo, compreso il nostro; ne segue che ogni configurazione di materia che osserviamo in natura deve esistere in un numero infinito di copie identiche (sia pure separate in media da distanze grandissime), e che ne esiste anche un numero infinito di copie quasi identiche. Ce lo spiega Alexander Vilenkin su Edge («The Principle of Mediocrity», 15 settembre 2006):
Una conseguenza impressionante di questa nuova visione del mondo è che ci dovrebbe essere un’infinità di regioni [dell’Universo] con storie assolutamente identiche alla nostra. Sì: un’enorme quantità di vostri duplicati sta leggendo in questo momento una copia di questo stesso articolo. Vivono su pianeti identici alla Terra, con tutte le sue montagne, città, alberi, e farfalle. Ci dovrebbero essere anche regioni la cui storia è piuttosto differente dalla nostra, in tutte le possibili varianti. Per esempio, alcuni lettori avranno il piacere di apprendere che esiste un numero infinito di regioni-O [le regioni di grandezza finita in cui si può dividere l’Universo] in cui Al Gore è il Presidente degli Stati Uniti.La cosa forse più sorprendente è che sembrano esistere prove empiriche di questa teoria dal sapore (e dall’ispirazione?) così nettamente fantascientifico, benché le altre regioni dell’Universo (per non parlare degli altri universi) siano destinate a rimanere per sempre inosservabili.
In questa stupefacente visione del mondo, la nostra Terra e la nostra civiltà sono tutto meno che uniche: infinite civiltà identiche si trovano sparse per l’infinita distesa del cosmo. Con l’umanità ridotta alla totale insignificanza cosmica, la nostra discesa dal centro dell’Universo, iniziata con Copernico, è adesso completa.
Se la teoria dell’inflazione eterna dovesse alla fine rivelarsi corretta (ma qualsiasi teoria che comporti l’infinità del nostro universo avrebbe lo stesso significato) le conseguenze sul nostro modo di vedere noi stessi e il mondo sarebbero in effetti enormi: la teoria dell’evoluzione, al confronto, sembrerebbe pura ortodossia. (Ci sarebbero forse anche altre implicazioni, ma sono troppo bizzarre e incerte per essere riportate in questa sede.)
Se la cosa si risà in giro, aspettiamoci di leggere editoriali di fuoco sulla necessità di tornare al racconto della creazione in sei giorni per contrastare il nichilismo, il relativismo, l’invasione islamica e il declino delle nascite...
affascinante
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