lunedì 9 ottobre 2006

Abortire in Veneto

Dopo la manifestazione del 7 ottobre contro la legge della Regione Veneto che, se approvata, consentirebbe ai propagandisti del Movimento per la Vita di molestare nei consultori e negli ospedali le donne che vogliono abortire, Laura Eduati ci ricorda su Liberazione quale sia già oggi la realtà («194: ecco come il Veneto diventa “fuorilegge”», 8 ottobre 2006, p. 4):
Il diritto all’aborto, in Veneto, è già in pericolo: l’80% dei medici fa obiezione di coscienza; ospedali come quello di Treviso, Mestre e Camposampiero (Padova) ricorrono a medici a gettone poiché il 100% degli operatori interni si rifiuta di praticare l’aborto; il Veneto può contare sulla metà dei consultori previsti per legge, cioè uno ogni 20mila abitanti; le liste di attesa sono così lunghe che la regione è in cima alla classifica per numero di aborti praticati oltre il 90mo giorno e il 13% delle venete è costretta ad abortire in un’altra regione. «Ho visto donne disperate vagare da un ospedale all’altro in cerca di un medico non obiettore. Ho visto donne rimbrottate pesantemente perché avevano deciso di non portare avanti la gravidanza. Situazioni orribili», racconta indignata Maria Luisa Peraro, infermiera. Che ricorda ecografisti con la maglietta del Movimento per la Vita addosso, in ospedale.
I lettori di Bioetica mi perdoneranno se ometto di scrivere cosa penso di un ecografista con la maglietta del Movimento per la Vita addosso, e se mi limito a dire qualcosa sui consiglieri regionali della Margherita, che hanno votato a favore del provvedimento (sia pure con qualche distinguo): vogliamo davvero questa gente dentro il futuro Partito Democratico?

9 commenti:

  1. Se una donna è davvero convinta di abortire cosa gliene importa di una maglietta?
    forse risveglia i suoi sensi di colpa, gli ricorda che sta compiendo una azione non bella e comunque traumatica.

    Marco

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  2. Quel 68% di Italiani che, giusto venticinque anni fa, si recò alle urne per difendere la legge 194/78 dalle mire abrogazioniste dei cattolici, segnando sulla scheda referendaria un NO rotondo ed inequivocabile e coprendo così con una pesante pietra tombale le residue speranze delle gerarchie ecclesiastiche di poter continuare ad esercitare un ruolo importante nella manipolazione delle coscienze in questo paese, ebbe anche l’effetto di determinare un deciso cambio di tattica nelle stanze vaticane. Da quel momento, a nostro avviso, la Chiesa cattolica in Italia ha infatti, più o meno consapevolmente, ridotto la sua opera per così dire evangelizzatrice, preferendo muoversi più come una vera e propria lobby che esercita pressioni a vario livello sul potere politico e su singoli settori della società civile piuttosto che come una fonte di ispirazione rivolta alla platea dei fedeli, cui proporre la solita mercanzia dei propri precetti morali e religiosi.
    In quest’ottica, e nell’impossibilità di cancellare una legge come la 194 profondamente radicata nel sentire comune, come dimostrato dall’incontrovertibile esito del referendum del 1981, la strategia messa in atto si è rivolta al tentativo di sabotare la legge stessa. Un intendimento in cui le gerarchie ecclesiastiche hanno trovato un insperato punto d’appoggio proprio nell’articolo 9 della legge, dove si contempla l’obiezione di coscienza, inserita a suo tempo dal legislatore col chiaro intento di garantire i medici che avessero avuto problemi di coscienza nell’esecuzione della pratiche di interruzione di gravidanza e che invece, inopinatamente ma prevedibilmente (siamo Italiani!), ha finito col trasformarsi in un comodo sotterfugio per lavorare di meno e percepire comunque lo stesso stipendio. Inutile ricordare come nel tempo gli appelli della cricca vaticana all’obiezione di coscienza rivolti al personale medico e paramedico siano stati pervicacemente reiterati, proprio per portare le strutture pubbliche nell’impossibilità di adempiere ai compiti previsti dalla legge. Legge che, per inciso, ha comunque funzionato fino ad oggi nei suoi scopi di prevenzione delle gravidanze indesiderate e di pianificazione delle nascite, giacchè congiuntamente all’opera di sensibilizzazione sulle pratiche contraccettive svolta nei consultori sanitari, istituiti a suo tempo dalla legge 405/75, ha consentito di dimezzare il numero degli aborti in Italia nel corso di questi 25 anni di applicazione e, soprattutto, di eradicare quasi del tutto la piaga degli aborti clandestini.
    Come affrontare allora il problema dell’obiezione di coscienza cavalcato dagli integralisti cattolici? Una prima soluzione, perseguibile a livello “amministrativo”, consisterebbe semplicemente nell’introduzione di un incentivo economico per gli operatori sanitari che decidessero di non avvalersi del diritto di obiezione: è sin troppo facile preconizzare che ciò porterebbe ad un calo vertiginoso del numero degli obiettori… Una seconda soluzione, più seria e sostanzialmente più corretta anche se più drastica, dovrebbe prevedere l’abolizione del diritto di obiezione di coscienza. Infatti, a nostro parere, una misura che poteva trovare una qualche spiegazione all’atto dell’introduzione della legge per tutelare chi si trovava ad operare in quel momento nel settore ostetrico, oggi non è più giustificabile, perché è ormai noto da tempo, esattamente dal 1978, che l’attività del ginecologo ospedaliero prevede anche l’esecuzione di prestazioni di IVG, cui il medico è tenuto proprio in quanto medico per dare alla sua paziente l’assistenza di cui necessita, ed in quanto dipendente ospedaliero per dare attuazione ad una legge dello stato, per cui chi adesso decide di intraprendere questa professione, non può certo ignorare che ciò comporterà anche l’esecuzione di questa pratica.
    E, in caso di insopprimibili e persistenti problemi di coscienza, si ricorda che a nessuno viene imposto a forza di iscriversi a Ginecologia e di cercare lavoro in un Ospedale pubblico…

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  3. Gradirei conoscere l'opinione dei titolari del blog sul commento qui sopra di filippo, e specificamente se cncordano con le soluzioni da lui proposte.
    Friedrich

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  4. Ho dimenticato un "grazie" finale. ;)
    F.

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  5. Personalmente, sì. Sperimenterei prima gli incentivi economici, a cui aggiungerei la mobilità del personale (prevista dall'art. 9 della l. 194), e poi – se questo non funziona – abolirei l'obiezione di coscienza, anche se penso che occorrerebbe comunque un periodo tampone per chi ha già intrapreso la carriera di ginecologo.

    L'obiezione di coscienza può avere un senso quando lo Stato chiede una prestazione a tutti i cittadini indifferentemente: se sono un non-violento e il mio paese prevede il servizio militare obbligatorio, ho diritto all'obiezione. Ma se sono non-violento e voglio diventare poliziotto, pretendendo però di non sparare ai malviventi perché la loro vita è sacra e di occuparmi solo di interrogatori e di verbali, allora il diritto all'obiezione non ce l'ho, perché nessuno mi obbliga a entrare in polizia, e col mio comportamento intralcerei il corretto funzionamento di quell'organo statale e l'applicazione della legge.

    Ciao.

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  6. Dissento totalmente, anzi, ancora di più... ma grazie della risposta.
    Friedrich

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  7. Sarebbe interessante sentire i tuoi argomenti: in fondo, un dissenso più che totale non si verifica tanto facilmente! :-)

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  8. Se ne farò un post, te lo segnalerò. Il problema è che se dovessi fare un post per ogni posizione che non condivido del tuo blog, dovrei cambiare mestiere e fare l'anti-regalzi. ;)

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  9. Eh, ma oramai hai commentato, hai detto che non eri d'accordo con me, e ora sei obbligato a spiegarti. Del resto, tra fare un post per ogni posizione che non condividi e fare un post su una posizione che non condividi c'è una bella differenza!

    Aspetto, quindi.

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