«Una vergine per guarire dall’Aids». È la cura che i guaritori di molti Paesi africani prescrivono agli uomini infetti convinti che il sangue «puro» di una ragazzina possa cancellare il virus dell’Hiv. E loro seguono la prescrizione. In Sudafrica ogni ora vengono stuprati cinque bambine, spesso neonate. In Zimbabwe, dove il 25% della popolazione è affetta dall’Aids, non ci sono dati certi ma le testimonianze, disperate, delle ragazzine traumatizzate che si rivolgono al Girl Child Network Project.«Sesso con le vergini per guarire dall’Aids». Parte la campagna: è falso, salviamo le bimbe, Il Corriere della Sera, 26 ottobre 2006.
Ora l’Ong ha deciso di lanciare una campagna di sensibilizzazione nei villaggi più sperduti dello Zimbabwe. Qualche giorno fa, in un’area rurale a 200 chilometri da Harare, ha chiamato a raccolta i guaritori di tutto il Paese e gli ha messo davanti le bambine e le ragazze vittime della loro cura. Una di loro era stata violentata dal padre a soli due anni. Oggi ne ha otto ed è orfana. Un’altra a 14 anni è stata messa incinta dallo zio e buttata fuori di casa. Ha abortito e da allora non si è più ripresa. Piange mentre racconta la sua tragedia. I guaritori guardano, si disperano, condannano l’abuso ma nessuno di loro ammette di aver incoraggiato la «Cura della vergine», come viene chiamata la pratica. Allora Betty Makoni, la fondatrice di Girl Child Network, fa entrare in scena gli attori che mettono in atto il dramma in una scena sola: il sieropositivo va dal guaritore del villaggio e lui gli consiglia di fare sesso con una vergine per guarire. La platea è muta. Poi si alza Alex Mashoko, il segretario dell’Associazione nazionale dei guaritori tradizionali: «Abbiamo sentito di questa pratica ma noi vogliamo combatterla — dice —, sono i guaritori non registrati i colpevoli, il governo deve punirli. Da quando esercito non ho mai visto fare una cosa del genere, né l’ho mai fatta. È una cosa sbagliata dire alla gente di dormire con delle ragazzine per guarire dall’Aids perché non c’è medicina che possa farlo».
Eppure succede. Né è convinto anche Graeme Pitcher, chirurgo pediatra all’ospedale di Johannesburg: «Gli stupri di bambini avvengono in tutto il mondo — spiega in un suo studio — ma soltanto qui in Sudafrica si violentano le neonate. È uno stupro atipico che quasi sempre esclude il motivo sessuale, la pedofilia, e che probabilmente è connesso con il mito che avere sesso con una vergine guarisce dall’Hiv e dalle altre malattie trasmesse sessualmente».
La «Cura della vergine» è nata in Europa nel XVI secolo e ha preso ancor più piede nell’Inghilterra vittoriana quando la gonorrea, la sifilide e altre malattie sessuali erano diventate una piaga. Il mito è poi stato importato in Sudafrica, insieme alla sifilide, dalle truppe di ritorno dalla seconda guerra mondiale.
Uccidere una leggenda non è facile. Ci si prova in Zimbabwe distribuendo magliette con la scritta: «Le vergini non curano l’Aids. È un mito». Ci prova l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu che, qualche giorno fa, ha condannato i frequenti stupri di neonate lanciando l’allarme sulla situazione del Paese: «Siamo seduti — ha detto — su un barile di polvere da sparo». E ci prova Betty Makoni che sorride soddisfatta: «I guaritori negano la loro responsabilità ma sono venuti qui e questo è già un passo avanti».
Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano
John Stuart Mill, La libertà
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