Il primo e il secondo esempio che ho riportato sopra concorrono, in maniera diversa, a mettere a nudo un certo abito mentale della maggioranza (eterosessuale, in questo caso) che accetta di buon grado gli omosessuali solo se questi, in primo luogo, non pretendono di avere troppa visibilità in pubblico – soprattutto quando questa visibilità implica che “esercitino” la propria omosessualità davanti ai loro occhi, magari mettendo in atto quelle tecniche di seduzione che gli eterosessuali considerano pacifiche e scontate per se stessi – e poi, in secondo luogo, se possono guardare agli omosessuali come persone che soffrono di un “problema” o di un “dramma”. L’omosessuale che si rende visibile, rivendica uno spazio pubblico e dichiara che non c’è nulla di drammatico nella sua omosessualità (e che, quindi, non soffre e, quindi, non “espia” la sua omosessualità), o che addirittura la vive con gioia, scombina il loro quadro psicologico e viene perlopiù accusato di esibizionismo, arroganza, protervia e via discorrendo.Da leggere tutto.
Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano
John Stuart Mill, La libertà
venerdì 27 ottobre 2006
Omosessuali in pubblico
Segnalo un post eccellente di Cadavrexquis sulla dimensione pubblica dell’omosessualità («Su come è percepita l’omosessualità», 27 ottobre 2006):
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