Il mondo lentamente verso una nuova era glaciale. Temperature che si abbassano drasticamente nell’arco di trent’anni, incalcolabili danni all’agricoltura e fame nel mondo, con i governi che si armano pronti a combattere per la sopravvivenza dei propri cittadini. Per l’umanità una catastrofe. Era il bidone del global cooling, rifilato da Newsweek trent’anni fa, nel 1975. Ebbene, oggi il settimanale chiede scusa.Per quanto riguarda il timore che gli scienziati avrebbero avuto di una imminente era glaciale negli anni ’70, rimando a «The global cooling myth» (RealClimate, 14 gennaio 2005), che chiarisce come si tratti quasi esclusivamente di una leggenda metropolitana: nella letteratura scientifica dell’epoca (nella quale non possiamo computare Newsweek) venivano espresse incertezze sul futuro del clima, non certezze. La scienza progredisce, e oggi che il riscaldamento globale sia in atto è ragionevolmente sicuro: l’unico dubbio riguarda la sua futura entità (e le misure da prendere per contrastarlo).
Ma come è potuto accadere che gli esperti intervistati trent’anni prendessero una tale cantonata? Secondo William Connooley, esperto di clima della British Antartic Survey specializzato nello studio delle predizioni sulla nuova era glaciale, la risposta è semplice: nel ’75 non possedevano i dati, i computer e i modelli matematici di oggi.
Adesso è il grande momento del global warming. Nel 2035 qualcuno verrà a spiegarci che trent’anni prima (cioè oggi) non possedevamo i dati, i computer e i modelli matematici adeguati.
Aggiungo un’altra obiezione, di fondo, direi logica. Esiste un modello matematico di cui siamo in possesso per calcolare tutte le infinite variabili che determinano il clima non di un piccolo o grande ecosistema, ma addirittura dell’intero pianeta?Un modello matematico, per definizione, non può prendere in considerazione infinite variabili. Per avere qualche utilità pratica si deve limitare a considerare quelle essenziali, approssimando la realtà. Il sistema climatico è sostanzialmente deterministico, e quindi si presta – in linea di principio – a essere studiato con un modello, a differenza di quanto succede con il tempo atmosferico, che è cosa differente e che come è noto risponde in maniera caotica anche a variazioni fisiche infinitesimali (la famosa farfalla che batte le ali in Amazzonia, provocando un uragano sui Caraibi). È il motivo per cui è quasi impossibile dire che tempo farà tra una settimana, mentre chiunque può dire con certezza che fra sei mesi farà in media più caldo di adesso.
Modelli climatici affidabili esistono, e messi alla prova hanno dato conto correttamente dell’evoluzione climatica degli ultimi decenni; con la dovuta prudenza, possiamo utilizzarli quindi anche per pronosticare il clima futuro.
E ne esiste un altro in grado di spiegare l’eventuale cambiamento climatico con l’azione dell’uomo? Spiegare, non vuol dire solo affiancare due statistiche, come se il loro accostamento di per sé costituisse un legame causale.L’effetto serra costituisce una spiegazione fisica ampiamente comprovata del riscaldamento globale: anche se non è l’unico processo fisico presente, è quasi certamente quello dominante.
Aggiornamento: su RealClimate è appena apparso un nuovo articolo dedicato proprio all’errore di Newsweek.
Segnalo anche un interessante articolo su Jekyll, la rivista degli studenti del Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste.
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